Read Ebook: La freccia nel fianco by Z Ccoli Luciano
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Ebook has 2686 lines and 57443 words, and 54 pages
LA FRECCIA NEL FIANCO.
OPERE DI LUCIANO Z?CCOLI
ROMANZI:
NOVELLE:
La freccia nel fianco
ROMANZO
LUCIANO Z?CCOLI
MILANO FRATELLI TREVES, EDITORI
PROPRIET? LETTERARIA.
Si riterr? contraffatto qualunque esemplare di quest'opera che non porti il timbro a secco della Societ? Italiana degli Autori.
Tip. Fratelli Treves--1917.
PRIMA PARTE.
....fiori animati esperti de la gioia e de l'affanno.
S'eran conosciuti, una mattina di vento e di sole, in un piccolo paese sulle rive del lago.
Egli aveva otto anni e si chiamava Brunello. Un giorno doveva essere il conte Bruno Traldi di San Pietro, con un largo stemma, varii titoli d'antichi dominii perduti e quel tanto di patrimonio che Fabiano suo padre, giuocatore, avrebbe potuto lasciargli.
Ella si chiamava semplicemente Nicoletta Dossena, apparteneva a famiglia borghese arricchitasi nell'industria; contava diciotto anni, era dritta nell'anima come nel corpo; alta e formosa.
Il piccolo Bruno aveva gi? girato il mondo.
Recava dentro di s? una malinconia e una rabbia di ribellione, un germe di scoramento e una volont? d'ostinazione meditata, un gusto di beffardaggine incosciente, che in cos? tenera anima sbigottivano e parevano straordinarii.
Non aveva mai potuto vivere in pace quei suoi pochi anni di vita.
La madre, Clara Dolores, divisa dal conte Fabiano, voleva il figlio; il padre lo toglieva alla madre: Bruno stava ora con l'una, ora con l'altro; pi? spesso col padre, pi? volontieri con la madre; avvenivano liti, lavoravano avvocati, si scambiavano lettere e telegrammi e carta bollata per averlo. E da ultimo era intervenuta anche la famiglia del conte Fabiano, madre e fratelli, per toglierlo ai due coniugi in guerra e metterlo in collegio.
Quand'era con Fabiano, godeva una libert? pericolosa e piena; la madre lo teneva nascosto come un gioiello perch? non glielo portassero via; i parenti non erano riusciti ancora ad averlo, e gli uomini di legge avevan trovato ragione a costruire sulle pretensioni di quella famiglia un edificio di cause e di beghe, il quale non sarebbe finito mai pi?, ma fruttava molto agli avvocati delle varie parti.
Per tutte queste ragioni degli altri, Bruno aveva corso il mondo, ora con la mamma, ora col pap?, e ricordava d'aver visto sfilare sotto gli occhi le citt?, le campagne, i monti, in treno, in carrozza, in diligenza, a dorso di muletto.
Era riuscito, tra quel tumulto, a imparare a leggere e a scrivere e si dava grandi arie per questo coi piccoli amici che veniva a conoscere qua e l?, in un albergo di prim'ordine o in una casupola di contadini.
Suo padre gli insegnava qualche cosa, di tanto in tanto, per capriccio; sua madre lo istruiva meglio, con maggior costanza. Aveva avuto qualche maestro privato, una istitutrice giovane e bruna che stava presso suo padre, e di cui udiva parlar molto male da sua madre.
Egli non ascoltava se non ci? che poteva divertirlo, si faceva una specie di coltura a brani, e un giorno voleva dipingere come Clara Dolores, un altro prender le sue note di viaggio come Fabiano, un terzo vivere non facendo nulla o guidando i cavalli.
Il conte Fabiano aveva venduto, ricomprato, tornato a vendere la sua scuderia; ma dovunque andava, teneva carrozza; sontuosa o no, a seconda dei colpi di fortuna.
Talora egli e il bambino erano ricchi e scialavano; talora veniva una raffica dal tappeto verde, che portava via quasi tutto. Scendevano allora dall'albergo di prim'ordine a qualche albergo pieno di poesia e d'incomodi, in un paesetto qualsiasi; la carrozza spariva; si vedevano intorno a Fabiano certi uomini melliflui e diffidenti che gli procuravan danari.
E allora Fabiano e Brunello ripartivano, riprendevano la vita grande, sin che la mamma sopraggiungeva, faceva una scena a Fabiano e si portava via Brunello.
Con lei, il bambino tornava bambino; andava a letto presto, mangiava regolarmente tre volte al giorno, in ore fisse: studiava un poco, giuocava, non aveva per amici i domestici e i cocchieri, ma altri piccoli ragazzi, che gli parevano molto stupidi; si lasciava cullare da tenerezze continue e si annoiava leggermente. Aveva al suo seguito un cane di Terranova con pochissime pulci, mentre il barbone del pap? ne formicolava un giorno e l'indomani, per improvviso ordine del conte, pareva tutto di seta, e puzzava di mille profumi che lo facevano starnutare ad ogni passo.
D'improvviso ricompariva il pap?. Egli minacciava di bruciarsi le cervella se non gli restituivano il bambino; la mamma correva dall'avvocato, poi sveniva, e il bambino finiva col riprendere la strada insieme al padre.
Brunello viveva di questa vita, dalla nascita, attonito, impassibile, osservando; non poteva affezionarsi n? a luogo n? a persona, e si contentava d'aver qualche preferenza; la madre, il padre, i parenti, i conoscenti, gli sembravano curiosi e simpatici, quantunque sentisse che poteva fidarsene mediocremente.
C'era del fracasso, dell'impreveduto, della commedia, nella sua esistenza. Capiva ch'egli era causa o pretesto, o a vicenda pretesto e causa di tutto un congegnoso affanno; e assisteva, inconsapevole spettatore, alla commedia, senza potersi dire s'egli valeva o non valeva tanto da commuovere i personaggi, ch'erano cospicui e a lui parevano grandissimi.
Intanto viaggiava; egli, il padre, il cane barbone che si chiamava Ti?, e molti bauli; un intero baule serviva pei balocchi, magnifici e varii, acquistati da Fabiano con la prodigalit? che questi usava in tutte le cose di sua vita.
Ma qualche volta Bruno era colto da malinconia e da scoramento. Voleva la mamma, se era col pap?; o voleva il pap?, se era con la mamma. Quei due non potevano star mai insieme e in pace; e questo inconveniente lo disturbava molto.
Arrivavano in un paese, gli portavano nella camera il baule perch? si divertisse, e Bruno toglieva dalla compagnia delle marionette il Re moro, e arrampicatosi con quello sul coperchio, rimaneva seduto malinconico a sognare.
Poi c'erano i giorni in cui pioveva e nevicava. In alcune citt?, la pioggia e la neve parevan pi? uggiose che in qualunque altro luogo del mondo; non s'udiva che il rumore di qualche carrozza, lo scalpito d'un ronzino, a lunghi intervalli.
Bruno passava ore con la fronte e il naso schiacciato contro il vetro d'una finestra a guardar nella via una processione d'ombrelli, o su in alto qualche raro volo di colombi e di passeri.
Erano i giorni in cui non si faceva niente di bello, non si usciva a passeggio, non si andava a teatro, non si mangiavano i dolci nelle pasticcerie; e non perch? pioveva o nevicava, ma perch? il babbo aveva pochi quattrini o anche non ne aveva punti, e stava ad aspettarli.
Bruno aspettava egli pure, soffiando sui vetri e disegnando pupazzi col ditino nel velo del fiato; ma ci? non bastava a divertirlo.
Finalmente Fabiano aveva avuto una buona idea ed era partito col figlio per una citt? che sorgeva di l? dalle pianure e dalle montagne, oltre i fiumi mormoranti nella loro spuma argentea.
E dentro la citt?, Bruno aveva trovato un tramest?o che non aveva mai visto, un passaggio continuo di carrozze e di omnibus a tre cavalli e di carri e di carrette, e gente che galoppava tutto il giorno e fracasso e urti e fretta e scalpitar di zoccoli ferrati sul selciato liscio.
Di sera, una festa di lumi ovunque, in lunghe file sulle rive d'un fiume, a tondo sulle piazze, in alto dentro le case, nei larghi spazii delle vetrine; e lo scalpito e il tumulto non cessavano mai.
La casa di Fabiano fu subito frequentata da ufficiali che vestivano chiassosamente coi calzoni rossi, le giacche azzurre e gli alamari bianchi alle giacche; e venivano anche damine gentili molto odorose.
Tutti parlavano una lingua diversa dall'italiano; chiacchieravano, ridevano,--il salotto pareva un'uccelliera coi pi? garruli uccelli,--prendevano il t? col babbo, che parlava quella lingua speditamente, ci? che a Brunello dava idea che anche suo padre fosse uno straniero.
C'era in salotto un bel piano a coda ornato di ricchi bronzi, e ora un ufficiale vi si sedeva innanzi a suonare un ballabile senza freno, ora una giovane,--tutte le donne che venivano per casa erano giovani,--cantava una lenta languida romanza.
Bruno era accompagnato in salotto all'ora del t?.
Le damine gli si affollavano intorno ad accarezzarlo; ma di molte parole che gli si rivolgevano egli non capiva che il suo nome un po' stroppiato nelle vocali; e seguivano espressioni che dovevano essere graziosissime, perch? tutti sorridevano approvando. Solo il bambino sbuffava impaziente.
Il pap? gli dava un bacio, e lo lasciava tra quelle sottane, perch? egli stava giuocando, seduto a un tavolino con gli ufficiali. Molto danaro e un mazzo di carte attraevan tutta la loro attenzione, e da quell'angolo non venivano risate.
Le donne facevan musica, cinguettando, si prendevan Bruno come una piccola scimmia innocua e se lo mettevan sulle ginocchia; o lo lasciavan dormire in un cantuccio del divano, o lo portavano in braccio, o se lo facevano arrampicare sul collo o si sdraiavano a terra con lui a giuocare coi soldatini.
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