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Read Ebook: The Three Brothers; vol. 1/3 by Oliphant Mrs Margaret

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Ebook has 21 lines and 3005 words, and 1 pages

LA MONTANARA.

DEL MEDESIMO AUTORE:

IN PREPARAZIONE

Arrigo il Savio. Il giudizio di Dio. Il merlo bianco.

LA MONTANARA

RACCONTO DI ANTON GIULIO BARRILI

MILANO FRATELLI TREVES, EDITORI

PROPRIET? LETTERARIA

Tip. Fratelli Treves.

LA MONTANARA

Capitolo Primo.

Mandato a confine.

<>

Cos? il direttore di polizia del duca di Modena, in un giorno del 1857, che non occorre di precisare. La lettera era diretta al conte Jacopo Malatesti.

Come potesse educarsi tanto diverso da lui il conte Gino, in verit? non si riesce ad intendere. Ah, questi figliuoli, questi figliuoli!... come girano nel manico! come vengono su diversi dai padri! Il conte Gino era venuto su un fior di liberale, da una stufa sanfedista! E non si contentava mica di essere un liberale dentro di s?, conservandosi per tempi migliori; no, voleva dare anche scandalo alle turbe. Figuratevi che sdegnava di presentarsi a Corte, quantunque vivesse con uno sfoggio da gran signore, mettesse volentieri in mostra i suoi cavalli e facesse regolarmente le foll?e di tutti i suoi pari. Ma che volete? In mezzo a tutte queste grandezze, il liberale a quando a quando scattava fuori, e lo dimostrava sopra tutto una certa smania di discendere, di stringer la mano a tutti, di darsi del tu con avvocatuzzi e mediconzoli, magari anche con commessi di banco: gente inferiore, non conveniente al suo grado, come diceva con sua particolare eloquenza il signor direttore di polizia.

E poi, quel suo viaggiare continuo! Per Bologna, passi, che era negli Stati pontificii; quantunque, avendo essa un certo numero di teste esaltate, si sarebbe piuttosto gradito che il conte Gino si astenesse dall'andarci. Parma e Piacenza, cos? cos?! Per che farci, del resto? Veduti una volta a Parma i dipinti del Correggio, a Piacenza i cavalli dei Farnesi, non si dovrebbe pi? sentire il bisogno di rifare la strada. Gi?, qualunque sia il movente del viaggio, salvo quello di una stretta necessit? domestica commerciale, un suddito che viaggia ? in procinto di diventar meno <> d'un suddito che sta fermo. Si prende tropp'aria; l'ossigeno della libert? ? pericoloso, senza contare il rischio di tingersi nel carbonio delle idee sovversive. Ma il conte Gino Malatesti aveva fatto peggio che calare a Parma e Piacenza; si era trafugato in Lomellina, e via via fino a Torino, capite? a Torino, dove sventolavano i tre colori, quell'abominio, e dove vivevano liberi, quasi rispettati, tutti i rompicolli d'Italia.

Sicuramente, il giovinotto avrebbe potuto invocare per questa scappata pi? che le circostanze attenuanti: avrebbe potuto addurre a sua scusa lo aver seguita la marchesa Baldovini, quella bella matta, che aveva una figlia gi? grandicella, la quale prometteva di diventar cos? bella anche lei, tanto da parer sua gemella. Era uno dei fiori della generazione passata, la signora marchesa Baldovini, Polissena di nome, e molti vecchi la ricorderanno ancora con un palpito. Nata intorno al 1820, era del 1857 una bellezza matura e stupenda, citata a Piacenza come a Bologna, a Torino come a Firenze, nota insomma a tutta l'Italia superiore per la sua alta galanteria, per il suo matto spendere, per le teste che aveva fatte girare. E giovane sempre, ad onta di tante avventure, che facevano argomentare pi? anni dei suoi trentasette; e un certo modo di vestire, e un garbo, una baldanza, nel far sue le pi? stravaganti novit? parigine, che non si poteva andare pi? in l?, n? immaginar niente di meglio.

Molti avevano fatto pazzie, o semplicemente sciocchezze, per la marchesa Polissena. Doveva il conte Gino astenersi da quella di accompagnarla fino a Torino, dove la chiamavano alcuni interessi di famiglia? Ella, in fondo, lo aveva quasi rapito. Da principio si era parlato di giungere fino alla frontiera parmense, donde la marchesa avrebbe proseguito da sola il viaggio. Ma l?, dopo Piacenza, la capricciosa signora aveva detto a Gino:--Sarebbe bella, se voi veniste fino a Torino.--Ed egli aveva risposto:--Sarebbe anzi bellissima.--E senza permesso era andato oltre, ed era rimasto due settimane, nella capitale dell'aborrito Piemonte. Si possono fare molte cose, in due settimane. Perci? immaginate come fosse pedinato, osservato, invigilato, quando fu di ritorno sotto la giurisdizione della Bonissima!

Colpa sua, questa volta, e non pi? della marchesa Baldovini: una domenica, essendo andato in villa, presso Reggio, con certi avvocatuzzi e mediconzoli aveva salutato sul finir d'un banchetto i tre colori d'Italia. Quello era lo scandaloso episodio, a cui alludeva nella sua lettera il direttore di polizia. Il brindisi, ispirato da un mazzo di fiori che sorgeva in mezzo alla tavola, includeva i soliti voti di distruzione dell'ordine stabilito. I diritti degli Este e dei Cibo, passati per il matrimonio di Maria Beatrice nella augusta casa di Lorena, erano audacemente negati; la felicit? dei ducati di Modena, Massa, Carrara e Guastalla, la sicurezza di Parma e Piacenza, e degli altri Stati cont?rmini, la stessa pace d'Europa, tutto era turbato, minacciato da quel brindisi. Un esempio voleva essere, e pronto. Gli avvocatuzzi e i mediconzoli sarebbero andati a meditare nuove combinazioni di colori in fortezza. Gran merc? per il conte Gino, figlio al conte Jacopo, che era figlio di ciambellani e di dame d'onore, personaggio di pura fede e degno di tutti i riguardi, esser mandato semplicemente a confine.

Il nostro giovinotto non ebbe che il tempo strettamente necessario a far le valigie. L'ordine della polizia ducale era chiaro e non ammetteva eccezioni. Ma perch? le valigie le facevano i servitori, il conte Gino ebbe il tempo di ricevere una solenne ramanzina dal conte padre, in presenza della famiglia, radunata nella camera di giustizia, dov'era dipinto, in mezzo a tutti gli stemmi di parentela, lo scudo dei Malatesti. I Malatesti di Modena, come quelli di Rimini, di cui erano una diramazione, portavano lo scudo inquartato: il primo e il quarto di verde, con tre teste di donne, di carnagione, crinite d'oro: il secondo e il terzo d'argento, con tre sbarre scaccate di nero e d'oro, di due file: il tutto con la bordura inchiavata d'argento e di nero.

Quanto a salutare la bella marchesa Bald

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