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Read Ebook: Memorie: Edizione diplomatica dall'autografo definitivo by Garibaldi Giuseppe Nathan Ernesto Editor

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Ebook has 2950 lines and 165303 words, and 59 pages

Editor: Ernesto Nathan

GIUSEPPE GARIBALDI

MEMORIE

EDIZIONE DIPLOMATICA DALL'AUTOGRAFO DEFINITIVO

A CURA DI ERNESTO NATHAN

TORINO Societ? Tipografico-Editrice Nazionale 1907

PROPRIET? LETTERARIA

Da quando il bipede umano ha comunicato al suo simile il proprio pensiero, per desiderio fraterno di illuminarne la buaggine, o per vanit? di sopravvivere a se stesso nell'opera dell'immaginazione, tracciasse giroglifici, incidesse collo stile sulla cera o scrivesse colla penna sulla carta, quando da lui qualcosa di luminoso ? emanato, non ? mai mancato chi l'abbia rievocato dopo la di lui morte, sia rabberciandolo ed associandolo all'opera di altri come per la bibbia, sia commentandolo, spiegandolo, restituendolo alla <>, come si sta facendo per Dante, sia raffazzonandolo ad uso delle famiglie, come per Shakespeare, sia divulgandolo e vivificandolo, come per le ricerche degli scienziati, ridotte ad uso dei profani dall'ammirevole ingegno volgarizzatore dei Francesi. E cotesti uffici di elucidare il pensiero denso, talvolta astruso o mistico del poeta, di rendere i ritrovati della scienza accessibili alle masse, che non hanno potuto seguire il processo lento attraverso cui si giunge al risultato finale, di riassumere fatti ed eventi, perch? in breve sintesi balzi fuori il loro significato, son lodevoli, indispensabili per la pi? larga diffusione del sapere.

Dove, peraltro, colle migliori intenzioni, non ? lecito la intromissione della mano altrui -- dove n? modificazioni, n? chiose, n? compendi sono consentiti -- dove l'alterazione della forma o di parte della sostanza assume quasi aspetto di sacrilegio, mancanza di rispetto alla memoria del pensatore ed a quanti vorrebbero conoscerne il pensiero, offesa alla accuratezza storica ed all'inviolabile diritto di autore, ? nella pubblicazione di memorie o di autobiografie lasciate da coloro i quali hanno conquistato il diritto di essere ricordati da' posteri; sopratutto quando siano tali da appartenere alla storia, e competa quindi alla storia di giudicarli, non attraverso le chiose, le manomissioni e le considerazioni dei contemporanei, ma dai loro atti, dai loro scritti, ove consegnarono il loro pensiero, perch? ai posteri potesse essere trasmesso. Alterare di una riga quel testamento in cui il grande dispone della sua eredit? morale, equivale e supera l'alterare o stornare, in tutto od in parte, la erogazione, secondo la volont? esternata, dei suoi beni materiali.

Le edizioni diplomatiche, ogni giorno pi? numerose, di memorie e di autobiografie attestano pi? generale consapevolezza di queste evidenti considerazioni, ed hanno inoltre l'enorme vantaggio di dare allo studioso ed al lettore sicura guarentigia di avere dinanzi a s? inalterato il pensiero dell'autore, quale da lui venne formolato, e non quale possa apparire pi? corretto attraverso l'altrui mentalit?, ritoccato, limato, accorciato od allungato per soddisfare agli scrupoli dell'altrui coscienza storica o letteraria.

Sopratutto per le memorie di Garibaldi, l'obbligo di seguire quel sistema s'impose, tanto pi? quando si ebbe la fortuna singolare di possedere l'autografo da lui ritenuto ed affermato definitivo; autografo redatto, rivedendo e correggendo le precedenti sue note e memorie, poco tempo prima ch'egli scendesse nella tomba. Cos? scrisse, come Egli afferma, per la storia, e la storia ha diritto di sapere quello ch'Egli scrisse.

Un giorno venne a trovarmi un amico con una cartella sotto il braccio. Era Ferruccio Prina. Mi ? grato cos? ricordarlo, cos? denominarlo ora, dopo i tristi rovesci sub?ti.

Il padre suo, repubblicano genovese del vecchio stampo, di quei che non conoscevano Mazzini sotto altra denominazione che quella di Pippo, fu amico fedele di Maurizio Quadrio: del Valtellinese dal carattere forte come l'intelletto, dal cuore sensibile ad ogni gentile ispirazione, ad ogni umana piet?, maestro mio, fin da quando, per sbarcare il lunario magrissimo attraverso stenti e digiuni, mi dava, fanciullo di 11 anni, a Londra, ripetizioni di latino e di francese.

Veniva dunque il Prina per dirmi di avere acquistato un autografo di grande valore, nientemeno che quello delle memorie di Garibaldi; e, aprendo la cartella, mi spieg? sotto agli occhi le 673 pagine coperte colla nitida e caratteristica calligrafia del Generale, ereditata fedelmente con altre qualit? da Menotti. Assorbito negli affari, soggiunse, non voleva tenere quel documento; desiderava che l'accettassi io, che avevo gi? cominciato a raccogliere manoscritti riferentisi al Risorgimento. Accettare un dono di tanta importanza, che costava al donatore una somma ragguardevole, era difficile; rifiutarlo pi? difficile ancora. Trovai una via di mezzo: accettai, alla condizione che il prezioso manoscritto dovesse unirsi agli altri, con atto regolare da me trasferiti allo Stato e, per esso, al futuro Museo del Risorgimento Nazionale.

Cos? fu combinato. M'affrettai a comunicare al ministro l'aggiunta preziosissima che cos? s'era fatta alla mia raccolta. Soltanto pensando, fin d'allora, al vicino centenario della nascita di Garibaldi, parve a noi opera utile ed omaggio a Lui degno, il ripubblicare quelle Memorie, offrendone copia alle maggiori biblioteche d'Italia, a fin che cos? fossero accessibili a tutti gli studiosi.

Ripubblicare le Memorie; ma ripubblicarle con scrupolosa osservanza del testo nei pi? minuti particolari.

Giuseppe Garibaldi, l'Eroe di Due Mondi, era uomo di azione. Dove v'era da sostenere la causa della nazionalit? e della libert?, l? fiammeggiava la sua lucente spada, segnacolo agli oppressi. Egli, nato alla nobilt? del sentimento, assorto per irresistibile vocazione all'eroismo, non aveva, da ginnasio a liceo, da liceo a universit?, speso la fresca giovent?, d'ideali assetata, a guadagnarsi diploma da dottore: la laurea l'aveva conseguita a bordo della sua nave, a cavallo, sulle sponde del Rio de la Plata. Partiva per il glorioso viaggio attraverso la vita, munito di scarso bagaglio letterario, n? ebbe tempo ed opportunit? di accrescerlo gran fatto per istrada.

Al contrario di tanti compatrioti che, nella breve carriera, seppero scalare i pi? alti uffici ed illustrarsi per breve tratto nel mondo del sapere e della politica; di coloro le cui figure, innalzate su cataste di carta, spariscono, logorate e disfatte dal tempo, l'azione gli era spontanea. Consegnarne il ricordo alla stampa in bella e levigata forma, perch? giganteggiasse dinanzi agli occhi dei contemporanei e fruttasse plauso e ricompensa, non era nella sua natura, n? nei suoi mezzi. Lo stile suo, dalle molte mende, ? il riflesso dell'uomo: frasi brevi, dettate militarmente, e secondo le esigenze del momento; un tratto di penna per separarle, una punteggiatura cacciata l? un po' all'azzardo; talvolta errori di ortografia, che dimostravano come, tra libri tascabili, quello a cui meno teneva, era il dizionario.

Chi ? occupato a fare la storia, non si preoccupa intorno alle minuzie per prepararne la lettura agli altri. Cos?, talvolta, le parole nelle Memorie non sono le pi? appropriate ad esprimere la sfumatura del pensiero; e framezzo a tutto, traspare, deliziosamente ingenua, una pretesa di letteraria eccellenza. I grandi sono tutti cos?; e fin da Salomone emerge cotesta auto-inscienza. Nessuno toglieva dalla mente di Federico il Grande la persuasione di innalzarsi sui contemporanei, sopratutto come scrittore e filosofo; n? a Bismarck ch'egli fosse il pi? dotto degli agricoltori e uomo di spirito fine e coltivato; n? a Richelieu che in fatti di strategia avesse l'intuito del genio, lo sguardo d'aquila: cos? in Garibaldi era nata e cresciuta la persuasione di avere singolari attitudini letterarie.

Nella prima edizione del volume, pubblicata dal Barb?ra, compilata da un benemerito patriota, amicissimo del Generale, che da breve tempo, fra il generale rimpianto, ha raggiunto la forte generazione con cui a lungo oper?, Adriano Lemmi -- in quella edizione le Memorie sono, per cos? dire, vestite un po' a festa. Dove erano errori furono corretti; emendata la punteggiatura, raddrizzata la frase, steso un velo sulle mende di forma che troppo sfacciatamente si facevano innanzi. Non fu, a mio avviso, velo pietoso, sebbene steso da mano amante ed amica, e con sincero e riverente pensiero d'affetto: fu errore. La prosa di Garibaldi, per quanto si voglia pettinare, sar? sempre incolta e difettosa, sia lodato il Signore! N? da lui altro era da aspettarsi. Meglio, dunque, le mille volte, non cercare di mascherarne le mende, come fa il maestrucolo di disegno colle provucce dei suoi esaminandi: vada, dinanzi agli occhi dell'Italia, del mondo intero, la prosa dell'Eroe qual'?, quale sgorg? dalla sua mente, quale tracci? la sua penna negli intervalli brevi nei quali la spada rimaneva nel fodero o le gloriose ferite lo confinavano a letto; vada quella prosa, nella sua rozza semplicit?, evocata dal cuore e dalle reminiscenze di una vita di avventure degna della Tavola Rotonda. Toccarla ? alterarne la poesia; ? voler togliere di dosso all'uomo il leggendario poncho, la camicia rossa e mettergli la marsina e la cravatta bianca delle persone per bene quando vanno in societ?. Chi cerca in Giuseppe Garibaldi lo scrittore, il letterato; chi non capisce che i difetti stessi della sua penna rialzano la eminenza della sua gloria, non hanno mai visto o capito di quali foglie, nel Panteon della Storia, s'intrecciano le corone di lauro che la posterit? riconoscente depone sulla fronte dei grandi benefattori dell'umanit?. Essi hanno il gusto pettinato e profumato dal parrucchiere di moda, ed amano gli elci e le quercie coltivati in vaso, perch? cos? possono figurare degnamente fra i mobili del loro salotto.

Insieme a pochi altri, pochi assai della storia contemporanea, Giuseppe Garibaldi s'erge sul piedistallo della immortalit?, e dinanzi sfilano le generazioni riverenti, in ammirazione crescente, man mano che i fatti leggendari s'allontanano. Come per i mezzi toscani che a preferenza fumava ed offriva a chi gli era vicino, cos? per la forma pi? o meno linda entro cui vestiva il pensiero, la luce radiosa entro cui risplende la figura leonina non s'altera n? s'attenua; come non s'attenua, anzi pi? rifulge, dinanzi alle tristi polemiche che si accendano intorno al santuario degli affetti suoi pi? intimi: ? la luce degli atti suoi, dell'eroismo, del magnanimo disinteresse, delle mai smentite aspirazioni nobili, pure e generose, che lo illumina: n? mende di stile, n? tampoco mende di uomini valgono ad offuscarla.

Dell'Eroe si riproducono qui tre fotografie. Quella dei tempi del Rio della Plata, quando sfavillava d'entusiasmo giovanile; quella del 1849, quando, condottiero delle forze della Repubblica Romana, nello zenit del suo prestigio virile, condusse i suoi legionari alla vittoria del 30 aprile, alla difesa eroica, alla ritirata epica; quella infine della maturit?, ad Aspromonte, a Mentana, a Digione, quando per fede, volont?, entusiasmo sfolgorava di giovane ardore attraverso il declinare degli anni. In quel ciclo dei quarant'anni, da quelle fotografie rappresentato, ? la vita, son le memorie imperiture del campione glorioso della libert?.

Abbondano i giudizi e le impressioni su di uomini e di eventi; n? altrimenti poteva essere in chi fra tanti uomini ed eventi aveva vissuto, cercando di guidarli verso gli alti fini ai quali aveva consacrato l'esistenza. Coteste personali osservazioni, espresse attraverso la narrazione, saranno tutte dalla storia convalidate, ovvero, quando franchi la spesa, da essa subiranno rettifica, laddove influenze esterne o predisposizioni interne valsero a velare od a contraffare in parte il vero? Comunque ci? sia; si confermi o si modifichi questo o quel giudizio, resta e rester? sempre intatto ed intangibile quanto egli scrive nella prefazione: <>.

Dissapori, dispareri, malintelligenze non di rado sorsero fra Garibaldi e Mazzini: sugli eventi, sull'attitudine da assumersi v'era spesso divergenza di apprezzamento, e il giudizio di quegli su questi, espresso nelle Memorie, ? duro ed ostile. Giustificato? Allo storico imparziale il pronunciarsi, non all'editore; ma ? lecito esprimere la convinzione che in parte quelle divergenze si sarebbero evitate o non avrebbero durato qualora i rapporti fra i due fossero stati sempre diretti e personali, non turbati dall'opera di intermediari che artatamente od inconsciamente il pensiero dell'uno o dell'altro coloriva col proprio. E quando, tolte le occasioni di malintesi, avessero di conserva agito, le sorti d'Italia sarebbero quali oggi sono?

Cos? nelle relazioni fra Vittorio Emanuele ed il Generale. Ancor l? le politiche e le politichette, i generali vecchio stile, come il calendario russo, che potevano invidiare non capire quel fulmine di guerra, gli uomini di Stato, devoti al Regno piemontese, troppo devoti perch? il loro sguardo potesse spaziare qua e l?, abbracciare l'Italia tutta: questi e quelli, intromettitori e confidenti, non confusero, non turbarono, nei momenti pi? critici, i rapporti fra quei due grandi fattori della unit?? E, se questi rapporti fossero stati limpidi, diretti, ininterrotti, le sorti delle guerre, le sorti del paese sarebbero state quali erano, sarebbero quali sono?

L'uno e l'altro sono punti interrogativi su cui noi, della generazione vicina al tramonto, non possiamo dogmatizzare; sono troppe le correnti che sviluppa il pieno della vita vissuta, perch? non ne siano alterati gli strumenti di precisione nell'osservatorio della nostra intelligenza; sono troppo vicini gli uomini e gli eventi per poterli dall'alto collocare nel nostro campo visivo e dare ad ognuno il posto ed il peso che ebbe nel risolvere od attraversare le battaglie del Risorgimento nostro: ? c?mpito della storia. Finito il giuoco, scomparsi per sempre i giuocatori, le simpatie, le antipatie che le loro personali relazioni svegliavano e determinavano, dir? chi esaminer? serenamente i ricordi dei tempi e da essi sapr? desumere quali mosse assicurarono agli uni la vittoria, per quali errori od imprevidenze gli altri furono disfatti.

ERNESTO NATHAN.

Prefazione alle mie Memorie.

Vita tempestosa, composta di bene e di male, come credo della maggior parte delle genti -- Coscienza d'aver cercato il bene sempre, per me, e per i miei simili -- E se ho fatto il male qualche volta -- certo, lo feci involontariamente -- Odiatore della tirannide e della menzogna -- col profondo convincimento: esser con esse l'origine principale dei mali, e della corruzione del genere umano.

Republicano quindi -- essendo questo il sistema della gente onesta -- sistema normale voluto dai pi? -- e per conseguenza non imposto colla violenza e coll'impostura.

Tollerante, e non esclusivista -- non capace d'imporre per forza il mio Republicanismo -- Per esempio: agli Inglesi -- se essi sono contenti col governo della regina Vittoria -- E contenti che siano, Republicano deve considerarsi il loro governo -- Republicano -- ma sempre pi?, convinto della necessit?, d'una Dittatura onesta e temporaria a capo di quelle nazioni -- che come la Francia, la Spagna e l'Italia, sono vittime del bisantismo il pi? pernicioso.

Tutto quanto ho narrato nelle mie memorie pu? servir alla storia -- Della maggior parte dei fatti, io fui testimonio oculare.

Fui largo di lodi ai morti -- caduti sui campi di battaglia della libert? -- Lodai meno i vivi -- massime i miei congiunti -- E quando spinto da giusto rancore, contro chi m'offese -- io ho cercato di placare il mio rissentimento -- pria di parlare dell'offesa e dell'offensore.

In ogni mio scritto -- io ho sempre attacatto il pretismo pi? particolarmente -- perch? in esso ho sempre creduto trovare il puntello d'ogni despotismo -- d'ogni vizio, d'ogni corruzione.

Il prete ? la personificazione della menzogna -- il mentitore ? ladro -- il ladro ? assassino -- e potrei trovare al prete una serie d'infami corollari.

Molta gente, ed io con questa ci figuriamo di poter sanare il mondo dalla lepra pretina -- coll'istruzione. -- ?Ma non sono istruiti gli uomini del privilegio governanti il mondo, che lo mantengono lupanare?

<> si vocifera nel mondo -- e si osserva tale massima anche tra i popoli meglio governati -- Quindi libert? per i ladri, per gli assassini, le zanzare, le vipere, i preti! E cotesta ultima nera gen?a, gramigna contagiosa dell'umanit? -- Cariatide dei troni, puzzolenta ancora di carne umana bruciata -- ove signoreggia la tirannide, si siede fra i servi, e conta nella loro affamata turba -- Ma nei paesi liberi -- essa presume a libert? -- e non vuol altro! non protezione fuori della legge -- non sussidii -- la libert? basta al rettile: dei cretini e delle beghine -- non difetta il mondo -- dei birbanti interessati al cretinismo ed alle superstizioni delle masse -- v'? sempre abbondanza!

Sar? accusato di pessimismo -- ma mi perdoni chi ha la pazienza di leggermi -- oggi entro ne' miei 65 anni -- ed avendo creduto per la maggior parte della mia vita, ad un miglioramento umano -- sono amareggiato nel veder tanti malanni, e tanta corruzione, in questo sedicente secolo civile.

Non essendo un fior di memoria -- ho forse dimenticato di nominare alcuni uomini cari, e meritevoli -- Fra i chirurghi, che da Montevideo a Dijon divisero meco le fatiche delle campagne militari io ricorder? i seguenti -- Odicini, chirurgo della legione di Montevideo valse molto ai militi nostri concittadini -- per l'abilit? non comune della professione sua -- Ripari, amico mio carissimo -- fu mio compagno a Roma , ove curommi d'una ferita -- Chirurgo in capo nella spedizione dei Mille, ademp? col patriotismo e l'abilit? che lo distingue al difficile e nobile incarico -- Ad Aspromonte io dovetti la conservazione del mio piede destro, e forse della vita, alle cure gentili dei chirurghi Ripari, Basile, ed Albanese.

Bertani fu chirurgo in capo delle forze da me comandate nel '59 e '66 -- e credo incontestabile la somma sua abilit? come capo, e come chirurgo -- Anche nel '67 egli si distinse nella sventurata pugna di Mentana -- I distintissimi professori: Partridge, Nelaton, e Pirogoff -- col loro generoso interesse alla pericolosa mia situazione provarono: che il vero merito la scienza vera, non distingue confini nella famiglia umana.

Ai cari D.ri Prandina, Cipriani, Riboli, io devo pure una parola di gratitudine -- siccome al D.re Pastore.

Il D.re Riboli in Francia -- chirurgo capo dell'esercito dei Vosges -- fu contrariato da indisposizione seria ed accanita -- Cos? stesso, egli non manc? di prestar opera utilissima.

Nell'apprezzamento del merito individuale d'ognuno che mi fu compagno -- non pretendo certo all'infallibilit? -- e se commisi errore -- ripeto: fu involontariamente.

Amanti della pace, del diritto, della giustizia -- ? forza nonostante concludere coll'assioma d'un generale Americano:

REVISIONE ALLE MIE MEMORIE

I miei genitori.

Io non devo dar principio a narrare della mia vita -- senza far cenno de' miei buoni Genitori -- il di cui carattere ed amorevolezza -- tanto influirono sull'educazione mia -- e sulle disposizioni del mio fisico.

Mio padre figlio di marino, e marino lui stesso dall'et? pi? tenera -- non avea certamente quelle cognizioni di cui sono fregiati gli uomini del suo ceto -- nella generazione nostra.

Giovine aveva servito sui bastimenti di mio avo -- pi? avanti, aveva comandato bastimenti propri.

Vari erano stati i periodi della di lui fortuna -- e non di rado -- lo ud? racontare -- che pi? agiati avrebbe potuto lasciarci -- Io per? li sono riconoscentissimo, del come mi ha lasciato -- ben persuaso, ch'ei nulla trascur? per educarmi, anche in tempi, ove scaduto di fortuna -- l'educazione dei figli, disagiava certo l'onestissima sua esistenza.

Se mio padre poi, non mi fece dare pi? colta educazione, esercitare nella ginnastica, scherma, ed altri esercizi corporei -- fu piutosto colpa dei tempi -- in cui grazie agli Istitutori chercuti -- propendevano piutosto a far della giovent?, tanti frati e legali, anzich? buoni cittadini, capaci di professioni virili ed utili -- ed atti a servire il loro devastato paese.

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