Read Ebook: Carlo Porta e la sua Milano by Barbiera Raffaello
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Ebook has 745 lines and 96170 words, and 15 pages
I nuovi sbalorditivi trovati di quella Francia, che s'era levata contro il suo re, e della quale cominciavano a diffondersi nelle famiglie atterrite le raccapriccianti notizie; quei nuovi trovati non potevano esser altro che opera del demonio, come i preti predicavano nelle chiese e a domicilio.
Libri, idee, mode francesi erano gi? penetrate. Il Parini, in un mirabile sonetto milanese, che ha la parlata evidenza di quelli del Porta , coglie argutamente il discorso che una dama tiene a una signora tenera, a quanto pare, dei Francesi rivoluzionarii:
Mad?m, gh'hala quaj noeuva de Lion? Massacren anc'adess i pret e i fraa Quij soeu birboni de' Franzes, ch'an traa La lesg, la fed e tutt coss a monton?
Cossa n'? de col?, de quel Petton, Ch'el pret?nd cont sta bella libertaa De mett insemma de nun nobiltaa E de nun Damm, tutt quant i mascalzon?
A prop?sit: che la lassa ved? Quel capell l?, che gh'a d'intorna on vell! ?l staa inventaa dopo ch'han mazzaa el Re?
L'? el primm ch'? rivaa? Oh bell! oh bell! Oh! i gran Franz?s! Besogna dill: no gh'? Popol, che sappia fa i coss mej de quell!
On vestii che tutt l'han ditt Brutt de sangu e de delitt, Infamaa per man del boja;
Sur la moda malandrina Del vestir alla ghigliottina.
Giuseppe Parini si lev? fiero e morale anche in quell'ode; ma doveva mostrarsi ancor pi? severo su quella moda che rappresentava una cinica infamia: la moda pi? scellerata che siasi mai vista.
Intanto si cominciava a muover guerra alle parrucche, e i parrucchieri si schieravano, naturalmente, fra i nemici pi? acerrimi della rivoluzione. Quanti prevedevano di rimanere sul lastrico! La parrucca era un'istituzione che richiedeva molte cure, molto tempo, ogni giorno. Gli uomini portavano coda, ricci, tup?: i pi? ricchi e i pi? eleganti sfoggiavano capelli finti, che scendevano in <
La ghigliottina francese aveva fatto dunque proseliti; ma gli ambrosiani non si sarebbero nemmeno mai sognati di servirsene. Napoleone credeva di trovare la Lombardia nelle condizioni della Francia? Ma qui i nobili non erano odiati dal popolo, se anche, come avveniva talora, in teatro sputavano dalle loggie in platea sulle teste; n? qui i contadini mangiavano l'erbe dei fossati e dei boschi per non morire di fame. Innovazioni civili erano cominciate da un pezzo, come abbiamo visto; il tentativo d'avvicinare le classi non era mancato da parte dei patrizi pi? liberali; e non si aveva bisogno dei Ranza, dei Salvador e degli altri fuorusciti e cialtroni per rialzare un popolo che aveva veduto un Cesare Beccaria, un Pietro Verri, un Parini!
Quel Carlo Salvador, amico del Marat e gi?, a quanto dicevano, falso testimonio di delitti addossati a innocenti durante le persecuzioni di Robespierre, e predestinati alla ghigliottina, fu uno dei sobillatori pi? perfidi. Lo ritroveremo pi? innanzi.
Intanto, a Milano, si tremava al minacciato irrompere dell'esercito rivoluzionario francese.
L'esercito del Bonaparte, passato il Po, s'avanzava. Per ordine del vicario di provvisione, conte Francesco Nava, ? celebrato un triduo a San Celso per implorare la Divina assistenza. Solenne processione alla basilica di Sant'Ambrogio, con le pi? preziose reliquie e al canto dei salmi penitenziali: le monache cantano le litanie sfilando nei chiostri: loro terrori, loro pianti disperati, e risa dei giacobini introdottisi in Milano.
Santa Democrazia tant decantada In stoo secol sapient filosofista, Comprada, promettuda e regalada, Dove set? Cosse fet? Non t'hoo mai vista.
Carlo Porta aveva ventun anno, quando entr? in Milano l'esercito francese rivoluzionario. Teniamone nota.
Il Bonaparte, capo dell'esercito francese, scese in Italia, da quella folgore di guerra ch'egli era. Le sue vittorie contro gli Austriaci a Montenotte, a Millesimo, a Diego, furono voli, quali Ugo Foscolo le enumer? nella dedica ardente dell'ode a Napoleone. Le truppe imperiali erano comandate dal settuagenario barone Beaulieu, supremo comandante austriaco in Italia, nato nel Brabante, che, dinanzi all'avanzata del ventisettenne Bonaparte, pens? di trincerarsi a Fombio, villaggio sulla strada maestra fra Piacenza e Lodi. I Francesi non perdono tempo: s'impadroniscono de' suoi cannoni e li rivoltano contro di lui, mentre altre divisioni francesi accorrono e compiono in un baleno la vittoria. In tal modo, la battaglia di Lodi si risolse in un non arduo, per quanto eroico, assalto. Napoleone disse: Non fu gran cosa. Era l'11 maggio dell'anno 1796.
Le porte di Milano erano cos? spalancate al pallido chiomato C?rso. Il vescovo di Lodi, monsignor Della Beretta, s'affrett? ad ossequiare fervidamente, coi maggiorenti del suo clero, il duce della Rivoluzione regicida, e lo invit? a pranzo; ma Napoleone non si accontent? d'andarvi egli solo con qualche suo aiutante: accompagn? con s? diciotto affamati ufficiali del suo Stato maggiore che non erano attesi; perci? fu necessario al cuoco vescovile, autentico eroe delle batterie di cucina, escogitare gastronomici espedienti per soddisfare tante bocche improvvise. Per ringraziamento, Napoleone mand? il giorno dopo il commissario generale di guerra Saliceti a spogliare la cattedrale degli oggetti preziosi, dopo d'aver ricevuto dal vescovo mille zecchini e tutta la sua argenteria in regalo grazioso.
A che valsero, o monsignore, i tuoi sorrisi e l'elegante tua conversazione francese? Ma non sapevi che il Bonaparte era stato inviato in Italia dalla Repubblica della Senna, col mandato supremo di diffondere i santi principii: la fraternit?, la libert?, l'eguaglianza?
Mentre gli avidi saccheggiatori spogliavano la cattedrale di Lodi , comparvero dignitosi davanti al C?rso i decurioni di Milano, Francesco Melzi e Giuseppe Resta, a rendere omaggio al giovane vincitore.
E il 14 maggio di quel fortunoso anno 1796 il nizzardo generale Massena, con l'avanguardia dell'esercito francese, entr? da Porta Romana in Milano, fra due ali di militi della Guardia civica appena istituita; dopo d'avere ricevute, alla cascina Colombara, le chiavi della citt?, dorate per l'occasione, e presentate su un cuscino di velluto rosso, dal vicario di provvisione, il nominato conte Francesco Nava. Il governatore austriaco di Milano, il venditore di granaglie arciduca Ferdinando, invece di battersi, se l'era battuta, riparando nel territorio veneto, a Bergamo, e di l?, a Vienna.
Il Massena, nel prendere le chiavi dorate della citt?, disse: <
Un frate zoccolante si sbracciava a gettare qua e l?, per le vie, coccarde francesi, gridando: <
Il popolo scarsamente rispose.
Pure a Milano, alla quale il generale Despinoy, comandante della citt?, ordina d'illuminarsi la sera del 18 maggio per la <
Al disgraziato, avvezzo a guidare autorevolmente pomposi funerali della Metropolitana, toccano ben tristi funerali!... Vien fucilato, insieme con un assassino, assassino da molti anni!.... <
Le feste intanto seguivano alle feste. Il 22 settembre, gran festa commemorativa per l'anniversario della <
E altra festa nel vecchio lazzaretto degli appestati, convertito in campo di Marte. S'inaugura con fastosa e clamorosa solennit? la Repubblica cisalpina. Quattrocento mila persone vi si affollano. Nello stesso giorno Napoleone istituisce il Direttorio esecutivo; tutte cose copiate dalla <
La popolazione, sulle prime sbalordita del subitaneo fragoroso cambiamento, e diffidente, fin? con l'accettare il mutamento. Parecchi ne erano, anzi, beati, esaltati; fra essi il duca Galeazzo Serbelloni, che divent? presidente della municipalit?. Quel duca imbandiva lauti banchetti a ogni momento. Lo chiamavano il <
Quatter strascion senza camisa, Senza sciopp, senza divisa, Senza scarp, senza calzett,
ma pieni di vita, di brio indiavolato. Un'altra satira cantava con verit?:
Esopo d? che, in sto pajes, In staa prima i donn A port? l'eguaglianza di Franzes.
<
<
<> urlarono gli ascoltatori, e la guglia rest? salva, aspettando livellatori pi? radicali.>>
Di Sparta il senno col valor di Roma.
Applausi frenetici; e da quel giorno il Monti divenne il poeta della Rivoluzione.>>
Pochi anni dopo, Carlo Porta mandava alla suocera, Camilla Prevosti, alcune sue sestine italiane non eleganti, -- tutt'altro, -- ma riflessi di quella baraonda demagogica:
E chi lo sa che un giorno non diventi Qualche signore anch'io d'importanza? A buon conto sto bene assai di denti, Ho bastante presenza ed arroganza; Malcreato, mendace, sprezzatore Mi far? poi col diventar signore. Ah! con doti s? belle, egli ? un peccato Che quel tempo prezioso sia trascorso, In cui bastava ad essere ammirato Crin mozzo, gran berretto e voce d'orso; In cui quanto pi? eri manigoldo Ne ritraevi onor, rispetto e soldo. Ah se fosse quel tempo! per Milano Mi vederebbe correre severo Con tanto d'occhi e la sciabola in mano, Gran flagello dei nobili e del clero; Ma quel tempo felice oggi ? passato, E sol oggi il mio spirto ? sviluppato. N? oggi mancherebbonmi i talenti Di volger per rovescio la medaglia, Massime cogli esempi ognor presenti D'una quantit? simil di canaglia, Ch'oggi Gracchi corc?rsi, e all'indomani Tigellini si alz?r, Planzj, Sejani.
Specchio fedele di quei figuri e di quel tempo rimangono i giornali; funghi velenosi spuntati da un terreno fracido. Parliamone.
Una delle prime libert? portate da Napoleone fu quella di stampa, senza alcun freno contro gli abusi. Tutti potevano scrivere e pubblicare tutto, infamie comprese. Si arriv? al punto che, per tre mesi continui, si vendettero per le strade di sant'Ambrogio e di san Carlo, da cenciosi strilloni, gl'indirizzi delle pubbliche meretrici <
Costui l'abbiamo gi? incontrato; ma ? necessario tornare ancora su codesta figura di rivoluzionario nefando e ridicolo.
Ridotto alla miseria pi? squallida, Carlo Salvador fu visto, pi? tardi, errare, come un mendicante reietto, per le vie di Parigi. Disperato, alla fine, si anneg? nella Senna.
Peggiore persino del Salvador, parve un buffo omiciattolo dalla lunga zazzera rossigna svolazzante, scialbo e magro, mezzo sepolto sotto un enorme cappellone decorato d'una maiuscola coccarda sfacciata. Strascinava uno sciabolone pi? lungo di lui, e, declamando contro i principi d'Italia, ai quali minacciava coltellate in abbondanza, agitava le braccia come due fruste da carrettiere irritato. I buoni ambrosiani, vedendolo sulle piazze dove irruiva contro i <
Chi era? Donde veniva? Era il <
Nato a Vercelli, nella cui agitazione popolare del 1790-91 era sorto quale <
Negli orrendi giorni, quando Binasco e Pavia osarono ribellarsi all'invasione francese e furono perci? il primo, per cenno del Bonaparte, orribilmente incendiato, e Pavia abbandonata al saccheggio e alla strage, il Ranza, che a Pavia aveva piantato l'albero della libert?, eccitava alle vendette, alle carneficine, vantandosi d'aver trovato un perfezionamento alla ghigliottina che, secondo lui, doveva essere il tocca-e-sana dei ribelli lombardi.
Il Ranza stamp? giornali sterminatori e opuscoli analoghi; alcuni de' quali si possono leggere nella raccolta Custodi, nella Biblioteca Nazionale di Parigi.
Un furbo libraio francese, Barelle, lo fond?, rimanendo prudentemente fra le quinte, nell'ombra, e cacciando, invece, innanzi quale direttore un suo commesso di negozio, certo Nova, che andava alla messa ogni mattina e che fin? in prigione anche lui, per le ingiuriose escandescenze dei suoi anonimi collaboratori, fra i quali frati sfratati, preti spretati e un Calderini di Gallarate, soprannominato il <
Un avversario detto l'<
In un certo numero si legge che un tale comasco fa l'incettatore di grano ed ? l'amante della moglie del signor tal'altro pure di Como . Come mai la faccia dell'ignoto rivelatore non veniva illustrata da un corteo di pugni? E i pugni fioccavano fra quei gentiluomini. Niente duelli: fior di cazzotti, come insegnava l'<
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