Read Ebook: Scritti di Giuseppe Mazzini Politica ed Economia Vol. II by Mazzini Giuseppe
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SCRITTI
GIUSEPPE MAZZINI
POLITICA ED ECONOMIA
VOLUME SECONDO
CASA EDITRICE SONZOGNO--MILANO
VIA PASQUIROLO, 14.
PROPRIET? LETTERARIA
PREFAZIONE
Come abbiamo accennato nella prefazione al vol. I, riassumiamo qui la vita politica e i fatti salienti dell'apostolato di G. Mazzini dal 1853 al d? della sua morte, a complemento delle note autobiografiche nello stesso primo volume raccolte ed a commento degli scritti politici ed economici in questo contenuti.
Chi desidera pi? particolareggiate e copiose notizie su questo importante periodo dell'apostolato mazziniano, consulti i proemi premessi dal Saffi agli ultimi nove volumi delle opere complete, e gli scritti contemporanei, fra i quali citiamo a titolo d'onore quelli della signora J. W. Mario e dell'Anelli, a cui abbiamo largamente attinto.
Quando la Russia nel 1853 manifest? l'intenzione di risolvere la questione d'Oriente a modo suo, pigliandosi Costantinopoli, l'Inghilterra, risoluta di attraversarne i disegni, inizi? le trattative per un'alleanza con la Francia in difesa dell'Impero Turco, facendo conto eziandio sul concorso dell'Austria. E il degenere nipote di Napoleone Bonaparte di buon grado accoglieva quelle proposte, nella speranza di acquistare popolarit? in Francia col prestigio della gloria militare, e predominio morale in Europa.
E mentre il primo ministro piemontese limitava il suo lavoro a preparare con ajuti stranieri l'annessione della Lombardia e, tutt'al pi?, del Veneto, Mazzini invece trattava in Lugano col Garibaldi intorno ad una spedizione in Sicilia, dov'era gi? fondato, fino dal 1850, un Comitato nazionale col duplice intento di sradicare dall'Isola ogni idea d'autonomia e di costringere i governanti o ad abbandonare il meschino concetto cavouriano d'un Piemonte ingrandito, o a rovinare con esso.
Quella spedizione non ebbe luogo allora, bens? sei anni dopo, e gloriosamente, merc? appunto la lunga, costante, efficace preparazione degli animi alla santa causa dell'unit? e indipendenza nazionale.
Intanto per le brighe di Napoleone e de' suoi devoti si divulgava nella penisola l'idea di dare a Luciano Murat il regno di Napoli; idea non favoreggiata solamente dal governo piemontese, ma per un momento anche da uomini come Saliceti, Lizabe Ruffoni, Montanelli, i quali, dopo la caduta della Repubblica romana esuli in Francia, troppo presto disperavano della causa dell'unit?.
Contro quell'intendimento antiunitario ed antinazionale protestavano bens? i pi? insigni patrioti d'Italia; e Poerio, Spaventa, Mauro, Bianchi e Settembrini rispondevano dalle prigioni <
Di quel vano tentativo del Bonaparte, per spegnere ogni speranza di unit?, non si parl? pi?: sparve come tanti altri disegni architettati dal nipote nella solitudine per emulare le gesta dello zio.
Come tutti i tentativi generosi, per l'una o l'altra circostanza non riusciti, sollevarono contro gl'iniziatori ed in ispecie contro l'anima dirigente, il Mazzini, un'ondata di recriminazioni, accuse e calunnie; ma non valsero a scuotere chi ben sapeva essere il bene premio di sacrificio e l'audace iniziativa indispensabile per scuotere e mantenere vive le inerti aspirazioni.
L'Inghilterra, gelosa delle sue tradizioni di libert?, protest? sdegnosa, e lord Palmerston, che aveva presentato un progetto di legge per ottenere la facolt? di limitare quelle libert? ed applicare lo sfratto quando si trattava di sudditi esteri, dovette lasciare il potere. Anche il Belgio e la Svizzera resistettero alle pretese imperiali: soltanto il conte di Cavour si pieg?, per compiacere il futuro alleato, a proporre e a fare approvare alcune disposizioni limitanti la libert? della stampa e ad imaginare, coll'ajuto delle compiacenti autorit? di pubblica sicurezza, un complotto contro la vita sua e quella di Vittorio Emanuele. All'ingiustissima accusa il Mazzini rispose da par suo con la lettera al Cavour, riportata in questo volume, nella quale rampogna altres? i meschini concetti, le arti subdole di un governo, che non aveva fiducia nel popolo, e tutto aspettava dall'ajuto straniero.
Premio a tanta condiscendenza fu il triste patto di Plombi?res.
Appena il Mazzini ne ebbe notizia, fieramente e italianamente scrisse contro; perch? mentre confidava, e non a torto, che l'Italia avrebbe potuto far da s?, temeva le mire interessate dell'infido alleato; e il 15 novembre 1858, quasi vaticinando Villafranca, scriveva:
Molti esuli del partito d'azione avevano pubblicamente dichiarato che se la guerra fosse stata iniziata e condotta da Napoleone, non vi avrebbero preso parte; ma quando videro muover prima l'Austria e gli Stati d'Italia insorgere in nome della libert?, abbandonarono tosto il primo proposito, ch? in cima ai loro pensieri tenevano quello dell'unit? della patria. <
Indignato il Mazzini dello sleale ed iniquo trattamento, da Firenze, ove rimase nascosto per circa tre mesi, in casa Dolfi, scrisse al re, cui egli giudicava migliore de' suoi ministri, la nota lettera qui riportata.
Qui giova riprodurre, dalla lettera accennata, il brano seguente:
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Il 5 maggio il Garibaldi, fin allora raggirato dalle arti della diplomazia sarda, ruppe gl'indug?, salpando da Quarto con la prode schiera dei Mille, e il 27 entrava trionfante in Palermo, nella nativa citt? di Rosalino Pilo, sei giorni dopo che quell'eroe era caduto, colpito in fronte da una palla borbonica.
Appena fu liberata la Sicilia, il Mazzini, insieme col Bertani ed altri, di? mano a preparare, secondo il suo antico concetto, mezzi e uomini per una spedizione che, attraverso l'Umbria e lo Stato Romano, si ricongiungesse al Garibaldi in Napoli; e fu tosto messa insieme una brigata di duemila volontar? della quale ebbe il comando G. Nicotera. Ma inaspettatamente dal Governo di Piemonte--che temeva dei volontar? e che era geloso e sospettoso del prestigio acquistato dal Garibaldi --venne ordine d'impedire alla brigata di Castelpucci l'invasione dell'Umbria e dello Stato Pontificio. Il Nicotera, ad evitare una guerra civile, ubbid?, pur fieramente protestando contro lo sleale ed inatteso divieto e dichiarando--gli eventi non giustificarono la promessa--che non avrebbe pi? combattuto sott'altra bandiera, all'infuori di quella repubblicana.
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Era colmo e traboccava il vaso delle nequizie governative: con gente capace di simili azioni n? accordo n? tolleranza potevano pi? a lungo perdurare, e G. Mazzini nella sua lealt? denunci? a' governanti ed al popolo la tregua fin allora subita con la seguente dichiarazione:
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Come risulta limpidamente dal proemio del Saffi, in quella sventurata campagna del '67, i seguaci del Mazzini furono, per suo consiglio, fra i primi a seguire il Garibaldi; e questo giova notarlo, perch? lo stesso Garibaldi, ingannato da maligni insinuatori, credette allora e per molto tempo appresso che dell'infelice esito di quella spedizione fossero responsabili i mazziniani.
E a buona ragione premeva sventolare quella bandiera gloriosa, perch? la monarchia s'era macchiata della maggior colpa, rinunziando a Roma; ond'egli scriveva: <Add to tbrJar First Page Next Page