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Read Ebook: Le monete dei possedimenti veneziani di oltremare e di terraferma descritte ed illustrate da Vincenzo Lazari by Lazari Vincenzo

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Ebook has 183 lines and 42582 words, and 4 pages

Gazzette e Soldi per le Isole e per l'Armata.

La loro leggenda le annuncia coniate per aver spaccio nelle isole Jonie ed in quelle dell'Arcipelago, nonch? pegli stipendii de' soldati e de' marinaj ch'erano sulla flotta.

Gazzette e Soldi per l'Armata e per la Morea.

Quello che ho detto poc'anzi delle gazzette e de' soldi per le Isole e per l'Armata, pu? riportarsi anche alle monete presenti, colle quali hanno comune l'epoca siccome il peso, e che si coniarono perch? avessero spaccio nella Morea contesa a' Turchi dal valore del Morosini.

Il soldo non varia qui pure che nelle sminuite proporzioni, e nella cifra indicante il valore.

Gazzette e Soldi per Corf?, Cefalonia e Zante.

La gazzetta battuta a Venezia per le isole di Corf?, Cefalonia e Zante ne porta nel diritto i nomi fra due rosoni e disposti in tre linee, con ortografia variata ne' quattro tipi che ne ho veduti:

Simile, ma in proporzioni minori, ? il soldo, recante due variet? d'iscrizioni nel diritto:

Le sei monete di questa serie, come pure quelle di puro rame per la Dalmazia e per l'Albania, continuarono ad aver corso nelle isole Jonie, dove si battevano nel 1801 autonomi pezzi da 5 e 10 gazzette venete, fino al 1819 in cui il governo protettore di quelle isole decretava la loro distruzione, e se ne giovava a battere gli oboli ed i dittoboli colla figura sedente della Britannia.

Talleri a torchio col leone rampante.

Il favore che avea trovato ne' commercii del Levante il tallero imperiale di Germania invogli?, alla met? del secolo scorso, la Signoria di Venezia a tentarne la fabbrica per inviarlo a' suoi possedimenti oltremarini. Ad ottenerlo pertanto di quella leggiadra e regolar forma che formava la bellezza estrinseca de' talleri alemanni, e che da un secolo e pi? non era per la zecca veneta che un incompiuto desiderio, statuiva il Senato il 15 marzo 1755, ducante Francesco Loredan, la introduzione in quell'officina del torchio in luogo dell'incommodo martello fino allora impiegato nella monetazione.

Che la introduzione del torchio abbia a riportarsi a quest'anno, ce lo fa sapere, oltre la terminazione de' Pregadi del 15 marzo 1755, la iscrizione che ancora si legge in zecca:

AURO

ET ARGENTO

MELIORI FORMA FERIVNDO

EX SENATVS CONSVLTO

ANNO DOMINI

Il tallero pesa k. 138 d'argento a peggio 190 per marca, o in altri termini ? al titolo 0,835. La met? d'esso, a titolo uguale, pesa proporzionalmente k. 69.

Questa moneta ha nell'intero un diametro di m. 0,040, e reca nel suo diritto un busto di donna coperta d'ermellino le spalle, del berretto de' dogi il capo, e rivolta di profilo alla destra del riguardante; all'intorno le gira la epigrafe RESPUBLICA VENETA. Nel rovescio, entro uno scudo, ricco di cartocci nel suo ornamento esteriore, sorge il leone alato e nimbato, rampante verso la sinistra e che tiene nelle zampe anteriori aperto il libro de' Vangeli; gli gira intorno la leggenda FRANC : LAUREDANO DUCE 1756 . Il contorno del pezzo ? formato di linee parallele inclinate. Due tipi diversi conosco del diritto di questa moneta, oltre la variet? pi? facile a rimarcare degli anni: l'uno ha il profilo della imagine della Repubblica molto vezzoso, l'altro non ? s? vago perch? la disposizione delle labbra ad un manierato sorriso le d? un'aria alcun po' satirina. Questo secondo ? il tipo che pi? ordinariamente si vede nelle raccolte.

Ma di bellezza singolare ? il busto della Repubblica improntato sul mezzo tallero, il cui diametro ? m. 0,033, e il cui tipo ? uguale a quello dell'intero, sminuito necessariamente nelle proporzioni. Non conosco di questo spezzato del Loredan altr'epoca che quella 1756.

Le memorie di zecca ci conservarono la cifra de' talleri battuti sotto il Loredan, cio?

dall'anno 1756 all'11 aprile 1750 talleri n. 137,973. 1/2.

dal 9 novembre 1761 in appresso, talleri n. 24,255. 1/2.

Ad eccezione del tallero del Loredan, che per? non ? comune, gli altri 5 pezzi di questa serie sono difficili a trovarsi, n? so che alcun medagliere tutti li posseda, ad eccezione della Raccolta Correr.

Talleri a torchio col leone seduto.

Quanto per? non riusc? inferiore di bellezza al primo tallero! Di questo non sappiamo l'egregio artefice, mentre ci ? conservato il nome dell'incisore del nuovo, che fu certo Antonio Schabel, mediocrissimo coniatore tedesco, che aveva la smania di segnare le proprie iniziali sulle monete.

Il nuovo tallero di questo doge, del quale non abbiamo spezzati, ? rarissimo se improntato nel 1768, quasi comune se nel 1769.

Non variano questi ovvii nummi dal secondo tallero del Mocenigo, quanto al tipo, se non nella iscrizione del rovescio e nella data, recando tutti intorno al leone la leggenda PAULO RAINERIO DUCE. Talleri del Renier n'esistono cogli anni 1781, 1784, 1785, 1787, 1788; mezzi cogli anni 1780, 1784, 1786; quarti ed ottavi cogli anni 1780, 1781, 1786; avvertendosi in questi due pezzi minori dentellato il contorno, anzich? a fogliame.

ZECCHE DI CORON E DI MODON.

Quasi in appendice alla parte del mio lavoro che tratta delle monete del Levante Veneto ho creduto collocare le scarse notizie che ci rimasero di officine nummarie progettate da' Veneziani a Coron ed a Modon, castella che proteggono la punta della Morea che guarda a libeccio. Quanto ? a mia cognizione su questo argomento ? solo una legge del Maggior Consiglio, sancita il 7 marzo 1305, legge di cui qui trascrivo il tenore:

Che cosa dunque ? a conchiudere, s'esiste la legge e non esistono le prove che siasi effettivamente eseguita? La risposta ? facile a indovinare; tanto pi? che di officine monetarie de' possedimenti veneti non abbiamo veruna memoria, all'infuori da quella di Cattaro.

Imprendendo a parlare delle monete che i Veneziani coniarono per l'isola di Candia, la mente corre a que' torbidi giorni in cui una serie di maravigliosi avvenimenti guerreschi rese immortali gli sforzi de' nostri per conservare quel baluardo d'Europa che la prepotente forza de' Turchi fe' suo, dopo venticinque anni di guerra accanita.

Andrea Valier senatore che visse in quell'epoca memoranda, e che in que' fatti ebbe parte, se ne fece lo storico. La costui opera, pubblicata nel 1679, ? libro sommamente importante; ? uno de' pi? bei monumenti con che si onorasse la memoria di tanti generosi cittadini che prodigarono alla patria gli averi ed il sangue. Io, ristretto dalla cerchia limitata del mio soggetto, non posso occuparmene in quest'opera se non in quanto alcuni di que' fatti abbiano immediato rapporto colla materia che ho a svolgere.

Soldini.

Equivalendo pertanto il soldino di Candia a 4/15 del veneziano, il pezzo da soldini 2 e 1/2 va ragguagliato a 2/3 del marchetto. E siccome il soldo ? costantemente la 20.? parte della lira, cos? ? a ritenere che a quell'epoca v'era in Candia una lira del valore di 80 tornesi cio? rispondente a soldi veneti 5. p. 4. Ma non conosco di questo pezzo la effettiva esistenza, e fors'era, come la lira di Dalmazia, una semplice moneta ideale di computo.

Il soldino e il suo multiplo non portano, ? vero, il nome della colonia per cui furon battuti; ma il loro valore doppiamente espresso in soldini e tornesi, la rispondenza esatta di una moneta peculiare di Candia a quel nome ed a quel valore, il sapersi per quell'isola ordinato nel 1632 lo stampo di monete analoghe, il disegno delle figure e i caratteri de' pezzi in questione proprii di quell'et?, sono tutte ragioni colle quali io credo di giustificare pienamente l'averli, collo Zon, attribuiti a quella colonia e a quell'epoca.

Gazzetta doppia di F. Erizzo.

Per quanto io mi sappia, questo pezzo ? totalmente sconosciuto agli amatori della nostra numografia. Tale circostanza ? appieno giustificata dalla qualit? dell'unico esemplare che forse n'esiste nelle raccolte. Non puossi nemmeno asserire che abbia avuto mai corso; n? d'esso, n? del reale dell'Erizzo, non abbiamo fondamento alcuno per ritenerli pi? che semplici prove di zecca.

Gazzette doppie e semplici, e Soldi di Francesco Molin.

Per fatti gloriosamente immortali, quali prosperi, quali sventurati, va segnalata la ducea di Francesco Molin, successore all'Erizzo nel 1646, e che resse la Repubblica fino al 1655. Gli sforzi per avanzare l'armamento di Candia, la nobilt? patrizia venduta a prezzo d'oro per sopperire a' favolosi dispendii, le imprese arditissime sulle coste dalmate ed albanesi, la chiusa fatta a pi? riprese da' nostri colle bocche de' lor cannoni dello stretto de' Dardanelli, le cittadelle perdute e ripigliate, le fazioni sul mare di Tommaso Morosini, del Cappello, del Grimani, del Mocenigo e del Riva sono a leggersi nella storia del Valier. Io non credo che alcun popolo possa vantare una serie di avvenimenti s? gloriosi, anche se il loro esito fu infelice, come il popolo veneziano combattente a Candia le forze smisurate de' Turchi.

Difettava nel 1647 quell'isola di danaro pel traffico minuto, necessario a tanti soldati che vi spediva la Repubblica, traendoli dalle proprie terre od ingaggiandoli all'estero. Si decret? quindi quell'anno stesso che fossero coniate monete da 2 e da 1 gazzetta e da 1 soldo per Candia, ed ivi prontamente inviate. Sembra peraltro che il loro stampo non fosse cos? copioso da saziare i bisogni dell'isola combattuta, se nel volgere di pochi anni fu necessario ricorrere a monete ossidionali.

Volgendoci ora a descrivere le monete battute nel 1647 per Candia, ricorder? conservarsene ne' nostri musei tre diverse.

Siccome queste monete doveano principalmente servire ai pagamenti delle truppe che riceveano i loro stipendii in moneta veneziana, credo per tal ragione essersi preferito allo stampo degli altri pezzi di Candia da 4 e da 10 tornesi quello di monete perfettamente analoghe a quelle della metropoli, se non nel tipo, bens? nel peso, nel titolo e nel valore. Era poi facilissimo in quell'isola ragguagliare questo valore alla moneta ivi corrente; il soldone era pari a 15 tornesi; la gazzetta a 30 tornesi, la gazzetta doppia a tornesi 60.

Moneta Grimani.

Dalle monete battute per l'isola di Candia nella veneta zecca, passiamo ora a quelle che per dolorosa necessit? dovettero coniarsi nell'isola stessa. Prima di tutte ci si presenta fra queste una moneta ch'ebbe il nome dal capitano generale Giambattista Grimani, sottentrato al destituito Cappello nel 1646. Gli ? appunto questo anno che leggiamo inciso sulla moneta, ma non credo che allora siasi cusa, bens? in uno dei successivi, improntandola colla data 1646 solo perch? la nomina del Grimani era caduta in quell'anno.

Ossidionali del 1650.

Raffrontato questo pezzo col suo duplo, troviamo nell'ultimo, considerandone il miglior esemplare, una eccedenza del peso. Nessuna maraviglia per? mi farebbe se questa eccedenza, che non supera i 5 k., fosse maggiore d'assai. Prescindendo anche dall'angustiosa fretta in cui tali nummi furono cusi sotto una pioggia di palle di cannone e di bombe, osserver? che non occorreva certa scrupolosit? nel pesare i pezzi che monetandosi andavano ad assumere un valore affatto nominale.

Zecchino di cuojo.

Ho riportate le stessissime parole dello Zon, che primo disse di questa strana moneta, della quale io spero sar? l'ultimo a dire. Conciossiach? sia ormai tempo di sbandire dalla numismatica veneta tante goffaggini alle quali non so come dessero luogo ne' lor lavori scrittori riputatissimi. Quanto ai rapporti storici del pezzo in questione, non sono d'accordo col mio illustre amico, perch? la battaglia dei Dardanelli ch'egli, colla consueta sua esattezza, nota combattuta il 26 giugno 1656, avvenne dopo che al defunto doge Corner era gi? succeduto Bertucci Valier. Aggiunger? che in niuno scrittore, in nessun documento non ricorre il minimo cenno di monete di cuojo battute per le strettezze di Candia. E il silenzio de' documenti e degli storici ? per me autorevolissimo, trattandosi d'epoca a noi vicina e delle cui memorie abbondano le fonti nostre.

Il pezzo che vide e descrisse lo Zon ebbi anch'io tra mani pi? volte, mentr'era in propriet? del sig. Giuseppe Dina intelligente ed onesto negoziante d'oggetti numismatici in Venezia; e in quella occasione potei a tutt'agio esaminarlo e paragonarlo ad altri zecchini di Francesco Corner che si vedono, quantunque rari, nelle raccolte, ma sempre in oro. Mi fu quindi agevole il convincermi che lo zecchino di cuojo fu veramente battuto col conio dello zecchino del Corner, e la differenza nella forma delle E che allo Zon apparvero foggiate come H non dipendeva che dall'essersi raggrinzato il cuojo, senza che s'avesse a supporre l'impiego di un conio particolare. Anzi a questo medesimo ristringimento della materia improntata ascrivo, senza tema d'errore, il diminuito diametro che rimarcava il mio amico. Il conio dunque su cui fu cuso il controverso pezzo si trovava nella zecca nostra ed era quello medesimo che serv? allo stampo dell'oro, come lo provano luminosamente i confronti da me istituiti. E nel 1656 niuno lasci? memorie che la zecca di Venezia coniasse, invece d'oro, il cuojo; ma sappiamo anzi che in quegli anni si stamp? quantit? straordinaria di quel prezioso metallo appunto per sostenere l'isola travagliata e avanzare le imprese guerresche. Solo negli assedii della capitale di Candia s'ebbe due volte ricorso, come pi? sopra vedemmo, a nummi ossidionali; ma nel 1656 Candia era sbloccata e liberamente comunicava colla metropoli, onde traeva monete di valore intrinseco, non avendo necessit? di pezzi di valor nominale.

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