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Read Ebook: La donna fiorentina del buon tempo antico by Del Lungo Isidoro

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Ebook has 452 lines and 92469 words, and 10 pages

Ed ecco che il Comune, rigido ed inflessibile mantenitore de' propr? diritti, arma l'Esecutor della legge, di capitoli e statuti suntuar? severissimi <>; le quali piegano crucciose il capo, e di mala voglia obbediscono: siamo nel 1324. Ma son passati appena due anni; e tolta occasione dalla venuta del duca di Calabria, chiamato al solito esercizio di signoria angioina sulla guelfa repubblica, le donne si fanno attorno alla duchessa sua moglie, che ? una francese, Maria di Valois; e ottengono sia loro reso <> <>. Una corte ducale, quel codazzo cortigiano e francese, operano, ne' pochi anni che Firenze se li gode, il proprio effetto: e i Fiorentini, per calen d'aprile del 1330, <>, e, si pu? ben dire con una parola di stampo adatto al caso, le disabbigliano da capo a pi?. Sentite! <> <>. Sopra i detti capitoli, continua la cronica, feciono uficiale forestiere a cercare e uomini e donne e fanciulli delle dette cose diviete con grandi pene. E impongono norme e tariffe alle arti e allo spaccio delle derrate: e curano insomma l'interesse e la masserizia delle famiglie, senza darsi pensiero del danno che ne sentono specialmente <>, costituenti una medesima Arte, <>. Conchiude la cronica: <> ; <>.

Ma chi dovette trovarsi a disagio, proseguiremo noi, furono quelli <>, deputati dal Comune all'applicazione della legge, ossia a combattere per essa contro il malumore e l'astuzia delle donne fiorentine, congiurate per la difesa del loro abbigliamento. Delle tante grottesche figure, in cui la gaia novella borghese ha atteggiato quei poveri potest? e capitani, cavalieri e giudici, notai e famigli, che le citt? guelfe di Lombardia e delle Marche mandavano per rettori a Firenze; e sui quali si motteggiava proverbialmente: <>; non ve n'? forse nessuna cos? argutamente comica, come quella disegnata da Franco Sacchetti d'uno <> , il quale messosi di buona lena, egli ed un suo notaio, ad eseguire certi nuovi ordini, al solito, <>, l'effetto n'?, e i cittadini ne fanno le giuste meraviglie presso i Signori, che <> Or ecco la risposta di messer Amerigo al rimprovero de' signori Priori: <> I magnifici signori Priori, che conoscevano le loro donne meglio di messer Amerigo da Pesaro, dicono l'uno con l'altro: <> E infine esclama uno, dicerto il pi? dotto della orrevol brigata: <>. E cita Tito Livio, e vi dissertano sopra. E a messer Amerigo dicono, faccia quello ch'e' pu?, e tiri via, e lasci correre le ghirlande e le coppelle e i lattizzi; e cos?, d'allora in poi, narra il novelliere essere stato fatto, conchiudendo che l'uomo propone e la donna dispone, proverbio assai antico, e che le donne fiorentine, senza studiare giurisprudenza, hanno saputo portare le loro fogge a dispetto delle leggi e de' dottori di queste.

Altra materia, che di siffatte osservazioni morali, non ? da aspettarsi ci offra, intorno alla donna, come gi? dissi, la storia fiorentina di quel secolo: non la storia de' fatti politici, per le ragioni che vedemmo; non la storia della cultura, in tempi ne' quali i limiti di questa erano tracciati cos? rigidamente, che la denominazione di uom colto era <>, e gran merc? se alla donna rimaneva posto fra il laicato. La Compiuta Donzella, se ?, come pare, <>, rimane un'eccezione, come tutte le regole hanno la sua: n? della cultura della donna in Firenze dal Due al Trecento altre testimonianze sapremmo indicare, all'infuori di qualche volgarizzamento dal latino che vedesi fatto a loro istanza, come quello delle Eroidi d'Ovidio , a istanza di madonna Lisa Peruzzi condotto da ser Filippo Ceffi notaio; o, pi? spesso, i volgarizzamenti che religiosi o altre persone spirituali, pure ad istanza di donne, facevano di testi sacri od ascetici. E dovremmo poi dire che il precettor cortigiano che la donna fiorentina di quella et? ebbe in Francesco da Barberino, mostra evidente che di qualunque virt? pi? che di cultura preme a lui che la sua donna ideale si addobbi; fino a porre in dubbio se sia bene o male ch'ella sappia <>, ancorach? sia di grande condizione; e sole eccettuando, manco male, le destinate a monacarsi. Ma oltre la storia politica e la storia della cultura, noi possiam pure interrogare una storia, le cui pagine, scritte senza intenzione d'arte anzi non per un pubblico qualsiasi, a null'altro quasi hanno servito sin oggi che a documento di lingua, e sono le Croniche o Ricordanze domestiche: ed una di queste, che proprio comprende nel suo bel mezzo il Trecento, offre al nostro studio, non geste e imprese di certo, bens? pi? d'una fisionomia femminile.

Le parole di messer Donato Velluti, che io riferir? testuali e dal manoscritto suo autografo, vi faranno qui rivivere coteste donne, quali egli, nella casa propria o de' consorti, le vide: <> le pi?; testimonianza affettuosa, e troppo in quelle schiette sue pagine frequente, cosicch? io non debba ripeterla, anche a compenso di giudizi sulla donna, e del Trecento e dell'Ottocento, non sempre benigni. Sceglier? tipi diversi. E prima, poich? abbiamo avuto test? a parlare di fogge e mode, sia d'una alla quale l'avere il capo ben assettato giov? a qualche cosa. <>. Resistente, del resto, e gagliarda, era soprattutto la fibra, non meno di quelle donne, che degli uomini loro; e sentite come guardavano in faccia la morte: <>, l'ultimo rimasto di tre fratelli, <>, cio? alla citt?. <> <>. Ritratto di due buone ragazze, invecchiate in casa co' fratelli: <>. Ma ben altra donna una madonna Gilia, che in casa dei fratelli ritorna da vedova, e piena d'affari e di brighe, e <>. Ma ecco qua due figure simpatiche: di una donnina da casa, <>, che dopo la morte del marito rimane in casa co' figliuoli, onestamente vivendo, e governando i detti suoi figliuoli>>, che le muoion giovanissimi, ed ella pure nella mortalit? del 1363; -- e di una bella sposa, di quelle che, guardate negli affreschi o nelle tavole de' nostri maestri, ci fanno non solamente ammirare ma pensare, <>. Finalmente la madre del cronista e la moglie: <>. E la moglie, monna Bice Covoni: <>

Tale, nella realt? dei fatti, la donna che i Fiorentini dei primi secoli ebbero compagna della vita, a tutto il periodo schiettamente democratico del Comune; fermandoci sul declinare del Trecento, quando, sfuriati i Ciompi, l'aristocrazia borghese piglia campo, e paladini del popolo, pericolosi paladini, si fanno avanti i Medici. Tale la donna di quella antica Firenze: austera e gentile figura, che a s? dice della gloria di cotesta et? tanta parte esser dovuta, quanta fu quella ch'ella prese nella operosit?, nei dolori, ne' virili propositi, ne' luminosi concetti, ne' passionati traviamenti, d'un popolo forte, d'una democrazia degna veramente di tal nome, perch? senza declamazioni operante con gagliardia e per sentimento di cose grandi.

Se non che la realt? ? solo un aspetto della storia n? sempre il pi? agevole a risapersi e a ritrarsi; e che anche quando si d? a divedere con sufficiente larghezza, lascia pur sempre luogo da un lato alla leggenda, dall'altro alle idealit? dell'arte, trasformatrice quella, imitatrice questa, del vero, di cui la realt? ? la identificazione. Ma se vasto ? il campo nel quale la donna fiorentina potrebbe considerarsi, in relazioni pi? o meno strette, pi? o meno dirette, con le idealit? della poesia e delle arti nei secoli iniziali della moderna cultura, altrettanto angusto, ?, come in ogni altro ordine d'idee e di fatti fra noi, cos? anche in questo, il dominio della leggenda. ? gi? stato osservato da parecchi, che la fioritura leggendaria, nelle et? che l'avrebber portata, scarseggi? in Italia; e ci? perch?, lo dir? con le parole d'un critico tedesco, <>. Siffatta condizione storica rivolse verso fonti oltramontane il naturale appetito delle plebi al maraviglioso, originando quella poesia romanzesca, la quale solamente fra noi doveva inalzarsi a creazioni d'arte grandiose e squisite; siffatta condizione storica, anche per altri o cicli tradizionali, o temi individui di leggenda, fu causa che il remoto e l'esotico apparissero quasi essenzial condizione perch? un soggetto addivenisse leggendario. Ci? premesso, sembrer? piuttosto troppo che poco, trovare circonfusa del nimbo della leggenda qualche figura di donna fiorentina, e non dai due primi secoli del Comune, sibbene da quelli della sua piena maturit?.

Amorosa pure ? la leggenda della sepolta viva; che il suo rozzo cantastorie quattrocentista riferisce al 1393. Ginevra degli Amieri ? amata da Antonio dei Rondinelli, ma dal padre sposata invece a Francesco degli Agolanti. Infermatasi e tramortita ?, in que' sospetti di mor?a, creduta estinta, e la seppelliscono da Santa Reparata. Ritorna ai sensi dentro la tomba, si accorge dell'atroce suo caso, si raccomanda alla Vergine, e guidata da un debole raggio di luna che trapela da uno spiraglio del sepolcro, sale una scaletta, riesce a smuovere la pietra test? murata; ed ecco la sua bianca figura, che rasente al Campanile, pel chiasso che poi da lei si vorrebbe essere stato chiamato della Morte, incamminasi alla casa del marito. Batte, ed ? il marito stesso che si affaccia alla finestra;

Chi ? la? chi batte? -- Io son la tua Ginevra. Non m'odi tu?...

Il marito spaventato si fa il segno della croce, promette a quella pover'anima errante orazioni e messe, e si ritira. Ginevra prosegue alla casa paterna, in Mercato Vecchio. Bussa; e si affaccia la madre.

Aprite.... io son la vostra figlia. -- Va' in pace, anima benedetta.... -- E riserr? la finestra con fretta.

La sventurata

fece del cor r?cca, e tir? via sempre piangendo, misera dolente:

e incontra la stessa accoglienza sotto la casa d'un suo zio. Allora si ricorda del virtuoso amante; va alla sua casa: egli, pur credendola spirito,

vuol veder se tal spirito gli nuoce:

scende, la raccoglie, chiama la madre e le altre donne di casa; la confortano, l'assistono, la salvano. Ella vuol esser come morta al marito che l'ha seppellita, e passare a seconde nozze con l'uomo pel quale ? rivissuta. Sostiene la sua causa dinanzi alla curia vescovile, e la vince. L'Amore questa volta l'Amore trionfa della Morte.

Ma, non che antica, antichissima sarebbe, e non di amore ma civile e patriottica, una tradizione che risale nientemeno che a' tempi di Totila; se per? non si avesse piuttosto a tenere come una postuma trovata del popolo. Il re barbaro, entrato per inganno in Firenze, si ? insediato nel centro della piccola citt? romana, nel palazzo del Campidoglio. E volendo toglier di mezzo <

  • >. Una trecca di mercato, che ha la sua botteguccia accanto alla chiesa di San Pietro l? presso, entrata in sospetto, avverte i cittadini <>. Il che salva la vita a molti, e guadagna alla chiesa il nome di San Pier Bonconsiglio; ma non impedisce la distruzione della citt? per mano del barbaro. La trecca e Totila poi si sono convertiti, e ci? a' d? nostri, egli nel pi? aborrito fantasma di tirannide che sia rimasto nella memoria del popolo fiorentino, il Duca d'Atene, ed essa nella Cavolaia di Firenze; il Consiglio de' maggiorenti al Palazzo del Campidoglio ? addivenuto una veglia in maschera, con annessi trabocchetti, nella residenza ducale; e la maggior campana del Duomo, che d'inverno suona per l'ultima volta a sera inoltrata, e che al buon tempo dei nostri nonni, quando si andava a letto presto per alzarsi all'alba, faceva segno della cessazione delle veglie, ? per la plebe la campana della Cavolaia, e rammenta come per opera di questa brava fiorentina la veglia micidiale del Duca finisse con la sua ignominiosa cacciata. La Cavolaia di Firenze, eroica moglie di Stenterello, divide oggi gli onori del teatro popolare fiorentino con la Ginevra degli Almieri, della quale il suddetto Stenterello ? pur diventato non so se dissotterratore o che altro. I suoi personaggi la plebe, una volta attiratili a s?, li avvolge nelle spire di simpatie secolari, che si modificano, si trasformano, ma morire del tutto, non muoiono mai.

    Nel nome di Beatrice, le realt? della storia e le fantasie della leggenda si congiungono con le idealit? superbe a cui l'arte del bello solleva la manifestazione del bello pi? eletta fra le create, la donna. Ed io tocco i limiti che ho assegnati alla mia lettura. Non potrei lasciarvi con nome di donna fiorentina che suoni pi? alto e pi? soave. Da nessun'altra delle tombe della vecchia Firenze, alle quali abbiamo richiesta la donna del nostro antico glorioso Comune, da nessuna la donna fiorentina si solleva irraggiata di tanto splendore. E se, come di Folco, fosse a noi rimasta la tomba di Beatrice Portinari, c'inchineremmo su quella forse con non minor reverenza che sul sepolcro dell'esule amante in Ravenna.

    Mai non t'appresent? natura ed arte piacer, quanto le belle membra, in ch'io rinchiusa fui, ed or son terra sparte:

    sono i versi ne' quali Beatrice, pure in grembo al divino, si ricorda di quando fu donna; e perci? da potersi inscrivere anche sulla tomba di ignote.

    Fra pochi giorni, su quel terreno che la religione e l'arte hanno fatto sacro all'Italia e al mondo civile, converr? da tutte le nazioni, alle solenni fratellanze del pensiero, un devoto unanime pellegrinaggio. Santa Maria del Fiore avr? avuto, dopo quasi seicent'anni dalla prima pietra, il suo compimento. Ma i nostri vecchi, lasciando questa gloria al secolo che ora tramonta, non potettero prevedere, n? avrebbero osato augurarsi, che la pietra ultima sarebbe stata consegnata alle fondamenta dalla mano invitta di Colui che la patria italiana doveva salutare suo unificatore, suo padre, suo re; che le feste dell'opera degnamente compiuta avrebbero inauguratori i figli di lui, il Re la Regina i Principi d'Italia; dell'Italia finalmente pacificata e concorde in tutte le sue terre, di nazione storica rivendicatasi a nazione vivente, e del l'avvenire affidata dalla coscienza del proprio diritto, e dal valore de' suoi soldati che combattono e muoiono, senza contare i nemici, nel nome di lei e del dovere. Santa Maria del Fiore si apparecchia a dischiudere le sue porte ai sovrani benedetti da Dio e dal popolo; e di sotto ai novelli marmi del suo limitare fremeranno in quel giorno le ossa, e per gli spazi delle arcate severe si affolleranno invisibili, intorno agli Eletti della nazione, i magnanimi spiriti dell'antica Firenze. Il difensore a viso aperto e tutelatore della patria, l'Uberti, <> dalla tomba sua vera, drappellando nel cospetto del Re prode e leale la vecchia insegna del popolo fiorentino, la Croce, oggi per virt? di Casa Savoia insegna di popolo e di re. Ma a Guido Cavalcanti, nel suo riaffacciarsi dal sepolcro al <> del sole, <> una visione gentile, come quelle da lui gi? idoleggiate nella sdegnosa fantasia, e gli far? ripetere li amorosi suoi versi, per entro a' quali trepida, interrogando, l'affetto:

    Chi ? questa che vien, ch'ogni uom la mira, e fa di chiarit? l'aer tremare?

    E mille voci concordi risponderanno a quella sospirosa melodia d'oltretomba, acclamando il nome dell'Augusta Donna, alle cui speranze materne ? raccomandata tanta e s? cara parte delle speranze d'Italia.

    NOTE

    G. VILLANI, IV, X,

    G. VILLANI, l. c.

    ? stato popolare in Firenze, fino ai d? nostri il <>, cio? delle tessitore, che era il penultimo, o l'antepenultimo, luned? del carnevale, giorno di scialo per coteste donne dei nostri camaldoli, con tavole apparecchiate anche su la strada: e doveva essere antichissimo, quanto forse la cena delle <>.

    Protocollo di ser Uguccione di messer Ranieri Bondoni, B. 2126 dell'Archivio antecosimiano dei Contratti, nell'Archivio fiorentino di Stato. A c. 130 t., 11 aprile 1304.

    Questo concetto fermai in una iscrizione pel Centenario di Santa Margherita da Cortona , che qui ripubblico siccome non aliena dal carattere del presente mio libro:

    Il sepolcro in chiesa nella cappella di San Matteo. La pietra , che serviva di dossale all'altare , fu trasferita nel chiostro della Canonica, a man destra appena entrati, nel 1739 per cura degli Ubaldini novelli patroni della cappella. E cos? deve correggersi un accenno del CAPPONI, l. c.

    Vedi nel citato mio libro, II, 457-58.

    L'episodio monastico di suor Margherita, dico quello della sfuriata profetica contro papa Bonifazio, ? consegnato a un atto dei 23 maggio 1299, pubblicato da D. MORENI che ? fra le pergamene dell'Archivio fiorentino di Stato, insieme con altri pur concernenti il bizzarro episodio. Dei contrasti poi, diciam pure politici, per la sua elezione a badessa nel 1291, ci d? i particolari un altro atto dei 5 gennaio di cotesto medesimo anno, e che ? altres?, col corredo di altri, fra le pergamene dell'Archivio fiorentino. In quella elezione a badessa di suor Margherita, che succede a una Giovanna, le elettrici in numero di sette, convengono nel nome di suor Margherita, eccetto due, suor Petronilla e suor Giovanna, delle quali la prima dice che non vuol consentire in nessun nome, finch? non abbia l'assentimento del proprio padre e degli altri di casa sua, e perci? chiede dilazione; e suor Giovanna, parimente, dichiara di voler prima l'assenso degli zii. Gli scrutatori non l'accordano, protestando che la causa, per la quale le due monache fanno tale richiesta, ? riprovevole e disonesta e contro il diritto e i buoni costumi. A d? 8 il vescovo Andrea dei Mozzi conferma l'elezione. Ho cercato inutilmente, a quali famiglie fiorentine appartenessero e suor Margherita e le due elettrici che, in nome e nell'interesse del respettivo parentado, facevano quelle eccezioni partigiane.

    Nell'Archivio fiorentino di Stato sono, oltre gl'indicati, anche i documenti dello sposalizio episcopomonacale, cos? di quello del 1301 come di altri.

    S'ode pi? dentro un gemito, un tumulto, un compianto di donne, un ululato, e di confusione e di miseria tale un suon che feria l'aura e le stelle. Le misere matrone spaventate, chi qua chi l? per le gran sale errando, battonsi i petti, e con dirotti pianti danno infino alle porte amplessi e baci.

    Caterina della Bella, moglie di Galassino Castellani: esiliata col padre nel 1295, prosciolta dal bando nel 1317.

    G. VILLANI, l. c.

    In Affrica, a Dogali, il 26 gennaio 1887.

    DA DANTE AL BOCCACCIO

    Fu cortese desiderio del meritissimo Presidente e del Consiglio degli Anziani della nostra Societ?, che fra i lettori designati, secondo le Costituzioni, per l'anno presente, io trattenessi oggi per breve tempo l'udienza, invitata alla Relazione, che con la consueta nobilt? di pensieri e schiettezza affettuosa di forme, ci avrebbe fatta ascoltare il Segretario nella fratellevole allegrezza di questo, come i vecchi dicevano, nostro annuale. A pi? modesta adunanza veramente che a questa, la quale celebriamo in citt? tuttavia festeggiante e all'ombra di quell'ospitalit? di cui il patriziato fiorentino si onor? sempre verso gli umani studi, a pi? modesta adunanza riserbavo io le osservazioni, piuttosto accennative che dissertative, le quali sono per leggervi, sulla idealit? femminile nella letteratura fiorentina da Dante al Boccaccio: n? dell'adunanza, in cui si ? voluto che io le rechi, intendo occupar con esse altro luogo che una estrema linea e come d'appendice. Appendice forse non disadatta, per l'argomento, alla genialit? del convegno odierno; appendice altres? e compimento di altra mia recente lettura; trovino presso di Voi, come questa ebbe presso altri gentili, accoglienza benevola: e in ogni caso, lo avere non altro che obbedito valga e a scusarmi e insieme a liberarmi dalla taccia di quel Cherilo oraziano, che batteva sempre sulla medesima corda; e male, per giunta. Io, fidato nella vostra bont?, rinunzier? volentieri alla difesa che potrei trarre da una sentenza del Machiavelli: <> Lo dice egli della storia, con piana applicazione, com'? di tutti i suoi lucidi e appuntati aforismi: nella critica, l'equivalente di questo mi sembra essere, che non si trascuri alcun ordine di fatti, cos? dall'ideale come dal reale, i quali appartengano alla illustrazione d'un dato argomento. N? a me, studiando la Donna fiorentina nei primi secoli del Comune, parve poter trascurare, dopo mostrato ci? ch'ella fu nei fatti e nelle tradizioni, un sommario cenno a quale ella ci vive tuttora presente, nelle perpetuatrici pagine dei grandi effigiatori e assimilatori del vero; quale ella inform? di s?, per virt? de' propr? naturali effetti, i cuori e le menti de' sovrani atteggiatori del pensiero nell'adolescente e pur gi? virile parola italiana. Ma sempre, avvertasi bene, con relazione, anche questa parte del mio Studio, a ci? che chiamerei la personalit? fiorentina della donna; per circoscrivere col linguaggio de' giuristi un tema, che potrebbe svolgersi in ?mbito ben altramente ampio di princip? e di applicazioni.

    e un posterior frammento consimile che si volle attribuire al Boccaccio. Ma quell'omaggio che alla bellezza delle sue concittadine rendeva Dante; non il macro e doloroso meditatore della Commedia divina, sibbene Dante giovine e innamorato, a cui non ancora la morte aveva tolto la donna sua, n? l'esilio la patria; quell'omaggio trovadorico, del quale null'altro, e da lui stesso, conosciamo, se non che sessanta erano le belle, e come <>, mistico numero; and? disperso nel fragore battagliero delle parti. Cos? al cozzo delle spade, alle grida di <>, si sgominarono i balli di donne e di cavalieri, festeggianti pel calendimaggio il rinnovamento della primavera o per il San Giovanni la maggior solennit? cittadina; si dispersero le brigate allegoriche, vestite di robe bianche <>, che tenevan pubblicamente corte bandita, imitando con larghezza popolana le feudali magnificenze. Il poeta che ventenne si era deliziato nei sogni d'amore, immaginando s? con gli amici e poeti Guido Cavalcanti e Lapo Gianni e le loro donne, naviganti in un mare tranquillo entro un vascello incantato; respinto prima dalla morte dell'amata sua nelle aspre realt? della vita, ebbe poi a sostenere il peso delle pubbliche sventure, de' civili disinganni, e di suoi propr? traviamenti ed errori. Per tal modo,

    le dolci rime d'amor, ch'ei solea cercar ne' suoi pensieri,

    cedetter luogo, nell'anima ravveduta e percossa, allo sdegno che purifica, al dolore che ispira, alla meditazione che gli obietti esteriori trasforma, quelli che per degnit? ne son suscettivi, in mere idealit?. La dominante scolastica accrebbe impulso ed estensione al procedimento di quell'austero intelletto verso l'ideale: cosicch? non solamente la donna che

    si era partita dalla sua veduta, divenne spirital bellezza grande,

    sibbene tutta la realt? della vita, tutta, come dicevano, la vita attiva, scomparve agli occhi suoi contemplanti, e le si sovrappose, infinito e sovrumano, e solo esso vero, l'ideale. Ma gli occhi di Beatrice anche in quella regione sconfinata, raggiano sempre,

    dal primo giorno ch'ei vide il suo viso. in questa vita, insino a quella vista;

    gli occhi amorosi, che per le feste primaverili nella casa del padre, ai banchetti nuziali, passando per le vie, nella chiesa pregando a Maria , si sono volti verso il Poeta: anzi, se lo sguardo di lei donna lo confondeva e lo <>, sono ora gli occhi di lei <> che lo attraggono, per virt? miracolosa, di cielo in cielo alla visione suprema dell'Ente:

    Beatrice in suso, ed io in lei, guardava.

    E nessuna lode, fra le adulazioni tante di che ? stata caricata la donna, nessuna fu mai lode pi? alta di questa.

    Di Beatrice, quanto indubitabile la realt?, suggellata in quel verso potente

    guardami ben; ben son, ben son Beatrice,

    cosa venuta di cielo in terra a miracol mostrare:

    e piuttosto nel Poema, dove la creatura celeste ? discesa <>, spesso assume aspetti e atteggiamenti di vita reale ed umana, sia che non senza lacrime parli a Virgilio del pericolo di Dante; sia che a questo rimproveri le mondane infedelt?, e lo umilii fino a rompere in pianto; sia che lo affidi pei mistici lavacri a Matelda; sia che sorrida de' suoi smarrimenti di creatura impotente a sostenere il fascio del divino che opprime i deboli sensi; sia che, perfino, maliziosamente

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