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Read Ebook: Scritti politici by Mamiani Della Rovere Terenzio Conte

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Ebook has 1078 lines and 193749 words, and 22 pages

SCRITTI POLITICI

EDIZIONE ORDINATA DALL'AUTORE.

FIRENZE. FELICE LE MONNIER. 1853.

AVVERTIMENTO DELL'EDITORE.

Comechessia, essendomi venuto a notizia che il signor Mamiani non ha interamente deposto gli scrupoli a cui qui dianzi accennavasi; n? potendosi ormai soprattenere il divulgamento di questo Volume, ch'? gi? in procinto di spedizione e da assaissimi richiesto; ho stimato dicevol consiglio, a far piena fede dell'animo di lui, il produrre alcuni brani di una lettera ch'egli scrive intorno a ci? ad un suo quasi conterraneo ed amico. <> -- <> -- <> -- <>

In queste parole se molti ammireranno, com'? ben certo, la modestia rarissima di chi ponevale in carte non coll'intento che fossero depositate nel seno dell'amicizia, ma con quello assai manifesto che servissero di avvertenza alla presente pubblicazione; io spero altres? che altri vorranno leggervi e l'acquiescenza di lui al mio proprio divisamento, e la mia brama di adempiere ad ogni pi? squisita maniera di riguardi verso la persona dell'onorevole Autore. Per ci? poi che concerne alle materie, delle quali in questo come in ogni altro caso mai non m'ebbi arrogato il sapere n? il voler giudicare, mi gode l'animo di poter rimettere i leggitori a quello che ne ? ragionato da un valoroso giovane Piemontese nella qui seguente Prefazione.

F. LE MONNIER.

PREFAZIONE

Terenzio Mamiani si connumera fra i pi? valorosi continuatori della antica scuola politica italiana. La quale fiorita, prima in Europa dopo il rinascimento, merc? sovrattutto dei Fiorentini e dei Veneti ingegni, non pure ? splendido monumento del passato, ma, siccome quella che poggi? sui veri ed inconcussi principii, sar? per essere buona guida sola essa nei progredimenti avvenire. La tradizione sua sembr? chiudersi con Paolo Sarpi e colla libert? delle Repubbliche, a malgrado della copiosa bibliografia del seicento, e non ostante le onorate prove che, pur ormeggiando i Francesi, fecero nello scorso secolo i Napoletani massimamente; e non venne ripigliata con originalit? di vena e sincerit? di nazionale impronta, fuorch? nei tempi a noi pi? vicini, dapprima, grazie agli scritti di Gian-Domenico Romagnosi e di Ugo Foscolo, poscia per opera di quegli illustri coetanei che ognuno nomina a dito.

Cotesto ritegno salutare induceva forse in essi una eccessiva timidit? di speculazione, per cui il loro pensiero si raggirava di soverchio nei nudi fenomeni, e rado assorgeva alle origini e alle supreme ragioni del diritto, fuor delle quali s'immiserisce la discussione dei problemi sociali, e l'arte stessa del governare manca di base certa. Per lo che il progresso naturale della scuola italiana rinnovata dovea consistere appunto nell'accoppiamento del severo metodo sperimentale del Machiavello colla generosa e libera signoria dei veri ideali, nella cui contemplazione il genio di Giambattista Vico si era levato solitario e gigante.

Chi raccolga questi sensi che informano gli scritti del Foscolo e gli riscontri con quelli che signoreggiano le prose di Terenzio Mamiani, vedr? quanta amicizia di pensieri e comunanza di affetti corra fra i due Italiani, e come si accordino a capello nelle pratiche conclusioni e negli intendimenti finali. Del che mal si renderebbe ragione ove si avesse l'occhio solamente alle diversit? che passano fra le qualit? dell'ingegno dei due scrittori, l'uno dei quali precipita il corso coll'impeto della bufera, e l'altro il prosegue colla tranquilla maest? di un fiume arginato; ma di leggieri se ne avr? la spiegazione quando si consideri che ambidue, tenerissimi essendo della italianit?, educarono la mente sui patrii esemplari, e da questi ritrassero l'abito di sperare le cose alla luce del vero obbiettivo, e non gi? colla lente variopinta del desiderio e del sentimento proprio. Vero ? che il Foscolo cresciuto fra il sensismo dello scorso secolo e la scuola dell'Enciclopedia, e, per natura, incline ad una irosa melanconia, accolse ne' suoi libri principii al tutto contrarii a quelli che invalgono oggid? intorno ai dogmi della vita universa, e che sulle origini e su' fini sociali ragiona per lo pi? colle funeste teorie del tetro filosofo di Malmesbury; le quali ove si menasser buone da senno, sarebbe follia il travagliarsi a felicitare la razza umana ed a riformare il governo dei popoli. Il Mamiani invece, alunno e campione della spiritualit? che regna la filosofia presente, e fedele alle umane ispirazioni del Cristianesimo, il quale abbraccia l'intiera famiglia dei viventi come fratelli ed apre ai caduti la via della redenzione anche quaggi?, si aggira e spazia in pi? serena regione di pensamenti, e studia i quesiti del viver socievole colla fede e coll'amore che ingagliardano l'ingegno e lo allenano allo scoprimento della verit? riposta.

Ma se questa preminenza filosofica del Mamiani dee in alcuna guisa attribuirsi a maggior felicit? di tempi, ? tutta sua loda la copia larghissima di sapere che ne rincalza le scritture, e la invidiata castigatezza dello stile e della lingua onde sono da lui tratteggiate le quistioni di Stato, di economia e di giure pubblico, disusati argomenti alla prosa italiana. Chi si faccia a considerare la condizione della letteratura di questi ultimi anni, dovr? pur troppo lamentar la grande sterilit? di opere fortemente pensate e con amore condotte; e trover? per contro una ridondanza infinita di opuscoletti e di scrittarelli in cui la giovent? studiosa snerva l'ingegno impaziente. Addestrata cos? nella facile palestra dell'improvviso dettare, si persuade che il magistero dello scrivere, la scienza del pensare, e, per giunta, l'arte stessa dell'amministrare gli Stati, s'impara merc? di una specie d'intuito misterioso, o si possiede per beneficio di natura. Intanto il popolo dei lettori si avvezza a tenersi erudito in politica, perch? vede manifestamente di saperne quanto lo scrittore che gli ammannisce il giornale o il libercolo: e si viene di tal fatta educando, prima, una generazione leggicchiante, il cui stomaco debilitato ricuser? a corto andare ogni sostanziale e nutritivo alimento; poi un'altra generazione sfringuellante, che cucendo e ricucendo a strazio della grammatica qualche decina di frasi, costiper? il sapere nazionale nelle dosi infinitesimali degli omiopatici. Ma questo non ? buono apparecchio per chi vuol sedere un giorno nei consigli della Nazione, e i reggimenti liberi male si puntellano colle sonore iperboli e colle vacue astrattezze, che sono tutto il costoro bagaglio. N? strapazzando la lingua, e dando irrecusabil saggio di non aver avuta dimestichezza di sorta coi Classici nostri, si acquista vanto di prodi Italiani.

Gli scritti del Mamiani eserciteranno a questo fine un salutevole influsso sugli studi dei giovani, e proveranno ad un tempo che il culto delle ottime lettere, non torna a scapito del profondo pensare, e non reca nocumento alla costanza delle politiche opinioni. Vedendo infatti in un sol corpo raccolte le cose da lui dettate in mezzo a quel vertiginoso incalzarsi di avvenimenti straordinarii di cui fummo spettatori nell'ultimo quinquennio, nessuno potr? non ammirare la perduranza insigne del Pubblicista nostro, che per mutar di venti non pieg? costa n? mut? ciglio, e serb? invitta fede ai convincimenti suoi. Ossequente al senno pratico, che fu gi? prerogativa degli Italiani, e che in quegli ultimi casi sembr? smarrito e disperso, ebbe sempre fisso nell'animo, che in politica il meglio ? gran nemico del bene, e non credette bene vero ci? che non era possibile ed asseguibile; parl? un linguaggio solo e nell'esiglio quando incerte erano le speranze, e quando spuntarono i lieti albori del sospirato tempo; poscia, allorch? colla Repubblica Francese del 1848 crebbero contro i riformati governi d'Italia i pericoli delle s?tte rigermoglianti, con penna fatidica prenunzi? i mali che si apparecchiavano alla patria vezzeggiando inconsultamente le novit? d'oltremonte e discostandosi dalla nativa spontaneit? del nostro rivolgimento; e nel giorno nefasto in cui le colpe dei regnatori, la levit? del popolo e le nequizie delle fazioni distrussero il Principato, e sfrenando la civile discordia aprirono le porte all'invasione, alla conquista e al servaggio, secolari fati d'Italia, protest? dal Campidoglio colla eloquenza dell'uomo di Stato e col coraggio del cittadino, facendo indarno, cogli scarsi compagni, ultimo riparo al gonfiato torrente delle passioni.

Assegnatezza di desiderii o liberalit? di tolleranza conciliativa tanto pi? rare e commendabili, in quanto che s'incontrano in uomo percosso dalla domestica tirannia, e che nell'esiglio avea logorata molta porzione della vita. Sono acerbe le punture dell'esiglio, quando vivo ? l'amore della patria, e lo sbandeggiamento ? premio dell'averla amata con degne opere. Agevolmente si ricevono allora nell'animo preoccupazioni esiziali, per cui la stessa generosa religione della libert? riesce a pernicie della nobil causa. L'errore pi? comune dei fuorusciti ? quello di credersi i veri e soli interpreti della Nazione, non pure in ci? che concerne l'universale desiderio di pi? umani istituti, ma eziandio riguardo alle forme che debbono questi assumere e alle vie da eleggere per ottenerli. Portano fiducia che un medesimo calore d'affetto riscaldi tutta quanta la cittadinanza loro, e che la faccia lieta a qualsivoglia sacrifizio; costretti a vivere in mezzo ad altri popoli, si avvezzano a loro insaputa a giudicare del popolo loro colle idee di fuori e con quelle che essi vanno idoleggiando. Il desiderio della patria perduta e la bramosia di racquistarla generano in loro una credulit? senza pari: credulit? negli eventi che reputano prossimi, immanchevoli ed accomodati ai loro divisamenti: credulit? nelle promesse degli estranei, che, nei paesi liberi, quando stanno dal lato della opposizione, non si fanno coscienza di largheggiare in parole per accattare benivoglienza e popolar clientela; ma ove salgano in palazzo, badano agli interessi dello Stato, e si reggono secondo la bilancia di questi, non colle voglie altrui: credulit?, per ultimo, nelle forze di lor parte e nei riscontri che ne hanno dai consenzienti o dai pietosi, i quali leniscono agli assenti il dolore colle lusinghe del meglio vicino.

Tra gli esuli poi, molti o per condizione di fortuna o affinit? di pensieri stanno in commercio colle parti pi? vive delle ospitali terre; si aggirano cos? in una temperie artifiziata e ristretta, e si straniano ovvero abborrono da ci? che nei pi? numerosi e forti ordini sociali si pensa e si opera. Quindi ? che le giuste ire proprie sono del continuo rinfocolate dalle ire degli stranieri conventicoli, che trattano le ombre di lor possanza come cosa salda, e fomentano nei rifuggiti l'inclinazione alle dottrine estreme ed alle teoriche pi? arrisicate di governo.

Chi mediti le dottrine del Mamiani, apprender? come abbia egli saputo tenersi immune da questi erramenti, per cos? dire, fatali, e come in ci? niuna lode di moderanza e di senno gli basti. Ed oggid? che la migliore Italia ? proscritta, e confessa la bont? dei propositi col sigillo della sventura degnamente sopportata, necessario ? ricordare pi? spesso cotali pericoli dell'esilio. Che se in noi fosse alcuna autorit? di nome, o qualche efficacia di eloquenza, le quali non abbiamo, qui conchiuderemmo il dire insistendo su quest'ultima virt? dell'esule Pesarese, e rivolgeremmo la parola alla giovent? della emigrazione, dicendole con gran cuore: -- Durissime sorti vi premono, e la grandezza delle miserie vostre null'altro agguaglia fuorch? la immacolata costanza onde la sostenete. Con voi si aduna il fiore delle provincie e l'onore delle citt? vostre; e se ? vero il detto di Niccol? Machiavelli, essere pi? glorioso il titolo di orrevole ribello, che il vivere schiavo cittadino, voi avete diritto non al rispetto soltanto, ma all'amore e alla riverenza di ogni buon Italiano, e di chiunque ama la libert? e la patria. Infelicissime sono le condizioni d'Italia, e le enormit? dei ristorati governi che la disertano, lascian dietro per ferocia le nefandezze che la storia dei tempi andati abbia meglio infamate, consacrandone gli autori al vindice abominio dei secoli. Ogni giorno che spunta illumina scelleranze novelle; ogni notizia che giunga da quei vietati confini, narra i casi di alcuna impresa che supera le precedenti in barbarie. E a noi pure, nati nel Regno Subalpino, felicitati da proteggevoli e bene amate istituzioni, ai quali perci? costa meno il consigliar prudenza e longanimit?, a noi pure viene spesso sulle labbra la voce della collera indarno soffocata. Alle ire vostre noi facciam quindi ragione, essendoch? soffrite tanto pi? di noi, e provate vive e nel petto stridenti le punte dell'angoscia e dell'insulto. Ma deh! lo sdegno non vincavi, come sarete vincitori per fermo delle corruttele e dello sconforto increscioso, corruttela pari alle altre. Appunto perch? non scernete coll'occhio fiso e bramoso n? lume di stella che splenda, n? vento che spiri propizio, deh! non aumentate le difficolt? della comune intrapresa che richieder? unanimit? di sforzi eroici, coll'aggiungere nuovo pondo e nuovo carico alla nave. Respingete i consigli troppo assoluti, e le idee scombujate e piene d'incertezza; non preoccupate le contingenze dell'avvenire con sistemi nati nell'ora dello sdegno e condannati gi? dall'esperienza, maestra suprema dell'arte politica. ? utopista chiunque mura in aria senza il sussidio dei fatti: se alla mente umana ? dato di antivedere l'ordine generale del movimento civile, e discoprire anticipatamente i sommi capi di un rinnovamento politico, le ? contesa nondimanco la divinazione degli accidenti e il conoscimento preventivo degli atti particolari che debbono comporre il disegno provvidenziale. Ripudiate per conseguente le improntitudini delle s?tte, che compilano e promulgano da qualche affumicata taverna i capitoli del futuro statuto italiano, e lo inaffiano non col sangue proprio, ma con quello di ignari ed ingannati seguaci; non vi allettino le superficiali e fallaci dottrine della cos? detta sovranit? popolare, che a' suoi patroni procaccia il breve favore del volgo, e al despoto astuto il lungo impero della spada; disegnando e colorendo l'Italia futura, non dimentichiamo l'Italia presente, e non iscambiamo le realt? coi fantasimi vani. Di tre membri consta la proposizione intorno a cui la generazione presente, erede delle aspirazioni pi? o men distinte delle et? trascorse, si affatica e si affaticher? senza posa insino all'integrale suo componimento: l'uno ragguarda l'Indipendenza, base di ogni Italia e di ogni civil signoria; l'altro versa intorno all'acquisto di un liberale governo; l'indipendenza poi, quando fosse acquistata, rimarrebbe pericolante e mal difesa se non la tutelassero le armi confederate dell'intiera Penisola, e le forme liberali scapestrerebbero nell'anarchia dei voleri, ove non le moderasse un supremo centro di azione sovrana. Sappiamo anche noi che non si ritesse la tela del passato, e che chi si sequestra nelle angustie di una formola, smarrisce la vena operativa che si apre feconda al cospetto degli avvenimenti che sorgono e si svolgono improvvisi ed inaspettati; ma queste dottrine che furono verit?, or volgono cinque anni, questi principii che sono appunto propugnati dal Mamiani insieme coll'altra onorata schiera, sono verit? d'oggi tuttavia, e forse lo saranno sempre. Lasciamo all'avvenire di risecare ci? che vi sar? di mobile e di accessorio nella loro attuazione; lasciamo all'avvenire la cura di gettar la luce fra le tenebre; prepariamo di quest'avvenire l'evento. Ed a voi, esulanti per amore d'Italia, non cada dall'animo che nella universale dejezione della Penisola, la libert? e la nazionale dignit? ebbero un rifugio inespugnato nel Piemonte, dove, non ostante le gelosie e gli odii che lo bersagliano, la concordia degli animi e gli influssi della libert? ordinata medicano a poco a poco le ferite amplissime che lo solcarono. E ci? chiarisca alla patria italiana, che meglio profittano agli Stati i lenti e sicuri progressi, che non i repentini sconvolgimenti disformi dalle abitudini dei popoli e dalla tradizione anticata. A voi, reduci un giorno nelle ville natie, daranno autorit? e suffragio di popolo i ben sopportati patimenti, e il pregio di senno pratico che si suppone in chi dimor? nei paesi retti a vivere libero: or bene, di questa forza morale valetevi a temperare le baldanze che trescano nei momenti felici; e al pari di Terenzio Mamiani, recate con voi quella modestia di giudizio che tanto rimane offesa dalle astiose rimembranze del passato, quanto ? impossibile allorch? si culla l'intelletto con insulse generalit? di politiche logomach?e: a voi allora si apparterr? il vanto pi? altero che possa toccare ad uomo quaggi?, il vanto di autori e conservatori della libert? nella patria. --

PARTE PRIMA.

TEMPI DI RIFORME.

Dopo quattordici anni e tanti casi sopravvenuti, riesce ancora acconcissimo il pensamento pi? generale del libricciuolo, che ? di educare noi stessi e il popol minuto, e tutta la gran famiglia italiana infiammare nel sentimento di nazione. Scorgeva sin d'allora l'Autore, che le moltitudini non educate, e con civile e bene ordinata carit? non soccorse e non provvedute, o rimarrebbono fredde e incuranti dell'opera dei liberali, o gitterebbonsi in braccio degli utopisti fanatici. Su molte cose peraltro che in questo scritterello sono annunciate come operabili, l'Autore ? corretto alquanto il giudicio suo, e riconosciuto maggiori e pi? numerose le difficolt? che l'attuazione di quelle impediscono. E d'altra parte, egli ragionava di speranze remote e d'ultimi perfezionamenti sociali.

NOSTRO PARERE

INTORNO ALLE COSE ITALIANE.

Qualora con occhio diligente si osservino le condizioni dello Stato lombardo, del toscano, del pontificio e del piemontese, vedesi aperto che in ciascuno di essi malamente si potrebbe tentare con mano armata l'acquisto della libert?. Il regno lombardo ? i forestieri poderosi sul collo, e la Toscana ? picciola e inerme; alle provincie romane mancheria il tempo per gli apparecchi delle difese; e il simile convien pensare altres? del Piemonte, alla cui citt? capitale possono venir sopra i Tedeschi con due marciate. Genova e la Liguria sono, ? vero, muniti dai monti e dal mare, e nudrono popolazioni assai vigorose e pugnaci: ma i castelli che ? sopra capo quella citt?, e possono in poche ore guastarla, debbonla suo malgrado far paurosa a tentare un'aperta sollevazione.

Invece, se da queste provincie italiane si volta lo sguardo alle Due Sicilie e si pon mente alle peculiari lor condizioni, sembra di doverne dedurre conclusione assai differente.

Quivi le lunghe distanze e la gagliardia che subito acquista il commovimento d'un vasto reame porgono agio e modo per ordinarsi a respingere lo straniero: quivi poco meno che otto milioni di cittadini abbondanti d'arme, di danaro e di vettovaglie: quivi, sopratutto, un suolo che pare da natura appostatamente configurato alle guerresche difese; il perch? un nostro buon cittadino lo assomigli?, con gran convenienza, ad una fortezza esposta all'assalto degl'inimici nella sola sua fronte, e questa, bene fortificata e non larga, e avente dietro di s? muraglie, fosse e bastioni a pi? ordini, e da ultimo una vasta e inespugnabile cittadella, che ? l'isola di Sicilia.

Per queste cose, allorch? i forestieri ci chiedono quale cagione prepotente e continua interdice all'Italia meridionale d'insorgere, noi non sappiamo trovare le scuse n? molto spedite n? molto legittime.

La Santa Alleanza ? disciolta: le massime e le pratiche di libert? vannosi radicando in Francia, in Belgio, nella Svizzera e nella Spagna. In Inghilterra, l'autorit? e la forza sono passate pressoch? interamente nella Camera dei comuni. La stessa Germania alle forme costituzionali si lega e si stringe pi? saldamente ogni giorno. In tale disposizione d'Europa, non ? dubbio nessuno che il generale e compiuto insorgere delle provincie napolitane, e supposto ch'elle si mostrassero ferme ed abili a sostenere i primi urti delle schiere tedesche, raccoglierebbe meglio che i voti e le propensioni della Francia; imperocch? i medesimi affezionati a Luigi-Filippo ed al reggimento de' suoi ministri sentono, quasi per atto d'istinto, che alla monarchia nuova degli Orl?ans, per vivere riposata e sicura, fa bisogno di avere amicizia e conformit? di principj e di ordini con le nazioni circonvicine. Lasciando stare che il progresso delle opinioni verso un andamento pi? liberale della politica esterna sembra in Francia divenire tanto pi? certo, quanto la fiacchezza dei governi assoluti rendesi pi? manifesta. Degl'Inglesi poi si pu? dire che mai sotto il governo dei Wighs non sopporterebbono di vedere le truppe austriache sbarcare in copia e padroneggiare nella Sicilia.

Ma l'Austria medesima, quanto ? meno di potenza e di predominio che nel 1821!

Fuori, le manca la lega dei re, i congressi di Lubiana e di Verona, la facile prevalenza dei principj del reggimento assoluto: dentro, ? la paura d'ogni mutazione e d'ogni riforma, ? l'Ungheria e la Transilvania in bollore, la Galizia conspirante, la Boemia scontenta, e le popolazioni scismatiche secretamente devote alla Russia. Aggiungi il tesoro esausto, le rendite insufficienti, un imperatore idiota, un ministro vicino a decrepitezza. Aggiungi le gravi apprensioni sugli affari d'Oriente, e i progressi del moscovita lungo il mar Nero e intorno al Danubio. Da ultimo, aggiungi il desiderio di libert? e d'indipendenza, molto pi? propagato e vivo in tutte le parti della nostra penisola. Quindi intervenire pericolo grave che a un primo scontro d'armi per gl'imperiali non fortunato, veggasi tutta l'Italia avvampare di tanto pi? sdegno e furore, quanto le umiliazioni sue ed i patimenti e le sofferenze sono state lunghe e crudeli.

Ora, se tutte insieme queste prospere congiunture non bastano a persuadere agl'Italiani del mezzogiorno una generale sollevazione per redimersi in libert?, forza ? concludere, o che quivi le opinioni liberali procedano ancora assai lente, e dimorino in soli quegli ordini del consorzio civile che quanto abbondano di agi e di buona istruzione, altrettanto si peritano di affrontare pericoli estremi; ovvero che la memoria delle passate sventure tenga tutti gli animi impauriti ed incerti. Nell'un caso e nell'altro noi affermiamo che il sano partito a cui debbonsi oggi appigliare ostinatamente e con fede i generosi e i dabbene, si ? di darsi ciascuno a rialzare intorno di s? gli spiriti soverchiamente abbattuti, e a stenebrare le menti del popolo con lunga e paziente opera. Questo, diciamo, ? da farsi con gran pertinacia, con gran solerzia, con grandissima alacrit?; e non commettere la scempiezza e la codardia insieme o di aspettare oziando e bamboleggiando che i Francesi scendano gi? dalle Alpi per rompere le nostre catene, o che la fortuna intessa con le sue mani e componga noi non sappiamo bene che sorta di avvenimenti straordinarj, onde un bel giorno ci ritroviamo, quasi per atto di negromanzia, divenuti liberi ed indipendenti.

Noi sentiamo rispondere da parecchi, che per verit? ei non aspettano n? l'uno n? l'altro di tali prodigi, ma s? spiano quel momento desiderato in cui le forze tedesche occupate e distratte fuori d'Italia non potranno resistere se non debolmente assai alla rivoluzione italiana.

Contro a siffatto ragionamento noi obbiettiamo, che visti e considerati per bene i casi politici odierni, e raffrontate insieme le condizioni diverse degli Stati d'Europa, niun avvenimento sappiam noi prevedere di quella natura e di quella efficacia che si spera e attende da cotestoro. A simile giudicio noi siamo indotti malgrado nostro dalla virt? prepotente della verit?, e non badando ch'ei possa riuscire amaro a moltissimi: imperocch? la salute d'Italia non pensiamo che sia per sorgere mai dalle lusinghe e dai sogni del corrivo desiderio e della troppo accesa immaginazione.

Le cagioni pi? gagliarde che ci ?nno mossi a formare cotal giudicio sono le infrascritte:

Tre avvenimenti crediamo noi che sia lecito di prevedere come capaci di distrarre e occupare fuori d'Italia le forze tedesche: una guerra fra i potentati d'Europa; una rivoluzione nuova in Francia; una sedizione grave e durevole in alcune parti dell'impero austriaco. Noi del primo affermiamo potersi ben dare alcune guerre parziali fra i potentati inferiori e alcune dimostrazioni ostili fra i superiori represse tostoch? cominciate; ma una guerra generale europea non mai; principalmente, perch? tutte le corone ne tremano come di certa ruina loro: e se lo Czar non ci vede pericolo molto vicino per la propria dominazione, ei non possiede la met? dell'ardire che gli bisogna per rompere la prima lancia e strascinar seco a forza i paurosi alleati. Oltrech?, la rabbia rintuzzata ma inestinguibile della Polonia, la piaga inciprignita della schiavit? in casa, il tesoro insufficiente e mal custodito, le triste prove fatte, or son pochi anni, a Varna, a Silistria, a Ostrolenga; e pi?, la certezza di perdere le nuove sue flotte e veder disertate dall'Inghilterra le sue marine, terranlo indubitatamente a segno. E si osservi quante occasioni prossime e vive di guerra sono sopravvenute in questi ultimi anni, che poi si conducevano al niente. Noti ciascuno eziandio come nei casi dell'Oriente, gravissimi, precipitosi e di suprema importanza, gli sdegni, le minacce e le offese si risolvono d'ambo i lati in vane mostre e parole. Debbesi egli tenere per vicina e probabile una guerra europea, quando si pensa che l'Inghilterra ? tuttavia travagliata nelle proprie sue viscere da un conflitto incessante tra le nuove franchigie e i vecchi privilegi, dall'esorbitanza del suo debito pubblico, dai repentini turbamenti e sbilanci delle sue industrie; e pi? d'ogni cosa, dallo stato inquieto e miserevole dell'Irlanda, inverso la quale non giova ormai n? la liberalit? n? la forza; la prima insufficiente a placare, e la seconda a reprimere? Che diremo poi dell'Austria e della Prussia? Nessuno ignora che gli accorgimenti e le arti famose di Metternich consistono tutte nel rimuovere a suo potere le cagioni e le occasioni d'ogni qualunque novit?, e segnatamente della guerra; conoscendo egli assai bene, che al primo cozzo gagliardo fra i re d'Europa, l'impero austriaco n'anderebbe in pezzi. Quanto ? alla Prussia, basti il considerare le sue inquietezze sempre crescenti per le provincie renane vogliose di libert?, e pel ducato di Posen; e la povert? delle sue finanze, che durano a mala pena a mantenere l'esercito, quantunque trasformato tutto in Landver; istituzione, che se risparmia moneta, nuoce al nerbo ed alla perizia militare.

In fine, si voglia por mente che le guerre neppur ne' paesi retti a governo assoluto si risolvono e s'imprendono oggi contra il volere dei popoli: e questi, rivolti come sono al presente alle prosperit? materiali e a moltiplicare le officine e i commerci, non si curano punto di guerre intraprese in nome di alcuni principj speculativi o d'interessi poco visibili agli occhi loro, siccome sarebbe quello della bilancia politica fra i potentati, o l'altro di raffermare il diritto delle monarchie assolute, alle quali suolsi prestare ancora obbedienza, ma non amore n? devozione.

Non taceremo che alcuni argomentano che appunto per questo scemare di forza e di autorit? delle monarchie assolute, e per questo prevedere che fanno i principi la caduta poco lontana di lor dittatura, ei debbono consentire animosamente a scendere in campo, e riguadagnare ad un tratto colla vittoria quello che perdono a grado a grado in seno della pace.

Tal ragionamento non prova pi? che una cosa, cio? a dire che ai principi non rimane oggimai partito buono e sicuro da scegliere. Da una parte, con la guerra, il rischio estremo d'una ruina immediata e compiuta; dall'altra, con la pace, un perire assai lento ma certo e finale. Ora, non vi ? dubbio nessuno che la tempra umana ordinaria com'? pusillanime e fiacca, cos? appigliasi sempre al partito che lascia tempo e lusinghe in mezzo, d? luogo ai maneggi, alle transazioni, agli accomodamenti, e non esige lo sforzo e il coraggio d'azioni impetuose e piene d'audacia.

Del secondo supposto, cio? che una rivoluzione nuova succeda in Francia, noi affermiamo similmente che niuna buona ragione la dimostra vicina e probabile; intendendo, come si dee, sotto nome di rivoluzione non gi? un moto popolare in fra pochi d? represso e infrenato assai facilmente, e qual pu? dirsi con poca alterazione del vero essere stato quello del 1830; ma una scossa profonda e durevole che si propaghi all'Europa tutta, rechi molte e sostanziali novit? nell'ordine delle cose, e ponga la Francia alle prese coi suoi nemici.

E per fermo, le vere rivoluzioni sono provocate ogni sempre da gravi e pressanti necessit?: ma di queste noi non sappiamo scorgerne alcuna in Francia a' giorni che corrono. Il desiderio di forma migliore politica non basta a un s? grande effetto; imperocch? n? un tal desiderio riesce molto efficace e vivo presso d'un popolo converso tutto ai piaceri e ai guadagni, n? dopo assai delusioni e le tante prove ed innovazioni che ? praticate, ei conserva grande e robusta fede alle promesse e alle speranze del meglio. Oltreci?, sentendosi egli pieno di forza e arbitro effettivamente della propria fortuna, non estima dover entrare in incerte rivoluzioni per conseguire riforme e perfezionamenti, ai quali pensa che giunger? senza fallo, e in modo piano e spedito, il giorno ch'ei sieno desiderati e voluti con fermezza e vigore dalla generalit?. Da ultimo, ei non sa persuadersi che una o pi? sollevazioni sanguinose e violente varrebbero a disgroppare il nodo di que' nuovi problemi sociali, la cui risoluzione appar tenebrosa e lontana cos? ai filosofi come al volgo.

Rimane che si supponga qualche gran rivoltura in alcuno degli Stati imperiali, come la Boemia, la Galizia, l'Ungheria e la Transilvania. Ora, noi diciamo che tali provincie ajutano di gi? non mediocremente l'Italia con la inquietezza e l'acuta esacerbazione che le tormenta; perch? costringono l'Austria a mantenere per tutto considerevoli corpi d'esercito, e scemano ciascun giorno il profitto ch'indi potrebbe ritrarsi pel comun bene dell'impero. Ma credere che pur durante la pace europea, esse abbiano forza e audacia d'insorgere e di sostenere guerra aperta contro esso impero, ? giudicio precipitato e vano. Il malumore de' Boemi non ? peranche n? intensione bastevole, n? omogeneit? di opinioni e di sentimenti. La Galizia non pu? in disparte dall'altre provincie polacche osare di sollevarsi; e l'Ungheria ? frenata dalla disunione, che in lei perpetuano le differenze di razze e di lingue, le gare fra i due ordini di nobilt?, e il giogo, difficilissimo a scuotere in Austria, della militare disciplina.

Ci vien notizia che molti fra gli Italiani attendono con certezza d'animo mutazioni e sconvolgimenti tragrandi alla morte di Luigi-Filippo. Per?, se le cose qui innanzi discorse si appongono al vero, ognuno s'avvede quanto una simile aspettazione dia nell'errore: imperocch? elle dimostrano molto chiaro lo stato presente d'Europa non tanto dipendere dalla abilit? e scaltrezza di Luigi-Filippo, quanto dalla necessit? dei fatti per parte dei potentati, e dalla natura delle opinioni e degli interessi per parte della Francia.

In ultimo luogo, non taceremo neppur di taluni i quali, nonostante le infelici prove della spedizione di Savoja, ripongono ancora molta speranza nei tentamenti dei rifuggiti, e aspettano l'adempimento di non sappiam bene quale sbarco armato sulle coste d'Italia. Ora, a chi ben considera la sostanza delle cose e la pratica dei negozj, dee parer manifesto che poche novelle e romanzi tornerebbono cos? difficili ad attuarsi, come ? difficile di avverare questo bel sogno dello sbarco dei rifuggiti armati; e l'averci fede e aspettarlo come principio desiderato e solenne della libert? italica, ?, al creder nostro, soverchia semplicit?: la quale poi non sarebbe in alcuno se la storia antica italiana venisse meglio studiata dai nostri giovani; imperocch? ei vi leggerebbero quante volte ne' secoli addietro le vane speranze e i vani disegni degli sbanditi ?nno nociuto a quelli di dentro, e come lo stato del loro animo radamente li rendeva capaci di riconoscere e confessare la verit? che lor dispiaceva sopra misura.

Debbono adunque gli Italiani, per tutto il fin qui ragionato, rimanere persuasi e risoluti compiutamente di questo; cio? che lor bisogna o reputare incerto e remoto assai il giorno dell'affrancamento della patria comune, o non attendere congiunture molto migliori delle presenti per dar mano all'opera. Della quale necessit? non solamente noi non ci sgomentiamo, ma invece ringraziamone Dio; imperocch? siamo in questa ferma credenza, l'Italia non poter risorgere mai daddovvero, se non fidando nel proprio valore e cimentandosi animosamente con lo straniero. Le macchie antiche e recenti che oscurano l'onor nostro, non potranno cancellarsi altramente mai, che tra le armi e col sangue: tra le armi e col sangue avrem battesimo di nazione: tra le armi ritempreremo l'animo, alzeremo l'ingegno, purgheremo gli affetti e i costumi. Il genio di Dante e l'ardire di Masaniello, i prodigj della lega lombarda e il disperato resistere delle Calabrie, lo splendore di Roma, la libert? di Firenze, le armate Veneziane, i tesori Genovesi, ogni gloria passata, ogni grandezza caduta lascer? trovare di s? fra le armi e le battaglie alcuna semenza vivace e feconda, e tutte largamente inaffiate dal nostro sangue rifioriranno.

Base d'ogni prosperit? civile ? il sentimento del proprio valore e della propria dignit?: vita delle nazioni ? la gloria, e salda difesa loro ? la potenza che spiegano e la suggezione che incutono. Se lo scoramento e la diffidenza stanno oggid? fra le ragioni precipue del nostro servire, giammai non ne usciremo che per effetto de' lor contrarj. Che sarebbe la libert? regalataci dallo straniero, salvo che apparenze, vacillamento ed umiliazione? e i doni e gli ajuti della fortuna che diverrebbono, se noi non siamo per ajutare noi stessi gagliardamente? E ben ci sovvenga che pi? d'una volta in questa prima parte di secolo la fortuna ci arrise e porse alle nostre mani tutta quanta la chioma, e noi non sapemmo afferrarla.

Ma instanno i tribuni nostri, dicendo che il proclamare la repubblica trascina inverso di noi le plebi, le quali d'ogni consorzio civile sono la parte pi? numerosa, pi? gagliarda e pi? generosamente devota al bene. Gridando la repubblica, ogni mezzana via ? chiusa: la rivoluzione procede di necessit? con modi energici ed assoluti: non pu? retrocedere, non pu? transigere. Propagasi a tutti gli animi una scossa viva e profonda, e attevole a suscitare in essi ogni facolt?, e produrvi quella esuberante pienezza di coraggio, di attivit? e di ardimento, che all'Italia abbisogna per cacciare d'ogni provincia sua e per sempre il Tedesco. Atterra la bandiera repubblicana, e tu cadi issofatto nelle antiche fallacie, nelle tradigioni de' principi, nelle trame dei cortigiani, in quelle concessioni dissimulate e in quelle mostre di libert? che addormentano gl'intelletti e il progresso vero ritardano. -- Cotesti, a ridurli alla loro sostanza, sono i ragionamenti che si ripetono ciascuno d? da parecchi Italiani, in cui quanto abbonda l'ingegno e lo zelo, altrettanto fallisce il giudicio ed il senso pratico. N? si vuol negare da noi, che alcuni aspetti chiari e vantaggiosi appariscono nel partito che essi propongono, come alcuni svantaggiosi ed oscuri in quello che propongono gli amici nostri. Ma nelle faccende politiche niente ? netto e assoluto, e sempre si ? per miglior consiglio quello che d? luogo a sconvenienze minori ed ? pi? praticabile. Molti svantaggi, poi, che sembrano andar di conserva col tenore dei fatti e il metodo di operare che noi commendiamo, possono venire scansati assai di leggieri, come si prova qui appresso.

Tre cose si ricercano per accertare l'esito buono della rivoluzione italiana. 1? Ministri che mallevino con la vita propria della fedelt? loro inverso la causa comune. 2? Lo stato-maggiore dell'esercito rimaneggiato e rifatto compiutamente. 3? Il popolo tutto quanto infiammato a salvare la libert?, s? per nobile affetto e s? per computo d'interesse.

Perch? si ottenga il primo, vuolsi domandare e pretendere dai nuovi capi dimostrazioni ed opere tali che, vinta la rivoluzione, serrino loro ogni via di scampo e di perdonanza. Di pi?, bisogna che essi capi cos? cimentati, pigliando la volta loro, inducano i parlamenti e i capitani dell'esercito a fare opere e dimostrazioni altrettali; sicch? nessuno di loro possa retrocedere d'una spanna.

Il rifacimento dello stato-maggiore dell'esercito richiede negli ufficiali a ci? deputati viva e straordinaria energia e risoluzione. E intorno a questa materia verr? in luce fra breve uno scritto assai meditato e molto savio e proficuo, dettato da un egregio Napoletano conoscentissimo di tali cose.

Tutte le forme, pertanto, di governo politico che a tali due fini sembreranno menar l'Italia con maggiore sicurezza e facilit?, verranno da noi e acclamate e obbedite, fossero pure il dispotismo di un re, la prepotenza di un capitano, la teocrazia di un pontefice.

Ma se il numero degli Italiani ardenti e risoluti a menar le mani ? scarso tuttavia, e sperperato di modo da fare impossibile un degno e ragionevole tentamento d'aperta sollevazione, rimane, come dicemmo pi? sopra, a tutti i buoni e generosi il debito di rinfrancare a poco a poco gli spiriti fiacchi e allibbiti, e di portar luce e calore in mezzo alle moltitudini fredde ed intenebrate; impresa lunga e paziente, piena di fatiche, d'industrie, d'accorgimenti e d'annegazione; ma certa e maravigliosa altres? negli effetti suoi, qualora si voglia e sappia condurre tale azione incivilitrice su quella parte principalmente dell'umana comunanza in cui risiedono la vera forza e il vero coraggio, e in cui ciascun radicato e nobile convincimento ? semenza di fatti strepitosi ed eroici; noi vogliam dire il popolo. E cos? non si fossero scialacquati e dispersi gi? molti anni in sole cospirazioni e congiure, senza attendere a coltivare con assidua fatica la mente e l'animo delle classi inferiori, ch? forse il risorgimento morale e politico della nostra patria infelice sarebbe ora assai bene apparecchiato, e porgerebbe buona caparra di riuscita.

Per norma, dunque, di cotesta lenta e difficile preparazione degli animi alla indipendenza e alla libert?, egli ci par bene di ristampare qui presso alcuni pratici Documenti, scritti e pubblicati non lungo tempo addietro, ed ora ampliati notabilmente e corretti dall'autor loro: con tali indicazioni e consigli, appropriati in ispecial modo all'educazione del popol minuto, noi compiamo la esposizione del nostro parere intorno alle condizioni presenti d'Italia.

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