Read Ebook: La mandragola - La Clizia - Belfagor by Machiavelli Niccol Osimo Vittorio Contributor
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LIGURIO, CALLIMACO.
CALLIMACO, SIRO.
Io aspetto che Ligurio torni col frate; e chi dice che egli ?? dura cosa l'aspettare, dice el vero. Io scemo ad ognora dieci libbre pensando dove io sono ora, e dove io potrei essere di qui a due ore, temendo che non nasca qualche cosa che interrompa el mio disegno. Che se fusse, e' fia l'ultima notte della vita mia, perch? o io mi gitter?? in Arno, o io mi appiccher??, o io mi gitter?? da quelle finestre, o io mi dar?? d'un coltello in sullo uscio suo. Qualche cosa far?? io perch? io non viva pi??. Ma io veggo Ligurio? Egli ?? desso, egli ha seco uno, che pare sgrignuto, zoppo; e' fia certo el frate travestito. O frati! Conoscine uno, e conoscigli tutti. Chi ?? quell'altro che si ?? accostato a loro? E' mi pare Siro, che ara di gi? fatto l'ambasciata al dottore; egli ?? desso. Io gli voglio aspettare qui per convenire con loro.
E' dicono el vero quelli che dicono che le cattive compagnie conducono gli uomini alle forche; e molte volte uno capita male, cos?? per essere troppo facile e troppo buono, come per essere troppo tristo. Dio sa che io non pensava ad iniuriare persona, stavomi nella mia cella, dicevo el mio ufizio, intrattenevo e' mia devoti; capitommi innanzi questo diavolo di Ligurio, che mi fece intignere el dito in uno errore, donde io vi ho messo el braccio, e tutta la persona, e non so ancora dove io m'abbia a capitare. Pure mi conforto, che quando una cosa importa a molti, molti ne hanno avere cura. Ma ecco Ligurio e quel servo che tornano.
FRATE, LIGURIO, SIRO.
Quanti lezii ha fatto questa mia pazza! Ell'ha mandato le fante a casa la madre, e il famiglio in villa. Di questo io la laudo; ma io non la lodo gi? , che innanzi che la ne sia voluta ire al letto, ell'abbi fatto tante schifilt? . Io non voglio... Come far?? io... Che mi fate voi fare?... O me! mamma mia... E se non che la madre le disse il padre del porro, la non entrava in quel letto. Che le venga la contina! Io vorrei ben vedere le donne schizzinose, ma non tanto; ch? ci ha tolta la testa, cervello di gatta! Poi chi dicessi: impiccata sia la pi?? savia donna di Firenze, la direbbe: che t'ho io fatto? Io so che la Pasquina entrer? in Arezzo, e innanzi che io mi parta da giuoco, io potr?? dire come Monna Ghinga: di veduta con queste mane. Io sto pur bene! Chi mi conoscerebbe? Io paio maggiore, pi?? giovane, pi?? scarzo; e non sarebbe donna che mi togliessi danari di letto. Ma dove trover?? io costoro?
E' sono intanati in casa, e io me ne andr?? al convento; e voi, spettatori, non ci appuntate, perch? in questa notte non ci dormir? persona, s?? che gli atti non sono interrotti dal tempo. Io dir?? l'uffizio. Ligurio e Siro ceneranno, che non hanno mangiato oggi, el dottore andr? di camera in sala, perch? la cucina vada netta. Callimaco e madonna Lucrezia non dormiranno, perch? io so se io fussi lui, e se voi fussi lei, che noi non dormiremmo.
Canzone.
O dolce notte, oh sante Ore notturne e quete, Ch'i disiosi amanti accompagnate; In voi s'adunan tante Letizie, onde voi siete Sole cagion di far l'alme beate. Voi giusti premii date All'amorose schiere Delle lunghe fatiche, Voi fate, o felici ore, Ogni gelato petto arder d'amore.
Io non ho potuto questa notte chiudere occhio, tanto ?? il desiderio che io ho d'intendere come Callimaco e gli altri l'abbiano fatto. Ed ho atteso a consumare el tempo in varie cose: io dissi mattutino, lessi una vita dei Santi Padri, andai in chiesa ed accesi una lampana che era spenta, mutai uno velo ad una Madonna che fa miracoli. Quante volte ho io detto a questi frati che la tenghino pulita! E si maravigliano poi se la divozione manca. Io mi ricordo esservi cinquecento imagine, e non ve ne sono oggi venti; questo nasce da noi, che non le abbiamo saputa mantenere la reputazione. Noi vi solavamo ogni sera dopo la compieta andare a processione, e farvi cantare ogni sabato le laude. Botavanci noi sempre quivi, perch? vi si vedessi delle imagine fresche; confortavamo nelle confessioni gli uomini e le donne a botarvisi. Ora non si fa nulla di queste cose, e poi ci maravigliamo se le cose vanno fredde! Oh, quanto poco cervello ?? in questi mia frati! Ma io sento uno grande romore da casa
Messere Nicia. Eccogli per mia f?; e' cavono fuori el prigione. Io sar?? giunto a tempo. Ben si sono indugiati alla sgocciolatura; e' si fa appunto l' alba. Io voglio stare a udire quello che dicono, senza scuoprirmi.
MESSERE NICIA, LIGURIO, SIRO.
Io ho udito questo ragionamento, e m'?? piaciuto, considerando quanta sciocchezza sia in questo dottore; ma la conclusione ultima mi ha sopra modo dilettato. E poich? debbono venire a trovarmi a casa, io non voglio star pi?? qui, ma aspettarli alla chiesa, dove la mia mercanzia varr? pi??. Ma chi esce di quella casa? E' mi pare Ligurio, e con lui debbe esser Callimaco. Io non voglio che mi veggano, per le ragione dette; pure, quando e' non venissino a trovarmi, sempre sar?? a tempo andare a trovare loro.
CALLIMACO, LIGURIO
MESSERE NICIA, LUCREZIA, SOSTRATA.
FRATE, MESSERE NICIA, LUCREZIA, CALLIMACO, LIGURIO, SOSTRATA.
CLIZIA
Canzone
cantata da una ninfa e da due pastori.
Quanto sie lieto il giorno, Che le memorie antiche Fa ch'or per me sien mostre e celebrate, Si vede, perch? intorno Tutte le genti amiche Si sono in questa parte raunate. Noi, che la nostra etate Ne' boschi e nelle selve consumiamo, Venuti ancor qui siamo, Io ninfa, e noi pastori, E giam cantando insieme e' nostri amori. Chiari giorni e quieti, Felice e bel paese, Dove del nostro canto il suon s'udia; Pertanto allegri e lieti, A queste vostre imprese Farem col cantar nostro compagnia. Con si dolce armonia, Qual mai sentita pi?? non fu da voi; E partiremei poi, Io ninfa, e noi pastori, E torneremei a' nostri antichi amori.
PROLOGO
Se nel mondo tornassero i medesimi uomini, come tornano i medesimi casi, non passerebbero mai cento anni, che noi non ci trovassimo un'altra volta insieme a fare le medesime cose, che ora. Questo si dice, perch? gi? in Atene, nobile ed antichissima citt? in Grecia, fu uno gentiluomo, al quale, non avendo altri figliuoli che uno ma schio, capit?? a sorte una piccola fanciulla in casa, la quale da lui infino all'et? di diciassette anni fu onestissimamente allevata. Occorse dipoi, che in un tratto egli e il figliuolo se ne innamorarono, nella concorrenza del quale amore assai casi e strani accidenti nacquero, i quali trapassati, il figliuolo la prese per donna, e con quella gran tempo felicissimamente visse. Che direte voi, che questo medesimo caso pochi anni sono segu?? ancora in Firenze? E volendo questo nostro autore l'uno delli dua rappresentarvi, ha eletto il Fiorentino, giudicando che voi siate per prendere maggiore piacere di questo che di quello. Perch? Atene ?? rovinata, le vie, le piazze, i luoghi non vi si riconoscono. Dipoi quelli cittadini parlavano in greco; e voi quella lingua non intendereste. Prendete pertanto il caso seguito in Firenze, e non aspettate di riconoscere o il casato, o gli uomini, perch? lo autore, per fuggire carico, ha convertiti i nomi veri in nomi finti. Vuol bene che, avanti che la commedia cominci, voi veggiate le persone, acciocch? meglio nel recitarla le conosciate. Uscite qua fuora tutti, che il popolo vi vegga. Eccoli. Vedete come e' ne vengono soavi? Ponetevi costi in fila l'uno propinquo all'altro. Voi vedete: quel primo ?? Nicomaco, un vecchio tutto pien d'amore. Quello che gli ?? a lato, ?? Cleandro, suo figliuolo e suo rivale. L'altro si chiama Palamede, amico a Cleandro. Quelli due che seguono, l'uno ?? Pirro servo, l'altro ?? Eustachio fattore, dei quali ciascuno vorrebbe essere marito della dama del suo padrone. Quella donna che vien poi, ?? Sofronia, moglie di Nicomaco. Quella appresso ?? Doria sua servente. Di quelli ultimi duoi che restano, l'uno ?? Damone, l'altra ?? Sostrata sua donna. Ecci un'altra persona, la quale per avere a venire ancora da Napoli, non vi si mostrer? . Io credo che basti, e che voi gli abbiate veduti assai. Il popolo vi licenzia; tornate drento. Questa favola si chiama Clizia, perch? cosi ha nome la fanciulla che si combatte. Non aspettate di vederla, perch? Sofronia, che l'ha allevata, non vuole per onest? che la venga fuora. Pertanto se ci fusse alcuno che la vagheggiasse, avr? pazienza. E' mi resta a dirvi come lo autore di questa commedia ?? uomo molto costumato, e saprebbegli male, se vi paresse nel vederla recitare, che ci fusse qualche disonest? . Egli non crede che la ci sia: pure quando e' paresse a voi, si escusa in questo modo. Sono trovate le commedie per giovare, e per dilettare agli spettatori. Giova veramente assai a qualunque uomo, e massimamente ai giovanetti, conoscere l'avarizia d'un vecchio, il furore di uno innamorato, gl'inganni di un servo, la gola d'uno parasito, la miseria di un povero, l'ambizione di un ricco, le lusinghe di una meretrice, la poca fede di tutti gli uomini; de' quali esempi le commedie sono piene, e possonsi tutte queste cose con onest? grandissima rappresentare. Ma volendo dilettare, ?? necessario muovere gli spettatori a riso, il che non si pu?? fare mantenendo il parlare grave e severo; perch? le parole che fanno ridere, sono, o sciocche, o ingiuriose, o amorose. ?? necessario pertanto rappresentare persone sciocche, malediche, o innamorate, e perci?? quelle commedie, che sono piene di queste tre qualit? di parole, sono piene di risa; quelle che ne mancano, non trovano chi con il ridere le accompagni. Volendo adunque questo nostro autore dilettare, e fare in qualche parte gli spettatori ridere, non inducendo in questa sua commedia persone sciocche, ed essendosi rimasto di dire male, ?? stato necessitato ricorrere alle persone innamorate ed agli accidenti che nell'amore nascono. Dove se fia cosa alcuna non onesta, sar? in modo detta, che queste donne potranno senza arrossire ascoltarla. Siate contenti adunque prestarci gli orecchi benigni, e se voi ci satisfarete ascoltando, noi ci sforzeremo recitando satisfare a voi.
CLEANDRO. PALAMEDE. NICOMACO. PIRRO. EUSTACHIO. SOFRONIA. DAMONE. DORIA. SOSTRATA. RAMONDO.
Veramente chi ha detto che l'innamorato e il soldato si somigliano, ha detto il vero. Il capitano vuole che i suoi soldati sieno giovani; le donne vogliono che i loro amanti non sieno vecchi. Brutta cosa ?? vedere un vecchio soldato: bruttissimo vederlo innamorato. I soldati temono lo sdegno del capitano; gli amanti non meno quello delle loro donne. I soldati dormono in terra allo scoperto; gli amanti su pe' muriccioli. I soldati perseguono insino a morte i loro nimici; gli amanti i loro rivali. I soldati per la oscura notte nel pi?? gelato verno vanno per il fango, esposti alle acque e a' venti per vincere una impresa che faccia loro acquistar la vittoria; gli amanti per simili vie, e con simili e maggiori disagi, di acquistare la loro amata cercano. Ugualmente, nella milizia e nello amore ?? necessario il segreto, la fede e l'animo: sono i pericoli uguali, e il fine il pi?? delle volte ?? simile. Il soldato muore in una fossa, lo amante muore disperato. Cosi dubito io che non intervenga a me. Io ho la donna in casa, veggola quanto io voglio, mangio sempre seco, il credo mi sia maggior dolore; perch? quanto ?? pi?? propinquo l'uomo ad un suo desiderio, pi?? lo desidera, e non lo avendo, maggiore dolore sente. A me bisogna pensare per ora a disturbare queste nozze; dipoi nuovi accidenti m'arrecheranno nuovi consigli e nuove fortune. ?? egli possibile che Eustachio non venga di villa? E scrissigli che ci fusse infino iersera? Ma io lo veggo spuntare l? da quel canto. Eustachio, o Eustachio?
EUSTACHIO, CLEANDRO.
Canzone
Chi non fa prova, etc. .
Che domine ho io stamani intorno agli occhi? E' mi pare avere i bagliori che non mi lasciano vedere lume; e iersera io avrei veduto il pelo nell'uovo. Avrei io beuto troppo? Forse che si. Oh Dio, questa vecchiaia ne viene con ogni mal mendo! Ma io non sono ancora si vecchio che io non rompessi una lancia con Clizia. ?? egli per?? possibile che io mi sia innamorato a questo modo? E, quello che ?? peggio, mogliema se n'?? accorta; ed indovinasi perch? io voglia dare questa fanciulla a Pirro. Infine e' non mi va solco diritto. Pure io ho a cercare di vincere la mia. Pirro, o Pirro; vien gi??; esci fuora.
PIRRO, NICOMACO.
SOFRONIA, NICOMACO.
Chi conobbe Nicomaco uno anno fa, e lo pratica ora, ne debbe restare maravigliato, considerando la gran mutazione ch'egli ha fatta. Perch? soleva essere un uomo grave, risoluto, rispettivo. Dispensava il tempo suo onorevolmente. E' si levava la mattina di buon'ora, udiva la sua messa, provvedeva al vitto del giorno. Dipoi s'egli aveva faccenda in piazza, in mercato, a' magistrati, e' la faceva; quando che no, o e' si riduceva con qualche cittadino tra ragionamenti onorevoli, o e' si ririrava in casa nello scrittoio, dove egli ragguagliava sue scritture, riordinava suoi conti. Dipoi piacevolmente con la sua brigata desinava, e desinato, ragionava con il figliuolo, ammonivalo, davagli a conoscere gli uomini, e con qualche esempio antico e moderno gl'insegnava vivere. Andava dipoi fuora, consumava tutto il giorno o in faccende, o in diporti gravi ed onesti. Venuta la sera, sempre l'Avemaria lo trovava in casa. Stavasi un poco con esso noi al fuoco, s'egli era di verno, dipoi se n'entrava nello scrittoio a rivedere le faccende sue; alle tre ore si cenava allegramente. Questo ordine della sua vita era uno esempio a tutti gli altri di casa, e ciascuno si vergognava non lo imitare; e cosi andavano le cose ordinate e liete. Ma da poi che gli entr?? questa fantasia di costei, le faccende sue si stracurano, i poderi si guastano, i traffichi rovinano: grida sempre, e non sa di che; entra ed esce di casa ogni di mille volte, senza sapere quello si vada facendo; non torna mai a ora che si possa cenare o desinare a tempo; se tu gli parli, e' non ti risponde, o e' ti risponde non a proposito. I servi, vedendo questo, si fanno beffe di lui, e il figliuolo ha posto gi?? la riverenzia; ognuno fa a suo modo, e infine niuno dubita di fare quello che vede fare a lui. In modo che io dubito, se Iddio non ci rimedia, che questa povera casa non rovini. Io voglio pure andare alla messa, e raccomandarmi a Dio quanto io posso. Io veggo Eustachio e Pirro, che si bisticciano: be' mariti che si apparecchiano a Clizia!
PIRRO, EUSTACHIO.
Canzone.
Quanto in cor giovanile ?? bello amore Tanto si disconviene In chi demi anni suoi cassato ha 'l fiore. Amor ha sua virtute agli anni uguale, E nelle fresche etati assai s'onora, E nelle antiche poco o nulla vale. S?? che, o vecchi amorosi, il meglio fora Lasciar l'impresa a' giovinetti ardenti, Ch'a pi?? forte opra intenti, Far ponno al suo signor pi?? largo onore.
NICOMACO, OLEANDRO.
Oh miseria di chi ama! Con quanti affanni passo io il mio tempo! Io so bene che qualunque ama una cosa bella come Clizia, ha di molti rivali che gli danno infiniti dolori; ma io non intesi mai che ad alcuno avvenisse di avere per rivale il padre; e dove molti giovani hanno trovato appresso al padre qualche rimedio, io vi trovo il fondamento e la cagione del mal mio; e se mia madre mi favorisce, la non fa per favorire me, ma per disfavorire l'impresa del marito. E perci?? io non posso scuoprirmi in questa cosa gagliardamente, perch? subito la crederebbe che io avessi fatti quelli patti con Eustachio, che mio padre con Pirro; e come la credesse questo, mossa dalla coscienza, lascierebbe ire l'acqua alla china, e non se ne travaglierebbe pi??, ed io al tutto sarei spacciato, e ne piglierei tanto dispiacere che io non crederei pi?? vivere. Io veggo mia madre ch'esce di chiesa; io voglio ire a parlar seco, ed intendere la fantasia sua, e vedere quali rimedi ella apparecchi contro ai disegni del vecchio.
OLEANDRO, SOFRONIA.
NICOMACO, SOFRONIA.
EUSTACHIO, NICOMACO.
PIRRO, NICOMACO.
SOFRONIA, EUSTACHIO, NICOMACO, PIRRO.
Canzone.
Chi giammai donna offende A torto o a ragion, folle ?? se crede Trovar per prieghi o pianti in lei mercede; Come la scende in questa mortal vita Con l'alma insieme morta, Superbia, ingegno, e di perdono oblio, Inganno, e crudelt? le sono scorta, E tal le danno aita, Che d'ogni impresa appaga il suo disio, E se sdegno aspro e rio La muove, o gelosia adopra, e vede; E la sua forza mortai forza eccede.
CLEANDRO, EUSTACHIO.
NICOMACO, PIRRO, CLEANDRO.
NICOMACO, DAMONE.
SOFRONIA, DAMONE.
NICOMACO, SOFRONIA.
DAMONE, NICOMACO.
DORIA, NICOMACO.
In quanti modi uccelliamo noi questo vecchio! Che festa ?? egli vedeie i travagli di questa casa? Il vecchio e Pirro son paurosi in cucina; in sala sono quelli che apparecchiano la cena; e in camera sono le donne, Oleandro ed il resto della famiglia; e hanno spogliato Siro nostro servo, e de' suoi panni vestito Clizia e de' panni di Clizia vestito Siro, e vogliono che Siro ne vadia a marito in scambio di Clizia; e perch? il vecchio e Pirro non scuoprano questa fraude, gli hanno, sott'ombra che Clizia sia crucciata, confinati in cucina. Che belle risa! Che bello inganno! Ma ecco fuori Nicomaco e Pirro.
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