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Read Ebook: Socrate by Labriola Antonio Croce Benedetto Editor

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Ebook has 344 lines and 50103 words, and 7 pages

ANTONIO LABRIOLA

SOCRATE

NUOVA EDIZIONE A CURA DI B. CROCE

BARI GIUS. LATERZA & FIGLI TIPOGRAFI-EDITORI-LIBRAI 1909

PROPRIET? LETTERARIA

AVVERTENZA DELL'EDITORE

Nel ristamparla, io adempio un desiderio, che pi? volte il Labriola ebbe a manifestarmi negli ultimi anni di sua vita.

La ristampa della monografia del Labriola, dunque, non potr? non riuscire gradita agli studiosi e ai lettori colti; ai primi dei quali offrir? una compiuta informazione degli studi su Socrate anteriori al 1870; e ai secondi, un'immagine del carattere di Socrate e un'esposizione della dottrina di lui, che rimane assai notevole per l'acume e l'equilibrio del giudizio e per l'acuto senso storico.

Napoli, gennaio 1909.

B. C.

AVVERTENZA DELL'AUTORE

Nel gennaio del 1869, la Sezione di scienze morali e politiche della Societ? reale di Napoli stabil? per tema di concorso: <>, assegnando il mese di giugno 1870 come termine per la presentazione dei manoscritti. Questa monografia, che ora vede la luce negli Atti dell'Accademia stessa, ha avuto in sorte di ottenere la pi? gran parte del premio, e di essere anteposta ai lavori di sei altri concorrenti; della quale determinazione noi rendiamo qui pubblica testimonianza di gratitudine alla Sessione, che ci ha onorati col suo favorevole giudizio.

Questo lavoro intanto, quantunque premiato e giudicato degno della stampa, non risponde pienamente a quello che avevamo in animo di fare; che in molti luoghi ? difettoso e degno di correzione, e, quanto alla forma, dovea essere rimaneggiato da capo a fondo. La spontanea confessione, che facciamo, ci autorizza a produrre le nostre scuse. Del tempo assegnato dall'Accademia buona parte and? per noi perduta: gli ultimi mesi appunto, nei quali era nostro proposito di rivedere a parte a parte la bozza gi? condotta a termine nell'autunno del 1869, per introdurre nello scritto maggiore

uniformit? di colorito e pi? gran copia di erudizione, e per portarlo cui una forma letteraria pi? accettabile. Nella stampa, poi, non ci siamo permessa modificazione alcuna, perch?, avendo l'Accademia, col premiarlo, fatto suo il nostro lavoro, non ci era lecito pubblicarlo negli Atti in una nuova forma. Nel dare, dunque, alla luce un lavoro, che, a nostro parere, dovea essere corretto, colorito e migliorato, nel darlo in somma quasi come l'avevamo abbozzato circa due anni fa, speriamo che i lettori non vogliano usare con noi una critica troppo scrupolosa, e che guardino con indulgenza i difetti parziali del nostro libro.

La pi? gran parte dei lavori letterari, storici e filosofici, che pi? o meno direttamente si riferiscono a Socrate, sono stati da noi o letti o consultati; e ci ? parso conveniente di segnare con l'asterisco le note di seconda mano.

LA PERSONALIT? STORICA DI SOCRATE

L'anno 1? dell'Olimpiade 95? nel mese Targelione moriva nel desmoterio ateniese Socrate figlio di Sofronisco, condannato a bere la cicuta, qual reo di violata religione e corruttore della giovent?. Gl'intimi di lui, che rimaneano privi dell'uomo pi? prudente e pi? giusto fra quanti fossero a quel tempo, avevano invano tentato di sottrarlo a cos? trista fine, offrendosi dapprima mallevadori di una multa di trenta mine, e cercando, poi che la sentenza era stata pronunziata, procacciargli con la fuga albergo e riposo in pi? sicura stanza. Socrate, che a mala pena s'era indotto ad offrire la multa, rigett? recisamente il consiglio della fuga; e rimase tranquillo in carcere fino al giorno della morte, che egli incontr? con religiosa rassegnazione. La divinit? gli vietava di fare altrimenti! Egli era convinto che fuggire le conseguenze del processo era come violare la legge, la cui santit? dee rimanere inalterata, anche quando gl'interpreti di essa siano ingiusti e parziali. La sua coscienza non ammetteva incertezza o titubanza fra una moltitudine di beni possibili, riposando su la infallibilit? del giudizio morale, il cui fondamento costante ? la retta cognizione. Socrate era al servigio della divinit?, e la coscienza della missione affidatagli era in lui tanto viva e potente, che, ove l'avesse lasciata inadempita, egli avrebbe stimato di commettere un'azione riprovevole ed irreligiosa.

Era quello un tempo di restaurazione politica, e gli Ateniesi, che dal fastigio della gloria e della potenza, per una serie d'errori e d'ingiustizie, erano caduti nel pi? basso fondo d'ogni umiliazione, scacciati i trenta tiranni, e ristabilita la forma popolare, intendevano a tutt'uomo a purgare la citt? di tutti quelli elementi, che per un verso o per un altro avessero corrotto o snervato, o reso inoperoso e svogliato il popolo. E quest'opera fu intrapresa con moderazione, generosit? e costanza. La vendetta, lo spirito di parte, le ambizioni e gl'interessi personali offesi non vennero punto a regolare la condotta dei restitutori della libert?, che, intesi a ristabilire la costituzione fondamentale dello Stato, dettero pruova di quanto fossero valse le recenti sventure a mitigare lo spirito violento della democrazia ateniese. L'arcontato di Euclide coron? gli sforzi della restaurazione, e fece per poco sperare che i tempi di Cimone e di Pericle non fossero del tutto finiti. Ma quest'opera di civile rinnovamento, per quanto fosse stata compiuta con intenzioni umane e disinteressate, non riusc? a ricomporre in perfetta armonia gli spiriti gi? travagliati da profonde collisioni, perch? l'apparente conciliazione non avea di che nudrire gli animi gi? stanchi e dimentichi delle antiche virt?. La religione tradizionale era stata violentemente scossa nei tempi della sfrenata libert? democratica, e tutto avea cospirato a smuoverla dalle sue fondamenta. Le gravi sventure sofferte aveano favorito due opposte tendenze: dispregio della religione tradizionale in alcuni, superstizione eccessiva negli altri, stimando quelli che l'insuccesso nelle imprese guerresche avesse sbugiardato gli dei, mentre questi, al triste spettacolo della patria in decadenza, ed alla perdita del sereno possesso delle tradizionali e virili virt? dei padri, non sapeano cercare altrove un riparo, che in un abbandono angoscioso nelle braccia delle divinit?. La mania dei processi politici, frenata per poco dal bisogno di calma e tranquillit? che la restaurazione avea indotto negli animi, si fece nuovamente imperiosa; e quattro anni appena erano trascorsi dal ristabilimento della libert?, quando la democrazia fece di Socrate la vittima innocente di un esagerato principio di conservazione politica.

Questo doloroso spettacolo di una rinnovata democrazia, che si macchia del delitto di una ingiusta condanna col toglier la vita ad un uomo di virt? eccezionali, che avea consacrato s? medesimo al miglioramento dei suoi concittadini, ? stato argomento di somma maraviglia s? negli antichi tempi come nei moderni; e questa maraviglia ha fatto s?, che le circostanze tutte che prepararono ed accompagnarono quella tragica catastrofe fossero studiate con indagini severe e minuziose. Il risultato di queste ricerche ? stato, non certo la giustificazione, ma bene la spiegazione della condotta degli Ateniesi verso Socrate; e quel processo e quella condanna non possono ora pi? considerarsi come opera del fanatismo religioso, o del furore partigiano, o degli artifiz? di certi uomini invidiosi, perch? il loro fondamento era riposto nell'inevitabile contrasto fra i princip? conservativi della democrazia ateniese, e la ricerca poggiata sul criterio del convincimento personale, della quale Socrate s'era fatto l'apostolo. Questa maniera di considerare la posizione di Socrate in Atene non importa punto, che deva sacrificarsi la testimonianza dei discepoli di Socrate, su la purezza delle intenzioni, e sullo spirito profondamente retto e religioso del loro maestro, all'esigenza di una giustificazione assoluta del popolo ateniese; ma vale certamente a farci valutare pi? intimamente il valore storico della persona di Socrate, ed agevola la intelligenza netta della sua dottrina. L'esame di questa quistione non pu? entrare nei limiti del nostro lavoro; ed a noi baster? di notare i tratti pi? notevoli della personalit? di Socrate, solo perch? apparisca necessario il contrasto con la democrazia

Socrate non avea niente di comune coi partiti che agitavano Atene, e le sue personali relazioni non aveano niente a fare con le varie tendenze politiche dei contemporanei. Sebbene Carmide e Crizia fossero stati suoi uditori, e Teramane e Car?cle suoi amici, egli non era stato per ci? fautore del loro dispotismo, anzi Crizia, ad onta dell'antica amicizia, gli avea proibito di tener discorsi. Cherefonte suo amico, e s'? lecita la parola, suo apostolo, tornava appunto dall'esilio coi fautori del governo popolare, poco prima che Socrate fosse condannato; e, con lui, Lisia, che, se non discepolo o amico, secondo una probabile tradizione, era nel numero degli ammiratori di Socrate. Alcibiade infine, ch'era continua minaccia e spauracchio dei trenta, e che allora i reduci democratici cercavano ricondurre in Atene quando l'oro di Sparta il fece spegnere, era stato il pi? intimo dei suoi uditori; quello che, per la sua naturale leggerezza e mutabilit?, avea pi? d'ogni altro sentito la potenza educatrice del carattere di Socrate. Tutto quello che formava la vita, il benessere e la felicit? dell'Ateniese, il continuo agitarsi per le pubbliche faccende, e la brama di divenire influenti nelle adunanze con l'arte della parola, non occupava l'animo di Socrate, che uso ad appagarsi dell'intimo compiacimento della propria coscienza, non volle mai scendere su l'arena delle dispute politiche.

Ai contemporanei egli appariva un uomo strano e singolare, ed a ragione uno storico ha detto, ch'egli non apparteneva a nessuna classe di cittadini. Abbandonata in fatti ben per tempo l'arte paterna della scoltura, non intese mai pi? ad apprenderne un'altra, che lo fornisse dei mezzi necessar? per la sussistenza. Come cittadino, non manca di adempire i doveri di pritane, anzi sfida il furore popolare, e sa volere e far volere il giusto; ma egli non cerca per ci? di acquistare influenza col suo ingegno, anzi pare che distorni i cittadini dalla vita pubblica, col richiamarli alla meditazione, e si attira cos? la taccia di fuorviare i giovani. A Potidea, a Delio, ad Amfipoli combatte da valoroso soldato, e fa nascere in tutti una straordinaria ammirazione per la costanza con la quale soffre ogni sorta di privazioni e d'intemperie; ma in tutto ci? non fa che adempiere il dovere d'onesto cittadino, e, ricusando la corona che il suo coraggio gli avea fatta meritare, la cede ad Alcibiade, cui avea salvata la vita. Un bel giorno, quest'uomo singolare muover? dei dubb? sul concetto che gli altri si fanno comunemente del coraggio, e metter? in imbarazzo anche coloro, che, fatte avendo delle campagne, e riportate delle vittorie, non sanno dire che cosa sia il coraggio. La sua estrema povert? lo costringe a vivere dei doni spontanei degli amici; ma, mentr'egli forse rigetta con superbia l'invito di principi stranieri che lo invitano alla loro corte, sdegna il nome di maestro stipendiato, anzi non vuole essere tenuto per maestro. E come poteva essere maestro, -- e di che? Egli sapeva solo di non saper niente; e per questa ragione appunto l'oracolo di Delfo lo avea dichiarato il pi? sapiente fra gli uomini. Il suo sapere appariva nella forma di un giudizio sospensivo, di una bella domanda -- ?? ????; che smascherava il ciarlatano, imbarazzava il presuntuoso, ed irritava il sofista di mestiere, e che spesso, col suscitare il bisogno dell'esame, non menava ad un risultato positivo.

I settant'anni della vita di Socrate passarono fra l'epoca pi? fortunata e gloriosa della repubblica ateniese, ed il periodo infausto della irreparabile decadenza. Nato dieci anni dopo la battaglia di Platea, nella prima sua et? Temistocle moriva in esilio, e Cimone, reduce dall'esilio, raccoglieva gloria con le imprese della guerra e con le proficue arti della pace. Nella et? virile di Socrate, Pericle fu a capo della Stato, moderatore e sovrano dell'opinione, con quella grandezza e nobilt? di propositi, che gli facea vedere nello splendore della patria la soddisfazione della propria ambizione, ch'era intesa ad armonizzare le cure dello Stato ed il godimento dell'arte. La guerra del Peloponneso, la spedizione di Sicilia, la caduta della libert?, l'oligarchia, i trenta, il ritorno del partito popolare, -- tutta questa svariata e rapida vicenda pass? sotto gli occhi di Socrate, che, stando da mane a sera nell'agor? e in su le pubbliche vie, e frequentando la bottega dell'armiere e dello scultore, del pari che la casa della meretrice e degli ottimati, con le sue aride domande, col suo perpetuo ????? ?????? e ?? ????; parea ignorasse le glorie e le sventure della patria.

E pur nondimeno Socrate era un prodotto naturale della coltura e della vita ateniese; e se il suo carattere, e le sue convinzioni etiche e religiose ci fanno apparire la sua persona come molto staccata e distinta dal fondo comune della vita dei suoi contemporanei, deve pur dirsi, che la facilit? con la quale egli seppe formarsi una cerchia d'amici devoti ch'erangli stretti da religiosa piet?, e da arrendevolezza senza pari, non pu? avere la sua ragione soltanto nel prestigio straordinario ch'egli esercitava, ma eziandio, e forse principalmente, nella natura dei tempi. Una societ? nuova, pi? angusta e al tempo stesso pi? intima e compatta, si andava allora formando nel seno della grande societ?; e spezzato il filo tradizionale della patria educazione, e varcati i limiti dell'ethos popolare, si preparava al raccoglimento, mentre gli elementi dell'antica vita entravano in lotta fra loro, per poi alterarsi, e dissolversi. Socrate non ? il cosciente iniziatore di questo movimento, n? il solo; anzi, come ? sempre avvenuto in tutte le epoche di rinnovamento o di riforma morale e religiosa, egli, che con le sue esigenze ricercative si allontanava tanto dall'etica puramente tradizionale ed abituale dei suoi concittadini, fu cos? poco inclinato a credersi un riformatore, che consider? come preordinato dalla divinit?, ed inteso dalla sapienza dei legislatori, quello che era risultato della sua personale investigazione. Egli rimase quindi greco, anzi ateniese tutta la vita, e con la stessa morte conferm? la costanza ed armonia della sua coscienza. Il Socrate umanitario dei filosofi del decimottavo secolo ? un prodotto di fantasia, che non ha fondamento nella storia; e le opinioni di certi eruditi del nostro secolo, che hanno fatto di Socrate un rivoluzionario, non meritano altro nome, che quello di dottrinali aberrazioni.

Intendere come Socrate, che fu vittima di una accusa che facea di lui un innovatore della religione e della pubblica morale, non fosse stato n? un rivoluzionario n? un ozioso ricercatore, ed evitare al tempo stesso l'errore di coloro che ne fanno il rinnovatore di non so che antica morale, senza pensare che una morale non potea esservi prima della ricerca sofistica e socratica, ? forse tanto difficile per la critica moderna, per quanto era ardua cosa pei contemporanei di dischiudere la deforme statua del Sileno, per trovarvi dentro quella vera e viva immagine, che rendeva perplesso l'incostante e volubile Alcibiade.

Imparare a leggere, e recitare poi a memoria le sentenze degli antichi poeti; assuefarsi alla modulazione ed al canto, ch'era destinato a formare nell'animo il senso dell'armonia; esercitare il corpo con la ginnastica, per sviluppare con la regolarit? dei movimenti l'accordo dell'esterno con l'interno, ed il senso dell'euritmo; in questi tre capi consisteva l'educazione dell'Ateniese, Solone, istitutore di questo sistema di educazione, ne aveva affidata la vigilanza al venerando consesso dell'Areopago, assicurando in tal guisa alla coscienza ateniese l'inviolato possesso di una preziosa eredit? morale. Gli Ateniesi, tuttoch? rimutassero pi? volte le forme politiche della loro costituzione, riguardarono sempre con pietosa venerazione gli ordini di Solone; e gli stessi restauratori della libert?, dopo la cacciata dei trenta, li tennero qual sicuro fondamento della vita civile. La riforma di Efialte, col porre dei limiti all'autorit? dell'Areopago, lo aveva privato della vigilanza su la educazione, entrando in quella vece i Sofronisti a funzionare da moderatori di quegli antichi istituti. La pochezza dei mezzi per la diffusione letteraria, e la vita ristretta in pi? angusti confini, rendeano allora necessaria la concentrazione degli elementi educativi che la coltura e la tradizione poteano offrire: sicch? lo sviluppo dell'individuo, favorito dalla limitata istruzione, era di una grande svariatezza e libert?, e tanto pi? intenso, per quanto meno sussidiato da una larga preparazione di scuola.

I primi anni della vita di Socrate precedettero la riforma di Efialte, e non ? a dubitarsi ch'egli s'ebbe l'istruzione legalmente stabilita sin dal tempo di Solone. Senofonte, e qualche reminiscenza socratica presso Platone fanno fede della educazione affatto ateniese di Socrate; e fra gl'indizi non ? di poco valore quello che pu? desumersi dalle frequenti citazioni di Omero, di Esiodo, di Teognide e di Simonide, che, secondo la tendenza invalsa a quell'epoca, servivano di occasione a delle analisi morali dei precetti che potessero esser contenuti in questo o in quel luogo. Da questa prima istruzione , fino al momento che, informato gi? a solide convinzioni, egli appare su la scena pubblica, come autore di una dottrina determinata e precisa nel suo carattere e nel suo valore, come siasi sviluppato, e quali siano state le diverse fasi del suo pensiero, e le sue lotte coi contemporanei e con s? stesso, la critica storica non ? pi? in grado di saperlo. La leggenda in vero ha conservato finanche ? nomi dei maestri di Socrate, e gl'indizi della loro influenza; ma alla luce della critica tutte queste varie tradizioni sono apparse vuote di certezza, avendo esse per fondamento, o certi presupposti dottrinali, o delle combinazioni equivoche di dati storici. E del pari non si ha ragioni sufficienti, per riconoscere in certe altre tradizioni la lontana ricordanza delle lotte sostenute da Socrate, per raggiungere quello stato di perfetta costanza, continenza ed equanimit?, che tanto ammiravano in lui i testimoni contemporanei: perch? quelle tradizioni, o sono del tutto inventate, o furono escogitate con l'intento di supplire con la congettura il difetto della storia.

Ed in fatti, la vita d'un Ateniese di mediocre stato, che privo d'ogni arte e d'ogni pubblico ufficio visse nelle pi? grandi strettezze e quasi povero, non potea svilupparsi dapprima che nella oscurit?: e quando egli ebbe raggiunta con la maturit? degli anni una convinzione chiara ed intensa della sua missione, l'antitesi dichiarata in cui si pose contro tutte le tendenze pratiche e teoretiche dei contemporanei valse tanto ad attirargli amici ed inimici, che l'importanza dell'uomo adulto dovette far perdere di vista la storia del suo sviluppo. Quello ch'egli ha potuto pensare prima di fermare definitivamente l'orizzonte della sua coscienza, e quali impulsi naturali dovessero esser riposti nel suo temperamento e nel suo carattere per determinarlo ad abbandonare ogni pratica occupazione, e darsi interamente ad esaminare l'animo e le morali intenzioni di quanti gli venissero innanzi, e come poi continuasse con religiosa convinzione l'opera intrapresa, certo di non poterla intermettere senza venir meno alla voce della divinit? che l'avea scelto e chiamato; tutte queste domande non possono altrimenti toccare una soddisfacente risposta, che per via di una congettura, forse psicologicamente verosimile, ma non per questo equivalente ad una notizia storica. Cercheremo innanzi tutto di mettere in piena luce alcuni dati molto importanti.

Poco tempo dopo l'impresa contro Delio, quando Socrate toccava il 45? anno dell'et? sua , Aristofane fece di lui su la scena il rappresentante tipico di tutta la classe dei Sofisti e dei filosofi naturali; e col suo squisito umore rilev? vivamente il contrasto fra l'antica virt?, e il nuovo principio della ricerca individuale. Non ? qui il luogo di esporre i motivi estetici e politici dell'opera singolare di Aristofane, n? di tratteggiarne i caratteri, i contrasti, le peripezie e la catastrofe. A noi importa solo di notare, che a quel tempo Socrate era di gi? un nome tanto popolare in Atene, che la satira di lui potea offrir materia alla commedia, innanzi ad un pubblico uso a vedere sulla scena le persone pi? eminenti della repubblica. Le Nuvole di Aristofane, se non sono un documento storico su la cui autorit? devasi accettare o rigettare come genuino questo o quel principio della dottrina socratica, perch? in esse ? troppo evidente l'erroneo concetto che Aristofane s'era fatto di Socrate il ????????????????? attribuendogli tutte le opinioni dei filosofi naturali, e tutte le pi? strane conseguenze che la satira avesse potuto desumere dalla riflessione sofistica, sono bene una testimonianza storica dell'influenza che Socrate esercitava gi? in quel tempo, e del valore reale della sua persona nella societ? ateniese. Il suo convivere coi giovani, il suo perpetuo ragionare, la sua preoccupazione logica, e fino la relazione con Cherefonte, vi appariscono come cose gi? note a tutti; e tali, che, senza essere caratterizzate con fedelt? storica, si prestavano a rappresentare vivamente su la scena una personalit? gi? stata argomento di molti discorsi nel pubblico. Quanto lavoro e quante lotte non ha dovuto sostenere Socrate, per raggiungere una forma di coscienza cos? pronunziata; e quanti motivi non han dovuto esercitare la loro azione sul suo animo, dal momento che abbandonata la bottega del padre cominci? egli a vivere nella sua beata e laboriosa ????????????

I testimoni autentici ed immediati della dottrina socratica non ci forniscono di notizie sufficienti, per poter noi con l'aiuto delle stesse, se non rifare minutamente, almeno adombrare in parte le successive fasi che ha dovuto percorrere la coscienza di Socrate, prima di presentare alla considerazione degli Ateniesi dei caratteri cos? notevolmente spiccati, che l'occuparsi di lui fosse come toccare un argomento che tenea desta l'opinione generale. Senofonte e Platone erano appena nei primi anni della loro vita, quando le Nuvole di Aristofane furono rappresentate; e questa sola circostanza dovrebb'essere ragione sufficiente, perch? noi, senza pi? interrogarli su lo sviluppo della coscienza del loro maestro, ci appagassimo di quanto hanno raccolto dei detti e degli atti di Socrate gi? maturo e dimentico delle lotte della sua prima giovent?; oltre di che la natura stessa dei loro scritti, e l'epoca in cui furono redatti, doveano di necessit? indurli a mettere sotto gli occhi dei lettori l'immagine completa e perfetta del loro eroe, la cui incontestabile vittoria su le viete opinioni professate dal comune degli uomini e su i riluttanti elementi della coltura ateniese, non che essere invalidata, era stata rifermata e consacrata da una morte, per quanto ingiusta, altrettanto gloriosa.

La data della rappresentazione delle Nuvole d'Aristofane, e la maniera come Senofonte e Platone ci rappresentano il loro maestro gi? nel pieno possesso d'intime convinzioni, che avevano acquistato la forza e la potenza d'istinti naturali, sono due fatti dalla cui combinazione critica dee risultare evidente l'opinione di coloro i quali affermano, che Socrate avea nei primi anni della guerra del Peloponneso gi? in parte fissato l'orizzonte della sua coscienza. E a volere esprimere nella forma pi? semplice la natura ed i limiti di quell'attivit? scientifica, baster? dire su la testimonianza di Aristotele, che egli fu il primo che si rivolgesse a ricercare la natura delle relazioni etiche, seguendo il filo logico della epagoge e della definizione. Tale era la sua occupazione, quando in mezzo ad una schiera di giovani d'ogni classe sociale, e conversando con quante persone gli venissero innanzi, metteva in mostra nell'et? sua provetta i pensieri maturati nell'intimo dell'animo suo; e mosso da un invincibile bisogno di richiamare i suoi interlocutori ai motivi intrinseci della convinzione e della certezza, rigettava i pregiudizi, mediante il concetto rettificava l'opinione, e, con l'invogliare alla continenza ed all'esercizio cosciente di ogni virt?, affermava di adempiere una missione affidatagli dalla divinit?, la cui voce gli si era fatta palese nella coscienza fin dai suoi primi anni, finch? l'oracolo di Delfo non venne a confermarlo nel suo proposito. Tutta questa ricchezza di pratiche attitudini, e di capacit? teoretica, che non ? certamente espressa dalla caratteristica troppo astratta di Aristotele, ? esposta con plastica evidenza nel ritratto senofonteo, e in tutti quei luoghi di Platone, che portano l'evidente impronta di una storica reminiscenza.

Ma, avendo escluse come infondate tutte le tradizioni conservate dagli scrittori di un'epoca assai posteriore, e sforniti come siamo dei ragguagli dei testimoni autentici, dovremo forse deciderci a negare ogni connessione fra l'attivit? scientifica di Socrate, e tutti i tentativi fatti prima di lui e durante la sua vita, per escogitare dei principi atti a spiegare la natura delle cose, e l'ordine intrinseco dell'universo? Che influenza insomma hanno esercitato sul suo spirito le opinioni delle varie scuole filosofiche dei due punti estremi del mondo greco, le colonie dell'Asia e dell'Italia? E non si ? forse ripetutamente insistito su la derivazione di alcune convinzioni di Socrate dal principio della filosofia di Anassagora; e la pi? o meno grande somiglianza, che s'? voluta scorgere fra lui ed i Sofisti, non s'? cercato pi? volte spiegarla con la diretta influenza della costoro propaganda? La esposizione critica di tante svariate opinioni non pu? punto riguardarci in questo momento: e se ci siamo fermati alquanto su questa quistione, ? stato solo nell'intento di chiarire nettamente la posizione di Socrate in Atene, e nello sviluppo della coltura greca; ed eziandio per giustificare il divario che passa fra la nostra esposizione della dottrina socratica ed alcuni dei lavori che hanno preso a trattare dello stesso argomento. Esporremo dunque brevemente l'opinione che ci siamo formata con lo studio delle fonti.

La prima elementare istruzione, tenuta per legalmente obbligatoria nella repubblica ateniese, non ? sufficiente a spiegare l'attitudine filosofica e la efficacia pratica del carattere di Socrate; perch?, sebbene rimanga dubbio fino a che punto egli abbia potuto valersi della tradizione letteraria come mezzo di coltura, il carattere delle sue vedute, e l'influenza che esercitarono, mostrano chiaramente quanto quelle fossero radicate nei bisogni e nella coltura del tempo. Sotto questo riguardo, tutte le molteplici tendenze ricercative delle varie scuole filosofiche hanno potuto esercitare una influenza pi? o meno diretta su lo sviluppo della sua coscienza, e disporlo a quel bisogno incessante di esaminare con certezza scientifica i fenomeni interni della vita etica, che la profondit? del suo carattere, e la perfezione del suo sentimento morale gli venivano offrendo alla riflessione con insolita evidenza. E si ? anche in grado di arguire dai Memorabili di Senofonte, e dall'Apologia di Platone, di che natura fosse quella influenza, se si prende per poco ad esaminare con quanta cura nei primi abbia l'autore cercato di tratteggiare l'antitesi che correa fra Socrate e le opinioni di diverse classi di cittadini e di addottrinati, e come, nell'altra, Platone, nell'intento di appressarsi quanto pi? poteva alla verit? storica, abbia solo leggermente idealizzato lo svolgimento della coscienza socratica in rapporto coi vari elementi politici ed educativi del tempo.

All'epoca di Pericle, e molto pi? dopo la sua morte, Atene era divenuta il centro di tutta la coltura ellenica, e quanto s'era prodotto di poesia, di storia, di filosofia, e d'invenzioni artistiche e tecniche in tutti i punti del mondo greco avea trovata facile accoglienza in quella citt?, cui la prosperit? materiale del popolo e i larghi possessi aveano sotto tutti i riguardi disposta a essere il pritaneo della civilt?. Filosofi e ciarlatani, oratori ed arruffapopoli, poeti e guastamestieri, maestri e novatori della musica, della mimica, del ballo, della educazione, dell'architettura, della tattica e della strategica veniano a trattenersi ed a far propaganda e scuola in Atene, ove la mobilit? del carattere congiunta ad un nobile patriottismo, e ravvivata dalla ricordanza delle recenti glorie, avea cos? slargati e resi incerti i confini dell'opinione, che l'individuo potea a sua posta allontanarsi dalle credenze e dalle convinzioni comuni e tradizionali. Il contrasto fra le nuove tendenze, e la vita antica dette ben presto luogo ad una profonda collisione nel seno della societ? ateniese; e questa tanto pi? apparve grave e pericolosa, perch? and? per molti lati congiunta al disfacimento della democrazia e della pubblica morale. L'immagine completa di questo contrasto pu? desumersi dal confronto della satira di Aristofane, con l'addolorato e sdegnoso racconto di Tucidide.

Ora ? in quest'epoca agitata da tanti interessi, e ricca di tanto bisogno di ricerca, che Socrate acquist? la coscienza della sua missione educativa. Che egli abbia potuto raccogliere qua e l? qualche nozione dei principii delle varie scuole filosofiche, apparisce chiaro da Senofonte, che, sebbene voglia mostrarcelo in opposizione assoluta coi ricercatori delle cose naturali, pure lo fa apparire informato delle loro vedute. Ma, dall'ammettere questo come vero, all'accettare come storiche tutte le discettazioni che Platone immagina avvenute fra Socrate e i diversi rappresentanti delle scuole filosofiche ci corre molto; e a noi pare, che la persistenza con la quale certi critici tornano continuamente a mettere in una diretta relazione Socrate coi filosofi Ionici ed Eleatici, ed a dedurne le convinzioni dal principio di Anassagora, non merita di essere nuovamente criticata. Il ritratto ideale di Socrate presso Platone pu? fino ad un certo punto ravvivare e rendere evidente il contrasto dell'epoca sofistica con l'antica coltura, per quanto il misticismo platonico il consente; ma non ? per ci? storicamente fedele.

Le condizioni della coltura ateniese, ed il risultato esclusivo cui pervenne Socrate con le sue ricerche costituiscono un'antitesi cos? pronunziata, che rimane sempre vero quello che si ? detto ripetutamente di lui, esser egli stato maestro a s? medesimo. E che questa opinione non deva condurci a farne un uomo dotato di qualit? mistiche e profetiche, parr? chiaro dall'osservazione che aggiungiamo. L'oggetto e la natura della ricerca socratica sono affatto nuovi, ed ignoti ai filosofi della Ionia e d'Italia, checch? possa andarsi a rintracciare di elementi etici e logici nei loro princip?. Questo nuovo interesse e questa nuova maniera di filosofare non apparisce in Socrate come qualcosa di teoreticamente intenzionale, ma deriva intimamente dai suoi bisogni etici e religiosi, ed ? il risultato di un esame che egli ha esercitato su s? medesimo, fino al punto di obbiettivare in una intuizione etica dell'universo le esigenze dell'animo suo. Questo lavoro egli ha dovuto compierlo reagendo continuatamente contro tutte le tendenze opposte e divergenti dei contemporanei; e quanto fossero esatte le sue conoscenze intorno ai principi filosofici di quelle scuole, che direttamente o indirettamente aveano influito a modificare l'etica della societ? ateniese, noi non siamo pi? in grado di saperlo. Volerne quindi dedurre i princip? dai predecessori, con non so quale idea schematica di una necessaria derivazione dei sistemi filosofici, ? sconoscere in lui l'elemento pi? originale ch'egli s'avesse, la sua originale personalit?, e dimenticare al tempo stesso, che in un uomo straordinario come Socrate gli elementi che han potuto servire a svilupparlo doveano trovarsi in una grande incongruenza col risultato stesso dello sviluppo. Con ci? noi non neghiamo, che Socrate sia appunto l'uomo in cui convergono per la prima volta le varie fila della coltura greca, per raggrupparsi insieme e formare una pi? complicata e pi? mirabile tela; ma come abbiamo posto in chiaro, che le fonti non ci autorizzano a metterlo in relazione coi suoi predecessori per la via di una tradizione dottrinale, cos? vogliamo non si perda mai di vista, che la sua filosofia, o meglio quello che noi troviamo di filosofico in lui, ? stato, non il risultato di una indagine pi? o meno teoretica e dottrinale, ma un bisogno personale, che si ? fatto dottrina.

Le pagine tutte di Senofonte e Platone sono una perpetua testimonianza dei sentimenti di riverenza e di ammirazione, che Socrate era capace di suscitare nell'animo di quanti l'avessero avvicinato; e l'interna vitalit?, ond'era animato ogni suo atto ed ogni sua parola, ? improntata in esse come in indelebile monumento.

Un organismo di perfetta costituzione, assuefatto ad ogni sorta di sofferenze e d'intemperie, gli aveva reso agevole l'esercizio della pi? rigorosa temperanza e sobriet?. La sua maniera di vivere era cos?, a lungo andare, divenuta la espressione costante di una volont?, che coscientemente governava e indirizzava gl'istinti naturali al fine della conservazione e del benessere. Il lungo abito, merc? il quale egli era divenuto attento e minuzioso osservatore di quanto avvenisse nell'animo suo, col rendere sempre pi? perfetto il giudizio morale, con avergli assuefatto l'intelletto all'esercizio dell'arte ricercativa, lo avea al tempo stesso condotto ad una certa astrazione dal mondo esterno, che per un Greco, e molto pi? per un Ateniese, era cosa tutt'altro che comune. Ma questa non pu? dirsi ascesi, perch? non tenea ad un ordine speciale di convinzioni o di pratiche religiose n? menava alla formazione di una setta o di una associazione mistica; rimanendo sempre in Socrate vivissima la conoscenza di tutti i doveri della vita pubblica e privata, quali erano generalmente accettati e riconosciuti dal comune degli Ateniesi. Rassegnandosi alla voce della coscienza, e scovrendo cos? il valore vero dell'uomo nell'intimit? dell'animo, egli non cercava di compiere un atto di astrazione teoretica, n? andava all'esigenza di una perfezione assoluta. Il suo bisogno di consapevolezza non lo men? mai alla negazione delle forme concrete della vita etica; e la quiete interna dell'animo, che in lui risultava dalle abitudini temperate e dal continuo esame di s? medesimo, fu ricca degl'impulsi pratici pi? vivi e pi? efficaci. Socrate quindi, tuttoch? fosse estraneo ad ogni pratica occupazione, e scevro di ambizione, visse continuamente occupato nell'esaminare l'animo e le intenzioni dei suoi amici e conoscenti; esercitando l'arte difficile, e fino allora ignorata, del cosciente educatore. Tutti questi tratti caratteristici dell'animo suo si conciliavano in una perfetta armonia, e facevano di lui un conoscitore perfetto degli uomini e della vita. Non estraneo al godimento di nessuno fra i piaceri, eccitava stupore per la moderazione, e per la presenza d'animo che non l'abbandonavano mai; scontento della falsa scienza e della presunzione dei suoi interlocutori, non prendeva mai il tono dell'esortatore, ma condiva di attica urbanit? fino il discorso che fosse diretto a smascherare l'altrui ignoranza; animato infine dal religioso sentimento di una divina vocazione, non perdette mai di vista le reali condizioni della vita esterna, e lavor? incessantemente a suscitare in quanti l'udivano il bisogno di una scrupolosa consapevolezza dei propri doveri e delle proprie capacit?. In lui insomma ha ad ammirarsi uno dei pi? perfetti esemplari di quella plastica armonia, che costituisce l'ideale dell'arte antica; e per questo i suoi seguaci lo lodavano, come l'uomo pi? tranquillo e beato fra quanti mai fossero stati al mondo.

OSSERVAZIONE

Senza entrare in indagini speciali, intendiamo di esporre qui brevissimamente i criteri che abbiamo seguiti, nell'usare della testimonianza di Senofonte, Platone, ed Aristotele.

I critici, che hanno rigettata la testimonianza di Senofonte, sono incorsi nel grave errore di non avvedersi, che, in tal guisa, non solo la interpretazione della dottrina socratica diviene impossibile, ma che, tolta di mezzo la posizione pratica del Socrate senofonteo, tutta la storia della filosofia greca non pu? pi? intendersi. Non bisogna quindi ammettere, n? che Senofonte fosse stato incapace d'intendere Socrate , n? che avesse voluto restringere nelle angustie del suo personale criterio le vedute pi? larghe del maestro . Le accuse mosse contro Senofonte, per quel che concerne la lealt? del carattere, e la sincerit? dello scrittore sono infondate. I Memorabili sono scritti senza riserve, e senza restrizioni; e sono un documento insigne della piet? e riverenza dello scrittore verso il maestro. E in essi solamente deve cercarsi la dottrina di Socrate .

ORIZZONTE DELLA COSCIENZA SOCRATICA

La nostra indagine, intorno allo sviluppo della coscienza scientifica di Socrate, ci ha menati ad un risultato quasi affatto negativo; e noi ci siamo trovati nella impossibilit? di determinare storicamente quali fossero gli elementi della coltura tradizionale, che esercitarono influenza sul suo animo, e di assegnare con precisione le diverse fasi, che egli dovette percorrere, prima di chiudersi nel fermo proposito di rinunziare ad ogni pratica ambizione, e di consacrarsi del tutto al miglioramento dei suoi concittadini. Il carattere perfetto ond'egli era dotato, e ch'era l'elemento pi? chiaro ed evidente della sua personalit?, gli avea ben per tempo fatto sentire, quanto le reali condizioni della vita politica fossero lontane dal poter recare soddisfazione a chi, non inteso ad acquistar gloria ed onori, guardasse sovra tutto al valore intrinseco delle convinzioni, ed a mettere in pieno accordo l'attivit? pratica con gl'interni dettami della coscienza. Ma come questo proposito potea bene non andar congiunto a quella ricchezza di pratiche attitudini, che egli addimostr? nella sua attivit? pedagogica e dialettica, anzi dovea indirettamente attenuarla ed indebolirla, se altri motivi non l'avessero alimentato, non ? in questa posizione negativa che si possa cercare la spiegazione dell'importanza storica del nostro filosofo. E, infatti, motivi molto svariati ed esigenze molto diverse s'erano combinate in lui, ed aveano preparato il suo animo ad essere un ricchissimo argomento d'indagini etiche, al tempo stesso che l'intrinseca evidenza delle sue convinzioni religiose avea gi? stabilito in lui un limite fisso, oltre il quale la ricerca logica non potea arbitrariamente vagare. Cerchiamo ora di metterci sott'occhi l'orizzonte della coscienza socratica, prima di fare il tentativo di esporre e dedurre, nella forma sistematica di una dottrina, quei pronunziati filosofici, che la tradizione ci ha trasmessi come genuini.

Uno dei lati meno intesi, e meno approfonditi della storia della coscienza ellenica ? quello che concerne lo sviluppo del sentimento religioso, ed il processo del concetto della divinit?, dalle forme pi? semplici del mito, fino agli ideali etici e metafisici, nei quali lo spirito, con maggiore consapevolezza, riusc? ad obbiettivare le esigenze di una spiegazione dell'universo, poich? s'era liberato dalle arbitrarie ed accidentali associazioni psichiche, che sono il primo ed unico fondamento della mitologia popolare. Per intendere insomma, come, sotto l'influenza di una nuova motivazione, la coscienza di Eschilo di Pindaro di Sofocle e via dicendo, senza punto elevarsi all'orizzonte filosofico, e conservando tutto lo schema della tradizione mitica, sia divenuta produttrice d'un nuovo concetto della divinit?, le indagini sono poco progredite; per non dire che, salvo rare eccezioni, la pi? parte dei critici, o non ha ancora avvertita la natura speciale del problema, o ha cercato trattarlo con vedute estranee ed incongruenti al soggetto. Ora noi abbiamo una storia della filosofia e della coltura greca, ed una mitologia, ma ignoriamo ancora il preciso sviluppo della religione greca; e quando riuscir? di determinarlo, molti fatti, fin ora classificati in un'altra categoria, verranno naturalmente a prendere il loro posto nella storia del sentimento religioso, ove solamente possono toccare una soddisfacente spiegazione. La storia stessa della filosofia deve slargare l'orizzonte delle sue indagini, e non partire dal presupposto assoluto, che la riflessione scientifica sia riuscita in dato momento ad isolarsi dalla religione popolare, contrapponendosele nella coscienza dei suoi motivi, perch? solo cos? pu? veramente intendere e valutare i pochi elementi scientifici della filosofia antesocratica. La religione popolare ? invece da considerare in tutta la larghezza del suo sviluppo, come quella che, approfondendosi sempre di pi?, ed acquistando maggiore intimit? e valore etico, venne a costituirsi e fermarsi in una ricca immagine del mondo morale, che sollecit? la ricerca scientifica all'indagine su la natura dell'uomo, ed a fare una metafisica che fosse spiegazione etica dell'universo. Platone stesso, bench? sia innegabile che poggi con sicurezza su l'elemento logico del sapere, non ? fuori di questa storia religiosa, anzi ne segna l'estremo confine: e tutto quello che in lui s'? chiamato misticismo, ed entusiasmo poetico, sebbene deva essere studiato con cautela, perch? non faccia perdere di vista il valore schiettamente filosofico della sua ricerca, non pu? neppure mettersi da banda, quasi fosse un fuor d'opera, o un adornamento artistico, come non raramente hanno pensato gli espositori moderni.

La pi? grave difficolt? di questo studio ? riposta appunto in uno dei tratti pi? caratteristici di quel processo religioso, che ? l'apparente uniformit? delle sue manifestazioni; perch? le rappresentazioni comuni delle divinit? popolari rimasero lungamente come vaga espressione delle nuove esigenze, senza che si avvertisse la incongruenza delle nuove idee alle antiche forme, sicch? il movimento intrinseco non dovette riflettersi in un pratico tentativo di riforma.

Socrate occupa un posto importantissimo nella storia della religione greca. La immediatezza religiosa ? un fatto innegabile nella sua coscienza, e costituisce il personale presupposto di tutte le sue indagini; quello merc? il quale la sua capacit? e virt? ricercativa si trov? naturalmente determinata alla cognizione etica ed alla pratica pedagogica. E appunto perch? i limiti della sua ricerca sono precisati dal concetto di quello ch'egli riteneva come termine d'ogni umana conoscenza, la chiara ed evidente consapevolezza della propria destinazione, non si pu? ammettere, che tutti gli altri postulati e tutte le altre esigenze che troviamo espresse nelle sue affermazioni, non siano altro che un fuor d'opera rispetto all'elemento dottrinale; e fa d'uopo ridare loro l'originale significazione immediata e religiosa.

Tutto quello, che trascende in Socrate la sfera limitata del sapere etico, corrisponde al largo campo che per noi forma l'oggetto delle indagini metafisiche. Raccogliendo da Senofonte i pronunziati autentici di Socrate sul concetto della divinit?, su la sua efficacia creativa, sul valore etico dell'uomo in relazione con l'ordine della natura, noi ci avvediamo che quell'immagine concreta del cosmo, per quanto possa rivelare le tracce di una intenzionale subordinazione alle esigenze logiche, non ? il risultato di un cosciente lavoro di deduzione scientifica, ma l'espressione di una esigenza religiosa pi? profonda di quella che s'appagava della mitologia tradizionale; e che essa quindi occupa un posto intermedio fra gl'ideali etici e religiosi, che la coscienza artistica aveva gi? espressi nel dramma e nella lirica, e i primi tentativi di una comprensione metafisica del mondo morale.

La sfera dell'attivit? umana ? nettamente definita dalla consapevolezza, della quale siamo forniti, per la scelta dei mezzi che ci conducono al conseguimento del benessere. In questa perfetta congruenza del sapere col fine dell'attivit? umana, che esclude da un canto ogni intervento miracoloso e straordinario e preclude dall'altro la via ad ogni indagine su tutto quello che ? fuori dei limiti della nostra pratica destinazione, ? segnato il limite normale del valore della vita, e il termine assoluto ed impreteribile della perfezione e della felicit?. Socrate, in questa guisa, mentre era inteso ad escludere come empia ed irreligiosa ogni ricerca su l'origine delle cose naturali, riusciva a fermare recisamente la natura e i limiti della vita etica, ed a determinare approssimativamente il mondo della libert? umana; perch? la chiara coscienza ch'egli s'avea della perfezionabilit? dell'uomo era riposta nella certezza, che il nostro sapere ? perfettamente congruente a tutti i fini, che siamo destinati ad attuare. Il termine comune di tutti questi svariati fini ? l'??????????, al cui conseguimento ci ha disposti l'ordine intero della natura, che nella sua bellezza ed armonia ha come ultimo scopo l'umana felicit?: ma questo fine non si raggiunge per caso o per fortuite circostanze, n? la sua misura sta in arbitrio dell'uomo, perch? il conseguimento n'? coordinato alla esatta cognizione della propria capacit? in relazione con l'ingenito bisogno del benessere, ed il limite n'? predeterminato dalle reali condizioni della vita.

Tutte queste vedute raggiungono il loro punto culminante nel concetto della divinit?, come intelligenza autrice e reggitrice del mondo, la cui presenza nell'ordine naturale ? rivelata dalla perfezione con la quale tutte le cose sono disposte, in una serie di perfetta finalit?. E qui di nuovo il sapere e l'attivit? sono congruenti; perch? la natura, che ? inaccessibile alla scienza umana, ? conosciuta solo da Dio, che ha potenza di produrla.

Questa nuova intuizione della divinit?, che ? determinata dal concetto del valore etico della sua attivit? nel mondo, non pu? intendersi come semplice prodotto di una volontaria reazione contro le tendenze speculative e affatto meccaniche dei filosofi precedenti; perch? l'elemento precisamente individuale della esigenza religiosa, che v'? cos? evidente, non troverebbe pi? alcuna spiegazione, e quei pronunziati perderebbero ogni valore storico. Socrate ebbe tanto poca consapevolezza del valore filosofico di queste sue vedute, e le tenne per cos? opposte ad ogni indagine su l'origine e la natura del mondo, che, mentre poneva l'intelligenza come principio dell'universo, e fissava un nuovo punto di partenza ad ogni ulteriore progresso nelle indagini speculative, rigett? come empia la filosofia naturale; e, nel modesto concetto che aveva di s? medesimo, e della natura umana in generale, fece atto di rassegnazione alle intime esigenze di un convincimento che a lui non appariva qual risultato di una pruova teoretica, ma qual termine assoluto di una religione perfetta. E di questa esigenza stessa egli non fece qualche cosa di distinto dalla religione tradizionale, anzi tutto il nuovo fu da lui appercepito nella forma antica; e di qui procede, che, mentre il concetto monoteistico, in virt? di tutto il progresso della coltura ellenica, tendeva a chiarirsi, ed a riassumere in s? le forme politeistiche, Socrate credette di stare pienamente d'accordo con la tradizione, e stim? non allontanarsi da nessuna delle credenze accettate. Le riserve infatti, o per dir meglio le distinzioni che egli introduceva nella pratica religiosa, se all'occhio volgare poteano sembrare lesive del valore letterale del culto e del rito, non aveano in se stesse niente che accennasse a tendenze eretiche, o ad innovazione pratica delle forme tradizionali. E quando Socrate diceva, che non bisogna vivere nell'illusione che la divinit? ignori quello che teniamo celato nell'intimo dell'animo, e che il sagrificio non ha valore se la coscienza non ? pura, e pronunziava altre somiglianti opinioni, che avevano l'intento di rilevare l'intrinseco valore della coscienza, egli non dicea cosa affatto nuova, e che ogni colto Ateniese non avesse, pi? o meno direttamente, potuto apprendere dalle sentenze di Eschilo, di Sofocle, o di qualunque altro poeta, su la cui piet? religiosa non s'era mai sollevato dubbio alcuno. La grossolana rappresentazione delle divinit?, come di persone finite e limitate, potea forse trovarsi in contradizione con questa nuova veduta, e stimarla empia e profana: ma ci? non vale a persuaderci, che Socrate non sia stato davvero quale Senofonte ce lo presenta, persuaso cio?, che le sue convinzioni non fossero affatto divergenti da quello che legalmente era riconosciuto come religione dello Stato. Confutare l'opinione di coloro, che in tutto questo non vogliono veder altro che lo sforzo apologetico di Senofonte, o la sua incapacit? filosofica, non crediamo sia n? conveniente n? necessario.

Sotto questa nuova luce l'attivit? socratica ci apparisce pi? chiara, e l'efficacia pratica di che fu capace acquista una maggiore evidenza. La sua importanza nella storia generale della coltura greca ? appunto riposta in questa ricchezza di motivi istintivi ed immediati, che avevano tanta relazione con tutto lo sviluppo della coltura artistica contemporanea, e riflettevano i bisogni e la sociale agitazione di quell'epoca profondamente creativa. Se noi prescindiamo, non solo da tutte le moderne investigazioni sul valore metafisico della causa, del fine ecc., ma anche dalla mediazione logica, in cui questi ed altri analoghi concetti appariscono nella filosofia greca da Platone in poi, misurando l'intuizione socratica alle condizioni della coltura dell'epoca periclea, l'indole sua affatto immediata e religiosa diviene assolutamente innegabile. Quei concetti infatti, che abbiamo di sopra accennati, non appariscono ancora come gli estremi termini d'un procedimento metafisico, e molto meno come le conclusioni induttive di un'analisi psicologica; ma sono l? tutti ad un tratto, nella loro armonia e perfetta trasparenza; e, mentre sono il risultato di un lavoro interno di purificazione dell'animo, la loro obbiettivazione ? istantanea, e plastica, non discorsiva e dimostrativa. E quando le esigenze logiche del dialogo vengono a collocarli nel termine estremo di una pruova, allora si vede chiaro, quanto il nuovo motivo della dimostrazione sia inferiore all'esigenza pratica del convincimento religioso. Fare di Socrate un astratto concettualista ? un'opinione tanto erronea, quanto quella che lo riteneva per un moralista popolare; ed una simile supposizione menerebbe di certo a trovare incongruente ed inconseguente del tutto la caratteristica di Senofonte.

Socrate avea il fermo convincimento di adempiere il dovere di una missione divina; e la finezza del suo giudizio, congiunta all'abito costante dell'osservazione morale, gli avea fatto avvertire la prossimit? del divino, nella forma speciale di una personale relazione. Correggere, rettificare, ed esaminare le opinioni altrui eragli imposto dalle religiose esigenze dell'animo, che non ammettevano esercitasse l'arte della parola come espressione di un dilettantismo dottrinale. Il divieto della divinit?, che lo tenea lungi dalle faccende dello Stato, gl'imponea una completa rassegnazione alle inevitabili conseguenze della sua missione. Ma erano queste opinioni il risultato di una fantastica considerazione del mondo, ed assumevano esse forse il carattere di un'arbitraria pretensione di riformare ad ogni costo l'ordine stabilito della societ?, per modellarlo secondo i dettami di una speciale rivelazione? Nulla di tutto questo. Socrate visse sempre in pieno accordo con tutti, e non manc? mai di adempiere n? i doveri del culto, n? le pratiche della legale ????????; le sue massime non l'indussero mai, durante la lunga vita di 70 anni, ad entrare in una guerra dichiarata con le forme tradizionali, come avevano fatto Diagora ed Anassagora, Gorgia e Protagora, suoi contemporanei. Il suo Dio era qualche cosa di affatto etico; ma gi? altri prima di lui, senza destare sospetti, e nella massima buona fede, avevano introdotto tacitamente nelle forme religiose mitico-tradizionali una nuova motivazione; ed Eschilo, Pindaro, Sofocle, ecc. aveano incarnato nei nomi di Zeus, Apollo, le Eumenidi ecc. un nuovo concetto del divino, della pena, dell'espiazione, della legge e della coscienza morale. Socrate insomma non fece che obbiettivare, nei limiti molto oscillanti, e nelle forme riconosciute della patria religione, un processo psicologico ed etico affatto individuale; la quale libert? in tanto era possibile, perch?, mancando ai Greci un ordine speciale di uomini destinati a conservare i veri religiosi, ed essendo gi? la tradizione mitica passata attraverso alle molteplici alterazioni, che furono conseguenza della variet? delle stirpi e dello sviluppo della coltura, il difetto di una chiesa e di una dommatica rendea difficile il criterio dell'ortodossia e della eresia. E se vuol dirsi, come altri ha fatto, che il figlio di Sofronisco fu un eretico, bisogna allargar tanto questo concetto, da far sparire ogni misura di religione tradizionale presso i Greci; la qual cosa quanto sia infondata pu? vedere ognuno, che abbia una conoscenza esatta dei loro monumenti letterari. Anzi, noi siamo tanto lungi da una simile opinione, da credere, che Socrate con le sue vedute si avvicini di molto a quella profonda reazione religiosa, che, cominciata in sul mezzo della guerra del Peloponneso, fin? per guardare come pericolosa tutta la scienza che avea divagato in ricerche arbitrarie ed individuali, e che non ? improbabile abbia trovata una espressione artistica nelle ultime produzioni di quell'Euripide, il quale gi? prima avea tanto lavorato ad accrescere l'influenza della irreligiosit? sofistica. E che questa nostra opinione non possa essere invalidata con l'argomento dell'accusa di Meleto, pu? intendersi di leggieri da chiunque rammenti, di quanti equivoci dello stesso genere offra esempi la storia.

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