Read Ebook: Lettere di Lodovico Ariosto Con prefazione storico-critica documenti e note by Ariosto Lodovico Cappelli Antonio Editor
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Ebook has 906 lines and 150448 words, and 19 pages
Editor: Antonio Cappelli
LETTERE DI LODOVICO ARIOSTO
CON PREFAZIONE STORICO-CRITICA DOCUMENTI E NOTE
PER CURA DI ANTONIO CAPPELLI
TERZA EDIZIONE RIVEDUTA ED ACCRESCIUTA DI NOTIZIE E DI LETTERE
ULRICO HOEPLI EDITORE-LIBRAIO DELLA REAL CASA MILANO NAPOLI -- PISA 1887
PROPRIET? LETTERARIA
AVVERTENZA
Queste lettere riferisconsi in gran parte al suo Commissariato di Garfagnana, giacch? quelle che scrisse a' suoi parenti ed amici scarsamente a noi pervennero: e se le prime non possono sempre interessare per il soggetto e la forma, giova ricordare che furono dettate colla foga d'un imperioso dovere d'ingrato ufficio che non permettevagli di formarne minuta o tenerne copia , ed hanno poi il pregio di mostrarci nell'Ariosto l'uomo abile ai maneggi di Stato, fecondo di espedienti e zelante in sommo grado della giustizia, con essersi emendato di quell'adulazione che apparisce nel poeta di corte, per assumere un linguaggio francamente sincero e dignitoso.
Le lettere da me ristampate pi? volte ho un poco riformate alla moderna grafia, ma non ho minimamente toccate quelle che offro per la prima volta o che riproduco da altri editori, e cos? feci pei documenti a corredo della Prefazione o sparsi nelle note.
< A. C. PREFAZIONE STORICO-CRITICA INTORNO A LODOVICO ARIOSTO E IL SUO TEMPO Essendo stato molto famigliare di Borso d'Este, Nicol? Ariosto divenne ancora maggiordomo del novello duca Ercole I, il quale essendosi impadronito dello Stato contrastatogli a ragione da Nicol? figliuolo di Leonello, diede incarico all'Ariosto di recarsi a Mantova ove il nipote erasi riparato presso il marchese Federico suo zio, e veder modo di avvelenarlo. L'Ariosto non rifuggi di addossarsi l'iniquo mandato, e provveduto di quanto facevagli di bisogno part? sui primi del dicembre 1471 col pretesto di presentare al Marchese di Mantova uno zibetto . Col? giunto ebbe campo di accordarsi con Cesare Pirondoli siniscalco di Nicol? d'Este, e con larghe promesse lo indusse ad accettare il veleno da porre nelle vivande: ma nella sera destinata all'esecuzione, lo scalco maneggiando il tossico fu colpito da vertigine, e temendo essersi da s? stesso avvelenato, confess? tutta la trama. L'Ariosto intanto mettevasi in salvo a Ferrara, e il 18 detto mese Cesare Pirondoli insieme al fratello Galasso, che serviva a tavola ed era consapevole della cosa, vennero decapitati e squartati in Mantova. Poco dopo i fatti narrati, e cio? col primo gennaio 1472, il duca mandava Nicol? Ariosto capitano della cittadella di Reggio, e siccome eravi altres? il capitano della citt?, n? facendosi sempre dai cronisti la dovuta distinzione fra i due capitani o confondendoli insieme, cos? alcuni dubitarono che l'Ariosto avesse avuto ancora l'officio di governatore o podest? , quando queste cariche erano date ordinariamente a diversi soggetti. E infatti quantunque l'Azzari scriva che nel 1473 l'Ariosto < Finalmente nel 1496 pass? commissario ducale in Lugo di Romagna, e vide quelle popolazioni stremate dalla fame, dal contagio, dalle inondazioni. Ma non fu in s? difficili circostanze che incontr? il biasimo di tutti; fu un atto d'ingiusto e crudele rigore a cui lasci? trasportarsi dal suo carattere severo e irascibile. Quantunque le sostanze ereditate dal padre fossero di qualche entit?, pure dovendosi ripartire sopra dieci figliuoli, non potevano lasciare abbastanza tranquillo il primogenito Lodovico che aveva assunto la cura degli interessi della famiglia; e narrando egli stesso che di que' giorni la mente sua era carca d'affanni , si rivolse al duca, e pot? ottenere nel 1502 di essere nominato capitano della Rocca di Canossa. Dopo quasi due anni trascorsi per la maggior parte nel reggiano, Lodovico torn? a Ferrara nel 1503, ove sembr? dimenticarsi di Lidia, ed ove da una certa Maria che da tempo serviva in sua casa ebbe un figlio naturale chiamato Giovanni Battista, il quale essendo stato secretamente mantenuto dal padre presso i parenti materni, part? giovane da Ferrara per darsi al mestiere delle armi; e tornato poi in patria, ove ebbe nel 1546 una missione dal duca alla corte imperiale, vi mor? capitano nel 1569. Avendolo Lodovico dichiarato nel testamento del 1532 suo figlio naturale e contemplato nell'eredit?, venne ancora legittimato nel 1538 ad istanza di Galasso e Alessandro fratelli del poeta. Sullo scorcio del 1503 Lodovico rinunzi? al capitanato di Canossa e pass? al servizio del cardinale Ippolito d'Este, ch'egli scelse con poca fortuna a suo mecenate, ma che tanto influ? su lo scopo delle sue poesie. Si scoperse in breve che uno de' famigliari colpevoli chiamato Francesco Verdezino si era riparato a Venezia. Il duca chiese in favore di averlo in sue forze; e se da principio gliene fu data speranza, il governo veneto dichiar? poco dopo che per le raccomandazioni avute in contrario dal cardinale, il quale era riguardato come buon figliuolo della serenissima Repubblica, non sarebbe consegnato. Venne quindi scritto dal duca al suo ambasciatore Sigismondo Salimbeni in data 2 dicembre 1505, di far intendere alla Signoria di Venezia, che non avesse rispetto all'interposizione del cardinale, ch'egli era pure figliuolo ed anzi primogenito di quella, e perci? meritevole di essere preferito e in amore e in compiacenza, ad impulso altres? della causa giusta che lo moveva in confronto dell'altra del proprio fratello: ma ogni preghiera rimase inutile, bench? d?sse fede che non piglierebbe sulla persona del malfattore alcuna risoluzione che non fosse a grado della Repubblica . Non era ancor bene accertato chi fosse la donna che dest? la forsennata gelosia del cardinale Ippolito. Il Frizzi la dice una damigella per nome Angela, la prima tra le molte che Eleonora d'Aragona all'epoca del suo matrimonio col duca Ercole I condusse seco da Roma e che era ancora sua parente. Il Litta afferma invece che questa damigella era Isabella d'Arduino gentildonna napoletana. Ma i due scrittori non osservarono che tanto l'Angela che l'Isabella, se vennero a Ferrara coll'Aragonese nel 1473, dovevano trovarsi all'epoca dei fatti che narriamo presso i cinquant'anni; et? non atta a destar siffatte passioni. Oltre di ci? l'Isabella fu anche l'amica del duca Ercole I, la madre di don Giulio, poi da tempo la moglie di Giacomo Mainetto. Niuno certo creder? che le lodi date da una madre agli occhi di suo figlio e che non potevano suscitar gelosia, fossero riguardate dal cardinale non solo < I felici successi de' Francesi in Italia fecero temere al papa che potessero valere ad estendere di troppo il loro dominio fra noi, e perci? ritiratosi dalla lega di Cambrai, dopo aver ricuperato alcune terre della Chiesa, si un? alla Repubblica di Venezia dichiarando che voleva liberare l'Italia dal giogo straniero, chiamando per? altri stranieri in aiuto. L'8 giugno 1510 fece intimare al duca di Ferrara, come suo feudatario, di non molestare i Veneziani, di separarsi dai Francesi e di non fabbricare pi? sale in Comacchio a pregiudizio delle saline di Cervia ritornate al papa. E perch? il duca stim? di maggior interesse rimanere nell'alleanza di Francia, il papa lo fulmin? il 9 agosto di una scomunica estendibile a qualunque gli porgesse aiuto e che lo dichiarava decaduto; < Il papa aveva intanto cominciata la guerra contro il duca, togliendogli le sue terre di Romagna, occupandogli Modena ed altre citt?, mentre i Veneti minacciavano di ripigliare il Polesine. Molti cittadini di Ferrara erano corsi nella stretta del grave bisogno ad accrescere le fila dei soldati del duca Alfonso: lo stesso poeta, sempre bramoso di quanto promettevagli onore, volle imitar l'esempio di tre altri della famiglia Ariosto, e milit? nella compagnia comandata dal principe Enea Pio di Carpi, come vedesi dalle due lettere scritte da Reggio nell'ottobre del 1510 al cardinale in Parma , che anche in questa guerra poteva dirsi di ogni cosa ministro. Ed essendo riescito al duca nel 24 settembre un vantaggioso fatto d'arme alla Polesella, con ricacciare i Veneziani che pur tornavano a molestarlo , fu in tale occasione che probabilmente si distinse il nostro Lodovico, impadronendosi, come si narra, di una ricca nave nemica sul Po. L'esercito della Chiesa guidato dal duca d'Urbino Francesco Maria della Rovere, nipote del papa, minacciava di un prossimo assedio Ferrara. Cresceva il pericolo aspettandosi da un momento all'altro la resa della Mirandola che Giulio II braveggiando e imprecando stava in persona ad espugnare: perci? invitati i Ferraresi d'ogni ceto e condizione, uomini e donne, preti e frati di afforzare con terrapieni le mura della citt?, postisi tutti al lavoro, questi ripari furono con nobile gara nel dicembre del 1510 condotti a termine. Fecesi una notte dagli uomini d'arme del papa il tentativo di avere una porta della citt?; ma il duca fu prima avvertito della cosa, e vennero respinti. Anche Gio. Giacomo Trivulzio erasi portato coll'esercito francese in Mantova pronto ad accorrere in aiuto di Alfonso I, che a tale oggetto aveva pagato al re di Francia trentamila scudi d'oro. Perci? il papa abbandon? per allora l'impresa di Ferrara, e avuta in gennaio del 1511 la Mirandola, si ritir? col suo esercito a Bologna, indi a Ravenna, causa le mosse vittoriose del Trivulzio. Il cardinale Ippolito, rimasto nell'assenza del duca suo fratello al governo dello Stato, aveva dovuto perdere Reggio, Brescello, Carpi , Cento, la Pieve e le terre di Romagna, e cos? depositare in mano del Vit-Furst, che fu mandato governatore Cesareo in Modena, anche S. Felice e Rubiera. Gi? i Lucchesi approfittando del momento favorevole si erano impadroniti della Garfagnana: gi? il duca prevedeva l'ultima ruina della tanto agognata Ferrara che sola rimanevagli in potere, e dove teneva concentrate tutte le sue forze per farne gagliardo contrasto, quando nel 21 febbraio 1515 Giulio II mor?. L'anno dopo il cardinale chiese a messer Lodovico di seguirlo in Ungheria. Addusse egli motivi giusti di salute che non permettevangli d'intraprendere un lungo viaggio, n? affrontare un cambiamento di clima che poteva riescirgli funesto; come fu anche dichiarato dal Valentini modenese medico dello stesso cardinale. Queste ragioni non furono ammesse: ma persistendo l'Ariosto nel suo rifiuto a partire, anche per fare un'ammenda della soverchia servilit? del passato, il cardinale se ne adont?, commettendo l'imperdonabile risoluzione di congedarlo da s?, togliendogli ogni assegno, sino a due benefic? ecclesiastici che gli avea procurato, e dei quali volle fatta rinunzia a favore di altri suoi famigliari designati da lui. Dovette solo conservargli quello su la cancelleria di Milano perch? in societ? col Costabili di Ferrara, e perch? pochi mesi prima aveva scritto a Ruffino Berlinghieri suo vicario in Milano le lettere in favore dell'Ariosto da noi riportate a pag. 306, 307. -- D'allora in poi Lodovico non comparve pi? innanzi al cardinale, che mostr? averlo in dispetto, mentre il nostro poeta sempre buono e cortese, ad onta dell'ingratitudine sofferta, continuava ad offrirsi al suo primo signore per servirlo < Anna Sforza mor? di parto nel 1497 senza lasciar prole; e poich? Alfonso nell'agosto 1500, in cui Lucrezia Borgia rest? vedova, non erasi ancora determinato a riprender moglie, Alessandro VI, che sempre pensava a pi? illustri nozze per la figliuola, incaric? il cardinale Ferrari modenese di scrivere al duca Ercole e proporgli la mano di Lucrezia pel principe ereditario di Ferrara. Il duca se ne adont? e diede un assoluto rifiuto, essendosi altres? manifestata la maggior ripugnanza da parte di Alfonso e di tutta la famiglia d'Este. Ma il papa, ottenuto pure l'appoggio del re di Francia, insistette tanto col far conoscere i grandi vantaggi di tale unione e i danni che verrebbero dal ricusarla, che riesc? a vincere la contrariet? del duca: il quale riguardando queste nozze come un ottimo affare di Stato, pose innanzi delle alte pretese, che vennero quasi tutte accettate. Un corteo guidato dal cardinale Ippolito d'Este composto di un'eletta cavalcata di 500 persone per andare a pigliare la sposa usc? da Ferrara il 9 dicembre 1501 e giunse a Roma il 23 detto mese, accolto colle maggiori dimostrazioni d'onore. Roma era tutta in festa, avendo il papa ordinato che da quel d? incominciasse il carnevale, e ne' seguenti furono dati spettacoli intesi ad esaltare le due congiunte famiglie Borgia ed Este. Il penultimo giorno dell'anno fu ripetuta in Vaticano d'ordine del papa la cerimonia dell'anello che don Ferrante a nome del fratello pose in dito alla sposa, stando il papa sul trono e avendo intorno 13 cardinali e il figlio Cesare. Lucrezia nel colmo della contentezza, dopo aver ottenuto dal papa quelle grazie che il duca Ercole fece chiedere col di lei mezzo, impaziente di abbandonar Roma, part? il 6 gennaio 1502 con un corteo da regina, accompagnata sino a porta del Popolo da tutti i cardinali, ambasciatori e magistrati, e giunse la sera del 31 detto mese al castello Bentivoglio sul bolognese a 20 miglia da Ferrara. Col? ebbe la grata sorpresa d'incontrarsi col marito Alfonso che le si present? travestito, e trattenutosi alquanto con lei, ripart? nella stessa sera. La Borgia fece la sua solenne entrata il 2 febbraio in Ferrara ove le feste nuziali si protrassero con banchetti, balli e rappresentazioni teatrali per sei giorni, e fra i poeti che fecero omaggio de' loro versi alla sposa, anche l'Ariosto le offerse un epitalamio. Morto Ercole I il 25 gennaio 1505, Alfonso come figlio primogenito gli successe nel dominio. Abbiam veduto i supplizi coi quali inaugur? la sua salita al potere e l'odio implacabile che mantenne contro i fratelli, che sono indizio di violente natura e di pessimo cuore: i fatti che veniamo narrando mostreranno altre colpe. Non aggiungeremo nuovi fatti, ritenendo gli esposti anche di troppo valevoli a farci conoscere il carattere del duca, che certamente non fu il migliore di tutti i suoi fratelli, senza parlare di don Sigismondo morto nel 1524, < Alla morte di Giulio II il duca erasi affrettato al tempo della sede vacante di ricuperare le sue terre di Romagna e la Garfagnana, ma dovette presto desistere udendo l'elezione di Leone X, per non compromettersi col novello papa, < Il 24 giugno 1519 in et? d'anni 41 mor? per conseguenza di un aborto Lucrezia Borgia. Narrano gli storici di casa d'Este, ch'ella < L'animo della duchessa di Ferrara in mezzo al suo quieto e riposato vivere fu turbato nel 1510 dalla notizia della morte del suo primo marito Giovanni Sforza, il quale essendosi nel 1504 ammogliato con Ginevra Tiepolo, n'ebbe l'anno dopo un figlio per nome Costanzo che conferm? l'ingiustizia colla quale lo Sforza era stato da lei separato con un processo da cui ebbe origine ogni maggior biasimo di Lucrezia in quell'orrido passato di Roma. Anche l'abbandono in cui lasci? nella cara et? di due anni il figlio Rodrigo avuto dal suo secondo marito Alfonso d'Aragona, senza mai pi? curarsi di vederlo, e che mor? di 13 anni in Bari presso una sua zia; < Nel 1519 il duca, al quale erano riesciti poco utili i bagni d'Abano < Leone X ormai palese nemico di Alfonso I fece lega nel 1521 con Carlo V per discacciare i Francesi che nel 1515 erano tornati in Italia; e perch? il duca si port? colle sue genti a soccorrerli e liberarli dall'assedio di Parma, spingendosi ancora alla ricupera del Finale e san Felice, il papa prese motivo di scomunicarlo cos? come aveva fatto Giulio II, essendo stata eguale nell'un papa e nell'altro la brama di estendere il poter temporale anche a vantaggio dei loro nipoti, e di rivendicare Ferrara, tanto pi? che l'annuo censo, che si pagava alla Chiesa fu ridotto a minima cosa pel matrimonio della Borgia. Continuavasi con ardore la guerra contro i Francesi, < < Lodovico Ariosto aggravato di spese per la lite colla Camera ducale e per la ristampa del suo poema avea troppo bisogno dello stipendio assegnatogli in corte; pur si adatt? a vederlo uscir lento od anche affatto sospeso, finch? durarono le esigenze della guerra: ma gli dolse accorgendosi che anche in migliorate condizioni la mano del duca seguitava a tenerglisi chiusa. E tacendo in Milano in mezzo all'armi le leggi, n? potendo perci? ricavare alcun vantaggio dal beneficio della cancelleria di quell'arcivescovato, ricorse al duca affinch? lo levasse di bisogno, o gli concedesse di cercarsi altrove da vivere . L'autorit? dell'Ariosto continu? in Garfagnana a tutto il mese di maggio, e il 5 giugno 1525 non essendo ancora arrivato in Castelnovo il Cattaneo, il duca scriveva a messer Lodovico: < Il Cattaneo giungeva poco dopo alla sua residenza, cos? descrivendosi dal Carli le circostanze di una tale elezione: < Il papa erasi reso prigione con tredici cardinali; poi fugg?: ma solo saziando in pi? volte l'avarizia e ingordigia di quelle orde arrabbiate col mandare grandi somme di danaro, e con assolverle d'ogni eccesso commesso, le ridusse a sortire da Roma quasi un anno dopo. Senza perder tempo il duca Alfonso approfitt? della cattivit? del papa, e portatosi sotto Modena vide finalmente adempiuto il suo lungo desiderio, ottenendone la resa il 6 giugno 1527. ...... sul proscenio a recitar principii, E qualche volta a sostenere il carico Della commedia, e farle servar l'ordine. Sceso Carlo V per la prima volta in Italia, fu il 5 novembre in Bologna a stabilire d'accordo col papa una pace generale. Nel viaggio pass? per Reggio e Modena, e il duca tenne a sua grande fortuna di poter incontrarlo, accoglierlo e servirlo con ogni maniera di magnificenza, esporgli le proprie ragioni, e lusingarsi prima di lasciarlo al confine di averne guadagnato il favore. Stando al Litta, da questo matrimonio sarebbe nata una figlia l'8 novembre 1531, cui fu posto il nome di Lodovica. Se ci? ? vero, convien dire che morisse assai presto, non facendone l'Ariosto parola nel suo ultimo testamento. Nell'estate di detto anno 1531 essendosi Alfonso portato ai bagni d'Abano, vi and? seco l'Ariosto ove ammal? di febbre. Voleva subito restituirsi a Ferrara, ma il cavalier Obici, che pur trovavasi ai bagni, lo persuase a seguirlo nella vicina citt? di Padova e fermarsi in sua casa finch? fosse ristabilito. Quivi ebbe un'altra febbre che fu dichiarata terzana; e mentre attendeva a riaversi sopraggiunse il duca che il volle a Venezia con lui, come lo stesso Ariosto c'informa in una lettera scritta a nome di Alessandra .
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