bell notificationshomepageloginedit profileclubsdmBox

Read Ebook: The Virtue and Use of Coffee With Regard to the Plague and Other Infectious Distempers by Bradley Richard

More about this book

Font size:

Background color:

Text color:

Add to tbrJar First Page Next Page Prev Page

Ebook has 337 lines and 53059 words, and 7 pages

La Contessina, tutta occupata della lieta idea della promessa gita, si diede ad interrogare don Annibale intorno alle delizie del lago.

"Onde conoscerle tutte perfettamente, rispose questi che ne aveva esatta cognizione, d'uopo sarebbe ch'ella visitasse ad una ad una le molte ville che sono sparse a diversi punti delle sue rive, e salisse in alcuni luoghi i monti, o s'internasse nelle valli onde mirare pittoresche vedute, o singolari accidenti di natura, che molti ve se ne trovano; ma giacch? non deve che percorrerne il lungo, ella cerchi di tracciarne bene in mente l'aspetto generale e le posizioni diverse, che poscia le descrizioni di chi ne ha esaminate le singole parti gioveranno a formargliene nello spirito un quadro completo. Un abbozzo preventivo del viaggio posso farglielo io con questa carta distesa in ampia scala". Cos? dicendo stacc? una gran tavola geografica che stava appesa ad una delle pareti, e la stese sul tavoliere: donna Amalia e il Marchesino accostandovi i lumi vi portarono attento lo sguardo.

"Il Lago di Como, come qui si vede, prosegu? egli, ha la forma d'una zanca di granchio aperta in atto d'abbrancare".

"Ah! ah! dite benissimo, lo interruppe ridendo il Marchesino, si pu? assomigliare la forma del lago di Como ad una zanca di gambero, come appunto si paragona quella dell'Italia ad uno stivale. Ah! ah! gambe da per tutto".

"Sarebbe miglior cosa, vorresti forse dire, che vi si ravvisasse alcuna parte che raffigurasse una testa. Tu sei troppo maligno: ma torniamo a noi. Il grosso della zanca appare formato da questa porzione di lago che sta tra il suo incominciare e la punta di Bellaggio, e le due estremit? sono la pi? sottile a sinistra, cio? a levante, il ramo di Lecco, ed a destra quello di Como. Quest'ultimo ramo ch'ella deve percorrere domani, presenta alla vista di chi lo viaggia una serie di circoli che si succedono, ciascuno de' quali ha un diverso aspetto, il che qui sulla carta non si scorge, essendo quell'ottico effetto prodotto dalle montagne che lo fiancheggiano, da cui apparentemente a diversi tratti ? chiuso. Il carattere per? generale di simile spazio di lago sino al principiare della Tramezzina ? piuttosto alpestre e severo. Superata questa punta di Lavedo, che ? la Gibilterra del lago, esso si presenta ridente da una sponda e dall'altra sino a Bellaggio, dove si vede in tutta la sua vastit?, cinto da monti giganteschi. La barca a vapore perviene a Domaso, d'onde si scorgono a sinistra le bocche dell'Adda, ivi ? il vero incominciamento del lago di Como, poich? quest'altro laghetto inameno e solitario posto all'estremit?, detto di Riva di Chiavenna, si pu? considerare segregato e facente parte da se. Da Domaso poi si ritorna per lo stesso cammino dopo una brevissima fermata".

"E quante ore si impiegano nel percorrere questo spazio?" disse la Contessina.

"Quattro o cinque s? nell'andata che nel ritorno, secondo la quantit? de' passeggieri, per ricevere i quali e dimetterli ne' varii luoghi d'uopo ? perdere alcun tempo, e secondo la forza e la direzione del vento".

"Cos? avremo, torn? a dire la Contessina tutta gioiosa, otto o dieci ore d'amenissimo sollazzo, di cui avr? obbligo a lei, caro don Annibale, che ha stornato mio marito dal commettere un fallo imperdonabile; ed a voi pure, Marchesino , come promotore di questa gita. Ma, or me ne avveggo, avete trascurato di darmi un suggerimento importante, e si era di portar con noi qualche libro che ne indicasse per viaggio i nomi dei paesi e delle ville del lago".

"Oh gli sono doppiamente obbligata, disse la Contessina ricevendo con piacere anche quel secondo libro, e sar? mia premura il fargliene, appena letti, immediata restituzione; ma dica, dica: questo ? una novella, una vera storia, od un romanzo?"

Il Conte, che aveva in tutto questo frattempo dormito russando tranquillamente, svegliossi di repente, balz? esagitato dal canap?, fece due o tre giri intorno a se stesso, e sarebbe andato a dar del volto in terra se non incontrava la tavola a cui affrancarsi colle mani. "Che c'?? che avete? Cosa ? avvenuto? gridarono ad una voce gli altri accorrendo.--Ohim?! ohim?! esclam? egli cogli occhi stravolti: quel maledetto battello a vapore... quella fornace, oh! che incendio!.. puh! che spavento! Per fortuna che ? stato un sogno... Ma il capo mi gira ancora, e sento un peso gravissimo allo stomaco".

"Niente, caro Conte, gli disse il Marchesino, sono le quattro o sei dozzine di quei pesciuolini che v'avete trangugiati; prendete un caff?, ed andate a letto che tutto passer? in poco d'ora".

Cos? fece di fatto, conducendosi accompagnato dalla Contessina nella stanza da letto. Il Marchesino e don Annibale, dopo aver conversato pi? a lungo, salirono essi pure nelle camere rispettivamente assegnate a riposo.

Un lauto pranzo che si protrasse in lungo, il conversare, il rimirare di nuovo tutti i punti pi? belli e rimarchevoli delle sponde, non lasciarono mai alla Contessina rinvenire un momento da dare alla lettura del manoscritto consegnatole da don Annibale, n?, ritornata che fu alla sua villa del Lambro, il che avvenne il giorno seguente di buon mattino come avea voluto il Conte, pot? ritrovar tempo da leggerlo sinch? ivi rimase il Marchesino. Partito per? che questi si fu, s'occup? di quel libro sbadatamente da prima, poscia con attenzione; e rendendolo a don Annibale, lo accert? che quella lettura le era riuscita in pi? parti interessante in modo da farle desiderare di poter gire un'altra volta sul lago di Como per visitare molti luoghi di cui teneva poetica impressione nello spirito, derivatale dalle narrazioni contenute in quel libro.

Per il che siamo venuti in pensiero di pubblicarlo, affinch? possa, chi lo vuole, ottenerne lo stesso effetto senza difficolt?, persuasi d'altronde che se quell'accertazione non avesse contenuto ombra di verit?, la qual cosa non ? impossibile, pure alcuno fra i molti che percorrono di frequente quel lago ci sapr? grado di porgergli un mezzo di pi? onde passare alcune ore d'un giorno nebuloso o di pioggia, acquistando minute notizie di fatti che avvennero in questa bella parte di Lombardia ch'ora non offre che placide e liete situazioni ad amene e ricche villeggiature, e numerose mete sulle sue ridenti sponde a sollazzevoli gite.

FALCO DELLA RUPE O LA GUERRA DI MUSSO

CAPITOLO PRIMO.

Era la notte e il mar non avea lume Quando s'incominciar l'aspre contese ................... Dalla rabbia del vento che si fende Fra i scogli e l'onde escon orribil suoni; Di spessi lampi l'aria si raccende; Risuona il ciel di spaventosi tuoni.

Veleggiando da Como verso settentrione, passata la penisola di Torno, perviensi ad un lago solitario e di selvagge sponde. Fiancheggiato a levante dagli alti monti della Valle Assina e da quelli di Val d'Intelvi a ponente, non offre al riguardante che ripide balze e annosi boschi sparsi per le loro falde e per le loro sommit?; ivi le acque nereggiano riflettendo il bruno aspetto delle vaste rupi da cui sono cinte, e pi? d'un torrente in esse si versa precipitando biancheggiante dalle nude roccie.

Sorge su quelle sponde la Terra di Nesso, di cui scorgonsi molti casolari sparsi pel declivio del monte presso l'ingresso di ampia valle, dalla quale sbocca pure un torrente che forma col? una grandiosa cascata. Ne' passati tempi tutte le abitazioni di che constava quel Borgo, stavano raccolte in un sol corpo, ed erano protette e tenute in soggezione ad un tempo da una Rocca che consisteva in una larga torre di pietre circondata da tre lati da un bastione, ed appoggiata di schiena al monte da cui s'aveva l'entrata.

All'epoca del Dominio de' Visconti e de' primi Sforza, teneva dimora in questa R?cca un Commissario Ducale con forte mano d'uomini per mantenere col? e ne' circostanti paesi i signorili diritti, esigendo i tributi e le regalie: nel tempo per? a cui si riferisce il nostro Racconto, cio? nel 1531, trovavasi dessa gi? da alcuni anni priva d'abitatori. Ne avevano da pria i Francesi sbanditi gli Sforzeschi, poscia ne erano stati essi stessi scacciati dagli Svizzeri, quando questi , condotti da Matteo Scheiner, il guerriero cardinale di Sion entrarono nel Ducato di Milano, per sostenere contro i Francesi i diritti di Massimiliano Sforza, primogenito del duca Lodovico detto il Moro, gi? morto prigioniero in Francia. Tocca non per tanto la terribile sconfitta nella famosa giornata di Marignano, ripresa Milano dai Francesi venutivi col loro re Francesco, sgombrarono gli Svizzeri il territorio ritraendosi nei baliaggi di Lugano, Locarno e Bellinzona, che erano gi? possedimenti del Ducato, e da cui non fu pi? possibile lo scacciarneli.

Da quell'anno in poi poche squadriglie di Spagnuoli, d'Alemanni ed anche di Francesi avevano, passando, fatta momentanea dimora in quella R?cca; n? ci? avveniva pi? affatto da che teneva dominio sul lago l'ardimentoso Gian Giacomo Medici castellano di Musso, le di cui bande armate approdavano di frequente a Nesso, essendo quegli abitanti loro confederati, e riuscendo per ci? troppo difficile e pericoloso ad altri militi il fermar quivi soggiorno.

Siccome il governare in quella et? non dipendeva che dalla forza delle armi, non essendo dato al duca Francesco secondo Sforza, tornato signore di Milano, il mantenere quivi un presidio, come avevano praticato i suoi maggiori, i Terrazzani di Nesso e di varii altri contadi del lago s'erano ridotti a un'assoluta indipendenza, di cui si giovavano in que' giorni di guerra onde commettere impunemente ogni sorta di depredazioni, e far scorrerie e bottino a danno de' confinanti e delle parti che battagliavano.

Tale sfrenata ribalderia degli abitanti di quella spiaggia, congiunta al pericolo di cadere nelle mani de' soldati del Castellano o de' suoi avversarii Svizzeri e Ducali, i quali trattavano con tutta la prepotenza militare chiunque s'avessero avuto in sospetto di spione, rendeva all'estremo periglioso e mal sicuro lo scorrere il lago e le rive al di l? poche miglia di Como. Il maggiore spavento per? che assalisse il cuore del pacifico navigante che arrischiava avanzarsi in quelle acque, era la fama d'un uomo che s'era fatto un nome formidabile assalendo armato le barche, depredando e spogliando i viaggianti, facendo in somma pel lago il terribile mestiero del pirata. Come avviene d'ordinario, e pi? di frequente accadeva in quell'et? d'ignoranza, in cui le menti si prestavano ad ogni falso terrore, s'erano attribuiti a costui fatti, scelleraggini e poteri affatto straordinarii e quasi soprannaturali, per cui il nome di Falco era il terrore de' remiganti che s'affidavano al tragitto senza la scorta d'una nave armata, bench? talora gli armati stessi non aveano potuto opporgli resistenza.

Era Falco l'uno degli indipendenti uomini di Nesso, intrepido, fiero e vigoroso, che la brama di vendetta d'un sanguinoso oltraggio aveva spinto ad armeggiare in molte battaglie contro gl'Imperiali. Ricacciate d'Italia le squadre di Francia, tra cui egli aveva combattuto, era tornato alla patria Terra, dove insofferente di riposo, spinto da un'indole audace, da guerresche abitudini e dall'astio che gli durava vivissimo per gli Spagnuoli e gli Svizzeri, che uniti ai Ducali mantenevano la guerra sul lago contro il Castellano di Musso, aveva trascelti alcuni robusti compagni, co' quali, armato all'usanza de' tempi, scorreva il lago corseggiando. Conoscitore espertissimo di tutti gli scogli e i seni del lido, agilissimo rematore, sfidatore ardito dei venti e delle burrasche, sapea appiattarsi per tutto e piombare improvviso sulla preda. Se coglieva soldati nemici alla spicciolata, gli assaliva sostenendo contro di loro regolari combattimenti, e fuggendo poscia se il loro numero aumentava, si conduceva a sicuro salvamento ne' porti occupati dagli uomini di Musso che avevano barche armate pronte ad azzuffarsi ad ogni scontro.

Due persone abitavano quivi di continuo, e queste si erano la moglie ed una figlia di Falco; imperocch? egli ne stava il pi? de' giorni lontano, e solo dopo lunghe corse, dopo dati e sostenuti feroci assalti, molte fiate nel cuor della notte remigava alla sua rupe, e saliva al suo abituro talora carico di preda, e talora grondante di sangue e anelante per la fatica e la foga degli sfuggiti perseguimenti. Col? deposte le armi pesanti e i pugnali, respirava in riposo; e mentre sua figlia Rina gli tergeva la fronte, e districavagli gli arruffati capelli, Orsola sua moglie disponeva un desco, non sempre frugale, a cui d'intorno assiso narrava le sue venture, sinch? vinto dal sonno posavasi tra rozze coltri, dalle quali balzava all'albeggiare, ch'era pur sempre l'ora della sua partenza.

Orsola e Rina, accostumate a quel modo di vita del loro padre e marito, vivevano tranquille, confidenti nella bravura e scaltrezza di lui, non che in una costante prosperit? di eventi che a tutti i perigli l'avevano sino allora sottratto. Era estraneo in tutto ai loro animi il rimorso e l'agitazione che avrebbe dovuto infondervi il pensiero d'essere congiunte s? strettamente di sangue ad un uomo che non s'adoperava che nell'uccidere e nel depredare: n? era a dirsi per ci? che gli animi loro fossero corrotti, o privi d'ogni senso di religiosa piet?, perch? anzi possedevano desse, ed era comune in que' tempi, una morale severit? di pensieri, un sommo rigore di costumi, che per? per l'indole fiera di quell'et? non avevano tanta forza da far sentire iniqua e scellerata la violenza delle armi.

Per tutto in allora, ed in ispecial modo in que' paesi lungo teatro di guerre, i fiacchi, i miti d'animo erano oppressi e spogliati; per ci? nasceva in ognuno tendenza a farsi forte, audace, assalitore; quindi vigeva un'operosit? di azioni e reazioni che giustificava ogni eccesso nell'uso della forza, e rendendo perpetue le zuffe e le atrocit?, facevale s? famigliari, che pi? non recavano agli spiriti quel sentimento d'orrore che producono oggigiorno per la loro infrequenza e pel raddolcimento universale de' sociali rapporti. Storie d'uccisioni, d'incendii, fatti atroci accaduti per que' monti, o sul lago, erano le sole che dall'infanzia avevano sempre risuonato all'orecchio d'Orsola e della giovinetta figlia di lei: i loro conoscenti erano stati ognora uomini truci e facinorosi che non ragionavano d'altro che di vendette e d'offese, per ci? nella mente di esse andava congiunta alla naturale sensibilit?, al buono e leale carattere proprio degli abitatori delle montagne una fiera e maschia tinta cui frammischiavansi i tetri colori di superstiziose credenze.

Gli echi delle rupi, i verdi pascoli, le limpide acque mantenevano nell'anima della giovinetta Rina la pastorale serenit? e la calma soave dei monti, ma talvolta ben anco duri pensieri, secreti ritorni sulle tante spaventose immagini di che le avevano ripiena la fantasia vi stendevano una nera nube, e tal fiata i suoi lineamenti vivacemente animati prendevano un minaccioso aspetto, ed i suoi occhi scintillanti come nere gemme s'affissavano fieramente, e tal altra, assalita da vago terrore, stringevasi al seno di sua madre prorompendo in calde lagrime. Rina toccava il sedicesimo anno; il suo corpo, senza essere esile, mostravasi agilissimo, il suo volto, di rara bellezza, aveva una leggiera impronta della fisionomia di sua madre, la quale, fresca e robusta donna ancora, appalesava nel viso irruvidito dal sole tutta l'arditezza che alla moglie d'un pirata conveniva. L'abito d'entrambe era alla montanesca: vestivano sottane l'una color verdebruno, ed era la madre, l'altra cilestre, le quali non oltrepassavano loro la caviglia del piede: avevano grembialetti e corsaletti rossi di lana, senza maniche, poich? le braccia le eran coperte dai larghi maniconi della camicia, allacciati ai polsi, fatti di ruvida ma bianchissima tela che risortiva sul petto a minutissime pieghe, ed era rafferma al cominciar del collo da un bottone d'argento. Rina teneva nelle voluminose treccie involto un nastro scarlatto che veniva ad annodarsi nel mezzo di esse, ove era trapassato da una spilla d'oro.

Presso al tramontare d'un giorno di giugno, lungo il quale la splendidezza dei raggi del sole era stata pi? volte offuscata da nuvoli vaganti, Orsola e Rina s'assisero sulla soglia del loro casolare dando mano, l'una all'altra vicina, a cucire insieme lunghe liste di telame di canape per formarne una vela. Stavano da qualche tempo intente a tal lavoro, che di tratto in tratto veniva interrotto da soffi di vento, che agitando e sollevando quella tela le costringeva ad adoperarsi a raccogliersela d'intorno, quando Rina impazientata da tali ripetuti disturbi alz? gli occhi a mirare d'onde venisse quel ventilare importuno, e vide stare sulle montagne di contro un nereggiante nugolone i cui contorni irradiati dal sole, il facevano rassembrare ad un ampio oscuro drappo frangiato in oro steso sull'azzurro del cielo.

"Guardate, o madre, disse a tal vista quella fanciulla, qual cappuccione s'? messo la montagna d'Argegno: se il sole giunge l? dietro verr? sera prima del tempo; ? da col? che viene il vento che mi distoglie la tela dall'ago".

"Ci? poco monta, rispose Orsola girando gli occhi a spiar l'orizzonte; quel che mi duole si ? che veggo prepararsi un temporale cattivo pel lago: sai che da tre notti Falco non ritorna; potrebbe forse giungere in questa se vento contrario nol rattiene a Corenno od a Musso. Questa mattina presso al ponte del torrente m'incontrai nella vecchia Imazza, la comare di Palanzo, madre di Grampo, che part? con Falco; essa recavasi a Lezzeno per sue faccende, ed era s? stravolta in viso, che mi lev? la voglia di trattenerla onde chiederle i pronostici del tempo".

"O la comare Imazza, disse Rina, v'avrebbe ben predetto il vero. Mi ha detto la figlia d'un pastore che quand'essa va su al Tivano, entra in una grotta, dove le apparisce uno spirito col quale ha fatto il patto di viver pi? vecchia d'un corvo e sapere tutto ci? che ha da succedere. Ella ritorna ogni notte a casa e la vedremo fra poco passare sul sentiero del ponte".

Il sole s'era di gi? involto nelle nubi di prospetto, il cui seno appariva solcato da lampi muti ma continui; scorgevansi pure in altre parti del cielo salire e ammonticchiarsi altre nuvole, i soffii del vento facevansi pi? frequenti, l'aria vedevasi rivestita da una luce rossiccia pallida, che manifestava che gran masse vaporose riflettevano gli ultimi raggi del sole. Mentre le due donne raccoglievano la tela, per recarsela in casa onde non essere sorprese dalla bufera, videro venire la comare Imazza con passo frettoloso sul sentiero che per l'erta del monte poco al di sopra della loro capanna guidava ad un ponticello di legno posto sul torrente, che l? presso formava la cascata. Era dessa una vecchia grinza e secca, ma vigorosa oltre ogni credere: le sue lacere vesti e i capelli canuti, ma folti e scomposti, sventolavano al vento, le sue scarne mani stringevano un ruvido ed alto bastone che soleva portare, sebbene non abbisognasse d'appoggio per vagare anche ne' passi pi? difficili dei monti.

"Comare?... Comare?..." gridarono ad una voce la madre e la figlia, facendole segnale colla destra onde scendesse a loro. "Non posso ; il torrente traboccher? fra poco, e trasporterassi il ponte: la tempesta ? vicina, vo' tornare al mio nido, non fermarmi a gracchiare con voi".

"D? almeno, replicarono le altre, il tuo Grampo verr? con te questa notte?" "Questa notte l? gi? pu? piover sangue: vi sono barche di Como, e pennacchi spagnuoli presso i sassi di Grosgallia: non ? che il vento che li pu? tener disgiunti, e... se... morti..." e le altre parole andarono perdute giungendo appena come suoni indistinti, perch? quella donna nel pronunciarle aveva valicato il torrente, e s'era gi? fatta distante: le altre due la seguivano dello sguardo mirandola allontanarsi su per le rupi con certa apprensione come di mal augurio che quegli accenti, quantunque oscuri, avevano svegliato nell'animo loro.

"Che intese dire quella strega di Palanzo? Che vi siano soldati Ducali al di l? della Cavagnola? Che vogliano tentare di cacciarsi dentro la vecchia torre di Nesso? e gli uomini del Castellano staranno neghittosi senza dar la caccia a quei lupi? Oh quanto bramerei che Falco fosse con noi questa notte! S'egli sa che i nemici ci son s? vicini, non tralascer? di ricondursi a casa, se per venirci dovesse anche urtar coi remi nelle sponde delle loro barche. Che Dio voglia soltanto ch'egli non trovi un ostacolo pi? forte nella burrasca che ho gran spavento stia per sorgere impetuosa. Vedi, Rina, che bagliore mandano i lampi per le finestre: ascolta come il vento rinforza, e il tuono mormora per entro i monti".

Rina porgeva attento orecchio, e infatti il rumoreggiare delle frondi agitate del gran castano presso l'abituro, l'infrangersi delle acque del lago a' piedi di quella rupe, il frastuono della caduta del torrente fatto or pi? cupo or pi? rumoroso, appalesavano che il vento acquistava ad ogni istante maggior veemenza. Di l? a poco, il tuono che non avea ancora che susurrato leggiermente, s'ud? trascorrere rimbombante per la volta del cielo, ed in seguito ad un lampeggiare pi? spesso e pi? vivo, a scoppii pi? clamorosi di tuono che tutto scossero quel casolare, incominci? un martellare ruinoso di grossa grandine che dava pel tetto, pei massi e le boscaglie della montagna.

"Sono certamente, o Madre, esclam? Rina a quello scroscio compresa di terrore, sono i demonii che dal monte Bisbino vanno alle caverne del Tivano, e passando presso alla cappella dell'Eremita, scagliano per rabbia le fiamme e la tempesta, strascinando le loro catene".

Orsola, che stava assorta in tristi pensieri per l'annunziata improvvisa comparsa de' nemici in que' dintorni, al che s'aggiungeva la dolorosa persuasione dell'impossibile ritorno del marito in una notte in cui il cielo s? fieramente imperversava, scossa dalle parole della figlia: "Cred'io pure, disse, che i maligni spiriti si siano scatenati sulle nostre montagne, ma sai tu perch?? Perch? vi si sono accostati coi Ducali gli Svizzeri, fra cui stanno uomini che abitano di l? dai monti coperti di neve, che hanno rinegata la fede. Oh se tutto lo strepito che c'? nell'aria fosse fatto dai diavoli che se li portano e li affogano ad uno ad uno, m'accontenterei vedere il lago in burrasca e star qui sola con te sino all'ingiallire delle foglie. Io spero intanto che Falco co' suoi compagni, per l'aiuto de' morti e del Santo Crocifisso, si sar? posto in salvo, giacch? gli amici di Musso gli accolgono sempre con gran festa, e se non fosse col?, egli conosce per qualunque sponda uno scoglio dietro cui l'onda non pu? flagellare la barca. Ma odi come la tempesta va continuando furiosa e fa traballare il nostro tetto. Che la santa Vergine di Nobiallo abbia piet? di noi! preghiamola di cuore, ed abbruciamo la grandine sulla fiamma benedetta onde le potenze dell'inferno non ci possano offendere". Cos? dicendo s'era accostata al focolare che stava nel mezzo di quella stanza, e levatone dalle ceneri un tizzone ardente destovvi col soffio la fiamma, con cui accese una lucernetta di ferro e con questa recossi nella seconda camera terrena di che constava quel casolare: col? stacc? alcuni ramoscelli di lauro e d'ulivo che stavano appesi al capezzale del suo letto, e li riport? nella prima. Rina aveva frattanto, schiudendo la porta, raccolta una manata di grandine; Orsola ne trascelse i tre grani pi? grossi, ed ammucchiando sul pavimento presso la porta stessa i ramoscelli quivi recati, vi sovrappose i tre grani, indi vi diede fuoco. Mentre i rami crepitavano accendendosi spandendo gran fumo, a cagione della grandine che si liquefaceva, s'inginocchiarono ambedue d'intorno e si diedero a recitare fervorose preci, le quali nella mente di Orsola in ispecial modo erano dirette ad invocare salvezza e ritorno del marito, danno e rovina ai soldati nemici, e nel tempo stesso la propria sicurezza, alla quale per? s'avea gran fiducia cooperasse potentemente il denso fumo che dal lauro e dall'ulivo che ardevano s'andava spandendo.

Al terminare della loro preghiera, quando i ramoscelli furono consunti, il rumore del tuono erasi dileguato, cessato il grandinare, e tornato calmo il soffiar del vento. Esse si rialzarono fatte tranquille, e s'assisero presso una rozza tavola, la madre prendendo la conocchia e la figlia ritornando al lavoro dell'ago nella vela; tenendo ragionamenti che non aveano per iscopo che la tempesta, i soldati di Como e il ritorno di Falco.

Erano da alcun tempo cos? al discorrere ed al lavorare pacatamente occupate, quando il vento ricominci? ad incalzare con violenza, le folgori a splendere e il tuono a rimbombare rumoroso. Esse abbandonarono le loro opere tratte in agitazione da quel nuovo eccitarsi della bufera, e stavano in grande attenzione, quando fra l'uno e l'altro scoppio di tuono giunse al loro orecchio un suono di voci gridanti sul lago. Rina era per parlare; ma Orsola, fatta immobile ad ascoltare, le accenn? colla mano tacesse, e s'ud? in quel mentre un colpo d'archibugio, il cui rumore, che veniva dalla parte istessa delle voci, rimbomb? pei monti e fu coperto dallo strepito del tuono.

"Che stia Falco in periglio? esclam? Orsola con crescente agitamento. Che abbia con quello sparo chiamato soccorso alle barche di Nesso? Accendi una facella, o Rina, ed esci meco, ch? se ? desso, ora che si trova in queste acque potr? vederne dall'alto il lume e averne una guida". Rina accese una face, ch'era un fascetto d'arbusti resinosi legati insieme, di cui i montanari si servono a modo di torchia, e segu? la madre che, spalancata la porta, s'era appostata sull'orlo del piano che stava innanzi a quell'abituro da cui la rupe calava a picco nel lago. Il vento soffiava loro di contro impetuosissimo e respingeva la fiamma della facella attenuandone il lume; innanzi ad esse erano foltissime le tenebre, nero il cielo, e tutto nero alla vista. S'udiva il vento fischiare pei cavi del monte, le onde infrangersi fragorosamente sulle rive sassose, e il torrente precipitarsi con maggior fracasso. Il folgorare e il tuonare stettero sospesi per alcuni istanti, nei quali tornarono all'orecchio d'Orsola e Rina suoni di voci gridanti e colpi d'archibugi, di cui scorsero il fuoco dirigersi da opposte ma vicine parti.

Stavano entrambe incerte, trepidanti, forzandosi invano in quella oscurit? di penetrare che si fosse, quando balen? un lampo s? lungo abbagliante, che illumin? all'improvviso d'un vivissimo chiarore tutto lo spazio compreso in quelle montagne, presentando rapidamente alla vista gli strepitanti cavalloni del lago orlati di bianchissima schiuma, e l'ondeggiar su di essi di due barche zeppe di gente, l'una poco dall'altra discosta. Segu? tal lampo uno scoppio assordante di tuono, che dest? tutti gli echi dei monti; si fece il tenebrore pi? profondo, e rovesciossi una pioggia densissima con uno scroscio infinito. Spentasi la fiaccola nelle mani di Rina, furono costrette quelle donne a ritornare nel casolare onde sottrarsi al ruinoso diluviare. Dur? pi? d'un'ora a scendere dirottissima l'acqua che, spinta dal vento, batteva contro le imposte, poscia a poco a poco and? diminuendo, sinch?, cessato il vento, altro non s'ascolt? che il gocciolare lento della pioggia dai rami del castagno sulle pietre del tetto.

Le due donne, ch'eran rimase sommamente maravigliate dalla quasi magica vista di quelle due barche battaglianti sul lago nel massimo infuriare della procella, percorrevano colla fantasia tutte le possibili cause che potevano averle col? condotte a tal combattimento; in quanto alle persone, non credevano ingannarsi supponendo gli uni soldati Ducali, gli altri di Musso: ma nessuna delle tante supposizioni che andavano facendo, le soddisfaceva pienamente, per cui pensarono prender riposo onde recarsi il mattino per tempissimo a raccogliere le notizie alle Terre vicine.

Aveva gi? Rina rifrancato il chiavistello, e s'era Orsola avviata nella stanza de' loro letti, quando si fece udire un acuto suono di corno da pastore.

"? Falco, ? Falco : riprendi, o Rina, la facella, corri ad incontrarlo: a qual periglio s'? desso esposto questa notte per ritornare! Oh quanto gli sta a cuore la sua casa! Egli scopr? che i Ducali erano a Lezzeno, e n? vento, n? tempesta, n? barche nemiche poterono tenerlo lontano dalla sua rupe. Scendi, Rina, agita la facella; egli ? gi? sul sentiero".

Il suono era stato intanto ripetuto; Rina, uscita dal casolare, calossi frettolosamente pel sentiero appena segnato e ripido che scendeva fra i massi. Discesa due terzi di quella via, arrestossi, presa da subito sospetto, ascoltando voci di persone straniere che salivano: gi? stava per retrocedere precipitosamente quando le venne all'orecchio l'aspra e sonora voce del padre che si diede a gridare: "Coraggio, coraggio: discende un lume dalla mia casa; or siamo in porto: questa strada ? un po' malagevole, a dir vero, per chi non la conosce, ma in due tratti giungiamo al piano. Ecco mia figlia che rischiarer? i nostri passi; saliamo senza timore; sto dietro io per far sostegno. Cala, Rina, e porgi lume, ch? vi son meco persone che non hanno il tuo piede di camoscia per correre sui greppi".

Rina a queste parole fatta sicura, balzando in gi? pi? ratta, venne ad incontrarsi in una magra e pallida figura d'uomo coperto da un abito nero, che saliva a stento aggrappandosi agli sterpi ed ai sassi; a tergo a costui venivane un altro di giovanile presenza, assai pi? spedito; e dietro a loro saliva Falco ritto sulla persona e franco quasi camminasse per piana via. Portava desso colla sinistra mano il suo lungo e grosso moschetto, e teneva libera la destra per farne puntello, all'occorrenza, a que' due che il precedevano: aveva la parte superiore della persona involta in una grossolana schiavina, sotto cui apparivano infissi in una rossa cintura, che il serrava al petto, due stili con impugnatura di ferro; pendevagli dal collo appeso ad una catenella il corno d'ottone ricurvo; i suoi capelli stavano raccolti in una fitta rete di corda, ad ogni maglia della quale andava inserta una stelletta d'acciaio che formavagli una specie di celata che si poteva agevolmente ricoprire col cappuccio della schiavina, o con altro berretto.

La persona in abito nero, che veniva innanzi agli altri, veduta Rina, sost? un istante a riprender fiato, ed alzando la faccia, con voce rauca ed affannata per la salita, esclam?: "Siano grazie a Santa Maria della Scala, che v'ha inviata col lume, brava figliuola, altrimenti in questa notte indiavolata per me era finita; non mi sarei mai pi? recato a salvamento". E prosegu? tra s? e s? arrampicandosi di nuovo. "Uscire dalle unghie de' soldati, e dal lago in tempesta, per cacciarsi all'oscuro su questi sassi dritti come muraglie, per chi non ha mai fatto in vita sua il mestiere di scalare le fortezze e le case, ? proprio un cadere dalla padella nelle bragie: e v'ha per di pi? un maladetto fracasso come di voragine vicina a cui andiamo appressandosi, nella quale mi pare di dover cadere da un momento all'altro. Chi sa che razza di paesi son questi! Oh benedetta la mia Milano! se vi potessi tornare...".

"Badate, grid? Falco, non scivolare al voltare dello scoglio: il passaggio ? ristretto, n? mi concede darvi mano; se vi mancano i piedi, cadete a piombo nel torrente".

Tale annunzio produsse in volto a quel primo una strana contorsione di paura; ma mirando Rina montarvi lesta, tenendo all'indietro rivolta la facella onde allumargli la via, si fece pi? ardito, e con passi meno dubbiosi oltrepass? quello scoglio e pervenne al casolare.

Add to tbrJar First Page Next Page Prev Page

 

Back to top