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Read Ebook: Agide by Alfieri Vittorio

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Ebook has 285 lines and 33336 words, and 6 pages

AGIDE.

Pietosi Numi, a cui finora piacque dal furor di Leonida sottrarre l'innocenza mia nota, omai non posso pi? rimaner nel vostro tempio. Asilo volli appo voi, perch? la patria inferma pi? v?olenze, e pi? tumulti, e stragi a soffrir non avesse: or v'ha chi ardisce a' miei delitti ascriverlo, al terrore di giusta pena? ecco, l'asilo io lascio.-- Oh Sparta, oh Sparta!... esser fatal dei sempre ai veri tuoi liberatori? Ah! data fosse a me pur la sorte, che al tuo primo padre eccelso tocc?! pi? che il perenne bando, a se stesso da Licurgo imposto, morte non degna anco scerrei, se al mio cader vedessi almen rinascer teco il vigor prisco di tue sacre leggi!... Ma, chi s? ratto a questa volta?... Oh cielo! Chi mai veggio? Agiziade? La figlia di Leonida? oim?!... la mia gi? dolce moglie, che pur mi abbandon? pel padre?

SCENA SECONDA

AGIDE, AGIZIADE.

AGIZ. Che veggo! Agide mio, fuor dell'asilo tu stai? ratta a trovarviti veniva...

AGIDE Qual che ver me tu fossi, amata sempre consorte mia, perch? i tuoi passi or volgi verso un misero sposo?...

AGIZ. Agide;... appena... parlare io posso;... io riedo a te con l'aspra mutata sorte: il tuo stato infelice staccarmi sol potea dal padre. Il core io strappar mi sentia, nel d? che i nostri figli, e te, sposo, abbandonar dovea, per non lasciar nel misero suo esiglio irne solo il mio padre: n? pi? vista tu mai mi avresti in Sparta, or tel confesso, se ai crudi strali di fortuna avversa ei rimanea pur segno. In alto ei torna, tu nel periglio stai: chi, chi potrebbe tormi or da te? teco ritorno io tutta: e te scongiuro, per l'amor mio vero; pe' figli che tanto amavi, e per la patria tua, io ti scongiuro, almen per ora, a porre tue nuove leggi in tregua. Amor di pace, dei beni il primo, a ci? t'induca: il freno ripigliar con Leonida ti piaccia della citt?, qual per l'addietro ell'era...

AGIDE Donna, d'amare il padre tuo, chi puote biasmarten mai? conoscerlo, nol puoi; l'arte tua non ? questa: ottima ognora, e costumata, e pia, tu raro esemplo fra' guasti tempi di verace antico e fil?ale e conjugale amore, altro non sai, magnanima, che farti fida compagna a chi pi? avverso ha il fato. Se mai cara mi fosti, oggi il vederti a me tornar, quando me lascian tutti. certo pi? assai mi ti fa cara. Io meno dal tuo gran cor non mi aspettai; null'altro temea, fuorch'ebro di sua lieta sorte Leonida, non forse or ti vietasse il ritornarne a me.

AGIZ. Tu ben temesti. Tre giorni or son, ch'ei vincitore in Sparta riposto ha il pi?; tre giorni or son, ch'io seco pugno per te. N?, per negar ch'ei fesse a me l'assenso, era io perci? men ferma di ritrovarti ad ogni costo. Ei stesso, cangiato al fine, or dianzi a te mi volle messo inviar di pace: ei, per mia bocca, piena or te l'offre; e supplica, e scongiura, che tu, lasciato omai l'asilo, in opra vogli con lui porre ogni mezzo, ond'abbia Sparta una volta e intera pace e salda.

AGIDE Ei mi t'invia? sperare a me non lascia nulla di lieto il suo cangiar s? ratto. Ma, che dich'io? sperar, se in se non spera, Agide pu?? ch'altro a temer mi resta, quando ? pi? sempre la mia patria serva? quando ? pi? sempre dal poter suo prisco, dalle gi? tante sue virt? lontana?-- Io spontaneo avea l'asilo abbandonato gi?: ragion tutt'altra le astute brame or prevenir mi fea di Leonida... Ah! s?: fia questo un giorno grande a Sparta, ed a me; funesto forse per te, se m'ami... O fida mia consorte, dubitar non ne posso... Ma, se fede presti al mio schietto dir, tu d'altro padre degna, deh! invan non lo irritar; ten prego. Serbati ai figli nostri; ad essi scudo contro alla rabbia sii del padre fero: gli alti pensieri, ond'io ti posi a parte, e che s? ben sentivi, aggiunti agli alti innati tuoi, che dell'amor di figlia son la essenza sublime, in lor trasfondi s?, ch'ei crescano a Sparta e al padre a un tempo. Non assetato di vendetta io moro, ma di virt? Spartana; ancor che tarda, purch'ella un d? dai figli miei rinasca, ne sar? paga l'ombra mia...

AGIZ. Mi squarci il core... Oim?!... perch? di morte...?

AGIDE O donna; Spartana sei, d'Agide moglie; il pianto raffrena. Il sangue mio giovar pu? a Sparta; non il mio pianto a te. Rasciuga il ciglio; non mi sforzare a lagrimar...

AGIZ. So tutte del tuo sublime, umano, ottimo core l'atre tempeste; i generosi tuoi retti disegni entro alla mente io porto forte scolpiti; e se, a compirgli appieno, del mio padre la intera alta rovina d'uopo non era, ad eseguirli presta me prima avevi, e del mio sangue a costo... Oh quante volte il padre, s? diverso da te, m'increbbe! oh quante volte io piansi d'essergli figlia! ed io pur l'era; e il sono, ahi lassa!... e fra voi due stommi infelice: e fra voi debbo esser di pace io 'l mezzo, o perir deggio.

AGIDE Esser di Sparta figlia, e di Spartani madre esser dovresti, se in altri tempi e d'altro sangue nata tu fossi in Sparta. Il non spartano padre non io per? voglio a delitto apporti. L'indole tua ben nata, ottima, ed alta, ma non diretta, udia di padre e sposo sol ricordar, non della patria, i nomi: qual fia stupor, se tu pi? figlia e sposa, che cittadina, sei? Ma, qual sei, t'amo; n? al tuo pensar niente spartano io volli forza usar niuna, che il mio esemplo, mai. Pel nostro amor quindi ti prego, e, s'uopo fia, tel comando; oggi a mostrar ti appresta, che madre sei pi? ancor che sposa o figlia.-- Ma, qual si appressa orribile tumulto? Qual folla ? questa? oh! quali grida? Oh cielo! La madre? e in armi immenso stuol di plebe segue i suoi passi?

SCENA TERZA

AGIDE, AGESISTRATA, AGIZIADE, POPOLO.

AGESIS. Figlio, e che? gi? fuori stai dell'asilo? in chi t'affidi? in questa rea figlia di Leonida? Ben io pi? certo asilo, ecco, ti adduco; ognora costor fien presti...

AGIDE O madre, Agide meglio tu conoscer dovresti: o in me mi affido, o in nulla omai. Questa, che figlia appelli di Leonida, ? moglie, ? amante, ? parte del figliuol tuo.--Spartani, ove pur tali vi siate voi, che minacciosi in armi tumultuar qu? di mia fama a danno veggio; Spartani, or parla Agide a voi.-- Io, contro a Sparta, in mio favor, non voglio armi nessune; asil nessuno io cerco; null'uomo io temo. A dimostrar la mia piena innocenza, io basto: a vincitrice farla davver della malizia altrui, coll'arme no, ma con pi? fermi sensi, potuto avreste un di voi stessi darmi giusto un soccorso: ma fia tardo, e vano, e reo ogni presente ajuto.

AGESIS. E inerme esporti alla maligna rabbia d'un Leonida vuoi? d'efori compri agl'iniqui raggiri? Ah! no, nol soffro; n? il soffriran questi Spartani veri, che qu? son presti a dar la vita or tutti pel loro re.

POPOLO Per Agide, noi tutti presti a morir veniamo.

AGIDE Agide e Sparta fur gi? sola una cosa; or ben distinti gli ha in due la sorte; or, che a far salva Sparta, forse ? mestier ch'Agide pera. Il sangue sparger non vuolsi mai; vie men, qualora rigenerar virt? non puote il sangue. Per me morir, voi nol potreste omai, senza uccider molti altri: e in un le vostre e le altrui vite in Sparta, al par son tutte della patria, non vostre. Havvi, nol niego, de' traviati cittadini molti: ma, per ritrargli al dritto, alto un esemplo memorabile appresto. A lor far forza potr? con esso; e vie pi? sempre voi far? con esso di fortezza amanti.

AGIZ. Misera me! tremar mi fai. Che dunque disegni?...

AGESIS. Donna; or per chi tremi? parla; pel marito, o pel padre?

AGIDE Ah! tu non sai, madre, qual rechi a me dolor, l'udirti trafigger la mia sposa! Ella, pi? cara che mai nol fosse, appunto a me si ? fatta, per la sua vera fil?al pietade. Madre, consorte, popolo, mi udite.-- Ho fermo in core di convincer oggi anco i maligni, e gli invidi, e i pi? rei, ch'io della patria sono amator vero. Ai cittadini, io cittadino e padre, io cittadino e re, null'altro apparvi; se non m'inganno io pur: ma in altri forse da pria destai, con v?olenze, io stesso, dubbio alcuno di me: fu quindi ascritto, non a saviezza, a coscienza rea, e a vil timor di meritata pena, questo mio scelto asilo. Agide n'ebbe di volgar re la insopportabil taccia? Qual sia 'l mio core, oggi il vedranno. Oh dolce periglio a me, quel che affrontar m'? d'uopo, per ischiarir qual bene io far tentassi, e l'empia invidia di chi il ben non brama! Per la pubblica causa io re mostrarmi seppi, ed osai; per la privata mia, oso anch'esser privato: e, non ch'io creda convincer ora i tanti iniqui; in core essi gi? il son pur troppo; ma coprirli, di Sparta tutta alla presenza, io deggio di vergogna e d'infamia. Essi vorranno accusar me, lo spero: io pi? coll'opre, che non co' detti, a discolparmi imprendo: soltanto a Sparta i miei disegni esporre vo' schiettamente pria, soggiacer poscia...

POPOLO Tu soggiacer? no, mai non fia. Noi tutti farem prestarti da quei vili orecchio...

AGIDE Non voi, deh! no: sol per mia bocca il vero far? prestarmi orecchio. E, se a voi cale punto il mio onor; se presso a voi mai nulla io meritai; se nulla in me, se nulla nella memoria almen dell'opre mie sperate poi, pregovi, esorto, impongo di depor l'armi, e meco sottoporvi, quai che sien essi, agli efori. Il tiranno di Persia, allor che apertamente insorti entro il suo regno a se nemici ei trova, col dispotico brando a lor favella: ma il re di Sparta, a lor di se d? conto; e alla calunnia egli da pria ragioni oppon; se invano, imperturbabil alma vi oppon di re.--Duolmi, e dorrammi ognora, che lo stesso Leonida che assale or me cos?, dalla cittade vostra espulso andava, e inascoltato. Ei forse mal di se dato avria ragion; n? il volle pure tentar; ma glien doveva io 'l mezzo ampio prestare. Agesil?o la forza volle adoprarvi; io mi v'opposi indarno: non tutti il sanno: Agesil?o vien quindi meco indistinto. Io da quel d?, ma tardi, vedea, ch'egli era uno Spartan mentito: ma mi stringeano il tempo, e l'alta brama d'oprare il bene, a cui l'ostacol tolto di Leonida fero, il campo apriva. Quindi l'esiglio suo, giusto, ma inflitto in modo ingiusto, a pro di Sparta usai.

POPOLO E chi non sa, che a lui la vita hai salva?...

AGIZ. S?, per lui sol l'aure di vita ancora spira il mio padre. Io nel crudel periglio, io stessa, il vidi; agli inumani messi d'Agesil?o gi? in mano ei stava quasi, quando opportuni d'Agide gli amici gli ebber fugati, e noi ritratti illesi in securt?.

AGESIS. Quindi pagar nel vuole Leonida oggi, a lui togliendo, iniquo, non che la vita, anca la fama...

AGIDE E questa mai non sta nel tiranno: in me, nel mio solo operar, sta la mia fama.

AGESIS. E nasce sol dal tuo oprar l'altrui livore, e il fermo empio pensier di opprimerti. Ma, viene Anfare a noi? degno consiglio e amico di Leonida...

AGIDE Udiamlo.

AGIZ. Oh cielo! io tremo...

SCENA QUARTA

AGIDE, AGESISTRATA, AGIZIADE, ANFARE, POPOLO.

ANFAR. Fuor del tuo sacro asilo, Agide, in mezzo d'una tal turba io non credea trovarti. Ma pur, pi? grati testimon di questi io bramar non potea. Vengo ad esporti di Sparta i sensi.

AGIDE E son?...

ANFAR. Di pace.

AGIDE E quale?

ANFAR. Vera: ove pace alle tue mire avversa non sia pur troppo; ove in tumulti e risse securt? tu non cerchi e in un grandezza.

AGIDE Io discolparmi or presso a te non deggio: forse il far? presso a chi il deggio. Udiamo, di Leonida udiam la pace intanto.

ANFAR. Son io messo del re? Di Sparta io sono eforo; e a te parlo di Sparta in nome. Ove piegarti ai cittadin tu vogli, e la citt? tranquilla rifar, dannando ogni tua nuova legge tu stesso; il seggio, onde scaduto sei col tuo fuggirne, Sparta oggi ti rende.

AGESIS. Agide...

AGIDE Madre, a te son figlio; or posa secura in me.--Tu, che di Sparta in nome, pur ch'io indegno men renda, il trono m'offri; pregoti, al re Leonida in risposta reca, ch'io seco favellar vorrei, pria che in giudicio a Sparta innanzi io parli.

AGIZ. Io pur ten prego, Anfare, vanne al padre, e a ci? lo induci: a lui ritorna in mente, che senz'Agide in vita ei non sarebbe; ch'ei la diletta unica figlia sua diede ad Agide in moglie...

AGIDE A lui null'altro non rammentar, fuorch? di Sparta entrambi siam cittadini; e che il comun vantaggio vuol, ch'ei mi ascolti.

ANFAR. ? dubbio assai, s'ei possa, o venir voglia ad abboccarsi teco, fin ch'ei non sa, se tu i proposti patti nieghi, od accetti.

AGIDE In guisa niuna ei puote negar d'udirmi, e nol vorr?. L'asilo io per sempre abbandono; a me dintorno corteggio nullo io vo'.--Spartani, ad alta voce vel grido; io rimaner qu? voglio, solo, ed inerme, ed innocente.--

Il vedi, Anfare, il vedi; il tempo, il loco, il modo, opportuno or fia tutto. Io fra brev'ora torner? in questo foro; e qu? non sdegni venirne il re. Solo sarovvi; egli abbia al fianco i suoi satelliti: veduti sarem da quanti cittadini ha Sparta, ma non sarem da nessun d'essi uditi.

ANFAR. Poich? tu il vuoi, tosto a recarne avviso a Leonida volo.

SCENA QUINTA

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