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Words: 71962 in 31 pages
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Alla vista di quelle ginestre, uno strano sentimento lo prese; un vivo e pungente ricordo, un aspro, impaziente desiderio di quelle feste lontane, di quelle solenni riconciliazioni con Dio che la Chiesa ha seminate accortamente lungo il corso dell'anno; tutti giorni a cui corrispondono fragranze e suoni ed immagini particolari, vapori d'incenso, frescura di cose tenere e dolci, sorrisi di cielo, suoni di zufoli allegri, tagliati nelle cortecce dei rami di castagno, uccellini gorgheggianti la canzone del natale divino dalle gravi canne di un organo. Come tutti i sensi rivivevano in lui di gioconda vita infantile! e quanta adolescenza gli veniva incontro da quelle gole ospitali!
Sei tu, non ? vero? sei qua finalmente? Buon figliuolo di salda memoria, vieni alla dimora dei padri. La vedi lass?, quella montagna, che appare per la sua sommit?, dietro a due ordini di colline? Ci vorr? ancora un paio d'ore, prima di giungerci; frattanto si affaccia a noi, pare che stia spiando il nostro arrivo, come una scolta di fortezza. Era lass?, la r?cca dei tuoi antenati; quelli del ramo primogenito, estinto oramai, il ramo dei Sospelli di Balma. Buon seme di forti castellani, rigidi al dovere e cos? fermi alla consegna! Finirono, come tutto finisce; ora dormono col Signore, in fila, l'un dopo l'altro, come guerrieri caduti sul campo, al posto loro assegnato. Anche i Sospelli di Vaussana rischiano di finire con te. Vieni, giovanotto; prendi il tuo posto accanto alla tua squadra; mettiti in fila anche tu. Il mare ? bello, attraente, e perfido; la montagna ? severa, ma sana e fedele. Questa ? la patria, salda, immobile, di granito; qui, dove le eriche e i rovi non muoiono mai, aggavignati al terreno. Si succedono i virgulti, e son sempre gli stessi. Senti il profumo agreste della macchia? ? la stessa virt? che si trasmette di generazione in generazione. Anche di lass? si vede qualche volta, il tuo mare: son belle le cose vedute dall'alto, e da una giusta distanza. La variet? dei particolari si perde, e la patria grande, tanto pi? grande quanta pi? se ne abbraccia col pensiero, trascurando la minutezza delle parti, si ama anche meglio. Quando c'? bisogno di difenderla, quando ci chiama alle bandiere la voce del re, i gentiluomini calano come falchi dalla rupe, seguiti dai loro vassalli.... No, non pi? vassalli, ora: tutti fratelli in Dio e nella patria; ? pi? bello cos?, ci ravvicina meglio al Vangelo. E i forti, i buoni, gli intelligenti, salgono sempre, dovunque sian nati, facendo stipite di nuova grandezza. Chi era il bisnonno di Carlomagno? Pipino d'H?ristal. Ma chi il bisnonno di Pipino? un ignoto guerriero, un servo di palazzo dei re Merovingi. Cos? tutti i degni, i valenti, i buoni, posson salire; i fannulloni, i fiacchi, i cattivi, discendere. La montagna resta, produce i suoi virgulti, i suoi fiori, i suoi frutti. Tu, povera pianta, ritorni alla tua terra natale. Pi? presto che non ci fosse dato sperare, in verit?! ? stata un'ingiustizia, tu dici; meglio cos?. Partivi fidente, ritorni disingannato, ma anche educato dalla sventura, agguerrito alle pugne dell'esistenza. Farai il tuo dovere, qui, come altrove; servirai alla gran legge di Dio, che ? progresso infinito, dovunque si vada, di dovunque si muova.
Il paesello di San Giorgio incominciava ad apparire. Peccato che fosse gi? tardi! Le ombre della sera cadono troppo rapidamente, nelle gole delle Alpi. Ma nella scarsa luce del crepuscolo, i ceppi delle case biancheggiavano ancora abbastanza: poi, quando la vettura fu all'entrata del borgo, incominciavano ad accendersi i lampioni. Un po' radi, secondo l'uso dei piccoli paesi e la poca dei bilanci comunali; ma supplivano qua e l? i lanternini appesi a qualche tabernacolo di santo, negli angoli delle vie. A quella scarsa luce Maurizio vide i ciottoli enormi onde era lastricata la strada maggiore; sempre quelli, con le loro gibbosit?, coi loro alti e bassi continui, sempre quelli, eternamente rugosi e rossastri nella corteccia inattaccabile della quarzite, che s'? arrotondata cos?, colorata cos?, nella mota millenaria del periodo glaciale. Poveri cavalli, costretti a lavorare di zampe ferrate in quel letto di torrente!
Ma ecco, finalmente, un po' di strada da cristiani; ecco il battuto della piazza maggiore; ecco la chiesa, la parrocchiale di San Giorgio; e pi? su, in capo ad una piazza, che scende larga in pend?o, la m?ta del suo viaggio, il suo palazzo, il . Meritava il nome con cui era stata battezzata, e sotto cui era comunemente riconosciuta, la vecchia casa dei Sospelli di Vaussana; castello del Trecento, o gi? di l?, con la sua torre da un lato, con le sue logge alte al secondo piano, fors'anche coi merli e le caditoie; restaurato quindi a palazzo signorile, nel corso del Secento, gran colpevole un po' da per tutto di simili trasformazioni architettoniche. E veramente allora erano state chiuse le grandi finestre a sesto acuto, per ricavarne di pi? piccole, a stipiti quadrati, nel mezzo; ma ancora da certe screpolature s'indovinava l'alzata dell'arco primitivo, e da qualche sfaldatura dell'intonaco ne trasparivano le elegantissime linee di cotto. Un nuovo restauro, dei principii del secolo presente, aveva aggiunte le persiane; ed erano queste, per l'appunto, che avevano persuaso il padre di Maurizio di non appagare un desiderio della moglie, a cui sarebbe piaciuto di veder ritornate alla luce e alla gloria antica le ogive del Trecento.
--Cara mia,--le aveva detto il buon conte di Vaussana,--per contentare il tuo gusto medievale bisognerebbe rinunziare a questa benedetta invenzione delle persiane. Levate queste, ed anche ingrandite le finestre, immagina tu come si starebbe freschi. Che idea, quella dei nostri antenati, di voler morire dal freddo! ? vero,--soggiungeva il degno gentiluomo, temperando l'asprezza del suo troppo moderno giudizio,--che gli antichi lo sentivano meno, il freddo; ed ? forse per questo che durarono tanto.--
La contessa Albertina aveva fatto preparare per suo fratello l'appartamento dei vecchi al primo piano. Non era egli oramai il signore del castello? Ma il nuovo arrivato, in omaggio ai ricordi, am? meglio di ritornare nel quartierino della torre, in quelle due camerette che aveva ancora occupate la notte prima di andare a Genova, per entrare nel collegio di Marina. Si sent? giovane, anzi ragazzo, l? dentro; e la mattina seguente, aprendo gli occhi e rivedendo il suo nido alla luce dell'aurora, gli parve di non essersi mosso mai da quel luogo. Tutte le cose intorno a lui sorridevano, con quell'aria domestica che ? data ai mobili di casa dalla loro istessa vecchiaia. Maurizio stette un'ora buona a guardar tutto attentamente, incominciando dal suo letto di legno dipinto di celeste a fiorami; passando poi allo specchio dalla cornice barocca indorata, con una luce di Venezia tutta sfiorita dagli anni, al canapeino di legno, dipinto nello stile del letto, all'armadio, al tavolino, alla piccola libreria, dov'erano ancora i suoi libri di scuola.
Poco lontano di l?, al secondo piano del palazzo, era una libreria ben pi? ricca, quella del babbo, che era stata anche di due generazioni anteriori: libri vecchi, ma in gran numero, quasi tutti di storia, e di erudizione. Il fatto suo, non vi pare? Ed egli per l'appunto aveva contato su ci?. Il suo primo pensiero fu di riordinare in quindici o venti giorni quella libreria, da tanti anni dimenticata; avrebbe veduto frattanto che cosa ci fosse di utile per s?, nella compilazione dell'opera che aveva disegnato di scrivere. Voleva seguitare a dormire nella sua cameretta di adolescente; l'attigua gli sarebbe servita come spogliatoio; tutte le altre del secondo piano, che venivano in fila, le voleva ridurre a stanze da lavoro, coi libri, le carte murali, gli atlanti, e tutto l'altro che gli bisognasse.
Del resto, si stava molto bene lass?, con una vista impagabile. Dalla finestra della sua camera da letto vedeva anche meglio la montagna vicina, col castello della Balma, da cui lo separava una boscaglia tutta nera e folta, assai pittoresca, ottima per andarci a passeggio nell'estate, corsa com'era da sentieri solitarii e tagliata per mezzo da una valletta, con una bella cascata, bianca come il latte, rumorosa come il mare, quando viene a frangere in una caverna a fior d'acqua. La chiamavano l'Aiga, e qualche volta anche la cascata del Martinetto. Egli la sentiva per l'appunto rumoreggiare, come vent'anni addietro, quando si addormentava alla sua nenia dolcemente monotona.
Albertina approv? tutti i disegni di Maurizio. Approvava ogni cosa, felice di riavere il fratello, e di ritrovarlo lo stesso di prima, nel modo di pensare, di sentire, di essere. Egli, del resto, era sempre giovane. Lei, piuttosto, immutata nell'animo, era tutt'altra oramai nell'aspetto, invecchiata parecchio, sebbene non avesse che un anno pi? di lui. Ma le donne, si sa, invecchiano a star sole, pi? che non facciano gli uomini. Ebbene, che importava ci?? Sarebbe stata anche meglio una madre, per lui, con la precoce autorit? delle rughe. Hanno questo spirito di sacrifizio, le vecchie zittelle buone. Quanti fili d'argento nei cappelli neri della contessa Albertina! Ma diritta ancora, diritta sempre, come la spada in palo, nello scudo dei Sospelli; o meglio, diritta come la propria coscienza, e sorridente, serena, luminosa come una santa sull'altare.
Quella mattina, essendo giorno di festa, fratello e sorella uscirono insieme, per andare alla chiesa. Maurizio vide per la strada e sulla piazza maggiore molti visi maravigliati: ne riconobbe parecchi, e con tutti and? subito all'abbordaggio. Non era mai stato superbo, e non faceva consistere la nobilt? nella mutria. Erano compagni di scuola, rimasti nel borgo, quasi tutti della classe media, tra povera ed agiata: a vicenda agricoltori, industriali e meccanici, come spesso occorre nei paesi di montagna; piccoli intelletti, nei quali la istruzione primaria e la secondaria non avevano fatto miracoli, ma nei quali la educazione sana e la vita ristretta agli esempi domestici avevano conservato ottimi i cuori. Restavano naturalmente un po' timidi; ma la timidit? rende gli uomini facilmente pi? amabili. Tutti quei vecchi compagni di scuola e di giuochi infantili erano tanto pi? amabili con Maurizio, in quanto che niente era intervenuto a turbare la cortesia delle relazioni, niente ad inasprire gli animi, fosse pure per una settimana, o solamente a intiepidire le amicizie, come avviene pur troppo nella convivenza di tutti i giorni, per gli attriti inevitabili dei piccoli interessi offesi, o delle piccolissime questioni del comune, della fabbriceria, dell'asilo. Furono tutti felici di stringer la mano al contino ; felicissimi quando seppero che era stanco del servizio, che non lo avrebbe ripreso, e che sarebbe rimasto a lungo tra loro.
La chiesa parrocchiale era bella, assai pi? bella dentro che fuori: nuove le dorature, ed egualmente gli affreschi, frutto di risparmi dell'opera, di limosine accumulate e di aiuti straordinarii di agiate persone. Aveva un bellissimo altar maggiore, tutto di marmi incrostati a fiorami di vario colore, imitanti un drappo di broccato antico. Quello era stato un dono fatto cento cinquant'anni addietro alla chiesa da un Sospello di Balma. In una cappella laterale, dentro una gran nicchia protetta dalla sua invetriata, si vedeva una statua di san Giorgio a cavallo, in atto di piantar l'asta nella gola spalancata del drago. Era una statua da portare in processione il 24 di aprile, ricorrendo la festa del santo onde aveva nome il paese; e quel buon saggio di scultura nel legno, del primo ventennio del secolo decimono, era dono di un Sospello di Vaussana, il nonno di Maurizio. In quella cappella, di patronato della famiglia, aveva la sua panca la contessa Albertina, che c'era infallantemente ogni giorno a pregare, un'ora nei giorni di lavoro, due ore nei giorni di festa, e pi?, all'occorrenza, secondo la durata degli uffizi divini. Quante preghiere! direte. Ma s?, ? ben necessario che qualcuno preghi per tutti coloro che ne han perso l'uso: se poi non ? necessario, pensate che il pregare della contessa Albertina non ha mai fatto male a nessuno.
Sull'altar maggiore, di sopra al tabernacolo, sorgeva un gran crocifisso di legno. Quel crocifisso era la maraviglia del paese. Si diceva, tra quei terrazzani, che non ce ne fosse uno pi? bello al mondo, neanche a Roma; e si soggiungeva che certi inglesi avessero offerto di pagarlo a peso d'oro; la solita chiacchiera! Certo, era bello; pi? elegante che vero, aveva sentenziato uno scultore verista, che era passato di l?. Ci si vedeva il modellato dell'Apollo del Belvedere, col risalto armonico dei muscoli, con la giusta gentilezza delle membra, con la soave finezza delle articolazioni; solo si notava negli occhi e nella bocca una espressione di dolore, ma niente pi? di quella che occorre negli occhi e nella bocca della Niobe di Scopa; non c'era insomma l'accasciamento di un corpo rifinito dallo spasimo della morte, n? lo stiracchiamento delle braccia, n? la torsione in avanti degli omeri, n? la uscita fuori di squadra delle due scapole, come sarebbe stato necessario, con tanto traboccare di una massa pesante.
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