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Read Ebook: Il Miraggio: Romanzo by D Ambra Lucio

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Ebook has 827 lines and 83292 words, and 17 pages

LUCIO D'AMBRA

IL MIRAGGIO

ROMANZO

Seconda Edizione

ROMA-TORINO CASA EDITRICE NAZIONALE ROUX E VIARENGO

PROPRIET? LETTERARIA

A mia moglie, Virginia Adele Manganella.

Questo romanzo, dunque, ha per te un valore d'affetto. Toltogli questo, ? probabile che nessun altro ne resti per coloro che lo leggeranno. N? di ci? mi dolgo, poich? solamente mia ne sarebbe la colpa. Io vorrei per? che a questo libro si riconoscesse un sol pregio: quello di essere stato scritto sotto la norma severa di un convincimento profondo. Questo mio convincimento, derivato dalla lezione della vita e da quella dei romanzi, consiste nel fatto che l'arte non pu? essere altro che specchio fedele della vita e che nell'arte senza la sincerit? non v'? salvezza di sorta. Le fastose porpore e gli ori e i broccati dello stile, l'opulenza delle imagini, l'armonia della linea non possono oggid? costituir da sole l'opera d'arte, ma solamente la fatica sterile se pur prestigiosa del virtuoso. Il pensiero non pu? mancare a un libro odierno e il lettore dovrebbe, dopo sfogliato l'ultimo foglietto, ricavarne un insegnamento o una norma.

Molte delle ultime pagine di questo romanzo, mia cara Lilla, sono state scritte in giorni per noi angosciosissimi, tu lo ricordi. Il nostro piccolo Diego malato, mia madre colpita gravemente dalla furia del male. Eppure mia madre pretese ch'io portassi a termine questo libro, e quante di queste pagine io ho scritto in un'ansia crudele, interrompendomi ogni momento per passare nelle stanze contigue al mio gabinetto da lavoro a udirvi il respiro della cara inferma, a seguirvi gli alti e bassi del male, trepidando. Forse esse si risentiranno di questa febbre durante le quali furono scritte? Non so. Comunque tu, cara e dolce Lilla, vorrai gradire tutto il libro come un'affermazione d'affetto e un nuovo monile di tenerezza e di devozione che ha voluto significare in questa pagina il tuo

RENATO.

IL MIRAGGIO

PARTE PRIMA

Seduto su un'ampia poltrona di cuoio a lato del suggeritore, col gomito poggiato sul bracciuolo di legno e la bella testa bruna sorretta dalla mano, giocherellando col bastone tenuto dalla sinistra, Giuliano Farnese assisteva faticosamente alla prova che procedeva senza inciampi, senza interruzioni, monotona, eterna, disilludente. Il palcoscenico era rischiarato da qualche raggio di sole che, filtrando a traverso il lucernario del teatro, indorava il pulviscolo ondeggiante su le lunghe file di poltrone ricoperte di velluto celeste, batteva e si rifrangeva su i lumi metallici della ribalta. Tutta la scena era rischiarata da quel sole invernale che diffondeva intorno una letizia insolita, come quella che spande nelle sognatrici anime dei pescatori, nelle chiare e bianche albe primaverili, su le spiaggie. Nell'alto del teatro qualcuno sbatteva il velluto di qualche poltrona. Su l'arcoscenico un operaio martellava, rialzando e piegando una stoffa: e questi due rumori cupi, insistenti, fastidiosi, distraevano il pensiero ed irritavano i nervi. Farnese, indifferentemente, seguitava a segnar geroglifici su la polvere delle tavole, geroglifici che poi cancellava col piede, ascoltando la sua prosa ripetuta prima dal suggeritore, poi dagli interpreti, scoloritamente, senza ispirazione e senza voglia.

Pochi attori erano sul palcoscenico del teatro Nazionale, quel giorno, pochissimi necessitandone alla nuova commedia di Farnese. Il sole, che sfolgorava raggi pallidi e tiepidi in quel pomeriggio di marzo, invitando all'esodo verso le vie luminose e verso le grandi piazze piene di luce e di vita, aveva sbarazzato il palcoscenico di tutti i piccoli attori ignoranti e tronfii, di tutte le minuscole attrici civette e mestieranti, che tumultuavano di chiacchiere, di risa e di frastuoni nei giorni in cui la pioggia grondava o la commedia in prova richiedeva un gran numero di commedianti. Erano rimasti sul palcoscenico solo gli attori principali, fra cui due attrici di prim'ordine; nel fondo, disteso sopra una tavola, un neofita della scena che recitava da poche sere, appassionato del teatro come di un'amante, ascoltava le parole ed osservava i movimenti, senza quasi batter ciglio, nel silenzio ora generale, finch? il secondo atto fin?, con una scena ardentissima di passione, eseguita con foga magnifica da Claudina Rosiers. Solamente allora Farnese pronunzi? un elogio. Il direttore del teatro, Savarese, stemperava i colori dei suoi complimenti meridionali per l'altra attrice seduta sotto una quinta. Allora Claudina Rosiers, d'una bellezza delicata e morbida, s'avvicin? a Farnese sorridendogli per la lode.

Giuliano Farnese, figura snella ed alta, colorito bruno e baffi castani fieramente rialzati come quelli d'un medioevale capitano di ventura, occhi azzurri, leggera barba a punta sul mento; insieme elegante delicato e forte; un gentiluomo, un poeta ed un moschettiere. Claudina Rosiers, alta e bionda, coi capelli d'oro e gli occhi bruni, con la bocca di un carminio acceso e dalle labbra tumide, maturi frutti d'amore; le luci degli occhi pallide a volte, a volte sfolgoranti, a volte truci svelavano l'anima dell'attrice, composta di sogno e di idealit?, di ardore e di entusiasmo, di impassibilit? e di crudelt?. Talora, sollevata in un cielo invisibile, le luci pallide dei suoi occhi interrogavano i misteri del sogno, inseguivano azzurre chimere, vedevan passare tumultuanti scorribande di illusioni; ma altre volte, invece, foschi e pure ardenti quegli occhi investivano la persona guardata di un ardore spirituale e fisico, di un incendio afrodisiaco; ed ancora altre volte, infine, quelle pupille bruciavano di minaccia, come sitibonde di dolore e di massacro, come regine della sofferenza; e al pari di quegli occhi, anche l'anima dell'attrice a volte era azzurra e perduta nel sogno e nella fantasia, a volte incendiata da un desiderio violento, a volte bramosa di fine e di lutto.

La grande attrice lo chiamava <> per un'affermazione continua della sua ammirazione. Farnese, dapprima, se n'era schermito ridendo e protestando, ma l'attrice non aveva voluto e saputo rinunziare al piacere di quell'omaggio continuo, a confermargli sempre che ogni sua opera aveva avuto su lei un'influenza decisiva, e che la sua arte, il suo cuore ed il suo pensiero erano quasi stati creati ed alimentati da quelle opere.

-- Anch'io vi vidi allora e v'udii recitare per la prima volta, rispose Giuliano Farnese. Anch'io attendevo una magnificenza, ma ogni mia aspettativa fu sorpassata.

-- Vi piace? domand? l'attrice quando si avvide dell'attenzione dello scrittore.

-- Mi piacete, egli rispose.

-- Parlo dell'abito, non di me, replic? sorridendo l'attrice.

-- Innanzi ad una bellezza, spieg? il romanziere, non si bada al piccolo particolare squisito, al trascurabile ornamento delicato. In San Pietro, nella cappella della Piet?, non ammirate prima i mediocri affreschi di Lanfranco, ma il divino gruppo di Michelangelo.

-- Dimenticate le proporzioni, replic? l'attrice con un sorriso che scopr? le due file di piccoli denti candidi.

-- Perch? ho fatto un confronto fra Michelangelo e voi, un affresco di Lanfranco ed il vostro estetico abito di quest'oggi? Mio Dio, le proporzioni si possono sottintendere sempre! E poi.....

Il madrigale era stato interrotto dalla voce del Savarese che chiamava all'ordine per il terzo atto. Gli attori erano tornati verso il centro della scena, interrompendo i loro chiacchiericci. I trovarobe preparavano l'arredo scenico, segnavano le porte con due sedie corrispondenti, i divani con una lunga fila di sedie logore e scolorite. Un campanello elettrico -- e col sordo mormorio del suggeritore la prova ricominciava. Le scene seguivano le scene e Farnese pure avvezzo agli inganni delle commedie in prova, avvertiva deficienze dove non ve ne erano, vedeva tutto pallido, fiacco, slavato. Sebbene egli sapesse come solo la ribalta illuminata e la sala colma fossero sufficienti a dare ingegno a quelli attori che ora sembravano poveri filodrammatici, pure temeva la loro negligenza, paventava un'interpretazione debole e frusta, visioni fosche d'insuccesso gli attraversavano il pensiero. Ma Claudina Rosiers faceva la sua entrata e subito la scena diveniva elettrica, l'orgoglio dell'autore vibrava di nuovo fiducioso, gli altri attori anche si investivano meglio della parte, procedevano pi? vivi e pi? veri. Savarese, grosso e acceso nel volto senza barba n? baffi, sorrideva dai piccoli occhi furbi e dalle labbra tumide di vecchio ebreo, presentendo l'affare ed il successo fruttifero. Ma un attore di primissimo ordine, Gray, che in quel momento non recitava, seduto su una delle due sedie che simulavano i battenti di una porta, seguiva con l'occhio sospettoso Claudina Rosiers, ardente nei suoi movimenti passionali; ed a volte gli occhi dell'attore brillavano di un riflesso sinistro. Gray era innamorato di Claudina ed aveva gi? confessato all'attrice la sua passione, deferentemente, offrendole la sua mano. Ma l'attrice aveva ricusato, ringraziandolo tuttavia dell'onore che le tributava: ella voleva darsi all'arte conservando il suo libero arbitrio, non voleva essere diminuita dai vincoli e dagli affanni di un marito e di una famiglia. Il suo discorso era stato cos? fermo e reciso che Gray non aveva saputo insistere; ed allora con voce piena di lacrime s'era fatto promettere che, se un giorno ella avesse mutato idea, avrebbe tenuto conto della sua sfortunata passione e l'avrebbe prescelto agli altri. Il giovane aveva sofferto per quella rinunzia, ma il pensiero che quella donna ch'egli non poteva avere non sarebbe nemmeno appartenuta ad altri lo consolava in quell'eterno orgoglio e in quel mascherato egoismo del maschio, che sono tanta parte di una passione virile. Quando per? le prove della nuova commedia di Giuliano Farnese erano cominciate, la pi? atroce gelosia s'era aggiunta nell'animo dell'attore a quel rassegnato sconforto. Egli sapeva che Farnese aveva avuto molte buone fortune, sapeva quanto Farnese piacesse a Claudina Rosiers, sapeva quanto Claudina Rosiers piacesse a Farnese; e le sue buone amiche s'erano date premura di metterlo in guardia contro Farnese, ammonendolo perch? fosse vigile, comunicandogli le dicerie che correvano sul grande scrittore, le sue glorie raccolte nel giardino di Citera, le sue squisite arti seduttrici. Da allora Gray non aveva avuto un minuto di pace; il pi? piccolo atto di cortesia convenzionale sembrava al geloso la conferma, l'accusa, la prova della colpa di Claudina e della sua propria sventura. Con la sua gelosia illogica e senza diritti era divenuto insopportabile alla giovane donna, che di conseguenza lo sfuggiva come meglio e quanto pi? poteva; ma il geloso vedeva in ci? mille altre prove del suo infortunio e della relazione dell'adorata con lo scrittore.

Egli intanto, quel giorno, seguiva con lo sguardo Claudina Rosiers, finch? finito anche il terzo atto con una deliziosa scena di amore e di passione, si era andata a sedere, anc?ra tutta vibrante, vicino allo scrittore che applaudiva ai suoi interpreti. Allora Gray si era perduto fra i fondali, scoppiando in lacrime come un bambino contrariato. Fortuna per lui che non vide il gesto con cui Farnese prese fra le sue la piccola mano di Claudina Rosiers anc?ra ansimante e sconvolta!

-- Io non so spiegarmi, le mormorava intanto lo scrittore, come voi possiate creare con verit? cos? meravigliosa e con logica umana cos? inappuntabile, queste scene d'amore, che io ho sempre creduto impossibili a rendere senza aver sofferto quelle agonie. Come io ho dovuto viverle per scriverle, cos? immaginavo che, volendo farne una viva rappresentazione, bisognasse averle ugualmente sofferte e forse anche pi? di me. Ora, invece, terrei una scommessa che voi non avete mai amato.....

Lo scrittore la guardava sorridendo, mentre ella con uno scoppio di risa riprendeva:

-- Anch'io ho amato, ma l'Ideale, una creatura che la mia fantasia ha creato e che forse non esiste. Un amoretto l'ho avuto. Ho passato la fanciullezza e l'adolescenza nella mia Siena: a quindici anni volevo bene a un giovinetto della mia et?, un piccolo, biondo, gracile, che ora ho ritrovato ammogliato e con prole. Allora ci davamo degli appuntamenti sotto la volta di quella meravigliosa Fonte Branda, verso il crepuscolo. Che cosa accadeva? Qualche bacio, mio Dio, e molte promesse di eterna f?! Per? qualche sera, se tardavo, non trovavo pi? al convegno il mio padrone e signore, che, atterrito dalla sera che scendeva, dall'ombra della Fonte e dallo scrosciare dell'acqua, preferiva all'amore mio la tranquillit? della sua anima infantile. Ed ecco, mio signore, in quali mani fidavo la tutela di tutta la mia vita..... Insomma, io non ho provato l'amore, ma lo sento; non l'ho conosciuto, ma non lo ignoro.

Pi? tardi, come lo scrittore alla fine del quarto atto si meravigliava ch'ella provasse in scena e le rendesse anche con precisione alcune sensazioni fisiologiche, Claudina Rosiers scopr? l'allusione ed il sottinteso; sorrise e disse all'orecchio del Farnese:

-- Voi pensate che questo, almeno, devo averlo provato; non ? vero, maestro?

E staccandosi dall'uomo, mentre Gray ricompariva mogio mogio tra i fondali, disse con l'alterezza di colei che serba immacolato il suo fiore e ne sa il prodigio:

-- Ebbene, no. Io sono vergine!

Egli rimase a guardare la vergine, ma i suoi occhi non erano pi? limpidi come poc'anzi; una scintilla impura di cupidigia, accesa dal pensiero di quella occulta primavera, vi brillava torbidamente. La scena cominciava a vuotarsi, dopo che il direttore aveva pronunciato le abituali parole: <>. A poco a poco solo Claudina, Farnese e Gray erano rimasti sul palcoscenico, Farnese anc?ra seduto su l'ampia poltrona, Claudina in piedi presso lui canticchiando, Gray imbarazzato con la pallida speranza di riaccompagnare Claudina. Un silenzio imbarazzante era fra loro. L'attrice e lo scrittore sentivano il bisogno d'essere anc?ra soli, di poter anc?ra parlare, di potere anc?ra unire le anime loro nella piena confidenza che consola. Gray finalmente comprese l'inutilit? della sua attesa, quando Claudina per troncar netto il disagio di quel silenzio, preg? Farnese di accompagnarla dalla sua modista. Il commediante gir? su i tacchi, dopo di aver salutato in corruccio, e s'allontan? rapidamente tra le penombre dei praticabili e delle quinte. Con quella intuizione tutta propria dei gelosi, Gray imaginava che qualcosa di decisivo stava per compiersi tra l'autore drammatico e la sua interprete. Tutti gli spasimi della gelosia lo afferravano, quelli spasimi laceranti del geloso che non ha alcun diritto, dell'innamorato senza speranza che vede un altro in procinto di cogliere quel frutto di amore ch'egli credeva dovuto a s? stesso. Brani di commedie gli tornavano nella mente, di quelle commedie in cui egli doveva vivere, innanzi a mille persone, gli spasimi di una gelosia che conosceva cos? bene! Il povero innamorato doveva trattenere le frasi di collera e di insulto che gli salivano alle labbra verso colei che era stato il suo sogno, che era la sua madonna, ora in procinto di perdere la gloria della sua verginit? per il capriccio passeggero ed inutile di uno scrittore alla moda, di un donnaiolo misogino!

Fuori, il crepuscolo scendeva. In alcune vie pi? strette i lampioni gi? erano accesi, nelle vie larghe e nelle piazze la folla passava, reduce dai suoi dolori o dalle sue fatiche quotidiane, pronta a risalire il calvario l'indomani, dopo il breve riposo di una pallida sera. Gray procedeva fra quella folla variopinta ed ignota, quasi senza vederla, attonito pel martirio di quella idea fissa, che riconcentrando ogni sensibilit? sul suo fermento, pare che tolga quasi la sensazione della vista e dell'udito. Sotto quanti di quei volti si celava un dolore simile al suo? Quanti sentivano nel cuore la tenaglia crudele dell'amore senza speranza, i laceramenti atroci della gelosia senza diritto? E queste idee facevano risalire nel suo cuore la piena dell'amarezza, che talora per? gli consentiva qualche minuto di speranza e di tregua. E se egli fosse anc?ra in tempo? Chi sa che Claudina non avesse pregato Farnese d'accompagnarla, senza un fine recondito, forse per sola vanit? femminile, per farsi vedere nell'ora di maggior folla con uno scrittore glorioso, con uno dei pi? grandi autori drammatici... Ma, la modista? E non poteva veramente recarsi da costei? Cosa v'era di strano e d'impossibile? Ma perch? non aveva detto anche a lui di accompagnarla? Veramente era stato lui il primo a prender congedo e ad allontanarsi; ma perch? ella non aveva detto una parola per trattenerlo, ella che sapeva quanto fosse amareggiato dai sospetti pi? vani e quanto ne soffrisse? E l'onda di amarezza risaliva anc?ra e i laceramenti della gelosia ricominciavano, fin che non potendo pi? reggere al dubbio si diresse verso la casa dell'attrice, con l'intenzione di spiarla, di spiare la sua venuta, e se saliva sola o con Farnese. Il geloso gir? la via delle Quattro Fontane, travers? la piazza Barberini, risal? tutta la via Sistina sino alla Trinit? dei Monti, poi discese anc?ra la magnifica scalinata che conduce in piazza di Spagna e, voltando a sinistra, si ferm? su la porta di un piccolo caff? confinante col portone della casa di Claudina. Bevve in fretta l'assenzio che il cameriere gli aveva portato e si ferm? su la porta in osservazione. E come l'attrice tardava a rincasare, la gelosia ricominciava nella pedanteria delle sue indagini e dei suoi minuti sospetti. E s'ella non tornasse? Se Farnese l'avesse trattenuta a pranzare al caff?? Ma lo scrittore aveva famiglia e non era probabile che si facesse vedere pubblicamente in tanta intimit? con la giovane attrice. E se i due fossero venuti in carrozza e quindi prima, molto prima di lui? Se fossero gi? nell'appartamento e proprio in quella camera da letto che corrispondeva esattamente, al piano superiore, con quella sala di caff? notturno? Un'ora era passata senza ch'egli vedesse giungere l'attrice o sola o con lo scrittore, e ci? l'aveva confermato nella sua ipotesi che i due, giunti in carrozza, fossero gi? nell'appartamento. Egli aveva infilato il portone, aveva gi? salito qualche gradino, ma al momento di premere il bottone elettrico pens? che non aveva alcun pretesto per spiegare quella sua visita intempestiva. Inoltre pens? che avrebbe potuto avere la conferma di quel che temeva e quella possibile certezza lo atterr?, e ridiscese lentamente le scale, preferendo a quello spasimo immane, le continue trafitture del dubbio, che tuttavia lascia qualche minuto di speranza e di blanda illusione. Ma, al momento che egli varcava la soglia, Claudina e Farnese discendevano da una carrozza e il geloso ebbe appena il tempo di sfuggire, rasentando i muri della oscura via di Propaganda Fide, non senza essere stato visto dai due. Claudina e Farnese salirono. Su, nella casa, dopo che si fu tolto il cappello e la mantellina, l'attrice guard? tra le persiane socchiuse ed al lume della lampada elettrica di un negozio di oggetti d'arte, vide Gray fermo in attesa, con lo sguardo fisso alla sua finestra che in quel momento s'illumin?, avendo Farnese fatto scattare il commutatore della luce elettrica.

-- Otello aspetta anc?ra, disse Claudina ridendo allo scrittore, mentre apriva le persiane. Vi ha veduto salire ed attende che ridiscendiate. Chi sa quali sospetti e quali pene! Domani dovr? subirne la narrazione. Povero ragazzo! -- E rise di una risata libera e squillante. -- Per?, come siamo cattive noi donne! -- continu? pi? seria ma canzonatrice. -- Ecco un uomo che soffre per me pene atroci. Egli mi segue, mi osserva, mi spia. Egli mi attende nel portone per vedere se torno sola, vi vede, fugge. Ed io ho la crudelt? di farvi salire, pur pensando che il povero giovane ci spia anc?ra e che questa vostra innocente visita gli far? passare una notte bianca insopportabile. Siamo veramente malvagie?

Rise di nuovo, avvicinandosi allo scrittore. Farnese indugiava. Aveva inteso battere le sei all'orologio della stanza vicina e ricord? di aver promesso al piccolo Luca di andarlo a prendere, dopo la prova, per farlo passeggiare nelle vie eleganti con lui, poich? il bambino era tutto orgoglioso di essere visto col suo gran pap?.

-- Dovrei rientrare, disse repentinamente lo scrittore all'attrice. Sono gi? le sei ed ho fatto una promessa al piccolo Luca.

Pronunziando queste parole egli si era alzato ed aveva guardato la commediante. Un'ombra di corruccio era passata sul volto di lei, che lo scrittore scorgeva in piena luce nel quadrato luminoso della lampada. L'attrice non aveva pronunziato una parola e si era messa ad osservare attentamente le sue dita sottili. Egli riepilogava ci? che le aveva detto lungo la via ed al caff? dove si erano fermati. Ricordava di averle stretto la mano salendo le scale e che la donna aveva lasciato fare; anzi gli era piuttosto sembrato ch'ella avesse risposto con una lieve pressione. Naturalmente, tutto ci? esigeva una spiegazione e non una partenza cos? repentina ed egli sacrific? il desiderio del piccolo Luca, decidendo di rimanere.

-- Il vostro bambino vi attender? invano, disse allora Claudina mentre lo scrittore ritornava a sedersi presso di lei. Non vorrei essere causa di un dispiacere al piccolo Luca e -- sottoline? sorridendo -- anche al suo pap?. -- Poi, subitamente, con uno scoppio di risa aggiunse: -- Rester? con tutte le mie tristezze, sola sola con loro che non mi divertono affatto. E aspetter? l'ora del teatro. -- Poi dimand?, deliziosa di noncuranza: -- Vi vedr? stasera?

Il romanziere guardava l'attrice con un'attenzione immobile, voleva intenderne il pensiero sincero, scoprirne l'intimo disegno. Ma ella restava impenetrabile, continuava a contemplarsi le dita con un sorriso ambiguo.

-- Non passer? dal teatro, stasera, rispondeva egli, intento a spiare l'impressione destata dalle parole che stava per pronunziare. Mia moglie si lamenta della sua solitudine. Le debbo bene una sera di focolare domestico. Avr? la rappresentazione dei miei bambini e delle loro marionette.

-- Relativamente, disse lo scrittore sorridendo. Comunque accetto volentieri l'invito perch? per voi si sfiderebbero ben altri pericoli che la tramontana.

Su quella promessa lo scrittore avrebbe potuto andar via, soddisfare il desiderio innocente del suo piccolo Luca. Ma una certa ironia che vibrava in talune inflessioni di voce dell'attrice lo tratteneva in quel salotto, seduto in quella poltrona. Fu cos? durante un'ora: una voce lo esortava ad alzarsi, a partire; l'altra, contraddittoria, a indugiare anc?ra. Intanto il discorso era ricaduto sul sogno adolescente di Claudina.

-- Chi sa, chi sa? diceva l'attrice. Realizzer? mai questo sogno? Amare ed essere amata da un uomo illustre, da un grande artista, in modo che la mia intelligenza sia completata dalla sua, formi un tutto armonico e profondo? Chi sa? Gli incontri della vita sono cos? bizzarri! Desidero, voglio, invoco il grande artista, il grande scrittore e chi sa che non vada poi a finire nelle braccia di un povero attorello qualunque, in un momento di orribile stanchezza e senza volont?, come quei viaggiatori che seduti di rimpetto in uno scompartimento si trovano nelle braccia l'uno dell'altro per un urto del treno! -- Sorrideva, ma tristemente; poi ad un tratto si mise a picchiare e strofinare le sue mani. -- Dio, Dio, che freddo! e come potr? recitare stasera? Come potr?? Farnese, fatemi il piacere, prendetemi quel mantello su quella poltrona..... L?, l?, benissimo! -- E come Farnese, mettendole quel mantello su le spalle, s'era chinato su lei fino a sfiorarle i capelli con un bacio, ed ella aveva sorriso, cos? che egli fatto pi? audace s'abbassava verso le labbra, ella grid?: -- No, no, non voglio! E levandosi, poich? Farnese l'inseguiva, quasi preg?: -- Lasciatemi. Non vi avvicinate. Andatevene, andatevene, adesso....

Poi si avvicin? a Farnese, fece un cenno perch? non insistesse, gli tese le due mani, strinse amichevolmente quelle di lui e lo guard? uscire, senza sorridere e senza pi? una parola. Ma nelle scale lo scrittore ud? la voce un po' tremante di Claudina Rosiers che gli gridava dall'alto:

-- A stasera. Ricordatevene.

Il romanziere aveva scritto questo romanzo in una villa presso Siena, tra le tenerezze di sua moglie e le primavere gioconde dei suoi bambini. Qualche raro amico rompeva per pochi giorni la monotonia di quell'eremitaggio affettuoso e pensoso: Farnese serbava di quell'anno un ricordo profumato, come del periodo pi? felice e pi? squisito della sua vita. L'amore di Beatrice l'aveva sostenuto in questa opera di maturit?, spronandolo nelle ore di sconforto e di sfiducia, quando pare che tutto crolli intorno all'artista in una notte densa e che il pensiero vacilli; confortandolo nelle ore di tristezza, distraendolo quando la sera, seduto per terra, egli chinava la fronte stanca sul grembo di lei, al lume roseo della lampada, mentre dalle stanze contigue giungevano i gridi spensierati del piccolo Luca e della fragile e bionda Anna Maria. Ella era stata la guida e la m?ta, lo sprone e il riposo, collaboratrice e compagna, amante ed amata.

Claudina Rosiers aveva ascoltato nervosamente la lettura della commedia. In certi momenti aveva pianto, mentre Farnese ironicamente sorrideva. Poi, andandosene con Savarese, ella aveva guardato lo scrittore con gli occhi anc?ra pieni di lacrime, convulsa. Questi era rimasto un momento a guardare la porta donde i due erano usciti. Poi, scosse le spalle, aveva acceso una sigaretta e si era rimesso al lavoro.

Una settimana dopo le prove erano incominciate.

Nel frattempo egli aveva salito le scale e subito i bambini erano accorsi al rumore del suo ingresso nell'anticamera che una lampada sospesa, coperta da un globo di cristallo azzurro, rischiarava dolcemente. I bambini, che si erano aggrappati a lui anche prima che egli avesse potuto sbarazzarsi del soprabito, gridavano festosamente.

-- ? venuto lo zio Leonardo! ? a Roma e rester?. ? arrivato oggi, dopo colazione.

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