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Read Ebook: The Three Brothers; vol. 3/3 by Oliphant Mrs Margaret

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Ebook has 117 lines and 4530 words, and 3 pages

--Moi aussi, monsieur le colonnel, je vous ai connu au bordel de Verona.

Squilloni rideva godeva da studente o marinaio l'allegria del bordello, scalo di tutti i cuori naviganti in guerra. Comprensione e cordialit? assoluta di popoli e sessi alleati.

Uragano di rumori, voci, luci.

Urari-ciacipiera-teloo... Io sono ancora vergine questa sera... Non ci credo... Andiamo a godere biondino... Dove ? andato il pancione?...

Viva il nostro colonnello Squilloni! Urla risate applausi, tutti si precipitano verso il divano dove il capitano Melodia che ha indossato una vestaglia gialla finge di sedurre il tenente Bosca e lo tiene fra le braccia. Comincia poi il giuoco tradizionale di spingere a viva forza e trasportare in camera un amico che non si decide, mentre altri catturano una ragazza. I due pigiati a spintoni e a pedate sono insaccati nella porta semi aperta.

--Via, via, presto, forza, dentro! Ti abbiamo scelto la bimba, eccola pronta!

Una milanese pallida, carina, con i capelli corti, neri, ricci e cocciuti pettinati all'indietro, mi bacia. La seguo. Camera piccolissima, letto grande, coperta rossiccia gibbosa, bitorzoluta, tutta sporca di piedi eroici per continuare e imitare forse le Doline del Carso perdute. Ma si ripigliano, si ripiglieranno con la sana virilit? della razza che sa prendere bene e tenere sotto le donne e le montagne sue. Plafone ingenuo e primitivo. Odore acuto di Contessa azzurra.

--Come ti chiami?

--Maria.

--Di che parte d'Italia?

--Sono Milanese.

--Anch'io.

--Vieni sarai contento.

E mi abbraccia col tin tin glin glin di troppi braccialetti.

Quando ritorno in sala un mio amico dice a Maria che sono Marinetti. Maria pianta il nuovo cliente viene da me, mi d? un bacio e dice:

--Se avessi saputo che tu eri il celebre futurista ti avrei dato dei baci pi? raffinati.

--Perch??

--Perch? ho letto tutti i tuoi libri. Ero abbonata anche a Lacerba.

Esco. Gi?, fuori della porta, vedo tre soldati che parlano a una prostituta alla finestra. Si tengono per mano come collegiali, scherzano indecisi, ansiosi. La prostituta ? scesa anch'essa. Si avvicina ai soldati. D? in fretta 5 lire a ognuno di loro poi ripassando di corsa vicino a me seguita dai soldati mi dice:

--Mi facevano piet?.

Mi dirigo verso l'autocarro dicendo a Squilloni:

--Bordello! Ultimo rifugio del cuore!

--Certamente, risponde Squilloni, il bordello ? la soluzione sintetica di tutti i problemi dell'Amore. Credo che avrete finalmente sconfitto tutte le offensive delle nostalgie sentimentali.

--No, non ho pensato all'amore. Ho ideato invece l'architettura del mio nuovo libro che sar? meraviglioso, siatene sicuro.

Voglio che questo libro danzi, danzi, danzi vivo e palpitante con ritmo giocondo fra le mani del lettore. Voglio che la sua danza pazza d'amore e di sconfinato eroismo trasformi le mani del lettore in quelle agilissime del giocoliere. Scatter? anch'egli fuor dalla poltrona e ritto si sforzer? di aumentare la sua statura sulla punta dei piedi ballerinamente nell'ebbrezza ascensionale che lo spinger? a gareggiare in temerario equilibrismo col ritmo selvaggio del mio libro. Sar? ebbro di guardarlo in alto quasi in bilico sull'improvviso zampillo di gioia che gli schizzer? dal cuore. A braccia aperte aspetter? che ricada che ricada finalmente.

Ma intendiamoci parlo del lettore geniale, amico d'ogni coraggio spirituale! Con ferocia brutale il mio libro piomber? sul naso del passatista imbelle acidulo e occhialuto che trema sotto i suoi vetri come un microbo sotto il microscopio. Si staccher? da lui per rimbalzargli addosso furente e per schiaffeggiarlo.

Ma con quanta grazia ridente e primaverile si spalancher? sotto gli occhi vivaci del lettore geniale per profumarne l'anima! Vedo allora gli orli bianchi delle mie pagine fremere ammorbidendosi e iridandosi con gli amoerri beati, la metallicit? persuasiva e gli invitanti riflessi rosei-azzurri del mare che scivola, scivola, scivola verso la forza tonda e rossa del sole al tramonto. Ecco il mio libro segue i consigli del mare e veleggia bianco per seguire il sole che scivola esso pure gonfiandosi d'orgoglio e di morte gi? dal suo morbido letto di tenerezza crepuscolare.

Stracciatelo, bruciatelo pure questo libro mio. Rinascer? perfetto. Se un giorno sar? stanco come credo delle stanze chiuse e meticolose fugga, fugga le inevitabili biblioteche e si slanci aprendo le pagine come ali in cielo. Subito immensificato dal suo ardore si tramuter? in un areoplano simile a quello ricco di raggi che si libra e ronza con garriti e applausi sulla mia testa mentre entro nel forte Corbin di Val D'Astico.

Oggi 11 giugno 1918.

Sono un tenente dei bombardieri che ha fatto il suo dovere. Ma non mi sento degno di te, libro mio preferito. Mentre il mio cuore batte sicuro il mio passo non lo sa cadenzare con eguale sicurezza. Ho il passo indeciso, malfermo ondeggiante, ferito, che ripete sulla terra le punture dilanianti d'una piaga infame e assillante aperta nel mio fianco. Piaga di Caporetto, piaga enorme che sento vivere soffrire, imputridire e che presto bisogna, ad ogni costo bisogna colmare, colmare con un nuovo ultravermiglio generosissimo sangue a fiotti bollenti, a torrenti nel suo centro e sugli orli il cui viola sinistro ricorda le botti sventrate dai fuggiaschi ubriachi, le schifose avvinazzate bombe incendiarie su Cervignano e il putrido violaceo fuggente tramonto del 27 ottobre. Guarire, guarire quella piaga! La guariremo. Gi? domino il mio passo e lo cadenzo. La grande battaglia ? prossima e tutto nel mio corpo s'avventa verso quell'ora decisiva dalla quale nascer? il nuovo passo Italiano, quello d'avant'ieri sul Carso, passo elastico, martellante, padrone delle nobili elegantemente femminili strade italiane.

Mi siedo alla mensa dei gloriosi Gialli del Podgora, 11 fanteria, brigata Casale, nel Forte Corbin. Pranzo giocondo, chiassoso. Circa 30 ufficiali pigiatissimi che divorando rossa pasta asciutta parlano golosamente della prossima inevitabile offensiva austriaca. I gialli del Podgora hanno ornato di fiori gialli la sala. Volete che io parli di voi, cari Gialli, della vostra gloria passata e della prossima, sicura?

Volentieri! Mi abbandono. So che saprete dare col vostro slancio al giallo della smisurata bile italiana lo scoppiarne fragore purpureo della vittoria definitiva!

Si brinda alla gloria di Boccioni, di Sant'Elia e degli altri futuristi, primi fra tutti gl'interventisti italiani.

Declamo parole in libert? che varcano tonando le porte della sala aperte sulla terrazza e si tuffano nell'ampio respiro freschissimo dell'Astico. I rumorismi della battaglia Bulgara cantata da me svegliano certo le batterie austriache di Tonezza e gli applausi che li salutano completano la polifonia di echi delle montagne e l'infinita orchestra volubile dei contro-echi. Usciamo sulla terrazza del forte che sbarra a picco la valle profonda di oltre 1.000 metri. Poi su su per una scala di ferro fra i calcinacci e i rottami delle cupole d'acciaio gi? disalveolate perch? il forte ? gi? in parte smantellato.

La tenerezza carnale rosea del crepuscolo inonda la vallata, spalma di olii dorati le groppe dure, le gravidanze grottesche, i gomiti ostili, le ondate ribelli e i rigonfiamenti pietrificati delle montagne.

I nostri 75 campagna rispondono rabbiosamente ai forti austriaci di Tonezza...

L'altissima terrazza sembra una passerella di corrazzata che navighi nelle acque seriche, viola azzurre dorate del crepuscolo, entrando in un golfo di sogno fra monti sereni che sognano.

Ecco un nostro 149 del Cengio colpisce un baraccamento austriaco sulla groppa del Cimone. Vi scoppia un'incendio. Lentezza molle disinteressata del suo fumo che sale scapigliandosi e tentacolando con grazia una prima stella.

Braaaaaa... di echi come frane di ghiaia. Un lontano soavissimo ronzio di aeroplano bevuto dagli ultimi rossori del Tramonto. Cip cip cip d'uccelli negli alberi rabbrividenti. Pi, pi... pi... di pulcini e galline sotto la porta del forte.

Il maggiore Sannia m'invita a seguirlo nei sotterranei del forte.

Lunghi corridoi di carcere. Scale a chiocciola fra feritoie di vento azzurro. I nostri passi echeggiano. Pedali d'organo che prolungano cannonate lontane. Una camerata buia con strani movimenti d'alghe marine. Sono soldati che dormono. Altra camerata con respirazioni e puzzi folti, aspri, stipati, selvaggi, ammoniacali. Finalmente un moccolo sospeso lingueggia giallastro e ci guida verso dei pacchi enormi di sonno e di odore di stiva.

--Su, alzati! dice il maggiore scuotendo uno dei dormienti.

E' un disertore austriaco. Indovino i piccoli occhi celesti nel viso biondiccio. Breve interrogatorio. Appartiene alle truppe d'assalto, parla Italiano, si dice slovacco. Ha lavorato in Italia in una fabbrica di birra.

--Perch? hai disertato?

--Perch? il mio tenente mi ha schiaffeggiato ieri. Ogni sera di pattuglia. Sono stanco.

--L'offensiva austriaca ? sicura, non ? vero?

--S?--e anche la data fissata--il 15 giugno alle 2 e mezza dall'Astico al mare, ma l'attacco importante sar? nel centro.

--Ti hanno dato da mangiare e da bere?

--S?.

Rimontiamo. Sulla terrazza sotto i trilli gioiosi delle prime stelle fra gli immensi ventagli freschi dell'Astico sicuro ritmato come il sangue d'un uomo forte, il maggiore Sannia dice:

--Dato lo stato dei due eserciti ? ormai sicuro che il primo dei due che oser? un'offensiva generale e non la vincer? sar? perduto per sempre... Quanto diversi, i nostri disertori! Noi abbiamo avuto nella brigata solo 3 soldati fucilati per diserzione. Uno appena uscito dalla linea fu subito inseguito da una pattuglia ordinata da me e fucilato a tre passi dai reticolati austriaci. Gli trovai addosso una lettera che spiegava la sua diserzione veramente strana dato il suo ottimo stato di servizio. Scriveva alla moglie: <> Il secondo disertore fu preso dai carabinieri mentre abbandonava la linea. Disse: <>

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