Read Ebook: Carlo Porta e la sua Milano by Barbiera Raffaello
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Ebook has 745 lines and 96170 words, and 15 pages
RAFFAELLO BARBIERA.
CARLO PORTA E LA SUA MILANO.
FIRENZE, G. BARB?RA, EDITORE. 1921.
FIRENZE, 33-1921-22. -- Tipografia Barb?ra ALFANI E VENTURI proprietari.
Compiute le formalit? prescritte dalla Legge, tutti i diritti di riproduzione e traduzione sono riservati.
Fonti di questo libro. -- Spunti inediti. -- Postille. 377
Indice alfabetico 395
Carlo Porta, il grande ironista meneghino, nasceva quando nella sua Milano, pur nella semi-barbarie di tante cose, agitavansi forti spiriti innovatori. Il Beccaria scriveva ardito contro la tortura e il patibolo; il Verri suggeriva le case di correzione in luogo delle prigioni pervertitrici; il Parini scherniva l'aristocrazia fatua e viziosa; a dispetto di sfringuellanti accademie arcadiche, sorgevano due associazioni possenti: la Patriottica e la Palatina; la prima per infondere aliti nuovi alle industrie, la seconda per rifare la storia italiana cui un dottore dell'Ambrosiana, Antonio Muratori, consacr? energie pi? che umane. Le sale del palazzo principesco di Antonio Tolomeo Trivulzio echeggiavano ancora di scipite pastorellerie d'Arcadia; ma, per volont? riparatrice dello stesso principe, quelle sale si aprirono ai vecchi che per le vie fangose trascinavano la canizie limosinando o venivano gettati a languire in un carcere. Alessandro Volta medita e prova: fioriscono gli studii matematici alle cui cime salgono persino menti muliebri, come l'Agnesi la buona e Clelia Borromeo la bella. La terra si solca di nuove strade e di nuovi canali: il cielo svela nuovi misteri alle acute pupille degli astronomi di Brera.
Il Porta, questo sincero poeta, formidabile nemico delle albagie aristocratiche, del mercimonio pretino, degli ozi frateschi; questo schernitore della letteratura arcadica, delle decrepite convenzioni poetiche, implacabile nel perseguitare l'ipocrisia e l'affettazione, nasce, adunque, quando gi? intorno a lui fervono idee liberali, principii fecondi, speranze ardite; arriva a tempo per vibrare il suo colpo di martello al vecchio edificio che si sfascia e a rallegrare di celie immortali il popolo suo, che da' rapidi avvenimenti ? qua e l? sbattuto, come nave in tempesta.
Milano eresse al Porta due monumenti, l'uno fra i dotti di Brera, l'altro in mezzo agli alberi e alle anatre dei giardini pubblici; gli dedic? una via e, pi? tardi, un teatro, persino un caff?; ma, in una biografia compiuta del suo poeta, deve rivederlo figlio ed amante, sposo affettuosissimo, amico a tutta prova, benefattore e uomo di societ?, attore comico e poeta, e, nello stesso tempo, fiero contro i nemici, inquieto e ammalato, malinconico e piangente per pentimenti profondi, per amarezze ineffabili.
Quando nacque il Porta, l'imperatrice d'Austria Maria Teresa regnava sulla Lombardia, di cui form? alla fine una specie di vice-regno, ponendovi a capo il proprio figlio arciduca Ferdinando; e, prima, al governatore conte di Firmian confer? il titolo di ministro plenipotenziario. Tutte cose che mostrano come ella volesse rialzare il livello politico del suo dominio lombardo.
Nell'anno stesso, 1775, in cui Carlo Porta nacque a Milano, venne soppressa, per volont? assoluta dell'imperatrice Maria Teresa, la Inquisizione, gi? cara a san Carlo Borromeo, e segu? un supplizio che commosse a lungo Milano. Fu giustiziato un frate sfratato e suddiacono, Carlo Sala di Casletto, gi? scrivano del Voltaire, reo di furti in sette chiese campestri. Fu condannato alla tortura, a tre colpi di tanaglia arroventata, al taglio della mano destra, perch? ladro sacrilego: quindi fu impiccato e sepolto in terra sconsacrata, sul bastione. Non aveva voluto confessarsi, n? comunicarsi, n? pentirsi. Non ? possibile dir quanto e preti e frati e prelati e la sacra compagnia che assisteva i condannati a morte, e autorit? e cittadini fecero e tentarono per costringerlo a pentirsi alla fine! Tutto fiato sprecato, tutti passi perduti.
Le strade non selciate, o mal selciate, con ciottoli di torrente. Se ne vedono ancora fra le vecchie vie di Milano, tortuose, semibuie, malinconiche.
Non avevano fanali, cominciati, a olio, nel novembre del 1788, e che facilmente si spegnevano; le tenebre pi? fitte avvolgevano allora case e mortali, con piacere dei ladri e delle coppie amorose. Chi voleva camminare con qualche sicurezza, quando dal mezzo del cielo non risplendeva la compiacente luna, doveva munirsi d'un fanaletto a mano. Le carrozze dei nobili andavano di volo, accompagnate da lacch? con torcie fumose; lacch? che erano obbligati a perdere il fiato nella corsa affannosa a piedi, seguendo la carrozza sino al palazzo, al cui scalone capovolgevano e spegnevano le torcie entro buchi praticati in dadi di marmo, come se ne trovano anche oggi in qualche casa di via Borgonuovo e altrove.
Tu, tra le veglie e le canore scene E il patetico gioco, oltre pi? assai Producesti la notte; e, stanco, alfine, In aureo cocchio, col fragor di calde Precipitose rote e il calpestio Di volanti corsier, lunge agitasti Il queto aere notturno; e le ten?bre Con fiaccole superbe intorno apristi; Siccome allor che il siculo paese Dall'uno all'altro mar rimbombar feo Pluto col carro, a cui splendeano innanzi Le tede de le Furie anguicrinite.
Carlo Porta nacque a Milano il 15 giugno 1775. Oltre il nome di Carlo, gli furono imposti quelli di Antonio, Melchiorre, Filippo.
In un sonetto incompiuto Carlo Porta si dichiara nato nella parrocchia di San Bartolommeo il 15 agosto del 1776. Dice precisamente cos?:
Sont nassuu sott a Sant Bartolamee, In del mila sett cent settanta ses, A mezz d?, del d? quindes de quell mes, Ch'el s? el riva a quel pont ch'el volta indree .
Ebbene: il registro delle nascite di quella parrocchia di San Bartolommeo reca invece ben chiaramente quello che abbiamo riferito.
Come combinare date cos? differenti? A chi credere? ? vero che non pochi svarioni si trovano nei libri delle nascite, dei matrimoni e delle morti, tenuti dai parroci che godevano funzione e autorit? di ufficiali dello stato civile; ma ? possibile che l'attestato ufficiale di nascita di Carlo Porta fosse sbagliato cos?? Non ? da escludersi l'abbaglio, l'amnesia nel poeta, che soffriva di nevrosi: non diremo la lieve vanit? di togliersi un anno.
In uno sferzante sonetto contro un marchese villano che non lo salutava per via, Carlo Porta si dichiara <
Riguardo poi al saluto dei nobili ai non nobili, avveniva questo bel casetto: che nobili, i quali avessero trattato, pur famigliarmente in campagna e in villa coi non nobili, non li salutavano quando li incontravano in citt?. La villa, adunque, faceva diventare educati, e la citt? villani.
Un ritratto dipinto a olio di Giuseppe Porta lo mostra con l'aspetto d'un pacifico galantuomo, d'uno di quei felici che vivono a lungo fra il lavoro ordinato e la quiete domestica. Visse la vita de' patriarchi, morendo nonagenario il 17 febbraio 1822 in mezzo ai fratelli, figli, nuore, nipoti intorno al suo letto. Fu pubblico impiegato, ragioniere e amministratore di aziende private. Ai frati della storica chiesa di San Simpliciano, teneva in ordine i conti. Avea mano nell'amministrazione della chiesa di San Pietro in Gessate, prima uffiziata gi? dagli operosi Umiliati, poi dai Somaschi. Amministrava il collegio di Brera, dove era stato docile e diligente scolaro. La tesoreria dello Stato di Milano lo ebbe sottocassiere e poi cassiere generale.
Il domenicano Porta, orientalista, che si occup? d'una Bibbia poliglotta, non apparteneva alla famiglia del poeta.
La madre di Carlo Porta si chiamava Violante Guttieri. Da lettere giovanili del poeta si rileva quante cure ella prodigasse ai figliuoli, non ostante che, al pari del marito, fosse travagliata dalla gotta, malattia passata in eredit? a Carlo. Ella ci appare il buon genio, la consigliera, il conforto di lui.
Carlo fu mandato dal padre al collegio dei Gesuiti di Monza; poi, al seminario di Milano. Pochi sanno oggi come si educassero i giovani da quei maestri tabaccosi, pronti a gonfiare con le nerbate le mani degli alunni, attanagliarli con pizzicotti e obbligarli a pane e acqua, quando non comandavano loro di tracciare con la lingua ripetute croci sul pavimento. I maestri dormivano spesso come ghiri, sulla cattedra, lasciando la scolaresca all'arbitrio di alcuni prediletti discepoli servili, che non mancavano di denunciare per le inevitabili punizioni i compagni pi? vivaci e pi? odiati. Le aule scolastiche risonavano di voci irose, di colpi, di strilli; certe camerette anguste, basse, che il Porta descrive in un sonetto italiano inedito, si aprivano ai delinquenti come carceri. <
Alessandro Manzoni, mentre serbava venerazione per il mite padre Francesco Soave, inorridisce al ricordo d'essere stato discepolo di tale
Cui mi saria vergogna esser maestro,
A studii severi, il Porta non si sentiva nato, e nemmeno, pare, alla poesia che trattava alla peggio, di quando in quando, per passatempo.
Il padre, uomo pratico, voleva fare di lui un negoziante. A sedici anni lo mand? ad Augusta, affidandolo a certo Weith, col desiderio che v'imparasse la mercatura e il tedesco. Ma le sue previsioni errarono. Se vi fu soggiorno fuori di patria increscioso per Carlo, fu quello. Si accese in lui la passione del giuoco; bazzicava, di nascosto, in qualche caff? di giocatori. Soprattutto, detestava le pratiche religiose alle quali il Weith voleva condannarlo. Se il mentore lo vedeva uscire solo di casa, erano sgridate.
Il ragazzo si sfoga con la madre lontana in lettere calde di tenerezza. <Add to tbrJar First Page Next Page