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Read Ebook: La donna fiorentina del buon tempo antico by Del Lungo Isidoro

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Ebook has 452 lines and 92469 words, and 10 pages

La donna fiorentina del buon tempo antico

affigurata da ISIDORO DEL LUNGO

R. BEMPORAD & FIGLIO -- EDITORI FIRENZE 1906 FILIALI: MILANO, ROMA. TORINO: S. LATTES E C?. -- NAPOLI: SOCIET? COMMERCIALE LIBRARIA.

PROPRIET? LETTERARIA DEGLI EDITORI R. BEMPORAD E FIGLIO

ALLA MIA EDUVIGE, E ALLE TRE NOSTRE BATTEZZATE IN SAN GIOVANNI CAROLINA, ROMILDA, ALBERTINA

NEI PRIMI SECOLI DEL COMUNE

Conservo a questo e ad altri degli scritti che compongono il presente volume la forma con la quale mi nacquero, di pubblica lettura. Bens? la materia, che qui si distende quant'occorreva alla trattazione dell'argomento, fu in quelle letture contenuta entro limiti di tempo e di discrezione.

Ma una cosa, innanzi di procedere, giova che sia avvertita. Alla libert? fiorentina, da' primord? del Comune sino alla distruzione degli ordini repubblicani nel 1530, la donna non rec? il tributo di atti virili ed eroici, come fu in altre citt? d'Italia. Non ha Firenze, n? dalla storia n? dalla leggenda, la Cinzica de' Sismondi, che salva Pisa dalla notturna aggressione dei Saraceni; non ha Stamura, che col ferro e col fuoco affronta impavida l'esercito imperiale assediante la sua Ancona; n? Caterina Segurana, a cui Nizza pose una statua sulla porta Peiroliera da lei difesa contro Turchi e Francesi; n? madonna Cia degli Ubaldini, la forte donna romagnola, <>, che sostiene Cesena contro le masnade sanguinarie del cardinale d'Albornoz, resistendo con pari fermezza e alle armi nemiche e ai consigli di resa che le vengono da valorosi uomini di guerra; n?, se vogliamo aggiungerla, Caterina Sforza Riario, che, nella r?cca di Forl?, calpesta la fede data e la vita stessa de' figliuoli, per assicurare la vendetta dell'ucciso marito; madre poi, e non fa maraviglia, di Giovanni delle Bande Nere. N? sono fiorentine, ma della terra e del tempo dei Vespri, le donne che aiutavano la difesa della patria contro l'angioino oppressore; e il popolo ne faceva la canzonetta, che Giovanni Villani avrebbe dovuto conservarci intera:

Deh com'egli ? gran pietate delle donne di Messina, veggendole scapigliate portare pietre e calcina!

Fiorenza, dentro dalla cerchia antica,.... si stava in pace sobria e pudica.

Non cerca sfoggio d'ornamenti,

che fosse a veder pi? che la persona.

? allegrezza e consolazione della casa dov'ella ? nata, e che non muter? con quella dello sposo, se non a tempo debito, e contentandosi, essa e l'uomo che riamato ama lei, di dote ragionevole; cosicch? <>. L'austerit? del costume le risparmia le frivole cure e gli artifizi procacciativi di bugiarda bellezza: ella <>; e <>, prepara di propria mano le semplici vestimenta al marito. Un solo amore comprende nell'anima sua la convivenza non interrotta con esso, e il luogo del comune estremo riposo nella dolce terra nativa: sentimento che il Poeta chiama <>, e <> esclama con una di quelle note che insegna l'esilio. La giovine sposa <>, e acqueta e sollazza la sua creatura; mentre la nonna, filando, racconta ai grandicelli le luminose leggende delle origini italiche e della potenza latina,

favoleggiando con la sua famiglia, de' Troiani, di Fiesole e di Roma:

per? che essa, la donna del Comune italiano, indovina e sente che questo ? l'erede e il rinnovatore legittimo di quel glorioso passato; e nel nome augusto di Roma, che i fanciulli imparano dalle labbra materne a chiamar madre della loro citt?, sublima il concetto della patria in quelle tenere menti, e ve lo impronta non cancellabile.

Dico, la donna del Comune italiano: e quel che dalla storia di Firenze verr?, di figure femminili, delineando e colorendo, s'intenda che sia in gran parte com'un ritratto della donna italiana nella vita de' nostri liberi Comuni. Per? che anche rispetto a questa gentile imagine del nostro passato, le diversit? e le contingenze regionali sottostanno alle ragioni di somiglianza, anzi alla identit? di certe generali condizioni storiche, entro le quali si rimase involuto fino ai giorni presenti il benaugurato germe della unit? nazionale. Se non che la storia di Firenze ? forse la pi? ricca di qualsiasi altra delle citt? nostre, rispetto a notizie e documenti di carattere particolare e domestico; ? altres? quella, dove, per le ragioni della lingua, anche tale ordine di fatti e di cose sia stato rappresentato con maggior larghezza, e sia pi? universalmente noto, per opera di storici, di novellatori, di trattatisti, di poeti, di comici, che la citt? non tanto ha avuti quanto dati alla nazione.

a cos? riposato, a cos? bello, viver di cittadini, a cos? fida cittadinanza, a cos? dolce ostello;

all'eterno dal tempo......... e di Fiorenza in popol giusto e sano!

E un dramma femminile ? designato pur da Cacciaguida come punto di separazione fra le due et?. Buondelmonte che, per aver ceduto slealmente alle istigazioni d'una Donati e alla bellezza d'una figliuola di questa, paga col sangue lo spergiuro alla fidanzata Amidei, ? la vittima che dee segnare in Firenze gli estremi anni di pace:

vittima nella sua pace postrema.

che nel Batista mut? il primo padrone; ond'ei per questo sempre con l'arte sua la far? trista.

Un'antica cronichetta rappresenta, come in funebre fantasmagoria, il corpo sanguinoso esser portato per la citt? fra i pianti e le grida, e nella stessa bara, col capo in grembo, starsi tutta in lacrime la seduttrice fatale, o forse vittima innocente ella stessa delle suggestioni domestiche. Certo ? che cotesta figura di donna, sott'ogni rispetto sciagurata, ritrae dal vero e in s? bene raccoglie i tanti e var? e ignorati patimenti che, per tanti anni appresso di cittadine battaglie, si accumularono sulla donna fiorentina:

.... infelici.... che il duol consunse; orbate spose dal brando; vergini indarno fidanzate; madri che i nati videro trafitti impallidir.

Quel <> del quale racconta la cronica che si teneva pel Comune nella piazza di San Giovanni, -- e uscito della sua stia, correndo verso Or San Michele, afferra un fanciullo, e <>; e la madre, <> se non questo che <> quando le fu ucciso il marito, <>; -- e' rendeva, il leone, i figliuoli alle madri: ma il Comune, del quale egli era superbo simbolo, li divorava senza piet?. Altre madri sulle vie di Firenze imitarono quella d'Orlanduccio del Leone; ma esse chiedevano piet? agli uomini, e agli uomini di parte! <> <>. Oh se nell'attraversare oggi quel tetro maestoso cortile, nel salire le lunghe erte scale di quel Palazzo del Podest?, studiosi e commossi visitatori delle reliquie del nostro passato, pensassimo di quanto sangue furono bagnate quelle pietre pi? che sei volte secolari, dovremmo dire che a cancellarne la traccia, non ci voleva meno delle lacrime tante che quel sangue ? costato!

andar contenti alla pelle scoperta;

mentre i nomi di que' panni francesi e inghilesi delle gonnelle fiorentine, lo scarlatto d'Ypres o di Cam, il panno di Cambrai, ci fanno avvertiti esser passati i tempi nei quali

ancor nessuna era per Francia nel letto deserta.

la stagion che 'l mondo foglia e fiora,

soggiunge:

ed ogni damigella in gioi' dimora, e a me n'abbondan smarrimenti e pianti: ch? lo mio padre m'? messa in errore, e tenemi sovente in forte doglia; donar mi vuole, a mia forza, signore. Ed io di ci? non ? disio n? voglia, e 'n gran tormento vivo a tutte l'ore: per? non mi rallegra fior n? foglia.

Ed ecco poi, nella triste sua realt?, il dramma. Una Buondelmonti, di famiglia guelfa, <>, va il 1239 sposa negli Uberti a un fratello di Farinata: che ? quanto dire, parentado fra le due famiglie, capo ciascuna di parte. Alcuni anni dipoi, in un agguato, alcuni degli Uberti sono trucidati dai Buondelmonti: la citt? ? tutta in armi e sossopra. Messer Neri degli Uberti rimanda la donna alla casa paterna, dicendo: <> La poveretta, che lo ama, obbedisce e lo lascia. Il matrimonio ? annullato: peggio ancora; ? dissimulato dal padre di lei, in un altro trattato di nozze che egli conchiude con un conte della maremma senese. Il sacrificio ? compiuto: ma la vittima, rimasta sola col nuovo marito, gli dice: <>. Il conte, gentiluomo davvero, la rispetta, la conforta, la restituisce padrona di s?: e quella nobile creatura ritorna alla sua Firenze, ma per vestirsi monaca in Monticelli, e quivi sparire dal mondo, che oggi ignora perfino il suo nome.

Il monastero ripar? molte di queste infelicissime; il monastero, del quale la Compiuta Donzella cantava:

Lasciar vorria lo mondo, e Dio servire, e dipartirmi d'ogni vanitate: ..... marito non vorria n? sire, n? star al mondo per mia volontate. Membrandomi ch'ogni uom di mal s'adorna, di ciaschedun son forte disdegnosa, e verso Dio la mia persona torna. Lo padre mio mi fa stare pensosa, ch? di servire a Cristo mi distorna, n? sacc?o a cui mi vuol dar per isposa.

Ma neanco il monastero fu talvolta asilo sicuro alla loro innocenza, alle loro sventure, alla libert? dell'anima loro. Dio solo, ha detto Dante, conobbe que' misteriosi dolori:

e Dio si sa qual poi mia vita fusi.

Poich? a chi di voi non precorre qui alla mente la celestiale figura di Piccarda, che rimpiange la dolce chiostra dove giovinetta era fuggita dal mondo, e l'ombra delle sacre bende che ella ed altre indarno sperarono conservare sul capo canuto, e si compiace che

non fur dal vel del cuor giammai disciolte?

Saria tenuta allor tal maraviglia una Cianghella............ qual or saria....... Corniglia.

Ma che sulla donna pesasse duramente la maledizione di quelle discordie, ? certo pur troppo. Era gi? dura servit? la inferiorit? civile nella quale era tenuta dalle leggi, con subordinazione non pure della sua personalit? giuridica ma sottomissione della sua volont? al mundualdo o procuratore che quelle le assegnavano, e senza la <> del quale ella non poteva n? obbligarsi n? sciogliersi, insomma non fare un passo. Ponete caso; anzi sentitene uno da autentico documento per man di notaro: due donne si accapigliano l'una con l'altra, monna Fiore e monna Puccia; si battono di santa ragione; poi fanno la pace: ma per fare la pace, e perch? monna Fiore, la pi? gagliarda, sia liberata dalla condanna di lire 275 di piccioli inflittale dal Potest?, occorre prima, che un notaio dia loro il mundualdo, il quale poi dinanzi a un altro notaio autorizza e fa valida la loro pacificazione. Tale la condizion giuridica: le civili discordie poi, con gli esil?, con le violenze, con gli od? mortali col vincolare gli affetti, col calcolare a stregua di parte i parentadi, distruggevano alla donna ci? che per essa ? tutto, la vita domestica. Si pensa mai, quando si legge di quelle vendette premeditate per dieci, venti, trent'anni, trasmesse in sanguinoso legato da padre a figlio, le quali si sapeva, dall'una parte e dall'altra, pesar com'un debito che era forza non meno agli uni esigere che agli altri pagare, si pensa quante trepidazioni materne e coniugali, di figliuole, di sorelle, di fidanzate, quante lacrime di tenere creature impotenti a rompere que' giuramenti di sangue, quanti sentimenti repressi, quante vite spezzate, coteste atroci storie si trassero seco? Alcune anime sensitive e ferventi, gittate in et? ancor quasi di bambine in quel vortice, ne contraevano lo spavento d'ogni cosa del mondo, cominciando, triste a dirsi!, dalla famiglia. La Chiesa, consacrando con la canonizzazione il distacco di tali donne dalla vita esteriore, quali una Cerchi, una Falconieri , pu? dirsi abbia non solamente coronate virt? miti in et? feroce, ma retribuito dolori ineffabili. Umiliana de' Cerchi, sposa e madre a sedici anni, vedova d'un brutal marito a venti, sfiduciata dell'avvenire de' suoi figliuoli in quella societ? di crudeli, torna alla casa paterna, e conforta la precoce vedovanza con la carit? verso i poveri e i reietti: aborrente da nuove nozze che le si minacciano, spogliata con inganno della sua dote, le esce di bocca questo pietoso lamento: <> E si rinchiude pi? in s?, facendo della casa sua monastero; si ritira nella torre del palagio, la quale ? a lei oratorio, dice la leggenda, anzi quasi una carcere. L'umano, anche nelle sue pi? care e sacre attinenze, le si allontana viepi? sempre: <>, dice ella a delle buone madri che si accusano di essere distratte dal pregare <>; ma essa medesima poi con lacrime chiede a Maria la vita della piccola Regale, sua figlia, un giorno che la poverina, dinanzi alle asprezze di quella penitenza, le cade a' piedi come morta: <>. Presto la sua vita si va consumando. Sul capo suo, dalla torre del padre, imperversa la guerra civile; i mangani e i trabocchi grandinano pietre; si appicca il fuoco alle case: per Umiliana tutto questo non ? che il trionfo del diavolo, il quale viene a lei dicendo: <>. A ventisett'anni, nel 1246, ella muore. Doveva passare ancor pi? d'un secolo, perch? Firenze e l'Italia ammirassero in una vergine senese gli affetti umani non spenti ma santificati dal fervor religioso; carit? di prossimo, di famiglia, di patria, di Chiesa, avvivarsi come fiaccola alle procelle del mondo; l'amore allearsi allo sdegno in ardimenti virili con femminile modestia; e Caterina rimanere nella memoria degli uomini, ha scritto un suo devoto che propugn? con Daniele Manin la libert? di Venezia, rimanere <>.

Ma come in quel canto sublime, allato a cotesta figura di bronzo, vediamo <> l'ombra affettuosa e piangente d'un padre che cerca il figliuolo; cos? alle persone di quei profughi, che pure erano figliuoli e padri e sposi e fratelli, noi congiungiamo l'imagine delle povere, deboli creature, che dietro a loro trascinavano il tormentoso desiderio della patria e della casa perdute. E quando leggiamo che in una di quelle illusorie pacificazioni, tornati per pochi giorni in Firenze anche gli Uberti, fra la gente che venne loro incontro, furono viste donne, i cui vecchi erano stati ghibellini, baciar l'arme degli Uberti sui palvesi di quei proscritti; noi sentiamo, a distanza di secoli, quel memore bacio, e l'alito che ne spira di affetti consacrati dal pianto e dal sangue.

Appartengono a quelli anni del trionfo e della concordia dei Guelfi, le feste del Calendimaggio che i cronisti e il Boccaccio descrivono; le corti bandite, con apparati allegorici d'amore; la poesia toscana che, rotto il circolo siculo provenzalesco, prende nome dal <>, della quale pu? esser gentile imagine quel vascelletto incantato, nel quale l'uno de' due maggiori rimatori di cotesta scuola, Dante, affigura s? e Guido Cavalcanti e Lapo Gianni, insieme con le loro donne, mollemente cullati dall'onde del mare tranquillo.

Del resto, in quella divisione di parte Guelfa tra Bianchi e Neri, anche le donne si erano pi? forse che in alcun altra simile occasione, mescolate. N? ? da maravigliarne: perocch? questa volta la discordia si cacciava tra famiglie congiuntissime per vincoli di parte, di consorteria, di vicinanza; e perci? turbava relazioni anche pi? intime, che non da Guelfi a Ghibellini: n? a tale turbamento poteva rimanere estranea la donna. Dice un cronista, con parole nella loro semplicit? pittoresche: <> <>. E un novelliere, toccando specialmente di questo parteggiar delle donne, e lodando a paragone la bont? di altri tempi: <>.

Noi possiamo assistere a qualche singolare episodio di cosiffatte guerricciuole a porte chiuse. Siamo in casa di messer Vieri de' Cerchi la mattina de' 23 aprile del 1300, pochi giorni avanti che la discordia guelfa prorompa in sanguinose violenze. ? imbandita la mensa per un suntuoso convito: e madonna Caterina, una Bardi moglie di messer Vieri, dispone a' lor posti i convitati. Una Donati ? da lei messa accanto a una gentildonna pistoiese de' Cancellieri; e il marito, con poco prudente zelo, l'ammonisce: <>. <> gli dice la Donati, che ha sentito, <>. La Cerchi irritata risponde lei: <>. Il marito, dolente dello scandalo, fa le sue scuse e trattiene la gentildonna con garbata violenza; ma il rimedio ? peggior del male, ch'ella lo rimprovera, come di scortesia, di questo porle addosso le mani. Allora egli impazientito, <>, esclama : <> E lascia, non si sa se andare o stare, la furiosa Donati: ma il diverbio seguit? fra gli uomini; e poche ore dopo co' ferri alle mani: <>.

Alle donne fiorentine di cotesti anni, mordendone con parole acerbissime i disordinati costumi, minaccia Dante, per bocca dello spirito d'uno dei Donati, che i peccati di Firenze attireranno anche su di esse la meritata punizione del cielo: avanti che siano adulti i pargoletti i quali ora fanno la nanna sulle loro ginocchia, Dio le far? triste, e avranno a <> sui mali delle loro famiglie e della loro citt?. Allusione indubitabile, ragguagliando le date, -- o alla rotta dei Guelfi sotto Montecatini, nel 1315, della quale un rimatore contemporaneo cantava:

Non vi ricorda di Montecatini, come le mogli e le madri dolenti fan vedovaggio per li Ghibellini, e' babbi e' fratri e' figliuoli e' parenti?

sonar per gli alti e spaz?osi tetti s'odono gridi e feminil lamenti: le afflitte donne, percotendo i petti, corron per casa pallide e dolenti, e abbraccian gli usci e i gen?ali letti che tosto hanno a lasciare a estranie genti....

Nell'Omero fiorentino del medio evo la figurazione ? meno plastica, ma forse pi? potente; e la satira mesce nell'epica intonazione la sua stridula nota:

Ma se le svergognate fosser certe di quel che il ciel veloce loro ammanna, gi? per urlare avrian le bocche aperte; ch?, se l'antiveder qui non m'inganna, prima fian triste, che le guance impeli colui che mo' si consola con nanna.

Di questa vita, tanto pi? spirituale e civile quanto meno agitata e procellosa, la donna, resa quasi ad aere pi? spirabile, partecipa, com'? naturale, e ne gode largamente. Nella istoria di lei, il dramma fa luogo alle contingenze, or liete or tristi, del familiare e cittadino consorzio; ? finalmente ai tesori della bellezza e della tenerezza sua, ispiratrici, ricomposto il nido domestico, com'era a tempo delle avole buone, ma ora la ricchezza e l'arte gareggiano in adornarlo: e i mercatanti di Calimala e di Por Santa Maria, quasi a consolarla de' lunghi abbandoni, serbano a lei le primizie de' panni che recarono d'oltremonte, e che trasformati e triplicati di pregio rivarcheranno le alpi ed il mare.

Ed ella non sarebbe donna, se di quella ricchezza, di quelle appariscenze, che son poi infine lieto testimonio della forza e della prosperit? del Comune, la non si compiacesse, e non se ne circondasse volenterosa. Ed hanno un bel gridare i religiosi dal pergamo; e Dante anche questa voce del tempo suo ha raccolta; hanno un bell'ammonire e minacciare e interdire, e aggiungere le <> alle altre <>, che correggono e frenano i mondani splendori e il trascorrere nelle pompe e nel lusso.... Ma sono cos? belli, sotto il raggio meridiano del sole di primavera o ne' rosei tramonti autunnali, quelli svariati colori, quegli arienti, quell'oro, su quelle teste bionde, intorno a que' candidi colli, a prova con lo scintillare di que' neri occhi pensosi! paion fatti apposta que' fini broccati per disegnare le vite snelle e flessuose che aspettano di essere abbracciate pel ballo! quelle perle e pietre preziose, e i segni e lettere nella cui forma sono disposte, che significato e qual valore avrebbero, se fossero risparmiate a que' petti esuberanti di giovinezza e d'amore?

Ed ecco che il Comune, rigido ed inflessibile mantenitore de' propr? diritti, arma l'Esecutor della legge, di capitoli e statuti suntuar? severissimi <>; le quali piegano crucciose il capo, e di mala voglia obbediscono: siamo nel 1324. Ma son passati appena due anni; e tolta occasione dalla venuta del duca di Calabria, chiamato al solito esercizio di signoria angioina sulla guelfa repubblica, le donne si fanno attorno alla duchessa sua moglie, che ? una francese, Maria di Valois; e ottengono sia loro reso <> <>. Una corte ducale, quel codazzo cortigiano e francese, operano, ne' pochi anni che Firenze se li gode, il proprio effetto: e i Fiorentini, per calen d'aprile del 1330, <>, e, si pu? ben dire con una parola di stampo adatto al caso, le disabbigliano da capo a pi?. Sentite! <> <>. Sopra i detti capitoli, continua la cronica, feciono uficiale forestiere a cercare e uomini e donne e fanciulli delle dette cose diviete con grandi pene. E impongono norme e tariffe alle arti e allo spaccio delle derrate: e curano insomma l'interesse e la masserizia delle famiglie, senza darsi pensiero del danno che ne sentono specialmente <>, costituenti una medesima Arte, <>. Conchiude la cronica: <> ; <>.

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