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Read Ebook: Storia degli Italiani vol. 05 (di 15) by Cant Cesare

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Ebook has 989 lines and 173188 words, and 20 pages

STORIA DEGLI ITALIANI

PER CESARE CANT?

EDIZIONE POPOLARE RIVEDUTA DALL'AUTORE E PORTATA FINO AGLI ULTIMI EVENTI

TORINO UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE 1875

LIBRO SESTO

Il medioevo. -- Essi e noi.

Ponete una gente, la quale consideri suprema felicit? il riposo, e perci? affidi ogni cura a un ente astratto, chiamato il Governo; che all'unit?, alla costituzione, al poter centrale, ad altre formole vaghe immoli la vera libert?, nel mentre a questa tributa un'idolatria, ricalcitrante ad ogni superiorit?, fino a quella del merito; che professi principj assolutissimi, poi nell'applicazione li stringa in una mediocrit?, rivelante il contrasto fra assiomi che si adorano e conseguenze che si ripudiano; e questa gente creda che ad attuar riforme basti il decretarle; chiami civilt? il sottomettere le idee ai fatti positivi e materiali, e la misuri dalla quantit? dello scrivere; e perch? essa scrive assai, abbia di s? una stima cos? profonda, quanto sogliono essere i sentimenti non ragionati, e un conseguente disprezzo per ci? che a lei non somiglia; e pensando che ci? che le sta sott'occhio sia la natura delle cose, non s'immagini una societ? senza re, n? un re che non faccia tutto: qual gente meno di questa sar? capace d'intendere quel che chiamiamo il medioevo? Di sentimenti, di idee, di ordinamento politico e sociale tanto diverso, qual meraviglia se, nel secolo passato e dalla nazione legislatrice dell'eleganza e veneratrice della monarchia, fu giudicato con tanta, non dir? ingiustizia, ma leggerezza? Un villano onesto ma incolto, col vestire di cinquant'anni addietro, colla cortesia ingenua ed espansiva, col parlare cordialmente chiassoso, ma che ignori le mille importanze del cinguett?o cittadino, non sfogli gazzette, sappia scrivere a malapena, mover? nausea alla squisita e frivola attillatura della buona compagnia, e la ruvida scorza impedir? di apprezzare e n? tampoco scorgere quell'onest? a tutta prova, quell'inalterabile fedelt? alla parola, quell'effettivo amor del paese, quella limpidezza di buon senso, quella disposizione ai sagrifizj, che nel suo villaggio lo fanno il consigliere dei dubbiosi, il conciliatore dei dissidenti, il padre dei poveri.

Tale ad una coltura cortigiana dovette apparire il medioevo. Al deperire delle cose sottentrano le finzioni; al fiaccarsi delle convinzioni s'ingentiliscono le forme. E di forme qual et? fu pi? raffinata che l'antecedente alla nostra? laonde essa stomacava quell'altra che s? poco le rispett?, cruda di parole, zotica d'atti, stranamente ingenua e scortesemente franca nell'espressione; e che scarseggiando di scienza, lasciava maggior campo al meraviglioso e al soprannaturale. Compassionarono il medioevo perch? mancava delle comodit? domestiche: ma ci? ? gusto e abitudine, non prova di sociale inferiorit?; n? que' raffinamenti di pulizia avanzata entravano nei bisogni o ne' pensieri di alcuna classe, come oggi non ci crediam meno felici perch? non navighiamo sott'acqua o non veleggiamo i campi dell'aria.

La letteratura accademica, che annettevasi direttamente all'antica sopprimendo l'intermedia, giudicava bello soltanto ci? che si uniformasse a prefissi modelli, e si esprimesse con certa dignit? e certe riserve; e alle cose straordinarie quantunque vere, preferisse le credibili quantunque false; le corrette quantunque mediocri, alle irregolari che possono riuscire sublimi. Intanto la letteratura militante, gi? preludendo a quella tirannia in cui trucid? tutti i fratelli maggiori, pretendeva dagli scriventi un coraggio che non hanno i lettori; e poich? sarebbe riuscito pericoloso contro ai forti, lo sparnazzava contro agli impotenti, ai papi, ai frati, ai nobili, a ci? che derivava dal medioevo.

Monarchica com'? per essenza quella nazione, la quale non sa attestare ammirazione e riconoscenza ad uno se non col darsegli in braccio, esecr? le morali restrizioni agli arbitrj regj, e la costituzione del medioevo, dalla quale furono colpite pi? volte le fronti de' suoi re, e quelle pi? superbe de' suoi avvocati; trov? schifoso che in altri tempi vi fossero tante repubbliche quanti Comuni, tanti Parigi quante citt?; che un vecchio inerme e lontano accettasse i richiami degli oppressi, intimasse ai principi di rendere la giustizia, non rincarire le tasse, non computare gli uomini al ragguaglio di bestie; e chi non obbediva, escludesse dall'accostarsi alla sacra mensa, dal partecipare al tesoro delle preghiere; castighi della natura del potere da cui emanavano, e che perci? non avriano dovuto eccitarla che al riso.

Stava, gli ? vero, in prospetto un'altra nazione, ricca di senso pratico e di applicazione, la quale rispetta gelosamente le forme del passato, e in un resto di vecchia pergamena trova maggior riparo contro gli arbitrj, che non in tutte le teorie filosofiche: ma la moda facea desumere da altre fonti quella scienza sociale, che da un secolo in qua perd? di vista l'individuo per guardar solo agli Stati; che il principio e la fine dell'ordinamento civile cerc? in materiali interessi o in astratte argomentazioni; e a titolo di emancipare gli uomini, li sminuzz? in atomi, fra i quali non si mantiene la coesione se non mediante una pressura esterna.

Da qui la venerazione per la forza, espressa o brutalmente dai marescialli, dalle insurrezioni, dai duelli; o legalmente da quel meccanismo che ha per canone i decreti, per mezzo d'attuarli i soldati. Pertanto snervata l'autorit? del padrefamiglia, intepidito l'ardore di cittadino, resi di spettanza pubblica tutti i servigi privati, nel Governo si concentr? ogni azione: anzich? limitarlo ad assistere al progresso sociale e a rimoverne gli ostacoli, ad esso si affidarono gli attributi pi? preziosi dell'umana individualit?, ad esso il dar limosina ai poveri, tutela agli orfani, educazione e collocamento ai figliuoli, impiego ai capitali, ispirazione alle belle arti, norme al culto, misure alla morale; e migliore si giudic? quello che a maggiori atti interponesse i suoi regolamenti. Confidando non vi sia miglioramento che con decreti non si possa raggiungere, si fecero a profluvio ordinanze, e codici sempre nuovi, suppliti da quotidiani bullettini, e costituzioni improvvisate, corrette, mutate, abolite; e per applicar tutto ci?, un esercito d'impiegati irrazionale; e per francheggiarlo, un esercito irrazionale di militari; e in conseguenza enormi imposizioni e debiti divoranti; e per farli pagare, escussioni e carceri; cio? la forza.

Ma mentre tutto si esige dal Governo, si censura tutto ci? che il Governo fa; si onora la sistematica opposizione, quand'anche, priva del sentimento d'onore pe' suoi avversarj e per se medesima, riducasi affatto individuale, e scassini tutte le opinioni, nessuna ne assodi; quand'anche soltanto di abilit? e di teorie, ? creduta buona perch? suggerisce spedienti tanto facili quanto ? il distruggere e il negare, tanto accetti quanto sono quelli che non subirono la prova della attuazione.

Rintronato dalla dottrina che i Governi possano tutto, qual meraviglia se il popolo li imputa di qualunque male succeda? I poveri stentano? le credenze vacillano? le famiglie si sfasciano? che pi?? intemperie e malattie guastano il paese? se ne accagiona il Governo; e odiandolo come maligno o disprezzandolo come inabile, si cerca abbatterlo per sostituirne un altro, che all'atto non compar migliore. Fallite le prove, sottentra lo scoraggiamento, e l'abbandonare fino i diritti meno contestabili; si piega senza nemmanco la dignit? di mostrare che si obbedisce spontaneamente e per stima o persuasione.

Tutto ci? rende difficilissimo l'intendere il medioevo, che fu un irregolato sviluppo della personalit?, senza le formole generali secondo cui sono disposte le classificazioni di quella pittura o aritmetica che s'intitola filosofia e statistica. I Governi, derivati dall'eguaglianza di molti capi riunitisi per la guerra sotto di un solo, primo tra i pari, non bastavano tampoco alla legittima difesa dei diritti individuali, ch'? la loro razionale attribuzione; e ciascuno, invece di aspettar tutto dalla societ?, esercitava intere le proprie facolt?. La classe preponderante si diede un sistema mirabilmente opportuno ad arrestare le migrazioni guerresche, da ottocento anni micidiali della civilt?, fissarle ai territorj, e provvedere alla difesa di questi senza il flagello degli eserciti stanziali: mentre gli antichi non conosceano che l'indipendenza dello Stato e della citt?, nel feudalismo si otteneva l'indipendenza de' singoli; le relazioni fra individui erano determinate da fede, speranza e carit? comuni, e i doveri appoggiandosi soltanto su promesse, prendeano aria di lealt?; gli uomini, non tiranneggiati da opprimente accentrazione, si spingeano ciascuno individualmente alla ricerca del vero, all'attuazione del buono, in una libert? che avea per iscopo la virt?, a differenza della moderna che ha per iscopo il ben essere; erranti ma originali, e con infinita variet? di centri e di modi.

Azione privata per? non vuol dire isolata, e si concilia coll'associazione, anzi viemeglio quant'? pi? libera. La rivoluzione che da settant'anni sobbalza l'Europa, figliata da una filosofia che considera la societ? come un aggregato convenzionale di individui, predic? dai palchi la particolare indipendenza, la formale eguaglianza, il lasciar fare; e in conseguenza vituper? le istituzioni del medioevo, che quella scarmigliata attivit? aveano sottoposta a regole, mediante suddivisioni gerarchicamente coordinate, entro le quali ognuno operasse stabilmente, anzich? arrancarsi di continuo a sempre maggiore elevazione. Divenuto adulto quel ch'era bambino, si buttarono via le fascie; sta bene: ma insieme si sciolsero i legami benefici, si tolse ogni difesa togliendo ogni unione morale, e l'uomo ne' bisogni si trov? ridotto ai proprj espedienti, e in bal?a della forza e della scaltrezza.

Di qui un sospettar reciproco, giacch? in ognuno si vede un emulo, un competitore; s'ignora che cosa pensi, perch? operi, come intenda. Paura e livore rimangono dunque i sentimenti pi? comuni; fiaccato il coraggio civile, spenta l'operosit? interiore, si ha sempre bisogno d'appoggiarsi all'esterno, di cercar l'approvazione altrui. Quindi pertinacia, non costanza d'opinioni, e al chiacchericcio de' circoli, e alle arguzie de' begli spiriti far bersaglio le convinzioni profonde e chi soffriva per esse: quindi il dubbio, padre d'ipocrisia e d'inazione: quindi esitanza a dir ci? che si pensa, e meraviglia e quasi raccapriccio quando alcuno l'esprime senza le complimentose smozzicature: quindi il non procedere mai per slancio; sicch? fra molto intelletto e poca coscienza, il predominio rimane assicurato al ciarlatano, che, deposta ogni vergogna, urla pi? forte, nella certezza che nessuno oser? opporgli il senso comune, altra parola soggetto di scherni.

Coloro che scorgono questi mali traverso alla bassa adulazione di noi stessi, invocano un rimpasto della societ?, un organamento che nessuno sa quale sia, nessun vede donde verr?, ma certo non potr? venire dal vilipendio del passato; non da questo divorzio dell'anima dal corpo, degli interessi dall'incremento morale; non dal persuadersi che i fatti siano tutto, e nulla le credenze; non dal sottigliarsi a criticar la societ?, anzich? accingersi a migliorare gli individui.

A questo invece si dirigevano le istituzioni del medioevo, come fondate sui dogmi di Chi, per riformare il mondo, non sovvert? la societ?, anzi ne rispett? fin le patenti ingiustizie, ma le elise col far buoni coloro che doveano applicarle o subirle. A quel modo, poco a poco dalla forza passarono gli uomini civili a reggersi sulla fede, cio? sull'autorit?; di cui era e depositaria ed espressione la Chiesa.

I pensatori d'oggi vogliono l'attualit?, e dicono <> come chi credesse inutile d'un frutto studiar il fiore e la pianta e la radice. Il presente deriva dal medioevo, e molti mali e beni d'oggi vi nacquero; sicch? chi voglia progredire, noi potr? se non meditando seriamente sulle colpe e virt? passate, e cercandovi la morale eterna sotto la variet? de' contingenti.

Ora, chi voglia intendere il medioevo, non avr? mai troppo insistito sulla costituzione religiosa, che tra le infinite differenze, unica rimaneva costante, e dava un'unit?, mancata ai tempi di dubbio accidioso e di arrogante oscillazione.

Nel politeismo, su cui il mondo erasi a lungo adagiato artisticamente, si svolse la splendida e armonica civilt? ellenica, trapiantata poi a Roma. Il cristianesimo gli diede il crollo; dopo tre secoli di battaglie e discussioni rimase trionfante: ma, nell'attuarsi nella societ? civile, si trov? impacciato da quei sostegni ch'egli stesso nella fanciullezza aveva invocati. Quando per? l'imperio romano cadde, e seco tutto l'impianto gentilesco, la Chiesa, che nella fede e nella morale nuova riconciliava i barbari vittoriosi coi civili conquistati, si trov? incomparabilmente superiore a quelli per istruzione, per ordinata gerarchia, per moralit?, per generali idee di giustizia e di rettitudine. I popoli nuovi aggradirono questa religione, la quale, non che richiedere sottilit? d'argomentazioni e copia di dottrine, sottrae alla critica i dogmi cardinali; e su questi riposava lo spirito e si modellavano gli atti, mentre la ragione de' pi? colti esercitavasi nell'applicarli e nel trarne induzioni.

Questa religione attribuisce l'onnipotenza, la sapienza, la bont? unicamente a Dio; all'uomo il peccato e, punizione di esso, i mali che, mentre necessariamente circondano la vita, servono a prepararne una migliore. L'uomo dunque era un essere decaduto, cui la redenzione avea ravviato al bene coi precetti e con un modello divino, ma senza togliere l'originale disaccordo fra il conoscere e il volere; dato nuovi mezzi alla Grazia, ma senza abolire la concupiscenza: laonde ogni cura dovea drizzarsi a deprimere la materia col rialzare le facolt? morali, invigorir l'anima col mortificare la carne.

Sol quando, cessato di credere alla sua duplice unit?, meramente al corpo badando, si proclam? l'uomo destinato alla felicit?, ogni attenzione si limit? a farlo star bene, e accelerargli il paradiso quaggi?, non essendo certo se altrove vi sia.

Invece dunque dell'odierno interminabile lamentarsi, si faceano preghiere a Colui che solo pu? deviare i mali, ed espiazioni per non meritarli; maniere che alcuno direbbe inefficaci quanto le stizzose querele d'oggid?, se non vi si fosse aggiunta la carit? per alleggerirli.

Di qui l'importanza de' sacerdoti e de' monaci, le cui preci e le penitenze, attesa la comunione de' fedeli, contribuivano a diminuire i castighi. Che se oggi in Europa quattro milioni di giovani baliosi sono condannati involontarj al celibato in mezzo a tristi esempj, armati, provocatori, ozianti, acciocch? siano pronti a volger l'armi pi? raffinate, non tanto a sterminio de' nemici, quanto a repressione de' sudditi; allora alquante migliaja di frati inermi si diffondevano tra il popolo, mangiando parte del suo pane, che retribuivano con conforti, benedizioni, assistenza; tanto operosi, che dissodarono mezza Europa, e ci tramandarono tutti i libri che ci restano dell'antichit?; tanto amici del vulgo e vulgari essi stessi, che move gli stomachi dilicati il grossolano loro vestire e lo sparecchiato vivere; tanto obbligati alla virt?, che il mondo gli accusava di fingerla, e che metteansi in cronache e canzoni coloro che si mostrassero ghiotti e disonesti; pii cos? che si fanno caricature della loro santocchieria; cos? caritatevoli che si imputano d'aver fomentato l'ozio colle limosine, come si imputano perch? frenavano il popolo con rosarj e santini, invece della mitraglia e degli ergastoli.

De' tesori che oggi si profondono nell'esercito, allora si donava parte alla Chiesa, ed essa suppliva a quel tanto che oggi nel culto, nella beneficenza, nell'istruzione consumano i Governi; pi? lodati quanto pi? tolgono al cittadino di ci? che ? suo, per dare gratuitamente servigi che esso forse non chiede. Monasteri e spedali erano gli edifizj meglio situati in campagna e meglio fabbricati in citt?; sicch? si potette poi adattarli a palazzi dei ministeri, a ville regie, a caserme, a carceri, a quell'altre necessit? dell'odierno progresso.

Posta come importanza suprema la salute dell'anima, voleansi liberi i modi di conseguirla; e non si sarebbe tollerato che un re ordinasse in qual modo credere, quali culti adottare o respingere, a quali scuole mettersi, quali scienze e con quai libri e da quali maestri imparare. Tale persuasione deducevasi dall'infallibilit? della Chiesa, la quale sentenziava come organo dello Spirito Santo, e in concilj composti del fior d'ogni nazione. E quelle sentenze non erano le transazioni di assemblee, mutabili dall'agosto all'ottobre; ma tali che il volger de' secoli e tanto incremento di cognizioni non vi cangiarono un punto di essenziale. Quella persuasione trascendeva sino all'intolleranza; e se unica era la verit?, unica la via di giungere alla salute, pretendeasi dovessero tutti crederla e seguirla; e fin castighi corporali si inflissero a chi non volesse abjurare l'eresia. Vero ? che allora l'intolleranza, persuasa profondamente, tormentava i corpi nella fiducia di salvar le anime; mentre in altri tempi l'intolleranza politica emp? le carceri a mero vantaggio d'un uomo o d'un sistema, e per opinioni che, non solo in altri luoghi, ma in altri giorni menano alle ovazioni; e l'intolleranza scettica applica una pena ben pi? atroce, l'infamia a chiunque declina da opinioni, che ella stessa domani avr? barattato.

La Chiesa, oltre custode, dispensiera e interprete della verit?, consideravasi anche depositaria del potere. Unica fonte di questo era Dio; laonde i principi non regnavano perch? figli di re: e se non bastava che nel proprio attuamento esterno ella si costituisse in una repubblica, dove nessun posto era ereditario, e il torzone poteva divenir pontefice, e nulla si risolveva se non in sinodi e concistorj, la Chiesa ungeva i re purch? giurassero ai popoli; cio? sanciva costituzioni, non fissate da una carta e garantite solo dalla forza, bens? fondate sovra la morale eterna e l'inconcusso evangelo. Con tal modo essa cre? gli Stati, autor? i principi nuovi, benedisse alle leghe popolari, e consacr? le repubbliche; dava lo scettro ai re di Sicilia, come ai dogi l'anello di sposo del mare, non mettendo divario nelle forme, purch? restasse la libert?.

La societ? non rimaneva dunque abbandonata al fatale arbitrio delle potest? di fatto; nell'economia religiosa e sociale dell'umanit? non eransi dispajati il legame intimo che nell'eternit? stringe l'uomo a Dio mediante la coscienza, e il legame imperioso universale che nel tempo sottomette a un'autorit? esteriore. Allora tutto era fede religiosa nelle cose soprannaturali, dove ora ? fede politica nelle cose terrene: allora attribuivasi all'intelligenza e alla rivelazione l'infallibilit?, che oggi pass? alla forza e allo scettro; allora tutto riponevasi nella religione, oggi tutto nella dottrina, sino a ridurre la scienza del governo ad abilit?, l'educazione a istruzione; sino a misurare la prosperit? dalle maggiori spese del governo e l'incivilimento dal numero delle scuole; quand'anche a proporzione di queste aumentino i delinquenti, i pazzi, gli esposti, i suicidi.

In fondo a tutti i fatti v'? un mistero: l'origine loro, la loro destinazione; giacch? li vediamo andare, e non sappiamo perch?. Questo mistero allora rispettavasi, come il medico applica il chinino alle febbri senza sapere di queste o di quello l'essenza. Sottentrata poi l'indagine, pi? non si pot? arrestarsi; che cos'? il papa? il re? la propriet?? la famiglia? perch? i comandanti e gli obbedienti? perch? i ricchi e i poveri? perch? il bene e il male?

Ne deriva la presunzione, la quale non solo beffa opinioni che pi? non sono le sue, ma non vuol tampoco dubitare che un giorno anche il suo senno possa venire chiamato a scrutinio da qualche futura infallibilit?. Eppure, per poco che uno sia vissuto, dovrebbe ricordarsi quanto i giudizj nelle stesse materie e sulle identiche persone s'invertirono in questi otto anni, e perci? accettare i sentimenti d'altre et?, almeno quale spiegazione di atti che altrimenti mancano di significato.

Anche il nostro secolo si presenter? all'avvenire co' suoi miliardi di debito e milioni di soldati, per attestare che unicamente la forza egli seppe surrogare a idee e ad istituzioni abbattute; coll'incertezza di tutte le opinioni; con un tarantismo di brame, di prove, di sforzi; colla smania del bene senza coscienza per discernerlo dal male; colla perpetua surrogazione dell'intelletto alla coscienza, del fatto al diritto; con quell'inettitudine alla carit?, per cui fra la nazione pi? ricca di denari e d'istituzioni si vedono migliaja di poveri morire ogni anno di pura fame: per cui ai cuori impetuosi invasi dalla noja, esasperati dall'ingiustizia, non sa largire che lo scherno finch? vivi, e compassione dopo suicidi: per cui le inclinazioni perverse diede a punire alla polizia, invece di industriarsi a raddrizzarle, e moltiplic? tante prigioni quanti v'erano conventi, prigioni di condanna, di prevenzione, di correzione, fin d'osservazione, e birri e gendarmi e vigili e guardie e ferri duri e durissimi, e disopra di tutto il carnefice a tutelare la sicurezza pubblica e salvare la civilt?.

Eppure chi negher? i meravigliosi suoi avanzamenti? e non dico solo questa dominazione assicurata sopra il mondo fisico coll'applicazione di stupende scoperte; ma questo rispetto all'uomo, quest'acquisto di dignit?, questa diffusione degli agi, delle dottrine, della ragione?

Pari tolleranza usiamola anche per trasformarci ne' tempi passati, quant'? necessario a intendere un diverso incivilimento. Certo l'et? delle incalzantisi rivoluzioni a fatica comprender? quella delle lente evoluzioni: ma ha torto di rinfacciarle solo gli sconci e il bene che non comp?; guardar solo al lato triviale delle cose grandi e al debole delle potenti. Chi il Coliseo di Roma trovi rinfiancato d'informi contrafforti, li beffer? o riprover?, se non rifletta che altrimenti la mirabil mole sarebbesi sfasciata. Cura perpetua della Chiesa fu il sostituire l'autorit? alla forza. Se non riusc? a rintuzzar le spade, ? sua la colpa? e la tacceremo di usurpatrice se in mano dei soli studiosi d'allora traeva i giudizj, strappandoli alle sanguinose e ladre dei baroni? Avendo a fare con uomini, e non potendo annichilare il passato, essa, sprovvista di forze materiali, si contentava di collocarvi accanto qualche cosa che il correggesse. Sussisteva la schiavit?? e la Chiesa istituisce le feste, in cui anche il servo riposi, e l'asilo dove rifugga, e lo riceve agli ordini monastici e agli ordini sacri, mediante i quali si pareggia al padrone, e pu? divenire capo del mondo. Le fiere pel santo, i mercati attorno al santuario, sono l'unico commercio possibile fra tante prepotenze. Le croci e i tabernacoli sui crocicchi offrono un ricovero al viandante contro alle intemperie e ai masnadieri, e gli servono d'indirizzo, come le lanterne che vi si accendono. Apre i monasteri agli sgomenti d'anime sfiduciate della propria forza, all'espansione di bisognose d'isolarsi col loro Creatore, all'indignazione di disingannate della felicit?, alla violenza di inacerbite dalla nequizia, alla prostrazione di logorate d'ogni speranza.

Diversi i sentimenti, doveano essere diverse le scritture. Oltre mancare della carta e della stampa, non si aveano tanti ozj da mascherare coll'occupazione da tavolino, n? si credeva che il mondo potesse governarsi colla penna, quando non sapeano maneggiarla Teodorico, Carlomagno, Federico Barbarossa, personaggi s? grandi. Noi beffiamo la loro ignoranza delle scienze mondane; non potrebbero essi deridere la nostra ignoranza di teologia? noi credere che i nostri studj siano pi? utili; essi chiederci se v'ha cosa di maggior conto che la salute dell'anima? Pochissimi scriveano la storia, e questa per la congregazione, per la citt?, per la famiglia propria; noi, tutti politica, empiamo le gazzette colla nascita, la salute, i viaggi dei re, coi pensamenti de' magnati, coi preparativi di guerre, cogli affari altrui, con ci? che fanno, dovriano fare o avrebber dovuto fare i ministri e i re: allora si occupavano di ci? che al popolo concerneva; ad una carestia, ad un allagamento, a un'irruzione di cavallette davano l'importanza che noi oggi alla nomina d'un maresciallo o d'un consigliere; la fondazione d'un convento, cio? d'una repubblichetta nella quale ogni plebeo potea trovare asilo e virt? e primato, era tenuta in conto quanto oggi gli atti d'un'accademia e le conferenze di due plenipotenti: oscure virt? d'un benefico, penitenze d'un eremita, pie fondazioni, credeansi degne dello stile istorico, non meno che oggi le parlate che mai non furono dette, le descrizioni di battaglie non viste, e le teoriche umanitarie. Non dir? che que' cronisti avessero dottrina maggiore dei gazzettieri d'oggi: pure a quelli si ricorre con tanto frutto, quanto si disimpara da questi, perch? non proponeansi d'ingannare; e leggendoli si ha da indovinare cosa volessero dire quando oscuri, illusi o passionati, ma non supporre dicessero quel che non pensavano o sentivano.

Poi, parliamo di lettere e scienze? il poema nazionale d'Italia in quai tempi fu concepito? e il maggior filosofo suo e teologo a qual secolo diede il nome? e il libro pi? letto dopo la Bibbia quando fu composto? Parliamo di belle arti? il medioevo seppe creare un ordine nuovo; vanto conteso alla moderna sterilit?. Parliamo d'opere pubbliche? basta girare gli occhi per vedere in ogni luogo coltivazione, canali, palazzi, cattedrali, dovuti a quei secoli. Parliamo di libert? del pensiero? non v'? opinione per avanzata, infino al comunismo, che non siasi dibattuta ne' concilj, i quali allora proferivano decisioni su dottrine, su cui in appresso si proferirono sentenze capitali; le fondamentali quistioni della filosofia e della teologia v'erano agitate con un'attualit? piena di persuasione e di scienza: se non che ogni et? ha le sue forme, n? ? ancora dimostrato quali siano le migliori.

Che se gli stranieri, i quali ingrandirono coll'uscire dal medioevo, per nazionale pregiudizio lo avversano, pel pregiudizio stesso parrebbe dovesse prediligerlo l'Italia, la cui civilt? vi fu somma non solo, ma unica; <>.

La grandezza politica dell'Italia non equipar? i vantaggi che essa rec? all'incivilimento del mondo, n? i grandi suoi ingegni maturarono frutti politici: ma non sono prediletto tema a declamazioni sentimentali Genova e Venezia, capolavori del medioevo? E se strazj s? lunghi e variati non hanno ancora gittato la patria nostra nell'avvilimento, ? dovuto forse pi? ch'altro agli avanzi delle istituzioni del medioevo e al sistema comunale; e quando essa test? si eresse tutta insieme ad una sublime aspirazione, il fece evocando le idee e le forme del medioevo.

E dell'Italia specialmente crediamo rimanga inintelligibile e sterile la storia quando la si guardi come una nazione unica, guidata dai principi, i quali la lasciano occuparsi regolarmente de' mestieri e delle lettere. Questo tipo, acconcio a popoli la cui vita consiste nella vita dei loro re, manca di verit? fra noi: il che, se nuoce alla compagine artistica, schiude per? uno spettacolo pi? vario ed animato a chi sappia elevarsi fin l?, dove si pu? non solo abbracciare il movimento politico e le operazioni materiali, ma esaminare sentimenti e raziocinj, lo sviluppo poetico e religioso insieme col teorico, collo scientifico e coll'industriale, unificando sentimenti, dottrina, attivit?.

E noi, con questo discorso che non a tutti parr? fuor di proposito, vogliamo soltanto inferire che importa osservare il medioevo, non con irriflessivo dileggio o cieca venerazione, ma con meditabonda seriet?; non con iraconda preoccupazione, ma con amorevole coscienza; non con santocchieria angustiante, ma con franca e larga indagine; riferendosi all'opportunit? de' tempi, anzich? misurare tutto col metro odierno; non repudiando il bene per gl'inconvenienti che l'accompagnano; non rampognando un buon fatto perch? poteva esser migliore, a somiglianza di que' frivoli che accusano i monaci d'avere distrutto alcuni libri antichi, senza tener conto che tutti quelli che abbiamo ci furono conservati da essi.

I lettori vulgari, incapaci di altro vero fuor quello che corre pei caff? o sui giornali, e che s'impennano ad ogni coraggiosa manifestazione di un ponderato sentimento, ci apporranno alcuno di que' nomi, che sono condanne codarde e stolte perch? vaghe e quindi irreparabili; e il meno sar? il dire che noi ribramiamo le istituzioni del medioevo. Spiegare non ? lodare, e noi abbiamo detto e ripetuto che non se n'ha nulla a desiderare, forse poco ad imitare, ma moltissimo ad apprendere; e non poco anche a dilettarsi, se il vedere uomini operanti ciascuno coll'attivit? propria, obbedienti ma per devozione, soffrenti ma per propria colpa e come un'espiazione, alletta pi? che non il volteggiare d'una coorte al comando d'un colonnello; o il compassato procedere d'una societ? di pupilli e di petizionanti, o il forbottarsi d'una caterva di scrittori, intenti a illudersi, a piacersi, a stracciarsi a vicenda.

Attruppandoci con cotesti, ci saremmo potuti ripromettere morbidi trionfi: eppure sin nel fervore della giovent? preferimmo affrontare pregiudizj, allora profondamente radicati; molti brani sanguinosi lasciammo a quelle spine, ma forse alcune ne strappammo. L'aggravata et? e la sbaldanzita esperienza non ci fan pentire di quel sentiero, e lo ricalcheremo come italiani, come cattolici, come indipendenti, che sottomettendosi ai supremi dogmi sociali e morali, respingono il despotismo e uffiziale e vulgare; disposti ai medesimi patimenti, e confidando non sieno indarno.

Perocch?, lontani dal fare idillj del medioevo italiano, nessuna delle piaghe sue dissimuleremo, procurando riescano a scuola ed emenda de' presenti; se non altro, chiariremo che la felicit? vagheggiata non si godette in nessun tempo; che il carattere di sapienza, di accordo, di bellezza, cui il mondo aspira, e la convivenza amorevole, regolata, robusta, non sono a cercar nel passato; che, se ? progresso il crescere in dose e l'estendersi in ispazio la libert? e la dignit? dell'uomo, si progred? sempre verso il meglio; che, essendo legge della societ? e di tutto ci? che ad essa appartiene, il passare per successioni e rinnovazioni continue, il medioevo fu il valico da un passato non pi? possibile a un avvenire non possibile ancora, onde riteneva moltissimi vizj di quello, di questo non possedeva ancora le virt?; che, in quella serie di emancipazioni lente, tergiversate, dolorose, ? di conforto efficace il contemplar la fatica de' padri; che l'et? nostra ? dunque migliore delle passate, ma sar? superata dalle future: dal che trarremo pazienza a sopportare i mali inevitabili, fiducia nel credere al meglio, perseveranza a cooperare coi nostri fratelli per ottenerlo.

Odoacre. Teodorico goto. Ultimo fiore delle lettere latine con Cassiodoro e Boezio.

Fin qui parlando dell'Italia parlavamo del mondo intero civile, di cui essa era il capo: ora il cessare dell'impero d'Occidente lascia Costantinopoli alla testa dell'antica civilt? romana. L'impero non avea cangiato d'essenza, e conservava le leggi, la gerarchia, lo spirito, il nome; solo perdeva sempre maggior numero di provincie, concentrava a Costantinopoli l'amministrazione dell'altre. L'Italia per? non solo cessava d'esser capo degli altri paesi, giacch?, a tacere i pi? remoti, di l? dell'Alpi Marittime dominavano i Visigoti nella Gallia meridionale e fin nella Spagna; di l? dalle Cozie e nella Savoja s'erano assisi i Borgognoni; i Franchi nella restante Gallia; gli Alemanni nella bassa Germania: ma perdeva anche l'indipendenza, e come campo indifeso, i Barbari, vogliosi di bottino, d'imprese, di patria pi? fortunata, venivano a correrla, spogliarla, conquistarla, lasciandola poi per altre prede, sinch? alcuni vi fermarono stanza.

Tutta Germania, cio? dall'Adriatico al Baltico e dalle foci del Reno a quelle del Danubio, era in movimento: per vendetta o per amor di conquista, di guadagno, d'imprese, i capibanda menavano di qua di l? i loro fedeli, senz'altro sentimento che della propria forza, abbattendo le istituzioni ammirate, non provvedendo a sostituirne: i vanti della maest? romana, le finezze dell'amministrazione soccombevano: solo coloni e schiavi proseguivano in egual modo le fatiche, poco badando per qual padrone sudassero; e i sacerdoti, pregando, istruendo, mitigando, mostravano il flagello di Dio nella caduta del passato, e procuravano ammansare i nuovi oppressori.

Uno di questi apostoli della carit? abitava presso Vienna sul Danubio, venerato per santit? dai paesani, visitato da personaggi; e la cortesia de' suoi modi e la purezza del parlare latino il facevano supporre di buona nascita, quantunque e' lo celasse. Lo chiamavano Severino, e pareva che Dio ve l'avesse collocato a edificazione degli invasori che per di l? irrompevano sull'Italia; molti ne convert?, altri ammans?; scherm? i fedeli, consol? i desolati. Quando Odoacre menava bande ragunaticcie a difesa degl'imbelli successori di Costantino, passando da quelle parti volle vedere quel pio, e modestamente in arnese entr? nella cella di lui, cos? bassa, che dovette star chino. L'anacoreta, ragionatogli d'iddio e dell'anima, -- Tu passi in Italia vestito di povere lane; ma poco andr? che sarai arbitro delle pi? elevate fortune.

Questa leggenda sul limitare de' nuovi tempi sia un preludio delle molte che v'incontreremo; potendo lo scettico deridere e il critico repudiare, ma non lo storico tacere fatti, che dai contemporanei furono creduti, e di cui sentiremo l'efficacia, il pi? delle volte benefica. Chi conosce la potenza delle anime dolci e meditabonde sopra i caratteri vigorosi, esiter? a credere che le parole del pio romito di Vienna abbiano mitigato il feroce Odoacre, e risparmiato qualche dolore ai nostri padri?

Col suo valore e con quest'augurio venne Odoacre a procacciar sua ventura in Italia; e senz'altro che voltare contro degl'imperatori le armi da questi assoldate, dissip? quella scena dove si riproduceano le immagini e le denominazioni antiche, combinate coi dolori presenti e colla fantasia di nuovi. Perocch? gi? era un pezzo che l'Impero veniva preseduto da Barbari; anche soppresso il titolo supremo, non tralasci? di raccogliersi il senato, rappresentanza civile sotto a quella militare; si nominavano i consoli; nessun magistrato regio o municipale fu spostato; il prefetto del pretorio continu? co' suoi dipendenti ad amministrare l'Italia e riscuoterne i tributi: Odoacre potea dirsi uno de' tanti, che stranieri occuparono il trono di Roma: se non che n? imperatore intitolossi, n? forse re: non pretese primazia sugli altri regni; anzi lasciava qui proclamare le leggi emanate dall'imperatore d'Oriente, dal quale invoc? invano il titolo di patrizio d'Italia.

Rimase dunque come un esercito in mezzo a un popolo civile; come uno di que' governi militari, di cui neppure a tempi pi? civili manc? la ruina. Colla labarda propria e de' venderecci compagni scherm? Italia da nuovi invasori: per assodare la propria autorit? e punire gli assassini di Giulio Nepote, sottomise la Dalmazia: per mantenere libera comunicazione fra l'Italia e l'Illiria osteggi? i Rugi, piantati sul Danubio ove ora dicesi Austria e Moravia; e abbandonando quelle terre a chi le volesse, men? prigioniero in Italia Feleteo, ultimo re loro, e molta gente. Ad Eurico, re de' Visigoti, conferm? la porzione di Gallia che aveva occupata sotto Giulio Nepote, aggiungendovi l'Alvernia e la Provenza meridionale; e strinse alleanza con lui e con Unnerico re de' Vandali, da cui ottenne la Sicilia mediante annuo tributo. Tuttoch? ariano, rispett? i vescovi e sacerdoti cattolici, viet? al clero di vendere i beni, acciocch? la divozione dei fedeli non fosse messa a nuovo contributo per riprovvedernelo. Ma era un conquistatore; e guai ai vinti! Gi? prima, scarsissima cura adoperavasi ai campi, s? per la sterminata ampiezza dei possessi, s? perch? le largizioni imperiali mettevano sui mercati il grano ad un prezzo, col quale non poteva concorrere l'industria privata: e al modo che usa ancora nella campagna di Roma, su gl'immensi poderi lasciati sodi educavansi branchi di pecore, a guardia di pochi schiavi. Gl'invasori, rubando questi e quelle, lasciavano deserto e fame; nelle regioni pi? fiorenti a pena si scontravano uomini; la plebe, avvezza a vivere coi donativi del pubblico o dei patroni, periti questi, dismessi quelli, basiva in lunga inedia o migrava.

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