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Read Ebook: Due amori by Farina Salvatore

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Ebook has 1514 lines and 55614 words, and 31 pages

--L'anima sola non muta, aggiunsi tocco melanconicamente dalle sue parole.

--L'anima!.... ripet? distratto. Tu ci credi....

Fui atterrito da questo dubbio.

--Ma che cosa dunque ? avvenuto dentro di te? Qual terribile urto ha spezzato la tua fede cos? salda?

--La mia fede! So d'averne avuto una. V'? un'et? nella vita in cui si ? fanciulli; allora ? un bisogno; si guarda il cielo, si vedono le stelle, si respira il profumo dei fiori, si ? ignari del resto, e si crede.

Quel giorno non parlammo pi? oltre.

Quando fui solo, ricordando Raimondo e i nostri anni di collegio, fui tratto a pensare ad Eugenio. Egli si era recato da qualche anno a Roma per perfezionarsi nell'arte del disegno, e vi aveva fama di buon pittore. Gli scrissi una lunga lettera e gli palesai, come la fantasia me lo raffigurava, lo stato dell'anima di Raimondo, i suoi dubbii, le sue ansie. Ma non osai dirgli come io lo credessi tanto mutato da essere fatto insensibile all'affetto; non osai dirgli, e non osavo dirlo a me stesso, come io riputassi affievolita d'assai nel suo cuore quell'amicizia che gi? ne aveva uniti cos? teneramente.

Quand'ebbi chiuso quel foglio, lo rimirai buona pezza in silenzio. E in un momento di terribile scetticismo temetti anche d'Eugenio.

Che importa egli mai l'aversi ricambiato un saluto ogni mese, se due cuori han cessato di battere vicini da gran tempo? Ahim?! cotesto ? il destino delle amicizie strette nell'infanzia. Ci separiamo fra le lagrime, e portiamo scolpita nel petto l'immagine diletta; il tempo ci trasforma e ci guasta, ma quell'immagine non ci abbandona giammai. Di tal guisa noi viviamo in qualche parte la vita d'allora, e alimentiamo col pensiero il nostro affetto. Ma nissuno di noi pensa che l'oggetto del nostro amore non ? pi?; e che la pallida larva che avanza ? menzognera. Per? se egli avviene che i cadaveri si scontrino per via, e non si riconoscano, e ricordino appena d'essersi amati molto, allora essi scuotono il capo sfiduciati e si chiamano ingrati a vicenda.

Il giorno successivo, appena fu l'alba, mi recai all'abitazione di Raimondo.

Era la prima volta che io vi andava; n? sapevo dire perch? vi andassi, e quale fosse l'animo mio. Ma so che cos? facendo io rispondeva ad una imperiosa esigenza del mio cuore.

Ho veduto degli uomini arrestarsi impensieriti dinanzi alle rovine di Pompei, e trepidare per un frammento di capitello novellamente scavato, come se egli ridestasse in loro i teneri ricordi d'un'et? passata.

Quanto pi? a ragione non dovremmo noi commuoverci d'un sentimento severo di mestizia, accostandoci alle rovine di un cuore che ha sofferto ed amato, se quelle doglie e quell'amore ci hanno appartenuto in qualche guisa?

Era forse questo sentimento dissimulato che mi guidava in quell'ora mattutina al fianco di Raimondo.

Come io fui giunto al quartiere remoto che egli abitava, mi arrestai dubitoso; e parvemi imprudente il visitarlo a quell'ora. Ma poi che io mi ostinava a voler cancellato col pensiero il tempo che ci aveva tenuto divisi, conchiusi che il mio Raimondo di collegio non si sarebbe offeso di questa licenza, e in due salti fui ai terzo piano.

Fu ad accogliermi una specie di negro, di cui non era facile a primo aspetto indicare la razza. Vestiva all'europea, ma i suoi capelli abbandonati sulle spalle ondeggiavano in nerissimi anella. Di corpo era snello e di statura men che mezzano; ma a traverso la sua giubba di lana, e i suoi larghi calzoni di tela, si poteva indovinare la meravigliosa proporzione delle sue membra.

Mi salut? con un cenno del capo, come uomo che non ? troppo avvezzo agli omaggi; e come ebbi posto piede nell'anticamera, mi rivolse la parola con accento gutturale in un linguaggio tra lo spagnuolo e l'italiano.

--Sia il benvenuto nella casa del mio signore il visitatore del mattino.

Poi senza dir altro mi accenn? una sedia e si allontan?.

Sorpreso di questo strano servitore, io non aveva avuto tempo di dirgli il mio nome perch? Raimondo fosse prevenuto. Se non che il negro fu di ritorno in un baleno, ed accostatosi a me mi disse a voce bassissima:

--Il signore mio padrone dorme--il signore che ha visitato la casa del mio padrone pu? aspettare ch'ei si svegli.

Compresi ben tosto come con costui mi sarebbe tornata inutile ogni insistenza; d'altra parte il timore di riuscire importuno, e una certa curiosit? d'esaminare alcun tempo quel personaggio misterioso mi consigliarono d'aspettare.

--Attender?, dissi al negro.

--Il mio signore vuole che gli amici suoi sieno ricevuti come il signore medesimo. Il visitatore ? egli l'amico del mio signore?

--Lo sono.

--La parola dell'amico del mio signore ? buona; l'amico del mio signore comandi, e sar? obbedito.

--Il vostro nome?

--Voi siete dunque indiano? Ed abbandonaste il vostro paese?

--Lo Charru? ama il suo benefattore, e lo segue. Le sue braccia e la sua vita gli sono dovute.

Cos? dicendo egli levava in alto le braccia nude, facendone spiccare i muscoli poderosi.

--Ma non lasciaste voi parenti colaggi? e come abbandonaste la tenda del padre vostro in riva all'Uruguay?

Cos? dicendo s'accendeva in volto, e muoveva gli occhi nerissimi con vivacit?. Poi mi mostrava le braccia con fare orgoglioso, perch? osservassi le larghe cicatrici che il suo lutto vi aveva lasciato.

Incominciavo a prendere interessamento per quest'uomo, che al selvaggio e virile ardimento della sua razza univa una tinta vaga di dolcezza e di bont?, dote assai rara fra le trib? indiane.

Ma in questa si ud? un tintinnio di campanello.

--Mi chiamo Giorgio.

--Dir? dunque al mio signore che il suo amico Giorgio gli fa la visita del mattino.

Poco dopo ritorn? a me e mi preg? che lo seguissi.

Attraversai una lunga fila di camere. Da per tutto io vedeva con sorpresa l'impronta della ricchezza; poich? sebbene sapessi Raimondo unico rampollo d'una casa distinta, egli non mi aveva fatto alcun cenno della sua fortuna.

La camera in cui si trovava Raimondo era addobbata con squisita eleganza. Il suolo interamente coperto di tappeti e di pelli di tigre; le pareti tappezzate a drappi azzurri.

Raimondo mi aspettava con desiderio; e s'era rizzato per met? sui guanciali. Mi porse la mano affettuoso, e mi fe' sedere accanto a lui con compiacenza.

--Ti avrei fatto avvisare; mi disse quando ebbe congedato d'un cenno l'indiano; avevo tanto bisogno di vederti, di abbracciarti.

V'era tanta mestizia, e cos? dolce, nelle sue parole, che ne fui sorpreso, e non seppi rispondere nulla. Ma all'improvviso m'accorsi che il suo volto era pallido pi? del consueto, che il suo respiro era affrettato, e che grosse gocce di sudore gli bagnavano la fronte.

--Che hai tu dunque? gli domandai spaventato.

Sorrise.

--Nulla. Un po' di febbre. Me l'aspettavo; colaggi? era malato di nostalgia, ed ora... Gli ? il mutamento di clima; io mi era abituato a quel cielo di fuoco.

Poi prosegu? lentamente.--V'hanno ben altre doglie che serrano ben altrimenti il cuore e intisichiscono l'anima. Che avrai tu pensato di me dopo il mio linguaggio di jeri.

--Pensai che la tua anima ? malata; che tu hai d'uopo d'un buon medico.

Raimondo mi porse un'altra volta la destra.

--Ahim?! dissemi; io dispero d'incontrarne uno. Vi sono veleni che non hanno antidoto--gl'Indiani lo sanno assai benevisono piaghe che consumano ed uccidono, e contro le quali nulla potrebbero il ferro ed il fuoco. Hai tu mai dubitato?

--Di che?

--Di tutto: di Dio, dell'uomo, della donna, dell'amore di noi stessi...

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