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Words: 96077 in 13 pages
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: Del governo della peste e della maniera di guardarsene by Muratori Lodovico Antonio - Plague Early works to 1800
Tanta quantit? d'ingredienti spaventer? forse alcuni e rincrescer? ad altri; ma io per me tengo essere bens? utili, ma non essere necessari molti d'essi, e bastare per li primi due profumi i principali d'essi ingredienti che sono presso a poco i sei primi. E per conto dell'ultimo profumo della sanit?, dovrebbono bastarne alcuni altri, fra' quali non si dee mai tralasciare il solfo, la cui virt? contra gli spiriti pestilenziali ? di troppo momento, anzi sola basterebbe allo spurgo delle case e delle robe. Che se ancora tali aromati mancassero alla povera gente, procuri essa almeno di prendere legno o foglie e grani di cipresso e di ginepro, rosmarino, timo, lavanda, salvia, maggiorana, absintio o sia medichetto, o sia assenzio, melissa ed altre erbe simili di sano e potente odore, e ben secche le riduca in polvere, e mescolatele con un poco di solfo, ne faccia profumo. Le ragioni fisico-mediche comprovano il valor di tali profumi; e Francesco Ranchino con altri stima essere maggior l'efficacia di quei che son fetenti o velenosi; ma io lasciando tali ricerche, mi ristringo alla sperienza e all'uso, per quanto c'insegna il mentovato cappuccino.
Il profumo, dice egli, della sanit? ? un preservativo mirabile; e se dall'uomo, cui convenga trattar con altri ed esporsi ad evidente pericolo di restar ferito, sar? applicato a s? e alle vesti prima di partirsi di casa, non si contrarr? il veleno pestilenziale, merc? della qualit? contraria impressa avanti da quel fumo, la cui virt? da me scoperta la provarono i maestrati di Genova, i quali, bench? pi? fiera che mai incrudelisse la peste, ad ogni modo, uscendo per soddisfare nella citt? alle obbligazioni delle cariche loro, mai pi? per divin favore non s'infettarono. Impedirono cotali profumi che non si dessero alle fiamme tante robe, come si faceva prima con danno incredibile de' particolari, e pericolo della stessa citt? per altri conti. Per mezzo d'essi non si smarrisce cosa alcuna, n? meno abbandonandosi dagli abitanti le lor case, e si toglie a' ladri la comodit? di rubare.
Questi profumi mutano l'aria delle case. Giovano, ? vero, ancora i gran fuochi ne' cortili e innanzi alle finestre; ma non s'hanno a tralasciare gl'interni delle medesime. Vero ? che le robe sospette o infette, purch? possa in tutte le lor parti giocar l'aria e il sole, se vi stiano esposte per lungo tempo, si purgano abbastanza. Senza questo si cover? quel veleno e potr? far gran danno anche molti anni dopo. Pi? sono stimabili i profumi perch? in termine di ventiquattro ore restano purgatissime le case e i lazzeretti medesimi e insino i letti degli appestati; laddove le robe esposte all'aria han bisogno di quaranta giorni, tempo molto lungo per una purga, e sono sottoposte a vari accidenti di pioggia e ladri, e ad altri incomodi.
I profumi si fanno cos?. Bisogna chiuder porte, finestre e cammino; e sopra una corda distribuire e collocar le vesti infette, lenzuola, coperte, ecc., scucendole prima. Poi prese quattro o cinque libbre di fieno molto secco, e compresso ben questo fieno vi si ponga sopra tanto profumo, quanto capir? in ambe le mani unite insieme per due volte; e poscia ricoprir questo con altro poco fieno spruzzato d'aceto, acciocch? quella materia non si consumi se non a poco a poco. Si attacchi il fuoco dalla parte di sotto in due o tre luoghi del fieno, sostenendolo con bacchetta; e non si parta il profumatore, se nol vedr? ben acceso. Dopo di che si ritiri ognuno, e si chiudano le porte molto bene. Alcuni persuadono l'esporre anche dipoi le robe all'aria libera, e il maneggiarle e batterle con verghe. Sar? utile, ma non ? forse necessario.
Per le robe non infette, ma sospette, baster? aprir le casse, le credenze, gli armari, le scatole, gli scrigni, ecc. Le robe preziose si potran coprire con qualche tovaglia o tela grossa, affinch? non ricevano in s? la parte pi? grossa e terrea del fumo. Le vesti, ove sia argento, e cos? i vasi d'argento patiscono notabilmente, come ancora le pitture; e per? si pu? adoperar loro qualche leggier profumo in camera aperta, o pure esporli all'aria e al sole per quindici d?. Alle robe solamente sospette si pu? adoperare il solo profumo della sanit?. Per l'espurgazion delle case infette ? necessario il primo dei suddetti profumi, fatto il quale, si lascino per tre giorni ben chiuse la casa e le stanze; e dipoi spalancate le porte e finestre, si faccia che l'aria vi giuochi e ne scacci il cattivo odore. Si pu? dipoi, occorrendo, far ivi qualche soave profumo, per liberar le camere dal puzzo. Oltre a ci? ? ottimo consiglio il fare, e prima e poscia, scopar ben bene tutte le stanze e insino i cammini, e in fine imbiancar di nuovo le muraglie; e credo io che gioverebbe ancora il solo bagnarle con acqua ove fosse stemperata calce viva. Certo la calce smorzata con acqua entro le camere infette, ? creduta bastante col suo penetrante fumo a dissipare o consumare i semi nascosi del contagio; e la sperienza lunga ha poi fatto conoscere che il dare pi? d'una mano d'essa alle pareti, riesce uno spurgo delle case sicuro ed egualmente comodo a' poveri che a' ricchi. Deesi pur lavare il pavimento ed altri mobili delle stanze, purch? ne sieno capaci, con un forte liscivo o aceto; avvertendo di non lasciare indietro alcun ripostiglio o masserizia e mobile capace di simili lavande e sospetto d'infezione, con levar via insino le tele de' ragni, e mandar lontano dalla casa tutte le immondezze ivi raccolte e bruciarle. Natal Conti narra che nella peste di Venezia del 1576 pi? di tutti gli altri giovarono dodici Grigioni, i quali tra due o al pi? quattro giorni, purgavano le robe contagiose; n? molti, quantunque diligentissimi perscrutatori, poterono intendere il modo da lor tenuto. Usavano diversi, spessi ed efficacissimi profumi, e praticando nelle case senza nocumento alcuno, restituirono le robe purgate ai padroni che pi? non ne sentirono danno. Cos? era vicina nell'anno 1675 a rimanere affatto spopolata per cagion della peste l'isola e citt? di Malta; ma chiamati col? i profumatori di Marsiglia, non diversi nell'operare dal P. Maurizio da Tolone, seppero cos? ben profumare case, robe e persone, che indi a poco cess? interamente quella terribile pestilenza.
Per li lazzeretti e per le sepolture, ove imprudentemente fossero stati seppelliti cadaveri d'appestati, a fine di non perderne l'uso e di levar anche i pericoli, caso che s'aprissero un giorno, usava il suddetto cappuccino il secondo de' profumi, cio? il pi? violento. In Genova nella peste del 1656 purg? egli 430 tombe, ripiene sino al colmo, colla seguente ingegnosa invenzione. Fece fare un tabernacolo di legno, cio? il telaio d'una gran cassa quadrata lungo e largo dodici palmi; e fattolo tutto al di fuori coprire e foderar molto bene di tela incerata, di modo che non potesse il fumo aver uscita, lasciava nelle parti che poggiavano in terra due fenestrelle quadrate di quattro palmi l'una, acciocch? per l'una d'esse si aprisse il sepolcro e per l'altra si preparasse o presentasse il profumo. Questo telaio si andava postando sopra cadauna sepoltura; e mentre questa dall'una delle fenestrelle facilmente s'apriva, dall'altra si accendeva e spingeva dentro la composizione violenta. Ci? terminato, tutte e due subito si chiudevano; e quel terribil fumo penetrando nelle tombe, non solo soffocava e distruggeva il veleno pestilenziale, ma corrodeva e consumava i cadaveri stessi. Dopo un'ora estinto il profumo, si rimoveva il cassone dall'avello, e in esso gittata copiosa quantit? di terra, e calata poi con una fune nel vacuo rimanente nuova materia da profumare ben aspersa di solfo pesto, vi si lasciava accesa, con riporre al suo luogo la pietra e suggellarla diligentemente con calcina, acciocch? il profumo di dentro purgasse ogni cosa. Dopo qualche anno si poteano liberamente aprire ed usar quelle sepolture. Ma chi abbonder? di giudizio, non avr? mai bisogno di fare espurgar le tombe, perch? in tempi di peste non permetter? che alcuno sia ivi seppellito.
Gi? ? manifesto doversi espurgar tutte le robe infette o sospette, sieno del paese o della citt?, sieno forestiere, n? poter queste rientrar nel commercio degli uomini e de' padroni stessi, se non sar? preceduto lo spurgo: sopra che debbono farsi ordini rigorosissimi, con replicarli ed accrescerli, affinch? tutto venga denunziato fedelmente ai deputati, ancorch? fossero robe d'altri, e bench? rubate; nel qual caso non si proceder? criminalmente contra i ladri denunzianti. In Roma, ove ogni cosa dovea portarsi agli espurgatorj e ben lontano, con quel grave incomodo che si pu? facilmente immaginare, ma che si pu? anche schivare usando i sopra insegnati profumi, i deputati allo spurgo prendeano per s? una nota di tutte le robe loro consegnate, e un'altra simile ne lasciavano ai padroni. Erano costituite gravi pene ai deputati che levassero cosa, bench? di minimo valore, portata allo spurgo: il che dee praticarsi in ogni sistema. Le gioie, danari, ori ed argenti si purgavano senza levarli dalle case dove si trovavano, e doveano subito consegnarsi ai padroni, o non essendovi essi, portarli al Monte di Piet? in credito d'essi padroni o eredi. Era vietato a tutti, ed anche agli ecclesiastici, l'entrare senza licenza negli espurgatorj, siccome luogo infetto o sospetto. Sogliono anche deputarsi religiosi per sovrastanti allo spurgo; e i medesimi assistono all'inventario delle robe, entrando anch'essi nelle case per impedire che i ministri non rubino. Sempre poi dee avvertirsi che gli espurgatori e i condottieri di robe infette o sospette non hanno da praticar con altri, e saran tenuti a portare abiti e segni distinti, siccome gente sospetta. Nella nostra citt? fu nel 1630 prudentemente pubblicata intimazione che i mobili e le case da espurgarsi non si potessero espurgare n? far espurgare senza l'intervento dei pubblici deputati e senza servare il modo prescritto per tal funzione; ed altrimenti facendo, dovea riputarsi nullo, e rifarsi lo spurgo. Le citt? ricche alle spese del pubblico fanno espurgar case e robe o almeno esentano i poveri da tale aggravio. Quantunque poi molti de' beccamorti ed espurgatori sogliono resistere al mal contagioso, tuttavia per ogni buon fine vien loro consigliato e prescritto, allorch? hanno da entrar in case ammorbate, il prendere prima qualche antidoto e il non andarvi digiuni. Abbiano sempre la lor sopravveste di tela incerata ed anche alle mani guanti di simil materia. Entrino col? portando avanti a s? vasi di fuoco che faccia fumo. Entrati, aprano le finestre e gli usci, ritirandosi, finch? l'aria abbia fatto un poco di sventolamento, e dispersi que' maligni vapori. Dopo di che facciano l'uffizio loro. Altri sogliono, e saggiamente entrar nelle case infette con de' soffioni accesi, composti di polvere da fuoco, salnitro, canfora, carbone di salce, e con un poco d'acquavite, o pure con torcia da vento accesa. Per alcuni gi? avvezzi a trattar dimesticamente con gli spiriti pestilenziali, parran forse superflue alcune di queste precauzioni; ma pur troppo quello ? un nimico da non fidarsene mai; e per? anche gli espurgatori abbiano manopole, legni lunghi, graffi di ferro, mollette, forchette ed altri ordigni per maneggiare il men che potranno colle mani le robe.
A fin poi di ben comprendere la somma importanza e necessit? di una esatta e fedele espurgazion delle case e robe infette, ha ciascuno da imprimersi altamente nell'animo che tali robe e case facilmente possono portar la morte a' padroni stessi e a qualunque altra persona che le maneggi o le abiti, non solamente allorch? dura la peste, ma eziandio dappoich? essa ? cessata. Quella di Roma nell'anno 1656 fin? verso la met? di marzo; ma per l'occultare che suol farsi delle robe infette e non spurgate, il male ripullul?, con succedere varie morti anche per alcuni mesi dipoi, finch?, replicate le diligenze, rest? esso affatto espugnato circa il principio dell'agosto. In tali casi, bench? fosse stato restituito il commercio colle terre e citt? confinanti, ? necessario levarlo francamente di nuovo, col bandire s? stesso dai sani, cos? esigendo la buona politica e la carit? cristiana; e s'ha poi da restituire a poco a poco la comunicazione, secondoch? detter? la prudenza. In Marsilia l'anno 1649, gi? cessata la peste e restituito il commercio, dal contatto d'alcune vesti non ancora purgate fu riacceso il fuoco in alcuni quartieri della citt?, il quale con rigoroso governo fu s? valorosamente ristretto che non s'innoltr? in altre parti della citt? con incendio maggiore. Il che si noti ancora, per chiudere, occorrendo, quelle contrade che sole fossero infette, tentando la preservazione di quelle che fossero sane. Gli editti pubblicati in Modena l'anno 1630 fanno giustamente sospettare o credere che anche dopo il d? tredici di novembre succedessero casi di peste entro la medesima citt?, essendo rimaso nel solo seguente gennaio affatto estinto il malore per le diligenze che si replicarono. Quello ancora che dee far pi? spavento, si ? la sicura testimonianza di Filippo Ingrascia, celebre medico, il quale narra che finita in Palermo la peste, per cui egli tanto scrisse ed oper?, questa da l? ad un anno ripullul?, e s? fieramente, come se non vi fosse stata dianzi; colpa di robe non purgate e portate col? da altri luoghi non peranche liberi dal male. Cos?, terminato affatto in Firenze il contagio l'anno 1631, e restituita col commercio la pubblica tranquillit?, vi fu esso di bel nuovo portato da Livorno nel 1632. Come si pot? il meglio fu fatto riparo a questo nuovo assalto con rimettere il lazzeretto e usar le altre diligenze, tanto che si credette con grande allegrezza della citt? estinto il malore. Ma sul principio del 1633 divamp? esso in un pi? grave incendio per cagione di panni infetti venduti agli Ebrei e seminati per la citt?. E per? anche finita la peste, bisogna invigilare a' casi che seguono, perch? questo ? un male che rifiglia. N? per altro ? credibile che si rinnovi tanto spesso in Costantinopoli e in altre citt? del Turco la pestilenza, se non perch? ivi troppo bestialmente si sprezzano o si trascurano gli spurghi. Il Fracastoro, Giorgio Garnero, Alessandro Benedetto, Erasmo Edeno, Mattia Untzero ed altri scrittori raccontano vari casi di robe infette che dopo molti mesi ed anche anni, tirate in luce e toccate infettarono le persone. Tralascio tanti altri esempi, bastando questi per ben concepire che grave tradimento, s? del pubblico come di s? stesso, commetta chiunque nasconde robe, vesti e masserizie infette senza i convenevoli spurghi, e quanto sia biasimevole e nociva in questo punto la negligenza o indulgenza de' magistrati.
Noteremo ora altri ricordi intorno all'infezione che pu? venir dalle robe, e intorno allo spurgo delle medesime. E primieramente a fin di salvarne molte dalla necessit? dello spurgo, riuscir? di maggior quiete e minore incomodo del pubblico, e di sommo vantaggio de' particolari prima che nella casa succeda accidente alcuno di peste, il levare dalle guardarobe e stanze tutti i mobili, le scritture, pitture ed ogni altra suppellettile che non servisse all'uso quotidiano o non potesse bisognare in que' pericolosi tempi, e far tutto rinchiudere in una o pi? stanze con far sigillare le porte di essa o di esse camere per mano di pubblico ministro, e con sigillo del pubblico o almeno con sigillo e rogito di pubblico notaio, di maniera che nessuno possa entrarvi senza rompere quel sigillo. Operando cos?, qualora dipoi avvenisse disgrazia di peste in quella casa, le robe tutte ivi rinserrate s'intenderanno non suggette all'incomodo degli spurghi. In Ferrara nel 1630 fu per buona precauzione ordinato agli ufiziali del monte di piet? e a' banchieri ebrei di mettere in luogo separato i pegni da loro presi per l'addietro, e non di confonderli coi susseguenti, bollando le stanze ove li riponevano, con sigillo e notizia del pubblico o in altra maniera che assicurasse non aver eglino dipoi maneggiate pi? quelle robe.
Gli animali irragionevoli possono ricevere nei loro peli o piume gli spiriti pestilenziali e portarli seco e comunicarli a chi degli uomini non si guarda, bench? eglino per l'ordinario nulla ne patiscano, essendo cosa notissima che la peste d'una spezie d'animali non suol ferire quei dell'altre spezie, ma s? ben dilatarsi e comunicarsi per mezzo ancora di chi non ne resta internamente infetto. Cos? all'incontro ? avvenuto ed avviene nella terribil mortalit? delle bestie bovine, che da tre anni in qua va devastando senza rimedio tanti territorj di Lombardia, ed entra, mentre sto scrivendo, anche nel nostro paese, con far parimente una misera strage nel regno di Napoli, nello Stato della chiesa romana, in Olanda e in altre parti dell'Europa, mentre gli uomini praticando con buoi e vacche infette senza provarne eglino danno alcuno nella persona portano via quegli alimenti velenosi e infettano disavvedutamente le stalle, proprie o d'altrui. Perci? in tempo di peste convien provvedere al pregiudizio che possono recare i cani e gatti col portare nella lor pelle alle case e persone sane l'infezione raccolta altrove, siccome ce ne assicurano Marsilio Ficino, Guglielmo Grattarolo ed altri. Sogliono perci? le ben regolate citt? allora far editto che si uccidano tali bestie, e il pubblico d'alcune ha talvolta pagato sei o otto giulj per cadaun cane ucciso, purch? fosse d'altri. Dovendosi nondimeno osservare che nel 1630 per essere stati ammazzati tanti gatti in Padova, fu quella citt? col suo territorio soggetta per gli due anni seguenti ad una mirabil quantit? di sorci; parrebbe pi? sicuro ripiego il solamente ordinare che tutti custodissero con diligenza, anche per proprio bene, i loro gatti e cani, con facolt? poi ed ordine di ammazzar quelli che uscissero delle case e vagassero per le strade o per le case altrui. Si pu? esser pi? rigido co' cani cittadini, perch? la lor vita regolarmente importa poco al pubblico, e sarebbe sciocchezza il volere unicamente per lusso esporre a un gran pericolo la propria e l'altrui vita.
Per poi regolarsi bene nel commercio o contatto degli altri animali e delle altre robe, si osserveranno le seguenti regole tratte da' migliori maestri. Alcuni tengono che l'oro, l'argento e gli altri metalli non ricevano n? serbino contagio; e il suddetto Ingrascia fa sapere agli altri medici che piglino pur le monete allegramente, mentre anch'egli faceva lo stesso insino dagli appestati, e cos? caldi caldi se li metteva in tasca, non avendo operato diversamente gli altri medici e cerusici del suo paese, e tutti senza infezione e danno. Certo la superficie de' metalli per s? stessa, a cagione della lor densit? e freddezza, non par capace di ritener gli spiriti velenosi della peste. Tuttavia perch? pu? essere attaccata qualche ruggine, feccia, untume o altra materia impura o terrea ad essi metalli, e massimamente a' danari, e con ci? unirsi gli aliti pestilenziali, e possono i medesimi essere stati toccati dal sudore d'un infetto: per ogni maggior cautela si dee ritenere o non abbandonare la regola inveterata di purgarli, mettendoli in aceto o in acqua ben calda. Le pietre preziose anch'esse si porranno solamente in acqua, acciocch? non restino offese dall'aceto. Da altri si crede che la carta e per conseguente le lettere non contraggano n? ritengano l'infezione per cagione della lor superficie consistente e liscia. Trattandosi nondimeno di risparmiare i pericoli, s'ha da ritener la saggia cautela di profumare o bagnar coll'aceto le carte sottili da scrivere o da stampare, e di profumare i libri, ma con pi? diligenza; e non sarebbe se non bene il tenere, dopo i profumi, la carta grossa e i cartoni e le pergamene all'aria per molti giorni. Per conto poi delle lettere suddette, costume lodevole si ? il profumarle ben bene, bagnandole anche prima con aceto, e il tagliare i pieghi affinch? entro vi penetri il profumo. Gli espurgatori di esse lettere debbono contenersi come gente sospetta, e perci? non trattar co' sani, e hanno anch'essi da preservarsi con guanti, incerate, profumi, ecc. Le lettere che vengono da paese infetto o non si debbono ammettere, o convien aprirle e profumarle con pi? diligenza. Che se ne' pieghi delle lettere si chiudesse altro che carta, s'ha da provvedervi con aprirle; avvertendo di deputare per s? geloso ufficio persone timorate di Dio, ed anche religiose che prendano giuramento di non rivelare i fatti altrui.
I vasi di vetro coperti di paglia o vimini si purghino col profumo; se nudi, con acqua sola. Ogni sorta di panno, corde e tele, s? di seta come di lino, canapa, bambagia, e massimamente di lana, si purghi per due ore col profumo della sanit?. Le piume, i peli e le pelli d'ogni animale, quando non sieno salate di fresco ed umide, sono soggette a ricevere e comunicar l'infezione; e per? si debbono ben purgare o con profumi o con esporle per molto tempo all'aria e al sole. I cavalli, buoi, vitelli, muli ed altri giumenti e le capre, purch? si facciano prima transitar per acqua ovvero sieno immersi pi? volte in essa o lavati interamente due o tre volte con essa, potranno ammettersi, avvertendo per? che vengano nudi; perch? portando capezze, corde, briglie o selle, si dovranno tali arnesi profumare o almeno lavar con lisciva o con sapone. A' castrati ed agnelli e alle pecore, se avranno pelle, e molto pi? se questa sia ben lanuta, sar? necessaria maggior diligenza, per essere certo che la lana riceve e nutrisce pi? delle altre cose il veleno pestilenziale. I polli, i capponi, le galline e gli uccellami tutti, quando abbiano le piume, insegnano alcuni che non basti il tuffarli nell'acqua, ma che si ricerchi l'immergerli pi? volte nell'aceto, ovvero per pi? sicurezza, spogliatili delle piume, abbrostolirli; ma altri tengono che sia sufficiente una buona lavata con acqua pura.
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