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Read Ebook: Ugo: Scene del secolo X by Bazzero Ambrogio

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Ebook has 841 lines and 37263 words, and 17 pages

We thank the "Biblioteca Sormani" di Milano that has provided the images.

AMBROGIO BAZZERO

UGO

SCENE DEL SECOLO X

PARTE PRIMA

MILANO

ALLA MIA PRIMA AMARISSIMA DELUSIONE

"Avvicinandosi il giorno di Pasqua di Resurrezione, ed il nostro illustre signore desiderando partecipare coi vassalli dell'inclita signor?a la grazia, il gaudio, la letizia avuta e concessa dall'onnipotente Signore Iddio, in questo d? per la solennit? di messer Jes? Salvatore, ha deliberato ed ordinato di ricevere l'omaggio dalli gentiluomini predetti. Si gridano i nomi delli cavalieri:

Il che per la presente ordinazione e mandamento di Sua Celsitudine si fa manifesto, a gaudio e consolazione e per speciale partecipazione, come ? predetto, dell'allegrezza e festivit?, a laude e gloria dell'altissimo Iddio e del nostro glorioso patrono e della celeste curia in eterno trionfante.

Guidello, finita la lettura, prese la pergamena, colla sua funicella rossa la assicur? spiegata al bastoncino d'araldo e la lev? sopra la testa, osservando:--Io dico. Se vi ? qualcuno, il quale tacci di mislealt? i miei occhi nel leggere, la mia lingua nel parlare, la mia intenzione volta a vilipendio di messer Domineddio, del nostro avvocato santissimo, della giustizia degli uomini, quello si faccia avanti, e purch? sia tale che porti o possa portare speroni d'oro o d'argento, alla presenza di un chierico che conosca l'arte della lettura, comprovi quanto dica.

Ai piedi della scalea della chiesa, intorno a Guidello, v'erano quattro cavalieri cogli scudieri. Ma nessuno parl?.

Per cui l'araldo:--Messeri, allora dichiaro.

Fu recitata l'avemaria, e tutti risposero ad alta voce.

Guidello si chin?, dicendo:--Tromba di rame--perch? raccolse poche monete: acconci? il cordone con un nodo alla militare, in guisa che gli si attraversasse alla schiena la tromba e il drappo sventolasse come un mantelletto, tolse la pergamena dal bastone, la fece a rotolo, e la consegn? al chierico.

Questi interrog?:--Guidello?

L'araldo rispose:--Non si guadagna nemmeno il fiato.

I nostri due procedevano silenziosi, e, bench? sotto la protezione del loro signore, pure affrettavano il passo e sulla punta dei piedi.

E l'uno calava il cappuccetto sulla testa tonsurata e nascondeva la pergamena sotto la tonaca, e l'altro storceva una mano all'indietro ad assicurarsi che la tromba non percuotesse coll'elsa della spada o col pugnale: e quegli guardava sospettoso le pieghe del drappo ventilante dallo strumento del compagno, come se da quelle dovesse uscirgli il malanno: e questi imprecava il calzolaio che aveva fatto pel chierico scarpe cos? disacconce per suolo sospettato.

--Verissimo, Guidello.

--E sapete: tra voi che avete appreso l'arte della lettura e me che la professo a obbedienza del nostro padrone, lasciando da parte la cavaller?a, e discorrendo della tascuccia che ogni cristiano ha allato se deve camparla, tra noi si ? spartito un bel mucchietto.

--E di quelli d'argento.

--Cos? si d? e si riceve a gloria di messere Domineddio; e cos? si fa differenza tra il vento che buffa alla foresta e il fiato dei battezzati.

--Verissimo, Guidello.

--Mi diceva il padre mio, il valente Guidaccio....

--A cui Dio conceda la verace gloria!

--A fianco del cavaliero Brunone, lo dicevano della stirpe di Tubalcain.

--Santa Maria!

--Tromba d'argento.

--Messere, no: lo strumento suonasse come quelli, dicono, del d? del finimondo.

--E le mura di quella r?cca fossero come quelle di Jerico, per virt? soprannaturale, che noi possiamo chiedere colla preghiera.

--Cos? fosse!

--L'altro dubit?, e riprese:--Ed io avrei voluto che la pergamena parlasse come la condanna che appiccammo alla porta di Lamberto, il ribello a messere il vescovo di Saluzzo. Vi ricordate?

--Voi non ci eravate.

--C'era Gausprando; ma so. A Gambazza sulla destra del Po.

--Se lo conobbi, quel valente Guidaccio!

--E Guidaccio anche lui suon? su quella scalea di Ugo, quando c'era ancora, pi? arcigno di questi, il suo padre Oldrado, che fu quello, sapete, il quale aizz? i suoi servi contro l'araldo che bandiva le giornate d'armi, s? che quelli a vespero spalancarono usci e finestre, e mostrarono scuri da boscaiuoli fra certe manacce rabbiose!

--Rammentate la storia di Guidinga.

--Gesummaria!

Tacquero, perch? vicino era il castello del loro signore, e quel discorso, spiato o frainteso, poteva far scricchiolare alla sera istessa i cavalletti di tortura.

I due, alla parola del saluzzese che era di guardia, risposero come il motto d'ordine portava quel d?: entrarono, salirono una scala, e, trovato in capo a un corritoio un paggetto, il quale sonnecchiava su un archipanco, Guidello domand?:--Filippuccio, ne attende il nostro signore?

Il fanciullo, come se d'intorno agli occhi si togliesse le ragnatele, affaccendandosi colle manine, rispose:--Io non credevo che foste per ritornare dalla guerra s? tosto.... Ero lontano assai, sulle ginocchia della madre mia... l? gi?.... Ah siete? Il sonno coglie, e si va, si va.... Chiedete?

--Ne attende messere Adalberto, e dove?

--S?, Guidello araldo, e voi, maestro: nella sala della torre.--E li precedette nel corritoio fino in fondo, s'arrest? a destra, alz? un usciale, e disse:--Sono tornati: a vostra obbedienza, messere.

Al comando:--Siano messi dentro e vattene, Filippuccio--i tre atteggiarono la persona alle linee marcatissime della loro professione: l'araldo si drizz? dignitoso, come se gridasse un bando, l'altro si pieg?, come se sfogliasse un messale nella cappella, il paggetto si storse, sollevando l'usciale con sforzo per verit? degno di compassione. Entrarono.

La sala era triste: e, a dire quello che si poteva scorgere alla poca luce delle tozze finestre, presentava le muraglie saldissime e nude: solo ornamento una statuina di un beato protettore con lancia e pastorale, male allogata in una nicchia che pareva una balestriera; e, sotto quella, due drappi, tutti a polvere e sudiciume, forse due stendardi, forse due coltri mortuarie: v'erano dei seggioloni a masse d'ombre cos? nere da far richiamare alla fantas?a il frate bianco che sopra vi stesse nel coro, e un macchinoso tavolaccio, adatto a sostenere quello che sosteneva, la potentissima persona di un cavaliero.

Il cavaliere, divenuto signore, sent? tutta la potenza del suo volere e s'ingagliard? tristamente ne' suoi disegni d'impero e di conquisto. Si trov? forte per un vastissimo patrimonio. Dal suo castello, sui monti di Saluzzo, poteva fino alle cime di Monviso spingere i segugi, inseguendo camozzi su terreni suoi: da oriente a Po se sorgevano torri di cavalieri, stavano a condizione di ubbidienza a lui; alzavano i pennoni degli avi a seconda della investitura dei feudi, a patto fastoso dell'omaggio, e a patto pi? valido di bei mucchi d'oro e di giornate d'armi. Su quello adunque che c'era non so chi osasse scuotere una lancia adorna di una banderuola di ribellione: a quei tempi le idee manco sottomesse di un valentuomo si pagavano a slogature di membra, a flagellazioni da ebrei, a carezze d'aguzzino: e dico poco; lascio le scuri, le forche, e i quattro cavalli per gli squartamenti.

Messer Adalberto fece atto da padrone, riconfermando i feudi e ricevendo con bieca superbia l'omaggio. Se non che, siccome da desiderio nasce cupidigia, comandare su quello che si ha ? molto, poter comandare su quello che si vorrebbe avere ? moltissimo: il cavaliero guard? le armi del padre sepolto, e disse:--Quello scudo egli adoper? quando mosse al castello di Baldo. Quel petto ebbe le falde smagliate dalla lancia di Aginaldo. Su questa sella messere pass? vittorioso sui ponti dei nemici!

Guard? le sue armi: lucentissime nei giuochi di guerra e nel giorno della festa, quelle non erano da cavaliero: buone solo per chi avesse speroni d'argento. L'armatura che si sogna nelle cupide veglie dell'ambizione ? quella ammaccata, schiodata, fatta nera dalla pece e dagli olii bollenti, quella che si sveste la sera dopo il combattimento furioso, esclamando:--Datela da riassettare alle mani del vinto!

Duri erano i tempi; e cos? avvenne di Adalberto, come di tutti. Ho detto: indole ruvida e attesa impaziente. Comandava: e, per vero dire, nessuna differenza metteva tra il ringhiare a un soggetto signore:--Messere, mi obbedirete!--e al suo cavallo:--Torci a diritta.--Sorrise alla sua spada:--Se vuoi fodero, cercala alla pelle di un mio nemico.--Acquet? gli scrupoli di suo fratello monaco:--Pensateci: voglio la mia eterna salvazione: pregate o vi faccio baciare una medaglia arroventata.--Voleva comandare: e sapeva che c'era una r?cca da cui non poteva passare, se non guardandosi alle terga, e nel fossato della quale giacevano con poco convenevole sepoltura, insaccati nelle ferraglie rose dal tempo, gli avanzi di un suo avo Adalberto, il quale v'era andato a conquisto e non a morte da stoccate traditore. Sapeva che c'era un altro castello in cui gemeva una donna! Per Adalberto non era amore, era furore!

Adalberto, prima che l'astrologo fosse a met? della noiosa chiaccherata, sbuffando, fece trarre le torri di legno e le macchine guerresche, i trabuchi, le manganelle, le petriere; si pose a capo dei cavalieri, e colla somma ragione del pi? forte e del pi? ladro, mosse al castello d'Ildebrandino. Mand? Guidaccio con quaranta lance al cavaliero, dicendo: messer Adalberto l'aspettava per la prossima Pasqua di Resurrezione all'omaggio: da cavaliero non mancasse: era istituito vassallo col guanto da volare gli astori, con molto onore, con giuramento.

Il presidio della r?cca era inferiore assai alla scorta dell'araldo: per il che messere Ildebrandino, sporgendo il capo tra un merlo e l'altro a guardar gi?, dovette dirsi:--Sono spacciato!--e tanto dovette mordersi le labbra a sangue, che fosse l? l? per scagliare, a vece di risposta, il trombetto a gambe levate: pure pens? alla ruina di Lamberto, l'oppositore del vescovo di Saluzzo, e, serrato tra le quaranta lance, lui stesso sent? il bisogno di guardarsi alle spalle. Domand? a Guidaccio:--Messere l'araldo, avete altro a dire?

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