Read Ebook: Due amori by Farina Salvatore
Font size:
Background color:
Text color:
Add to tbrJar First Page Next Page
Ebook has 1514 lines and 55614 words, and 31 pages
DUE AMORI
RACCONTO
SALVATORE FARINA
VOLUME I
Milano E. Treves & C. Editori 1869
Tip. Internazionale.
ALL'AUTORE
Voi mi chiedeste alcuni anni or sono il permesso di far pubblica per le stampe, in forma di romanzo, la narrazione che io vi ho fatto al focolare della vostra casa natale. Un riguardo ad una persona vivente, mi ha obbligato a rispondervi negativamente.
Quella persona ? spirata un mese fa tra le mie braccia, dopo quaranta anni che era morta alla speranza ed all'amore.
Sento che i momenti che rimangono a me non saranno molti, n? amari.
Voi, giovine e vigoroso, rammentando talvolta il vostro vecchio amico, serbate gelosamente il consiglio che vi d? la vecchiezza: amate e benedite.
GIORGIO.
DUE AMORI
Il collegio ? un'immagine viva della societ?--volgo di plaudenti e d'ammiratori da un lato; e un branco di autocrati, sempre rissosi fra di loro, che si contendono le bricciole dell'adulazione. Se non che l? dove nella vita delle grandi citt? veggiamo l'astuzia e la fortuna in trionfo, e la povert? e la virt? divorare nel segreto le loro lagrime, nei collegi invece si bada agli anni. Cos? la gerarchia ? stabilita sulle sicure basi dell'eguaglianza; per? che ognuno sa che alla sua volta sar? anch'egli il despota, e che non gli sar? frodata la sua parte di regno.
E so d'aver provato pi? volte io stesso questo sentimento di compiacenza, e d'essermi domandato pi? tardi senza frutto la ragione di quell'intenso desiderio di crescere che ci fa precorrere nei primi anni la tribolata carriera della vita.
Fu in quel luogo che io conobbi Raimondo.
Da principio la sua mestizia, e l'abituale suo starsene solo e taciturno erami sembrato indizio d'alterigia; e poi che io non voleva essere il primo ad accostarmi a lui, sebbene una irresistibile attrazione mi spingesse a farlo, stetti gran tempo senza rivolgergli la parola. Ma in segreto io mi struggeva di diventargli amico, e cercava ogni modo per essergli vicino, per vederlo, per essere da lui veduto.
Il suo contegno aveagli procurato molti odii--a quell'et? si odia, si sa odiare--per? i pi? robusti dei suoi compagni lo temevano, non ch'egli fosse dotato di maggior forza, ma per quella natura ferma ed impassibile che faceva paurosi i pi? gagliardi.
Nessuno di noi amava certamente Don Giuseppe; ma a me venne in tanta ripugnanza, che la sua voce mi faceva male. Cercai da principio di dissimulare; ma non and? guari che egli se n'accorse, e prese a vendicarsene. In breve Raimondo ed io fummo accomunati nelle persecuzioni; questo vincolo dovea stringere la nostra amicizia.
Parve per un momento furibondo, e ci aspettavamo che si scagliasse contro di noi; ma con nostra sorpresa lo vedemmo allontanarsi senza dir motto. Nessuno seppe immaginare che cosa si passasse in quell'anima rabbiosa, ma io non andava errato pensando che Raimondo ed io avremmo scontato la pena per tutti.
Venne il mattino successivo. Don Giuseppe chiam? a s? Raimondo. Egli vi and? coll'abituale sua calma; poco stante fui chiamato anch'io, e vi andai trepidante, ma pur deciso a non tradire la mia debolezza.
Compresi che la stessa domanda era stata fatta a Raimondo, e involontariamente mi rivolsi a lui. Incontrai i suoi sguardi fissi nei miei, e parvemi di scorgervi il timore che io avrei palesato per sfuggire al castigo. Ma ci? non era nel mio cuore, e se pure vi fosse stato, quello sguardo mi avrebbe dato forza per vincere la codardia.
Gli occhi di Don Giuseppe schizzarono fiamme; Raimondo li teneva come prima abbassati al suolo.
Se non che all'improvviso Eugenio S... entr? in quella camera. Era egli uno scapestratello, sempre allegro, sempre pronto ai colpi di mano, ai chiassi; e perci? Raimondo ed io avevamo avuto poco a fare con lui.
Don Giuseppe gli domand? imperiosamente che cosa venisse a fare senza essere chiamato. Rispose con accento fermo essere venuto ad indicare il nome di colui che aveva commesso il furto del giorno antecedente.
Raimondo ed io ci guardammo sorpresi. Sapevamo entrambi che egli stesso n'era stato l'autore, e stentavamo a dar fede a tanta codardia.
Nessuno di noi aveva in pratica il cuore d'Eugenio S...; per? temevamo ch'egli venisse per riversare sovr'altri la propria colpa, non potendo immaginare che avesse intenzione di abbandonarsi all'ira di Don Giuseppe.
Ma il nostro stupore fu tanto pi? grande, quando udimmo quel giovinetto palesare coll'impudenza della sua et? la sua colpa, ed implorare con aria di canzonatura il perdono del sorvegliante.
Quell'atto lo riabilit? ai nostri occhi. Compresi che Raimondo aveva concepito per lui in quell'istante una grandissima stima--n? io ne fui geloso, lusingandomi di poterla dividere.
Non appena ci trovammo soli, l'irresistibile tendenza d'espansione che la natura ha chiuso nel petto degli uomini ruppe la giovane barriera che la chiudeva.
E ci vennero sulle labbra i nostri sentimenti, le nostre idee, i nostri propositi.
A quell'et? non si hanno segreti; si recita la parte colla maschera nelle mani; si mostra il viso aperto, e nel viso l'anima.
Un'ora dopo noi eravamo vecchi amici. Ciascuno di noi conosceva il passato dell'altro. Quale passato, mio Dio? Una breve ora di vita volata fra i turbini del desiderio--un petalo di rosa che la nostra mano avea strappato e che il vento recava sulle sue ali.--Nessuno di noi si sarebbe certamente arrestato nel suo cammino per rivolgersi un istante a contemplarne la fuga, se il timore che alcuna parte di noi rimanesse celata ai nuovi amici non ci avesse spinto a farlo in quel giorno; perocch? non si pensa allora che verr? tempo in cui si tenter? a gran fatica ricostruire tutta la tela della nostra vita, e che quegli anni infantili cos? rapidamente fuggiti saranno i soli su cui vorremo arrestarci con compiacenza.
Il dolore e la colpa fanno la giornata dell'uomo, e il rimorso ne accompagna il tramonto; la vita ha un solo raggio di luce che le passioni non han deturpato--l'infanzia.
Raimondo per lo addietro cos? taciturno ci avea rivelato una folla di progetti; pareva ch'egli uscisse con volutt? da quella sua abituale riservatezza.
Cos? fra i motteggi e le confidenze passarono quei tre giorni.
D'allora in poi fummo indivisibili.
Dodici anni appresso io mi trovava a Milano. Il collegiale s'era fatto uomo; e tuttavia io ripensava con mestizia a quei giorni di delirio. Da gran tempo non aveva saputo pi? novelle di Raimondo. Egli era partito per un lungo viaggio otto anni prima, quando, rimasto solo per la morte d'un vecchio zio che avealo educato, eragli nata vaghezza di veder cose nuove. L'ultima sua lettera recava l'impronta d'una melanconia profonda, inguaribile. Dicevami come egli viaggiasse in compagnia d'un indiano e come andasse mendicando la pace di borgo in borgo, e non sapesse risolversi a far ritorno in Europa.
Cos? erano passati due anni. Un mattino del 18.... udii picchiare all'uscio della mia cameretta in un modo noto.
--Venite innanzi, Simplicio, gridai dal mio letto appuntando i gomiti sul guanciale.
Il vecchio portinajo entr? e mi porse una lettera; il cuore mi batt? frequente; io aveva riconosciuto i caratteri di Raimondo.
Immaginate la mia gioja. A calcoli fatti egli non doveva trovarsi a gran distanza da me, e al pi? tardi fra otto giorni io sperava di riabbraciare l'ottimo amico dell'infanzia.
Le mie speranze non andarono fallite; cinque giorni dopo io riceveva da Livorno avviso del suo arrivo; e il domani egli era meco.
Egli era meco. Ma posso io dire che egli fosse ancora quel Raimondo d'una volta, il collegiale taciturno e severo, ma ad ora ad ora confidente ed entusiasta? Io cercavo indarno sotto la sua nera barba le note linee di quel volto pallido ed affilato--il suo sguardo era sempre mesto, ma avea perduto quel fuoco che irraggiava a sprazzi vivissimi di luce la sua testa. Ov'erano quelle espansioni ingenue d'una volta, e quel tenero e soave raccoglimento alle speranze?
--Quanto siamo mutati! mi disse egli un giorno fissandomi in volto impensierito.
--Tu pi? di me, gli risposi.
--Lo credi. Ma provati a rimontare la corrente degli anni e non t'incresca di rovistare nelle ceneri di quello che fu gi? di te medesimo.
--Ho paura di farlo.
--Hai ragione, le sono ubbie. Il tempo fa il suo mestiere. Oggi abbiamo i peli sul mento; fra una ventina d'anni saremo canuti--ed ecco la vita.
--L'anima sola non muta, aggiunsi tocco melanconicamente dalle sue parole.
Add to tbrJar First Page Next Page