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Read Ebook: Ricordanze by Rapisardi Mario

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Ebook has 432 lines and 33620 words, and 9 pages

RICORDANZE

VERSI

MARIO RAPISARDI

PISA TIPOGRAFIA FRATELLI NISTRI 1872.

DEDICA

Pallidi fiori e ciocche di capelli Stretti in corone e in lievi nastri avvolti, Cari ricordi dei miei d? pi? belli, Io vo' guardarvi, io vo' baciarvi ancor! Dai chiusi fogli ove voi siete accolti Un'eterea fragranza si diffonde, Ed ogni ciocca a un palpito risponde, E un affetto gentil chiude ogni fior.

Ahi! di tanti sospir, d'ebbrezze tante Che f?r de l'alma mia parte s? viva, Di tante fibre del mio core infrante, Fuor di questi ricordi altro io non ho? Cari pegni d'amor, se avvien ch'io scriva, Ch'io pensi o canti, ch'io sorrida o gema, Sento che nel mio cor qualcosa trema, Arde qualcosa che morir non pu?.

Siccome onda di rio querulo e lasso, Sento ch'io corro, e dove corra, ignoro; Ma sovra al capo mio, mentre ch'io passo. Qualche foglia di fior gitta l'april. Gitta april qualche foglia, o mirto o alloro, O rosa o giglio al capo mio d'intorno, E a sognar tosto e a vaneggiar ritorno, E un caro ad invocar nome gentil.

PARTE PRIMA.

PARTENZA.

Tu parti, ed io vorrei Essere un'aura lieve Ed al?arti intorno. Quanti profumi ha il rinascente giorno A te, dolce fanciulla, io recherei; Quanti tepori ha il maggio De la materna sponda Ti recherei su l'onda A far pi? mite il verno al tuo v?aggio.

Allor che attinto il dis?ato lare, Ti ridurrai ne la gelosa stanza A r?andar le care Tue gioie di fanciulla E la dorata culla E gli amplessi materni e la speranza Che fida il cor t'inonda, Rondine vagabonda Io diventar vorrei, E sotto a la tua gronda Il nido appenderei.

Quando ne le tacenti Rigide notti un timoroso affetto, Come a trepida lampa aura che fugge, Ad agitar ti vien l'anima in petto, E tutta p?urosa Ne le custodi coltrici ti stringi, E al vigile pensier schermo non trovi, Io sonno esser vorrei: Come farfalla in giglio Io l'ala poserei Sovra il tuo roseo ciglio.

Auretta vagabonda, Potrei baciarti almen la chioma bionda; Rondine, al primo albore Sul tuo balcon pispiglierei d'amore; Sonno, te almen potrei Stringer co' lacci miei.

A TE SOLA.

Te, se fra gli splendori Del circo e il molle plauso Degli armonici cori Volgi, o fra le vertigini De l'incitata danza E le dolci vigilie E il tepor de le feste e l'esultanza.

Te fra l'elette e belle, Che i tuoi fianchi incoronano Gareggianti donzelle, Come sugli astri il tremulo Espro o su' fior la rosa, Te di tutte vaghissima Lieta la mia saluta arpa amorosa.

Ed esaltar vorr?a Il lieve fronte e il mobile Guardo e la melodia D'ogni movenza e l'ebano De le fl?enti anella E il sorriso ineffabile E la mestizia che ti fa pi? bella.

Ma dentro al cor s'intrica La nota, e a l'alma estatica Non corrisponde amica; Ch? fra' procaci e indocili Labbri e l'insano ardore Dei guardi altrui le armoniche Fila son mute, e sta confuso amore.

Ma se a l'ostel fiorito Riedi e al natio silenzio Del tuo balcon romito, Come da pinto calice Volano olezzi a mille, Varie da l'alma scoppiano Irrequ?ete armoniche faville.

E tu allor mi consenti Un tuo sorriso a' timidi Del cor veleggiamenti; Dammi un tuo guardo, un'aura De l'amor tuo mi dona, Dammi un sol raggio etereo, Dammi un sol fiore de la tua corona.

Ch'io men vo' fare un serto. Io men vo' fare un'?asi Che allieti il mio deserto; Men vo' tesser lievissimo D'auree fantasme un velo, E un avvenire e un gaudio E un altro mondo che si perda in cielo.

IL MANDORLO.

E tu mettesti i fiori, mandorlo precoce, E tutta intorno la campagna odori. Qual giovinetto che ascolti la voce Di fanciulla che l'ami, Cos?, fido a' richiami De l'amica stagion che s'avvicina, Tu di candidi fior vesti i tuoi rami.

Sott'esso a la pru?na Lenta, vedova ancor geme la valle, N? sorride, per quanto occhio si stende Sotto al raggio del sol, fronda n? fiore. Tu sol, tu primo il calle De le deserte mie montagne allieti; Come a core dolente, A cui sorrida breve tratto amore, Cos? per lo squallore Dei circostanti campi, Al profumo innocente Che tu commetti a l'aura dis?osa. Una dolcezza ascosa Del passegger ne l'anima discende.

Quand'io movo pensoso Sotto il peso dei miei lunghi dolori A ricercar nei fiori Questa mia giovinezza che mi fugge, E l'anima si strugge A ripensar le inquiete e senza arrivo Agonie de la mia bruna giornata, E la mente affannata Nel sereno del ciel cerca riposo E nel sorriso di natura Iddio, Se la mite fragranza ed il festivo Biancheggiar di tue cime a te mi volge, O mandorlo innocente, Solitario e piangente Al tuo piede m'assido, E a quella solitudine fedele, Ov'? Dio che m'ascolta, il pianto affido.

Ah! tu i fiori rimetti, O mandorlo precoce, E primavera affretti! Io come te solea, Impaz?ente de la tarda bruma Accender l'amoroso estro veloce, E i canti precorrea Degli augelli felici, e di speranza Vestivo il core giovinetto e il fronte, Pria che di fiori si vestisse il monte.

Or mi ritorna invano Primavera, e su me vano s'accende Questo sole d'amore e questo cielo; Ch? derelitto a stento Porto di questo ingombro egro il fardello, Cui nullo in terra a sostener m'ajuta, E desolato il lento Fianco trascino e di soffrir son stanco. Deh! chi l'ardor mi rende Dei miei vent'anni e la speranza e i sogni? Dio mio, Dio mio, pi? mai Dunque per me non torner? l'aprile? Dunque di questa giovinezza al fiore Pi? rugiade dal ciel non manderai, N? pi? bella e gioconda Verr? salute a rifiorirmi il core? Dio mio, tu che ridoni La fronda ai campi ed agli uccelli il canto, A questo inverno mio Altro conforto non darai che il pianto? Ahi! se cos? pur sempre Contar dovr? ne l'amarezza i giorni, Donami almen, mio Dio, Virt?, che su quest'onda Tempestosa che io corro, Mai la tua luce al guardo mio s'asconda!

A MARIA

Se ancor ti suona cara La rimembranza de l'et? fuggita, Se ancor dolce ti suona il nome mio, O fanciulla romita, Un pensieroso fior pongo su l'ara Di quella illus?on prima che fugge: Me lo porgeva Iddio!

E tu solinga e muta, Ne l'ora del crepuscolo fuggente, Deh! vi posa lo sguardo e pensa e prega. Pensierosa fanciulla, La mia vita ? deserta, e i sogni miei Spariscono nel nulla! N? v'? pallido fiore, Che m'odori la via, Dove come fantasima trapasso Con le memorie e con la croce mia, N? su l'aride arene un'orma lasso.

Tu pensa e prega! Pi? tu non udrai Del vespro ne la muta ora pensosa, O de la luna a' rai, Lontano per l'azzurro aere, gemente La mia nota solinga, ultimo e solo Conforto di mia vita! O fanciulla romita, Tu pensa e prega; quel conforto ancora M'? tolto, e su l'aurora!

Tu pensa e prega! Oh! se ne' lievi aprili De la tua vita il pallido ricordo Di quell'ora innocente, Con cui tutte van?r le mie speranze, Qual solitario fiore Al cor ti mander? le sue fragranze, O fanciulla pensosa, Non negarmi, sollievo ultimo a' mesti, Non negarmi, il tuo pianto!

Ch? se de' miei sospiri Uno avr? l'ala da levarsi a Dio, Io pregher? che di perpetue aurore Ridan le plaghe che il tuo cor v?aggia, Io pregher? che un'iri Di speranze incoroni il tuo sentiero, Io pregher? che d'ogni stilla amara Che versa il ciglio mio, Spunti una rosa che t'adombri il vero!

A GENTILE OPERAIA.

Al sottil refe intenta, Passi, ingegnosa giovinetta, i giorni De la tua nova vita, N? april coi fior t'invita, N? il brumoso dicembre ti sgomenta; Pari ad industre formichetta, a cui Da l'ardente stagion non vien paura, E provvida e contenta De l'avvenir si cura.

Assisa al limitare Del polito tugurio, a cui giammai Non volse aurea fortuna i passi infidi, Canti, lavori e ridi, E tua bellezza e il mondo e altrui non sai. Io, quando al tuo pudico Sguardo, lo sguardo mio pensoso intendo, A te mi volgo e dico: Tienti, fanciulla, i giorni Di tua contenta poverezza onesta, Tienti l'ago veloce e il fil sottile, Tienti il povero sajo e la modesta Casa, ov'han pace ed innocenza albergo! Ch? ben provvide il ciel, s'altro tesoro, Fuor che di gemme e d'oro, Non diede a cui felici il volgo appella, E la soave e bella Serenit? del cor diede al lavoro.

A me, pi? che le folte D'eletta giovent? sale festanti, Ove sacre al piacere ardon le danze, Cara ? la pace del tuo tetto um?le; Pi? che tazze spumanti Di splendidi banchetti M'? dolce il pan che su povero desco Divide in sulla sera Il pio lavoratore ai figlioletti; Pi? che beltade altera Di cocchi aurati e d'opulente vesti, M'? sacra al cor l'intera Labor?osa tua vita gentile; Pi? che gemma orgogliosa Amo l'ingenua rosa. Al par di te son'io Operaio, o fanciulla; a me le fila De l'inconcussa cetra, Come a te l'ago e il fil, permise Iddio. Sovr'essa io l'ingegnosa Tela distendo degli affetti miei, E il sottile dei carmi arduo lavoro A le sue corde affido. Ma come l'onda che si rompe al lido, S'agita nel mio cor l'anima inquieta, Ch? di serena e lieta Tranquillit? non diemmi il ciel tesoro, E fo molle di pianto il mio lavoro. O gentile operaia, a te di lunghe Albe si vesta il cielo, E a lunga giovinezza Iddio ti serbi! Negl'ignorati, acerbi Casi, onde afflitta ? ognor la vita mia, Te chiamer? soventi Ad allegrar miei solitari giorni; N? di pallido volto o di languenti Occhi, o di pi? leggero A' vorticosi balli Te loder?, ma d'almo e di sincero Volto e di core allegro, D'umile stato e di solerzia onesta, Onde la madre e il genitor cadenti Paga di tue modeste opre sostenti.

ADDIO.

Addio, placidi campi, Asil nel mio dolore; Dove che il passo io stampi, La vostra cara immagine Mi porter? nel core. A l'aere suo ridente Torna co 'l maggio il pellegrino uccel; Ritorno anch'io, bench? solo e dolente, Al dolce riso del mio patrio ciel. Addio, bruna e secreta Valle ove il sol si perde, Ove tranquilla e cheta Spiccia dal masso, e mormora L'onda fra 'l tuo bel verde; A l'ombra tua serena Stanco s'asside il povero pastor, E al noto suon de la silvestre avena Pasce la greggia, e posa il cacciator. Valli ridenti e clivi, Floridi colli, addio, Ove d'argentei ulivi File ondeggianti al zefiro Ombreggiano il pendio; Io vi saluto, o care Piagge, confine del fiorito pian; Crespo da l'aure vi careggia il mare, Il mar natio che ? sospirato invan. Da le selvose vette, Dal piano e da le valli Venite, o forosette, La provvida vendemmia A festeggiar co' balli; Danziam, colmiamo i nappi, Orniam le chiome d'ellera e di fior; Al dolce odor degli spremuti grappi Men triste il vostro addio suoni al mio cor. Addio; qual foglia al vento, Come alc?on su lago, Va l'infedel contento, E dietro a lui dileguasi Ogni pi? cara immago. Addio; l'ape smarrita Cerca tra' fiori il timo e il gelsomin; Io fra voi cerco la gentil mia Ghita, Ghita, che bruni ha gli occhi e nero il crin. Ah! qui non ?! Dai cheti Colmi di sua casetta Fuggiro i giorni lieti, Qual lieto stuol di tortori Da la montana vetta. Su la finestra bruna Venne a posarsi, ingrato ospite, il duol; Siede al suo capezzal la ria Fortuna E giace a canto a lei sotto a un lenzuol. O poveretta, or dove, Ditelo, or dove ? ita? Corre co 'l verno altrove, E va piangendo a l'aure La rondine romita. Forse ella pur solinga Cerca sott'altro ciel pane ed asil, Forse in cerca di fiori ella raminga, Ma pi? per lei non fiorir? l'april. O nugoletta bianca, Che vai pe 'l ciel turchino, Se mai soletta e stanca L'incontrerai fra' triboli Del suo lungo cammino, O nugoletta lieve, Sovra il capo di lei rattieni il vol; Ch? quella fronte candida qual neve Non tocchi e offenda nel meriggio il sol. O tiepide e leggiere Aure di fior nutrici, Se a quelle trecce nere Non val recar le splendide Corone dei felici, Deh! le recate almeno Un semprevivo che non pu? morir, Le susurrate, aure pietose, in seno La speranza del cielo e il mio sospir.

UNICA MEA!

Sovra un bocci?l di rosa Vidi un'aurea farfalla in su 'l mattino Posar l'ala amorosa, Libando i primi e pi? soavi odori; Poi su mill'altri fiori Del tacito giardino Al?ando cogliea La dolce stilla iblea.

Farfalla, le diss'io, Su cento fiori al d? tu posi il volo, Ma su la terra ? solo Il fior de l'amor mio!

Una raminga stella Apparir vidi al pallido occidente, E tremolante e bella Spargea di raggi nostra ombra terrena; Poi, come pria serena, Volgea tacitamente A illuminar lontane Sfere, al nostr'occhio arcane.

O stella, le diss'io, Tu splendi in mille sfere, e volgi al polo, Ma splende per me solo La stella del cor mio!

Per la campagna aprica Vidi un colombo candido e pietoso Con la sua dolce amica Gioir la pi? ridente ora del giorno. A lor fec'io ritorno Co 'l verno tempestoso, E morti in un amplesso Eran nel nido istesso.

Colombo, io dissi allora, Una ? come la tua chi m'innamora, E come te vogl'io Morir con l'amor mio!

A FANCIULLA INFERMA.

Sotto a la bianca coltrice Del tuo polito letticiuol ti vidi, sofferente giovinetta, e quanta Piet? mi vinse da quell'ora il petto Del tuo stato infelice, Mortal labbro non dice. Era il tramonto E pe 'l cheto villaggio Incoronato del novello aprile, Spargean l'imbalsamata aura gli aranci. Cinte di fior la testa Reddian le allegre villanelle a schiere Da la vicina festa, Ricordando il furtivo Guardo d'amore e il tenero saluto E lo splendor de' ceri e degli arredi De la parata pieve E il patetico accento Del pio predicatore. In abito festivo Torna anch'esso l'assiduo zappatore, A cui non lieve ingombro ? per la via L'insolito calzare; Su la tarda asinella Sen va cheto e satollo il buon pievano, Mentre scalzo ed ansante Da presso il siegue il suo fedel garzone, Con la verga pungente e con la voce L'asin sollecitando al suo padrone.

In quell'ora di festa al tuo romito Casolare venn'io: dolce ai soffrenti Dei soffrenti ? il ritrovo. Al limitare Corsemi incontro il povero mastino Adulandomi intorno E ai piedi miei sdraiandosi supino. Deserto era il cortile, E su l'incolta ajuola, Gi? dolce cura di tua man gentile, Morian le frondi e i fiori; Solo su l'infrequente uscio, ondeggiando Al dolcissimo orezzo vespertino, Qualche pallido fior piovea da' rami Il lento gelsomino. Pensosa e taciturna Al tuo vegliato capezzal sedea L'addolorata madre, Spesso volgendo il ciglio A una pietosa immagin di Maria, Che ha tra le braccia il figlio. Lesta intorno venia L'affettuosa tua sorella intesa Ai pietosi servigi; in su la porta Siede il buon genitore e sottovoce Ripiglia il fratellino, Che corre dietro all'infedel micino.

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