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Read Ebook: L'alcòva d'acciaio: Romanzo vissuto by Marinetti F T

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Ebook has 1685 lines and 77164 words, and 34 pages

violenti, irritatissimi, fra le vendette gli squarciamenti e le minacce urlanti degli echi. Controllo tutto, chiamo gli uomini. Sul tetto di lamiera scorre dilatato il fiume dei sibili. Ho l'impressione di essere immerso in quel fiume che cresce. La baracca sembra abbracciata da un'inondazione di sibili. Verifico il respiratore di ogni bombardiere. I gas lagrimogeni cominciano ad agire sui nostri occhi. Bizzarrissima sensazione di piangere senza dolore. Albeggia.

Tutte le nostre batterie rispondono con un fuoco precipitato. Le vampe continue e fitte vestono il Cengio d'un convulso drappeggio di fuoco. Val Sil? ? piena di fumi bianchi, grigio-perla che si sfilacciano forati dalle vampe delle nostre batterie.

Ecco una sorpresa che ci lascia presto indifferenti: un nuovo tipo di granate austriache che scoppiando lanciano in alto lunghissimi vermi ondulosi e perpendicolari alti 50 e talvolta 100 metri.

Strani vermi di fumo anellato che talvolta non riescono a rizzarsi e allora si sviluppano orizzontalmente scrosciando e borbottando nella vegetazione. Sono granate segnali che servono ad indicare agli osservatori austriaci un punto di caduta invisibile nelle vallate profonde. Le batterie austriache di Campolongo, Luserna, Tonezza, sembrano avere una questione personale con Val Sil?. Concentramento di fuoco contro di noi. I telefoni non rispondono pi?.

Il mio attendente Ghiandusso viene con una catinella piena d'acqua seguito dalla mia cagnetta Zaz?. Ghiandusso le impone i soliti esercizi ed eccola seduta sul culo, schiena ritta con un giornale piegato in bocca.

Senza togliermi il respiratore, faccio la mia toilette a dorso nudo nell'acqua diaccia. Non posso lavarmi il viso, e parto col capitano per raggiungere i miei amici in batteria a Sculazzon. Il monte Priafor? fiata vampe. Fiati di fuoco tra le labbra nere, occhiate di fuoco sotto le palpebre nere, stilettate di fuoco dalla pancia nera del monte. BRAA bububu BRAA vuvuvu delle valli. La strada che ci conduce a Forte Corbin ? tempestata dalle granate. Nel forte trovo il capitano Melodia, magro, onduloso, allegro e pronto alla beffa. Scendiamo con lui in un sotterraneo che d? al camminamento Cima Ard?.

Il mio capitano si ? munito di due lampadine elettriche. Dopo avere seguito per 10 minuti un tortuoso camminamento sotto il cielo sibilante e lampeggiatissimo giungiamo ad un vero pozzo di miniera. Curvi ci inoculiamo in una galleria tutta stillante su un terreno sempre pi? sdrucciolevole. Il pozzo scende nella spina dorsale di un costone fortificato. Riconosco ormai il cammino che ci deve condurre alla famosa Dama al Balcone. Infatti dieci passi dopo sbocchiamo nel fulgore sfarzoso di centomila feste da ballo riunite. Sono i centomilioni di candele del massimo proiettore che sorveglia le posizioni Austriache in Val D'Astico. Pausa abbacinante. Poi sentiamo la danza furibonda e il ta-ta-ta-ta-t? capriccioso, spietato, ironico e femminile della mitragliatrice Saint-Etienne che, sei metri a destra, sputa come una Andalusa fuoco di passione e garofani rossi dal suo balcone mascherato di fogliami. E' lei la leggendaria Dama al Balcone della brigata Casale.

Una Saint-Etienne prodigiosa. Si ricorre a lei per la difesa dei punti pericolosi. Non si inceppa mai se ? servita e accarezzata dal suo amico mitragliere Buco, un pugliese magrolino, olivastro, dagli occhietti furbi tutti a lampi che si mescolano ai lampi d'una risata bianca continua. Meccanico provetto. Non ha mai bisogno di smontare la sua amante per pulirne il cuore. La domina impugnandone la groppa flessuosa, la pizzica, la solletica. E la Dama elegante in nero si curva gi? sugli abissi dove fervono le serenate austriache e sputa, sputa i suoi innumerevoli fiori veementi che uccidono i romantici e audaci suoi serenatori.

Buco mi saluta offrendo la sua risata allegra allo splendore elettrico bianco azzurrino del proiettore. Siamo glorificati, divinizzati dalla versicolore splendida pazzia delle farfalle che si slanciano ebbre d'oro nel gran fascio di luce, cozzano ruzzolano, piroettano contro il grande occhio vetrato divenuto ormai accecante.

La rabbia delle cannonate in rissa con tutti gli echi mugolanti accresce la fantasia e il mistero di questa notte ultra-romantica innamorata di morte e d'ilarit? crudele. Tragicamente come uno spettro dalla tonda pancia di metallo in fusione, il proiettore che funziona a distanza esce dalla sua caverna e s'avanza sul binario Decauville fin sull'orlo della roccia a picco, poi retrocede senza rumore e si cela nel buio.

Dal fondo della caverna i foto-elettrici regolano, sulla sfera girevole di un apparecchio i movimenti di spostamento e di accensione. Ma le rotaie sotto il proiettore brillano e si torcono come serpenti fosforescenti e il mio sogno ultra acceso vede realmente camminare un formidabile spettro dalla pancia vetrata tutto convulso nello sforzo di liberarsi dalle farfalle in foia. Si avvicina austero e minaccioso alla troppo civetta Dama mitragliatrice che schiamazza, sbraita sempre pi? contro i suoi corteggiatori della valle.

La bella Dama d'acciaio respira golosamente l'eccitante miscela degli odori notturni: vaniglia, violette, acacie e menta selvaggia, tutti pepati dall'odore aspro dominatore della balistite.

Sembra ballare pazza di gioia la sua strana danza a schiena curva. Fumano i suoi capelli sciolti. Il mitragliere le stringe i fianchi e l'ombra ingigantita della coppia bizzarra danza proiettata a cento metri davanti a noi sul tondo, enorme cerchio di luce che il fascio luminoso del proiettore stampa sulla nebbia. Vicino, sotto, sopra, intorno, altre ombre strabilianti: le nostre. Labirintica prospettiva fra gli specchi irreali numerosissimi di questa festa da ballo.

Buco mi dice: <>.

Sentiamo infatti le numerose pallottole della mitragliatrice austriaca frugare brutalmente a 2 metri sopra le nostre teste nella vegetazione buia.

La Dama al Balcone la deride, la insulta a perdifiato: <>

Rispondono tutti gli echi del muraglione di faccia, ma una gran nebbia ci vieta di vedere malgrado gli sforzi insolenti del proiettore la strada austriaca da dove scendono gli assalitori. Gli echi irritati o sedotti ridono essi pure, conquistati dalla festa da ballo, moltiplicando i loro lunghi

gia-a-a-a-a-a gia-a-a-a-a-a gia-a-a-a-a-a

Sembrano frane di ghiaia o meglio grida di popolo sfamato sotto l'opulenza esplodente di questi palazzi rocciosi. Le stelle altissime palpitano come segnali luminosi di una lontanissima battaglia di pianeti.

No! no! sono le sonagliere di molleggianti equipaggi invitati celesti! Mille, mille bocche ridenti di dame lontanissime affacciate allo Zenit. Si sbracciano, si sbracciano per gettare nella grande festa da ballo perle, perle ossessionanti e tali da mutare presto la danza in una rissa di folgori avvinghiate, che si contendano delle campane montane. Ma le stelle purtroppo sono gi? ridiventate ci? che sono in realt?: i rubini che ornano i volanti dinamici delle gonne alle divine ballerine che non balleranno purtroppo mai con noi! Saluto Buco, e passo sotto una v?lta fronzuta. Urto nelle spalle di un enorme bombardiere.

Siamo in una delle piazzole della batteria di Melodia. Fooc! srrrrrrrrrrrr. Seguiamo in alto l'ascensione di una bomba da 58. Eccola gi? in discesa mugolando gi? gi? nella vallata SCRABRAAANG. Si riprende il camminamento.

LA BATTAGLIA CHIMICA E GLI ALONI AZZURRI

Nei prati alti che strapiombano sulla confluenza dell'Astico e dell'Assa, la battaglia si spalanca davanti a noi con un milione di vampe febbrili e dei vasti roteanti volumi d'aria che ci squassano fra la vegetazione torturata e singhiozzante.

A destra scoppia nel folto fogliame nero

SGRAGRANG-GRAANG

una Spraangranata. Il graticcio di verdura che ricopre il camminamento diventa per me un pergolato satanico dai grappoli furibondi. La terra sembra sventrata dagli atletici colpi di reni delle nostre bombarde. Invisibili sotto di noi slanciano a gara con brutalit? ubriaca i loro bottiglioni di sciampagna esplosiva in alto, in alto e li guardano ammirati la bocca al cielo, senza curarsi degli immensi tondi maestosi rimbombi che quell'alcool massacrante produce a 600 metri sotto di loro. Ci sdraiamo per riprendere fiato su un declivio mentre la luce torbida dell'alba sbianca la curva dei fumi e svela sui fianchi prativi di Campolongo in faccia a noi i villaggi di Rotzo e di Albaredo. Piccole mandre di casette bianche dal tetto rosso, umili, timide, infantili, estatiche, beate.

Le nostre batterie da 149 tirano accanitamente con sempre nuove rotaie buttate sulla valle contro la Croce di Alenburg. La Croce appare incensata da fumi bianchi, neri; blocchi, cerchi, ovi, losanghe, pacchi di fumo che spacchettano delle stelle violente d'argento votivo.

Pi? gi? 3 case di Rotzo godono d'essere spaccate. Si fumano spensieratamente da s? come pacifiche sigarette. Invitano, implorano o sfidano le granate nostre che le sfondano con volutt? crudelissima. Il villaggio di Rotzo ha delle linee semplici, caste, sante come dipinto da Giotto sotto gli elastici ondulanti arabeschi e guinzagli che gli scaglia forse il genio dinamico plastico di Boccioni. I volumi mostruosi e lenti dei fumi sono assaliti dalle pressioni d'aria formidabile, giganteschi boa di forze torride che li arruffano, impacchettano, globalmente. Salgono i fumi, ma sono ricacciati gi?, scopati dalle ventate furenti e rinascono pi? tenere, pi? tranquille, pi? attente, pi? sottomesse le sette casette di Rotzo. La luce che cresce d? ai tetti il colore del sangue. Sono forse segnate per il macello quelle strane pecorelle? Il campanile ? da tempo decapitato. Penso al tragico fermento molecolare di quelle fragili mura che presentono l'urto acuto di diabolico pesce d'acciaio che li sfascer?. Sembrano anche bianche polpe di cadaveri in fondo al mare grigio verde fumoso di quest'alba sottomarina fra gli assalti voraci degli innumerevoli squali esplosivi.

Valli, valloni, valloncelli, burroni, vallette, conche e torrentelli si sono svegliati, gemono, singhiozzano e strillano a perdifiato. Poi una collera li invade e scoppiano ovunque moltiplicando i loro grugniti, rutti, sputacchi, vomiti lugubri. Le valli ampie sono sdegnose nelle loro digestioni sonore e senza fretta ingoiano i pesanti fragori per rivomitarli masticatissimi tra i denti stridenti dei loro echi che brillano e tintinnano di passione.

Sentiamo sotto i piedi risuonare i polmoni, le budella e fino in fondo lo sfintere della montagna dove si sono infilati, asserragliati e stipati infiniti rumori. Alle nostre spalle frana una valanga di echi appassionatissimi. Li distinguo tutti: ovoidali, sferici, serpentini, piramidali, cubici, stracciati, tutti accalcati nella furia goliardica di partecipare alla battaglia. Risse, corse, fughe, salti, capitomboli e coiti forsennati di rumori.

Ormai gli echi si sono fatti esperti, attentissimi, tutti al loro posto come vedette.

SPRANG-SPRANG di cannonata e BRAAAA BRAAAA di echi. Vi sono in alto loggioni di Echi affollatissimi che fischiano. Sono molto pi? numerosi delle cannonate. Ogni cannonata ? aspettata da 10, 20, 30 echi pronti a schiacciarne il fragore sbranarlo, lacerarlo, liquefarlo, spremerlo, allungarlo, spezzettarlo per poi riscagliare tutto con schizzi, sputi, scherzi, rabbuffi e risate, risaaaate, risaaaate infiniiiiiiiiite.

Sento lontanissimo dietro di me rumoreggiare dei colossi che certo buffonescamente calpestano la lamiera del mare Adriatico. Certo le platee della pianura veneta applaudono e ridono. Nel cielo, migliaia di rumori ginnasti dondolano sui trapezi del vento, giuocano e ridono.

Noi non possiamo ridere, colla faccia presa dal respiratore inglese, che ci d?, colle sue tubature, dei profili di originalissimi palombari immersi in un mare di gas asfissianti e lagrimogeni. Ecco la terribile iprite!

Gli ufficiali verificano il respiratore inglese sul viso dei soldati. Hanno tutti il naso prolungato mostruosamente dalla tubatura di caucci? che scende nella gialla musetta. Alcuni sembrano formichieri, altri fanno oscillare dei misteriosi cordoni naso-ombelicali. Una luce di rogo crepita improvvisamente dietro di noi: sono strani viluppi neri di resina e catrame che cuociono e fumano sospesi su cavalletti come porci impalati, spandendo un acre odore-vapore anti-ipritico.

La trincea sembra un laboratorio chimico pieno di scienziati impazziti. Impazziti forse dalle continue nuove miscele sempre pi? pericolose azzannanti e massacranti che la valle smisurato lambicco fornisce a noi pronti ma un po' ansanti nel risolvere i problemi di questa cos? lirica e pur scientifica battaglia chimica: acetilene, solfuro di carbonio, acido solforoso, cloropicrina.

TUM-TUM BROONG

d'un nostro 75 da campagna.

Rispondono gli echi

BRAA

bu-bu-bu-bu-bu-bu vu-vu-vu-vu-vu-vu-vu.

Entrano in scena i grossissimi calibri. Sulle bottiglie, i bottiglioni di esplosivo inebriante crollano ormai i barili giganti. E la frenetica giovent? baldanzosa dei gas a lungo compressi si scatena nella domenica di tutte le libert? omicide. I barili non bastano. Bisogna sventrarsi, pensano i cannoni, e gettare a manate e a palate sulle montagne in giro le nostre lunghissime budella di bronzo. Inghirlandiamone anche le cime che ora tintinnano sotto i primi buffetti dorati del lontanissimo faticoso sole nascente. I rumori salgono, salgono, come spiraliche budella nere a strangolar le cime perch? se mai vi fosse un nostalgico pastore a sognare, possa pensare d'essere immerso a capofitto colle punte dei monti nel pi? spaventoso inferno di tutte le religioni.

Prendiamo il camminamento e poi la trincea della brigata Casale. Si scende dietro le spalle dei fucilieri che scattano, sparando pim-pam-pam-pam.

Un gruppo di mitragliatrici innaffia gi? con un ta-ta-ta-ta-ta-ta-ta che non cessa, un burrone a 300 metri sotto di noi granulato di piccole forme che salgono. I nastri delle cartucce corrono su a tuffarsi nella macchina sussultante come frettolose di trovarvi il varco e per la canna precipitare con gioia contro i corpi vivi che appetiscono.

Sulle bocche delle mitragliatrici si aprono e chiudono fulmineamente orchidee e giaggioli scarlatti, argentei e dorati. Flora tropicale dalla telegrafica fecondit?.

Valle Ghelpa mette 200 metri di vuoto tra noi e la trincea austriaca di Cima Tre Pezzi incoronata di fumi neri zaffiro, smeraldo e celeste verdolino delicatissimo. Svolazza via un fumo elegantissimo a mille pieghe come una veste di Poir?e. Sentiamo che la battaglia infuria a destra dove si dice gli inglesi abbiano ceduto. Siamo a Sculazzon fra le mie bombarde con l'amico Mattoli.

Si tira verso destra in un punto della valle ormai trasformato in un vulcano. Il ritmo della fucileria opprime il cuore. Corre voce nella lunga trincea della brigata Casale che gli austriaci hanno conquistato 900 yards agli inglesi con un principio di accerchiamento che avrebbe per obiettivo il Cengio. Tutto il blocco di montagne che s'incunea fra l'Astico e l'Assa ? in pericolo. Passano uomini e uomini con cassette di munizioni. Hanno spostato le mitragliatrici verso la destra. I telefoni per? funzionano. Ordine di cessare il fuoco delle bombarde. Ma una lieve angoscia ci punge nello straripamento dei fumi che ormai hanno invaso tutto il paesaggio oscurandolo. Siamo ripiombati in una specie di notte caotica fra gli altissimi scossoni dell'aria dove viaggiano come su mille binari paralleli i proiettili dei grossi calibri. Impera ora il 280. Interviene tirannicamente il 305 di tratto in tratto. Questo che scoppia ? certo un veliero carico di esplosivi spinto in questo mare di fumi per colmare, incagliandosi, lo stretto che separa gli Austriaci e gli Inglesi.

Oh con quale fierezza italiana io ammiro i buoni fanti della brigata Casale che sparano nella trincea! In uno squarcio di luce ancor torbida una allucinazione o una realt? stranissima assale i miei occhi. Ogni soldato che spara sussultando al suo parapetto ha uno strano alone azzurro-rosso intorno a s?. Sembra un molle globo di nebbia, una ruota di fumo azzurrino. Ne noto tre, quattro, venti, cento. Mi alzo e nell'angosciosa precipitante frenesia della fucileria seguo la trincea. Certo ogni combattente appare ai miei occhi come un nucleo opaco o meglio come il mozzo di quella misteriosa ruota di diafano azzurro. Intuisco cos? la presenza della vita vissuta che avviluppa ogni combattente nel momento della battaglia.

Sono grovigli di giorni passati, di gioie godute, di dolori sofferti che affettuosamente si arrotondano sull'uomo nel giuoco supremo; quando le forze ostili lo assaltano da ogni parte. Ogni ruota azzurra ? diversa dall'altra, non so se per l'et?, le condizioni di vita, o la coscienza. Malgrado le ondate sbattenti dei fragori e degli echi polifonici io odo quelle ruote azzurre veramente vive chiamare, gridare, implorare. Voci di donne in lagrime, gridio di bambini al sole e la madre impietrita che singhiozza, e il viso del padre che si scolora leggendo il giornale, e la bocca soavissima fresca che mostra le sue perle pi? ricca di ogni ricchezza.

Ecco sfioro la schiena d'un forte soldato dal viso cotto dal sole: sono nel suo alone azzurro e tremo come chi entra nella casa dove ? morto qualcuno fra pianti disperati. Il soldato che m'? vicino e che spara, spara, affrettando i colpi ? forse un marinaio. Chi pensa pi? alle fischianti pallottole che cinguettano sul capo coi primi passeri indifferenti? Sono preso dalla gioia di scoprire una nuova legge. Ben lontano dai Bergson seduti nelle cretine poltrone universitarie trovo nel momento pi? pericoloso d'una battaglia la soluzione di molti problemi che i filosofi non potranno mai scoprire nei libri, poich? la vita non si svela che alla vita. Il segreto amplesso del passato e del futuro nella stessa coscienza si rivela a coloro che tutto il passato hanno vissuto, sudato, pianto, baciato, morso e masticato e che vogliono fra le carezze o le gomitate della morte vivere, baciare, masticare e soffrire il loro futuro.

I fanti della brigata Casale mi appaiono come astri nella loro atmosfera gassosa di luce azzurra. Atmosfere ruotanti che si sfrangiano simili a ruote dentate della gran macchina della battaglia. Il mistero mi avvince, la divinazione mi incoraggia. Ogni ruota ? formata, tessuta di innumerevoli piccole ruote. Pi? queste piccole ruote snelle e combacianti sono numerose, pi? l'alone o ruota globale chiude fortemente il nucleo che ? pi? compatto. Quando ? facile decifrare e contare le ruote secondarie che girano sul combattente, questo ha un nucleo pi? fragile e pi? scoperto; e la massa di sensibilit? vissute, ondeggiando elasticamente e agganciandosi ad altri aloni, lo protegge poco o affatto.

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