Read Ebook: Africa Orrenda by Rapisardi Mario
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Ebook has 91 lines and 7532 words, and 2 pages
AFRICA ORRENDA
AFRICA ORRENDA
VERSI
MARIO RAPISARDI
CATANIA
PROPRIET? LETTERARIA
CATANIA--Tip. Lorenzo Rizzo, piazza Spirito Santo, 19-20-21-22.
PER L'ECCIDIO DI D?GALI
Gi? dai ghermiti scanni, Razza maligna, inetta, Che fra venali inganni Pompeggiandoti abjetta, Raccogli infami frutti Dal disonor di tutti!
Ah! non bast? di questa Patria incestare il seno? La veneranda testa Premer di giogo osceno? Offrir nudo il materno Fianco al barbaro scherno?
Ond'ella, a regnar nata, Con tremulo ginocchio Segue, putta spregiata, Il tenebroso cocchio, Su cui breve fortuna Due manigoldi aduna.
Misera, e invan tu speri Con civettar codardo Da regj masnadieri Impetrar tozzo o sguardo: Ahi! con vilt? e misfatti Onta e miseria accatti,
E stragi. Oh desolati Campi! Oh cori d'eroi Nell'alta ombra gittati Non da voi, non da voi, Avide di rapine Ferrigne orde abissine,
Anzi da te, nefando Vecchio, che sol per cieca Libidin di comando L'italo onor con bieca Mente fidando ai ladri. Le fiche a Italia squadri.
Qual dall'immane insulto Pregio o vendetta? Arcigna Guata Albione; occulto L'ire fomenta e ghigna Il d?mone sinistro, Che la Sprea move e l'Istro.
Dal vigilato covo L'orgoglio ibrido freme, E al cor d'Italia novo Tesoro e sangue spreme: D'orbe fidanze gravi Salpan ferrate navi.
Brillan su la guernita Tolda gl'itali figli, Cui tarda espor la vita Ai perfidi perigli, Che coi predoni a gara La terra e il ciel prepara.
Volate, o generosi Figli, all'infausto lido; Turbate i sanguinosi Ozj allo stuolo infido, Che su la strage inulta Ebbro di sangue esulta.
Vincete. Oh scarsa, incerta Vittoria! Ecco, dal grembo Della sabbia deserta Strano improvviso nembo Sorge, e in ferina guerra Il vessil nostro atterra.
Voi l? nel baluardo Ultimo accolti, invano Con ansioso sguardo Tentate il mar lontano, Se a voi pochi e mal vivi Patrio soccorso arrivi.
Ma per l'immensa arsura Delle voraci arene Solo la Febbre, oscura Liberatrice, viene; E in voi dall'ignea bocca Funesti aliti scocca.
Ahi, n? certezza o speme D'onore o d'util nostro Lenir? l'ore estreme Del sagrificio vostro, Non le cure affannose Delle imprecanti spose.
Ben presso al limitare Della fredda qu?ete, Sorger fra cielo e mare Un'alta Ombra vedrete, Squallida il seno, indoma Ancor che oppressa, Roma:
E non per questo, o amati Petti, pietosa grida, Reggendo a infaticati Studj con alma fida, Il braccio armaste e il core Di ferro e di valore!
Ardea nelle capaci Menti un'altera idea: Piombar serrati, audaci Su la grifagna rea, Che l'ultima latina Terra aduggiando inquina.
Oh per le Giulie vette Pugne! Oh piani fumanti Delle nostre vendette! Oh entusiasmi santi Di dar la vita a patto Del fraterno riscatto!
Popol, cui spada e mente Da servit? redime, Non peregrina gente Mercanteggiando opprime; Ma libert?, per cui Vive, fa vita altrui.
Cada chi primo in petto L'obliqua smania accolse, Onde al natio ricetto I vostri animi tolse, E li scagli? in lontane Piagge a conquiste vane!
Lui non amor di fama, Non furor d'alte imprese, Ma insidiosa brama Di rei traffichi accese; N? l'empia sete or langue Per mareggiar di sangue.
Ma se ancor nei gentili Petti la patria spira, Se da computi vili Non ? sedotta l'ira, Che in un'ora d'ebbrezza Catene e scettri spezza;
Se non per gioco ho cinta La mia terza corona, Se la mia gloria estinta Non ? tutta, n? suona Obbrobrio il nome mio; Se Roma ancor son io,
Troppo alle tue volpine Arti, o fatal, durai; Sopra le mie rovine Assai ghignasti, assai Fu il danno e la vergogna: Carnefice, alla gogna!
ESPIAZIONE
Chi ?, disser, costui, che solitario, altero Sul nostro capo il verso empio saetta, E su la gloriosa luce del nostro impero L'ombra sua getta?
Chi ? costui, che i tetri sogni sferrando a volo, Come falchi addestrati in noi li avventa; E di amor, di giustizia all'affamato stuolo Parlar si attenta?
Torbido evocatore di pazze ombre, l'abisso O non vede o non cura a cui cammina: Con l'occhio, acre di febbre, all'orizzonte fisso, Ecco, ei ruina!
E noi frattanto in aurea rete impigliamo il biondo Amore e l'affoghiamo entro al bicchiere; Noi ci tiriamo dietro inguinzagliato il mondo Come un levriere.
Che importa, se al nostro uscio Lazzaro derelitto Frignando invidj a' nostri cani il pranzo? Avr?, quand'ei non sia ad alcun Fascio ascritto, Pur qualche avanzo.
Che ci fa, se a quest'ora al suon della mitraglia Nel ribelle Tigr? riddi la morte? Terran le nostre schiere, in qual che sia battaglia, Fronte alla sorte!
Pugnate, eroici petti, cadete; ad una voce Noi gridiam <
L'onor della bandiera val bene una tal guerra; Chiedon vendetta i nostri morti; e poi L'ufficio glorioso d'incivilir la terra L'abbiamo noi!
Gli Abissini, si sa, son predoni, selvaggi, E con loro bisogna esser maneschi; Trucidar donne, vecchi, fanciulli; arder villaggi... Viva Radetzki!
In ogni caso, giova a noi, spiriti fini, Mandar la calda giovinaglia a spasso: La guerra a chi la pl?tora ha d'odj cittadini ? un buon salasso.
Urla, profeta nero, i tuoi strambotti audaci All'egre ciurme ch'a?zzando vai: Noi delibiamo intanto con labbra arse da' baci Reno e Tokai!
Non ei per? si arresta. La pensierosa faccia Torce da lor, qual da bruttura, altrove, Mormorando con voce ch'? fede, e par minaccia: Eppur si muove!
Diritto, nella tragica sera che preme il mondo, Strali e sogni vibrando all'et? rea, Passa incontaminato tra 'l bulicame immondo, Non uomo, Idea.
Volano a lui dintorno dagli spazj stellati Corruscanti fantasmi, ignee chimere, Fronti di lauro cinte, petti di palma ornati, Falangi austere.
Ah! non hai tu, regina, cui Dante un trono eresse Sovra i popoli tutti, a Dio vicino, Tu, nel cui core eterno di tutto il mondo lesse Vico il destino;
Tu, santa, cui Mazzini invocava in ginocchio Nel freddo esilio; tu ch'a' pi? begli anni Schiacciavi, del Nizzardo sotto al fulmineo cocchio, Sette tiranni;
Non hai tu, donna, or ora a turpi sgherri in braccio Inebbriati di poter maligno, A chi diceati: <
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