Read Ebook: Abissinia: Giornale di un viaggio by Vigoni Giuseppe
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Ebook has 457 lines and 81050 words, and 10 pages
ABISSINIA
GIORNALE DI UN VIAGGIO
DI PIPPO VIGONI
CON 3 PANORAMI, 33 TAVOLE ILLUSTRATIVE, UN FACSIMILE DI UNA LETTERA DEL RE GIOVANNI ED UNA CARTA ITINERARIA ESEGUITA PER CURA DELLA R. SOCIET? GEOGRAFICA ITALIANA.
NAPOLI MILANO PISA ULRICO HOEPLI EDITORE-LIBRAIO
ABISSINIA
GIORNALE DI UN VIAGGIO
ABISSINIA
GIORNALE DI UN VIAGGIO
DI PIPPO VIGONI
CON 3 PANORAMI, 33 TAVOLE ILLUSTRATIVE, UN FACSIMILE DI UNA LETTERA DEL RE GIOVANNI ED UNA CARTA ITINERARIA ESEGUITA PER CURA DELLA R. SOCIET? GEOGRAFICA ITALIANA.
NAPOLI MILANO PISA ULRICO HOEPLI EDITORE-LIBRAIO
PROPRIET? LETTERARIA.
A MIA MADRE.
TRADUZIONE.
GIOVANNI RE DEI RE DI ETIOPIA.
Per cortesia di chi regge il celebre Collegio di Propaganda a Roma abbiamo potuto ottenere questa traduzione solo dal signor professore Ignazio Guidi romano, uno dei pi? dotti orientalisti italiani
L'EDITORE.
AL LETTORE.
Il non saper vestire il racconto di quella eleganza e naturalezza che lo rendano simpatico al lettore, e divertendolo lo facciano quasi partecipare alle emozioni provate da chi le narra, mise sempre lo spauracchio della critica fra me e il desiderio di rendere di pubblica ragione le mie impressioni di viaggio.
Incoraggiato ora dal consiglio di molti fra i miei buoni amici, mi decisi a farlo, fidente almeno nella benevolenza di questi.
Io non ho studiato, ma solo visitato l'Abissinia, quindi non faccio digressioni n? considerazioni, ma solo tento dare una riproduzione fedele di quanto ho visto, e sentito narrare in quel paese dai suoi abitanti, sperando con questo di poter interessare chi mi legge. Non intendo scrivere un libro pei dotti, ma solo dare un abbozzo per chi si interessa di viaggi, ed ? per questo, e perch? convinto che di molti artisti val meglio lo schizzo improntato sul vero che il quadro diligentemente finito nella monotonia dello studio, che io credo il miglior proposito per me quello di trascrivere quasi integralmente le mie note giornaliere, memore che nel tracciarle ho sempre cercato d'essere osservatore calmo e giudice spassionato.
E come penso ricorrere alla matita per meglio chiarire quello che forse la mia penna non sapr? abbastanza bene descrivere, sento dovere di porgere qui i miei pi? sentiti ringraziamenti agli amici U. Dell'Orto, G. B. Lelli, G. Servi, A. Valdoni, che interpretando il mio Album di ricordi presi dal vero, vogliono aiutarmi a preparare i disegni che formeranno certo la miglior parte di questo volume.
Origine della spedizione.--Partenza.--A bordo.--Alessandria e Cairo.--Ziber pacha.--A Suez.--Nel Mar Rosso.--Suakin.--Sul postale egiziano.--Arrivo a Massaua.
Fu nel settembre del 1878 che per la prima volta vidi farsi concreta la speranza di un viaggio in quell'interessante e misterioso paese che per doppia ragione fu detto Continente Nero.
Era un coraggioso industriale nostro, il comm. Carlo Erba, che aveva ideato di armare una spedizione, che, tenendo la linea di Kartum, Galabat, Gondar, Goggiam e possibilmente lo Scioa, scendesse poi al Mar Rosso, esplorando commercialmente quelle contrade: io l'avrei seguita colla pura veste del dilettante. La cosa doveva farsi se non misteriosamente, almeno tranquillamente, sperando riportare grate sorprese, e non disillusioni per coloro che troppo facilmente si lasciano trasportare dagli entusiasmi che nascono per simili imprese in paesi, nei quali come da noi, non vi si ? abituati. Ma la cosa entr? presto nel dominio del pubblico, i giornali ne parlarono, si propose una societ? per sottoscrizioni. Erba rinunci? generosamente all'interesse proprio nella speranza di un bene avvenire pel suo paese; fu costituito un Comitato, alla presidenza del quale fu chiamato a sedere lo stesso Erba; fu decretata la spedizione che naturalmente assunse ben maggiori proporzioni. Mi seduceva assai pi? il primo disegno, ma l'occasione parvemi favorevole, l'itinerario seducente, quindi, avanti, dissi a me stesso, forse ? giunto il giorno di realizzare uno dei pi? bei sogni della mia vita.
Procurati i libri e le carte che mi pareva potessero tornarmi utili, mi diedi ai preparativi d'oggetti materiali, che furono tutti racchiusi in cassette tali da potere per peso e dimensioni formare, con una il carico di un portatore, con due quello di un mulo e con quattro quello di un camello. Armi e munizioni come un po' di pratica mi insegnava, buone flanelle, abiti forti e comuni, scarpe che ricordano l'alpinista, qualche provvigione da bocca, qualche farmaco, e molta fede in Dio che nulla mi faccia mancare, e conservi sempre bene chi col cuore lascio in Italia: famiglia ed amici. E non dimentichiamo uno dei pi? importanti elementi, cio? disposizione a sofferenze e privazioni di ogni genere, come pure ad incorrere in disinganni su tutta la linea.
Cos? armato, il 17 novembre lasciavo il lago di Como con quanto ho di pi? caro al mondo, per avventurarmi nel nuovo pellegrinaggio.
In un interessante suo libro, disse un amico mio, che il pi? bel giorno di un viaggio ? quello della partenza: a me spiace d'essere in questo di parere diametralmente opposto al suo, trovando che lo ? invece quello del ritorno: e la miglior conferma la trovo in questo, che specialmente trattandosi di viaggi lunghi e avventurosi, il giorno della partenza si vedono lagrime sugli occhi di chi se ne va e di chi resta, al giorno del ritorno ? spontaneo il sorriso della consolazione sulle labbra di chi torna e di chi aspetta: da questo lato durante l'assenza hanno sofferto tutti: eppure sapendo di soffrire e di far soffrire, si parte; e qui il dovere imporrebbe che chi si rese colpevole se ne giustifichi dando ragione del suo operare, ma a questo non mi resta che domandare che mi si dica cos'? il fascino, ed ancor io allora, lo spero, sar? perdonato. Una naturale inclinazione mi porta a leggere libri di viaggi: fra tutti, le avventure di chi tocc? l'Africa sono quelle che maggiormente mi divertono, mi esaltano, mi interessano, mi fanno nascere il desiderio d'esserne non solo giudice, ma attore: sento che ?, e sar? un vuoto nella mia esistenza se non tento almeno di diventarlo; l'irrequietudine diventa di me padrona, non sono pi? io che decido di partire, ? una forza misteriosa che mi ci spinge, sono i due poli di forza elettrica che irresistibilmente si attraggono, il fascino dell'Africa, la forza misteriosa che mi domina.
La mattina del 26 ci schieravamo fra i molti altri bastimenti che bene allineati popolavano il porto di Alessandria. Non eravamo ancora completamente fermi e la coperta era invasa da quella massa di arabi chiassosi che parlando qualche frase di tutte le lingue vi si offrono come facchini, come battellieri, come agenti dei diversi alberghi: sono insistenti, nojosi, impertinenti se volete, ma la bellezza del cielo, la novit? dei tipi e dei costumi, la contentezza del riveder terra, vi fa dimenticare tutto quello che potrebbe essere noja; e trovate bello persino il chiasso che vi fanno d'attorno, e la poca civilt? dei modi coi quali cercano di impossessarsi di voi e del vostro bagaglio.
Rivedo questo bel paese, lieta memoria del mio primo viaggio in Oriente, e subito ritrovo qualche buon amico con cui passo un pajo di giornate, e il 28 parto pel Cairo, dove da una settimana si trovano Matteucci e Ferrari, due dei compagni di viaggio: conoscevo gi? il primo, ora strinsi la mano al secondo: ? abbastanza difficile l'intima convivenza di questi lunghi viaggi, ma subito trovai in Ferrari un uomo di carattere tanto leale, e di modi e d'aspetto tanto simpatici, che dal primo vederlo non dubitai saremmo stati buoni amici per sempre, e non mi sono ingannato.
Circa la nostra spedizione, trovai un importante cambiamento nell'itinerario: invece di raggiungere Gondar passando per Kartum e Galabat, vi si andr? per Massaua e Adoa, seguendo, se si potr?, l'altra via nel ritorno.
Da quando vidi Cairo la prima volta, trovo che ha perso moltissimo: i quartieri europei con grandi fabbricati a portici, e l'elemento europeo che si va infiltrando nei quartieri arabi, sono certo a maggior comodo di chi vi abita, ma a grave discapito dell'originalit? del paese. Il Kedive crede erigersi un monumento di gloria facendo della sua capitale una seconda Parigi, ma parmi invece che rovini un paese, e oso dire una civilt? cui si poteva togliere quanto v'ha di barbaro, rispettandovi per? quanto v'ha di bello e di caratteristico.
Fummo da un amico invitati a fare la conoscenza di Ziber pacha, che in quel momento pi? che mai attirava l'attenzione della politica e dei curiosi in Egitto. ? questi nativo del Darfur dove sempre visse. Uomo di intelligenza non comune e di spiriti belligeri, seppe col senno e colle armi conquistare tutta quanta quell'estesa provincia, che poi mediante trattati sottomise al Governo egiziano, ritirandosi lui in Cairo ove ebbe cortesie, onori, e titolo di pacha. Ora per ragioni di politica e di amministrazione tutto quanto quel paese si mise in rivolta, e capo dell'insurrezione ? Suleiman, il figlio di Ziber pacha. Questi stesso ci raccont? tutta la storia che in pochi termini ci venne tradotta. Non capivo la sua lingua, ma dal modo con cui si esprimeva, accompagnando spesso la narrazione con gesti, traspariva l'interesse che vi prendeva e lo spirito che lo dominava, e i suoi occhi bench? incastrati nell'orbita di un semi-selvaggio si gonfiarono di lagrime quando raccontando dell'attuale guerra dei suoi compaesani colle truppe di Gordon pacha, disse che se fosse ucciso suo figlio, lui pure morrebbe di dolore.
Oggi sappiamo che i rivoltosi furono completamente battuti da Gessi, e Suleiman fatto prigioniero e fucilato.
La posizione di Suez ? bellissima, specialmente per chi la vede da bordo. Un ammasso di case bianche e uno di neri bastimenti che stanno schierati come due eserciti nemici prima dell'attacco, laddove null'altro che deserto e mare si contrastano lo spazio. Aggiungete la cupola azzurra di quel cielo o l'orizzonte infuocato da un tramonto che vi fa rossa la sabbia e metallica la superficie dell'acqua, e se avete una fantasia abbastanza fervida, immaginatevi l'incanto di questo quadro in natura. Noi cos? lo godemmo la sera; una splendida luna venne a cambiarvi le tinte e renderlo pi? tetro s?, ma non meno bello e forse pi? imponente; e coll'altro effetto ancora di una splendida aurora, salpammo. In poche ore quante scene diverse, quanto di visto, e quanto di vissuto!...
Dietro noi lasciamo la citt?, a sinistra oltrepassiamo l'imboccatura del Canale e proseguiamo fra le due coste aride, deserte, infuocate entrambe, d'Asia e d'Africa; qualche cosa di maestoso sorge a tagliare l'infinito orizzonte, ? il gruppo del Sinai che ci lascia l'ultima impressione delle coste d'Asia, allargandosi considerevolmente il Mar Rosso e verso sera restando noi fedeli alla costa Africana.
Abbiamo sempre calma perfetta e per sola distrazione, la vista di qualche pesce volante, di qualche scoglio indicato da fanali e l'emozione di qualche altro nascosto e non ancora trovato, nel quale si potrebbe battere il naso; la temperatura va sempre aumentando.
A bordo non abbiamo che un giovane Francese, che prese servizio nelle truppe di Gordon pacha e per questo se ne va a Kartum: vorrei ingannarmi, ma mi parve vittima di una risoluzione non abbastanza meditata; ? sempre assai pensieroso e confessa che da lontano tutto sembra roseo, ma pi? si avvicina alla realt?, pi? si fanno grandi i punti neri che erano quasi invisibili.
? impegnato per circa due anni, che devono essere ben lunghi nella sua posizione, se invece d'essere animato da speranze, ? gi? depresso dal pentimento. Un Greco e un Tedesco che esercitano una professione abbastanza originale: negozianti cio? di leoni, elefanti, ipopotami, leopardi, buffali, rettili e simili, s? vivi che morti, per musei, giardini zoologici e amatori. Per questo si portano a Kassala, dove sono abbastanza numerosi questi cari animaletti.
I racconti delle loro caccie e prese erano assai interessanti, le loro avventure straordinarie, per quanto si faccia il difalco necessario fra il raccontato e il credibile.
Il giorno nove era indicato per l'arrivo a Suakin; fin dal mattino si naviga fra secche, che come si vede dalle carte sono estesissime in questi paraggi; consistono di banchi corallini nascosti a diverse profondit?, per cui con grande attenzione si possono appena distinguere dal colore delle acque che sembrano fangose, e le meno profonde dal vedervisi frangere contro le onde producendo linee di schiuma biancastra. Il pilota arabo, guidato da pratica pi? che da scienza, sta sul pennone dell'albero di prua, e continuamente d? ordini perch? il timone sia girato a destra o a manca.
Ad onta di questo, poco dopo il mezzogiorno un urto, seguito da sfregamento, ci avverte che siamo montati in secco; vidi il bastimento alzarsi di prua, quasi impennandosi, poi quando il peso di prua prevalse, questa si abbass?, alzandosi invece la poppa; giuocavamo d'equilibrio toccando la chiglia sullo scoglio, ma non potendo naturalmente durare in questa posizione acrobatica, tre o quattro ondulazioni piuttosto forti di rullio finirono per lasciarci adagiar sul fianco; subito si ferma la macchina, si ordina indietro, poi ancora avanti, e fra il panico e la confusione, non so a quale di questi due movimenti dovemmo la nostra liberazione, ma so che pochi minuti dopo proseguivamo la nostra rotta con minor velocit? e maggiori precauzioni. Pericolo non ve ne era, ch? il mare era calmo, la terra non poteva essere lontanissima e le scialuppe pronte; ma c'era il caso di dovercene stare qualche giorno per alleggerire il bastimento, scaricandolo, buttar ancore, e coll'aiuto di queste, toglierci da questo incommodo letto.
Passiamo fra due enormi banchi che da bordo si distinguono benissimo, poi viriamo sulla destra per entrare in un canale segnato da torricelle di muro che poggiano sui depositi corallini, e prima del tramonto gettiamo le ancore a pochi metri da Suakin, dove siamo subito circondati da piroghe montate da bellissimi ragazzetti neri, che quasi rivali d'Adamo in fatto costume, ci si offrono per traghettarci a terra.
La citt? si presenta bellina, con un ordine di case bianche di stile puramente arabo, circondate da acqua, collo sfondo di bellissime montagne che fanno un effetto assai curioso sorgendo direttamente dalla pianura, senza contrafforti, senza nessuna linea di alture che si vadano poco a poco elevando. La posizione ? assai originale, essendo il villaggio piantato su d'un isolotto di poche migliaia di metri quadrati di superficie, banco corallino, che appena si innalza dal livello del mare, circondato da un canale di un centinaio di metri di larghezza, poi ancora da terra ferma che ha cos? l'apparenza, se mi ? permesso il confronto, di racchiudere l'isolotto, come un granchio tien racchiuso la preda fra le due zanne. A est, il canale pel quale entrammo, e che porta al mare libero, ad ovest una diga che mette in comunicazione diretta colla terra ferma.
L'apparenza ? perfettamente di quei tipi stecchiti che si vedono incisi alle pareti dei monumenti egizii. La testa poi ungono con tanto grasso e burro, da parere, alle volte, mascherati con una parrucca gialla, sempre ornata da uno stecchetto leggiermente ricurvo che ? il loro pettine, e serve spesso per rimediare ad un molesto e non dubbio prurito. Sulle braccia portano molti anelli di pelle con sacchettini di cuoio in cui ? religiosamente conservato qualche verso del corano o qualche amuleto che li preserva da mali e pericoli.
Di donne se ne vedono pochissime, e queste completamente coperte, essendo qui fanatici mussulmani. Il dottore, un gentilissimo arabo, ne diceva che anche a lui ? interdetto l'avvicinarsi al bel sesso, che in caso di malattia ricorre piuttosto all'empirismo di una pretesa medichessa.
La pulizia delle strade e altri servizii in citt?, sono fatti dai prigionieri che vivono nel locale della dogana, trattati come da noi nessuno oserebbe trattare un suo cane; sono logori, indecenti, macilenti, portano grosse catene ai piedi, che, dal peso e dallo sfregamento, ne sono continuamente piagati; domandano la carit? a chiunque incontrino e sono custoditi da soldati che lasciano per? ben poco ad invidiare a quei miserabili. Spesso qualcuno tenta fuggire, ma sempre inutilmente, che l'unica via di scampo ? quella del deserto, dove sono inseguiti dai beduini che vi danno una vera caccia, sapendo d'avere un compenso di cinque talleri; a quel disgraziato, cui la disperazione sugger? la fuga, sono applicate parecchie centinaia di legnate, e qualche volta persino mille.
Ad ogni passo v'era qualcosa di nuovo per noi da osservare, si fece qualche passeggiata col fucile nei dintorni, ebbimo lo spettacolo di qualche carovana che partiva od arrivava dall'interno, e cos? giunse presto la sera dell'11, e dovemmo recarci a bordo per ripartire l'indomani mattina.
Il secondo giorno incontriamo parecchi scogli a superficie piatta e di poco sporgenti dal livello delle acque. Una dozzina almeno di ufficiali sono sul ponte a discutere, guardare con cannocchiali, studiare, senza capirne un'acca, una gran carta sparsa di gocce di sego pi? che di rilievi, e sulla quale misurano le distanze col compasso che forn? madre natura, le loro sudicissime dita; a prua si scandaglia, sui pennoni stanno i piloti, il nostromo d? ordini e contrordini che pare una scuola di fischio.
La mattina del 14 si levano le ancore, operazione che col progresso egiziano si fa ancora a forza di braccia, e richiede quindi altrettanto tempo che fatica: dopo un paio d'ore appare la costa, si vedono le montagne allo sfondo, si distingue la linea bianca di Massaua, spiccano gli alberi di due bastimenti che vi stanno ancorati; alle undici siamo accanto a loro.
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